EPISTOLA
COMMISSO DIVINITUS
DEL PAPA BENEDETTO XV
A LUDOVICO NAZARIO BÉGIN,
CARDINALE PRETE DI SANTA ROMANA CHIESA,
ARCIVESCOVO DI QUÉBEC,
E AGLI ALTRI ARCIVESCOVI E VESCOVI
DELLA REGIONE CANADESE,
PER PLACARE IL DISSENSO TRA I CATTOLICI
DI LINGUA FRANCESE
E QUELLI DI LINGUA INGLESE IN CANADA
Diletto Figlio Nostro,
Venerabili Fratelli,
salute e Apostolica Benedizione.
Siamo fortemente sospinti dal compito, a Noi affidato da Dio, di guidare il gregge del Signore e di cercare in ogni modo di comporre con tutte le Nostre forze, quei dissidi che possono nascere fra i figli della Chiesa, e dai quali può accadere che la pace e la mutua unione siano messe in pericolo. Che cosa c’è infatti di tanto dannoso per il Cattolicesimo, o che cosa c’è di tanto lontano dai precetti divini e dai princìpi della Chiesa, che i cristiani si dividano fra di loro con passioni di parte? Poiché « un regno diviso in se stesso sarà distrutto », anche il popolo cristiano, nel caso in cui cessi di essere « un cuor solo e un’anima sola », si discosta pian piano da quella carità che è non solo « il vincolo della perfezione » [1], ma la prima e principale legge del Cristianesimo [2], avendola raccomandata come per testamento ai suoi discepoli il Redentore del genere umano [3], e avendo spiegato che la medesima carità sarebbe stata il segno e il contenuto della vera fede: «Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se vi amerete l’un l’altro » [4]. Si ag giunge che tali dissensi, oltre ad essere lontanissimi dallo spirito di Cristo Signore, ottengono anche l’infelice risultato di allontanare sempre più dalla fede cattolica « coloro che ne sono fuori », mentre, al contrario, la fraterna unione e la carità dei cattolici fu sempre un grande invito per gli estranei a partecipare alla loro comunità.
Perciò, venerabili Fratelli, Ci troviamo in grandissima preoccupazione per quelle inimicizie che si sono accese da alcuni anni fra i cattolici di codesta regione, la cui fede e pietà peraltro sono diffuse presso tutti; che queste rivalità diventino ogni giorno più gravi e siano già diventate di pubblico dominio, lo sappiamo da molti e chiari segni e ne siamo stati informati da voi stessi.
Quale poi sia la causa di questo dissidio, è molto chiaro. Infatti, fra i cattolici canadesi, alcuni, di stirpe francese, parlano in francese, e altri, sebbene di origini disparate, parlano inglese: per questo motivo lottano e litigano fra di loro.
I Franco-Canadesi, come vengono chiamati, affermano che nella loro provincia di Québec tutte le cose procedono rettamente, ma si lamentano che nell’Ontario e in altri luoghi, dove vivono non poche famiglie della loro stirpe e si usa la lingua inglese per legge della provincia, non c’è un giusto rispetto del francese né nel sacro ministero né nelle scuole separate dei cattolici.
Vogliono pertanto che vengano preposti alle chiese i sacri ministri secondo il numero dei cattolici di entrambe le lingue, in modo che, dove i Franco-Canadesi sono in maggioranza, ivi sia assegnato un sacerdote della loro lingua e stirpe; invece in quella parrocchie nel cui territorio c’è un certo numero di Franco-Canadesi, si usi sia il francese che l’inglese nella predicazione della Parola e negli altri servizi religiosi; infine, nelle scuole separate, ai bambini sia insegnato il francese in quella maniera che, a loro giudizio, sembra più completa e più adatta.
D’altro canto gli altri sostengono che nell’Ontario e nelle altre province di lingua inglese, i cattolici sono meno degli acattolici, sebbene i Franco-Canadesi in qualche luogo sorpassino di numero i cattolici dell’altra lingua; allora nel designare i ministri della Chiesa, bisogna anche tener conto sia di coloro che possono o debbono convertirsi alla vera religione, sia della lingua che è propria di quella provincia, sia anche delle altre condizioni dei luoghi e delle persone, e la cosa non può essere risolta tenendo conto soltanto della parte maggioritaria dei cattolici. Aggiungono che non di rado i sacerdoti Franco-Canadesi o non conoscono bene l’inglese, o non lo parlano bene, o lo pospongono alla lingua della loro gente: per cui capita che nell’esercizio del ministero o servono a poco, o non danno tutta quell’attività che la necessità del luogo richiede. Per quanto riguarda le scuole separate, se il francese sarà insegnato come chiedono i Franco-Canadesi, questo nuocerà gravemente alla retta istruzione dei bambini nella lingua inglese, propria della provincia, non senza offesa dei genitori che saranno costretti o a supplire a proprie spese a un insegnamento imperfetto affinché i loro figli imparino l’inglese in modo perfetto e completo, oppure, trascurate le scuole cattoliche, a mandare i figli alle scuole pubbliche o « neutre », cosa del tutto nefasta: infine, a motivo dell’insegnamento, facilmente si ecciterà l’avversione dei governatori contro le scuole separate e, qualora fosse lecito accusarle di negligenza dell’utilità comune, si potrebbe mettere in pericolo lo stesso beneficio della legge sulle scuole proprie dei cattolici, che invece è sommamente importante per la religione conservare intatto.
Magari tutte queste cose fossero discusse in modo tranquillo e sereno! Invece, come se fosse in causa la razza o la religione stessa, su giornali e periodici, in libri e opuscoli, in colloqui privati e in pubbliche discussioni sono trattate con tanta asprezza che, cogli animi sempre più accesi ed eccitati, il dissidio tra le due parti diventa ogni giorno più insanabile.
Per applicare gli opportuni rimedi a un disturbo così grande, Ci piace, venerabili Fratelli, comunicare i Nostri consigli a voi, che sappiamo attaccatissimi a Noi. Sappiate che voi farete la cosa che per Noi è la più desiderata se vi adopererete con ogni sforzo a far sì che, con i doni della pace e della carità, si affermino di nuovo consenso e unione fra i fedeli affidati alla vostra amministrazione. Facciamo nostre le parole dell’Apostolo Paolo: «Vi scongiuro, fratelli, in nome di Nostro Signore Gesù Cristo, che diciate tutti le stesse cose, e non ci siano divisioni tra di voi, ma siate perfetti nel medesimo sentimento e nella medesima opinione[5]… sopportandovi a vicenda con amore, cercando di conservare l’unità dello spirito nel vincolo della pace » [6]. Infatti siamo figli dello stesso Padre, partecipi della stessa mensa divina e degli stessi sacramenti, chiamati alla stessa beatitudine: « battezzati in un solo corpo… imbevuti in un solo Spirito [7]. Infatti tutti voi che siete stati battezzati in Cristo, vi siete rivestiti di Cristo [8]… dove non c’è Greco o Giudeo, circoncisione o incirconcisione, barbaro o Scita, schiavo o libero, ma Cristro è tutto in tutti » [9].
Se i fedeli di codesta regione, a motivo delle famiglie e delle razze, non la pensano allo stesso modo e « i vasi della carne si restringono », bisogna al contrario, come consiglia Agostino [10], che « gli spazi della carità si dilatino ». Se poi tutto non può essere risolto attraverso la giustizia, la bontà e la sola legge della carità, ci sono nella Chiesa, inviati dallo Spirito Santo, coloro che decidono, e alla cui decisione i fedeli devono ubbidire, se vogliono essere di Cristo e non vogliono essere ritenuti « come pagani e pubblicani ».
Tocca perciò ai Vescovi, specialmente a quelli che governano le diocesi dove più ardente è il contrasto, dirimere le controversie che hanno fra di loro i cattolici canadesi sui diritti e sull’uso delle due lingue negli edifici sacri e nelle scuole proprie dei cattolici. Perciò li esortiamo a radunarsi, a considerare diligentemente e a soppesare una cosa di tale gravità e, proponendosi soltanto la causa di Cristo e la salvezza delle anime, stabiliscano e decretino ciò che a loro sembra giusto e opportuno. Se poi, per qualunque motivo, con la loro decisione non potrà essere definita o conclusa la questione, rimettano la cosa a questa Sede Apostolica, la quale deciderà la causa secondo le leggi della giustizia e della carità, in modo che i fedeli conservino in futuro la pace e la vicendevole benevolenza, come si addice ai santi.
Intanto però bisogna che i giornali e i periodici, che si gloriano del nome cattolico, non alimentino la discordia fra i fedeli, né anticipino il giudizio della Chiesa; coloro che vi scrivono, se manterranno il silenzio con pazienza e modestia, se anzi si dedicheranno a calmare gli animi, avranno compiuto una cosa in tutto degna della loro professione. Allo stesso modo i fedeli si astengano dal trattare questo argomento nelle adunanze popolari, nelle assemblee, nei raduni cattolici della propria nazione; infatti è quasi impossibile che gli oratori non siano trascinati dall’amore di parte e non portino nuove scintille a un incendio tanto violento.
Quelle cose poi che con paterno animo prescriviamo a tutti, sappia il clero che sono comandate ad esso in primo luogo. Poiché infatti i sacerdoti debbono diventare ed essere, con tutta l’anima, modello del gregge, è chiaro che non è decoro per loro impegnarsi in codesto turbine di emulazione e di invidia. Pertanto li ammoniamo affettuosamente a precedere gli altri del popolo, sia nella moderazione e benevolenza dell’animo, sia nella riverenza ai Vescovi, sia infine nell’obbedienza, specialmente in quelle cose che riguardano la giustizia e la disciplina ecclesiastica e nelle quali la Chiesa giudica per diritto proprio. Certamente gioverà molto al bene spirituale e alla concordia dei cattolici di entrambe le lingue, se tutti i sacerdoti conosceranno bene le due lingue. Perciò Ci siamo meravigliosamente rallegrati quando abbiamo saputo che in alcuni seminari è stata introdotta la regola che i chierici imparino a parlare sia in francese che in inglese: questo vogliamo davvero che sia di esempio agli altri. Intanto i sacerdoti, che si occupano del sacro ministero, cerchino di avere padronanza nell’uso di entrambe le lingue e, messe da parte tutte le rivalità, usino ora l’una, ora l’altra, secondo la necessità dei fedeli.
Ma, poiché sulle scuole che i cattolici hanno nell’Ontario, il dissenso è più profondo, Ci sembra di dover dire alcune cose particolari riguardo ad esse.
Nessuno negherà che i governatori dell’Ontario possano esigere con ragione che la lingua inglese, propria di quella provincia, sia insegnata ai bambini nelle scuole, e parimenti che i cattolici dell’Ontario possano chiedere a buon diritto che essa, nelle scuole separate, sia insegnata con tanta perfezione che i loro figli si trovino in pari condizione con i bambini non cattolici che frequentano le scuole « neutre », e così non risultino meno idonei sia nell’accedere alle scuole superiori, sia nel conseguire incarichi civili. E non c’è poi motivo perché si neghi ai Franco-Canadesi, che abitano in quella provincia, il diritto di chiedere, nel debito modo, che nelle scuole che i loro figli frequentano in buon numero, si insegni il francese: né sembra in verità che possano essere rimproverati, per il fatto che difendono una cosa cara a loro e ai loro congiunti.
Nondimeno i cattolici di codesta regione ricordino che una cosa soprattutto è importante per tutti, cioè che ci siano scuole cattoliche e che non siano messe in pericolo per nessun motivo, affinché, mentre i bambini vengono educati nel sapere scolastico, imparino anche a custodire la fede cattolica, a professare apertamente la dottrina di Cristo e a osservarne santamente la legge: questo infatti richiede assolutamente sia l’amore verso i bambini, sia il bene della religione, sia la stessa causa di Cristo. In che modo poi si possano accordare queste due cose, cioè la piena istruzione nella lingua inglese e una equa istruzione nella lingua francese dei bambini Franco-Canadesi, appare chiaramente che, se si tratta delle scuole soggette all’autorità pubblica, la cosa non può essere risolta senza l’ordine della stessa. Questo tuttavia non proibisce affatto che i Vescovi, per il loro impegno di curare la salvezza delle anime, facciano in modo, con la loro opera solerte ed attiva, che prevalgano i consigli moderati e si dia a ciascuna delle parti ciò che è giusto ed equo.
Per il resto, venerabili Fratelli, confidiamo così tanto nella vostra fede e nella vostra diligenza, e sappiamo che voi siete tanto memori del vostro ufficio e tanto impegnati nel dover rendere ragione al Giudice divino, che teniamo per certo che voi non trascurerete nulla di ciò che può essere tentato per rimuovere i danni e restituire la pace. Perciò ponete i vostri pensieri e le vostre cure in questo, « che tutti siano una cosa sola » e « che tutti siano impegnati in una cosa sola », come il divino Maestro insegnò e pregò poco prima di andare incontro alla morte di Croce per noi. Siano fisse negli animi dei vostri fedeli le parole dell’Apostolo Paolo: «Un solo corpo, un solo spirito, come una sola è la speranza alla quale siete stati chiamati, quella della vostra vocazione. Un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo. Un solo Dio, Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, agisce per mezzo di tutte le cose ed è presente in noi tutti » [11]. In questa vicendevole unione, i fedeli siano « benevoli a vicenda, misericordiosi, donandosi l’uno all’altro, come Dio si è donato a voi in Cristo » [12].
Intanto impartiamo con tutto il cuore a voi, diletto Figlio Nostro, venerabili Fratelli, e al clero e al popolo di ciascuno di voi, l’Apostolica Benedizione, mediatrice dei doni divini e testimone della Nostra paterna carità.
Dato a Roma, presso San Pietro, il giorno 8 settembre 1916, anno terzo del Nostro Pontificato.
BENEDICTUS PP. XV
[1] Coloss., III, 14.
[2] Matth., XXII, 38-39.
[3] Io., XIII, 34; XV, 12, 17; XVII, 11.
[4] Io., XIII, 35.
[5] I Cor., I, 10.
[6] Eph., IV, 2-3.
[7] I Cor., XII, 13.
[8] Galat., III, 27.
[9] Coloss., III, 11.
[10] Sermo LXIX, Migne, P.L. t. 38, col. 440.
[11] Eph., IV, 4-6.
[12] Eph., IV, 32.
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