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PAPA FRANCESCO

MEDITAZIONE MATTUTINA NELLA CAPPELLA DELLA
DOMUS SANCTAE MARTHAE

L'obbedienza è ascolto che rende liberi

Giovedì, 11 aprile 2013

 

(da: L'Osservatore Romano, ed. quotidiana, Anno CLIII, n. 85, Ven. 12/04/2013)

 

Dio non può essere oggetto di negoziato. E la fede non prevede la possibilità di essere «tiepidi», «né cattivi né buoni», cercando con «una doppia vita» di arrivare a un compromesso per «uno status vivendi» con il mondo. Lo ha detto Papa Francesco all’omelia della messa, celebrata la mattina di giovedì 11 aprile, nella cappella della Domus Sanctae Marthae, alla quale hanno partecipato la direzione e la redazione dell’Osservatore Romano. Oltre ai giornalisti del quotidiano erano presenti quelli delle edizioni periodiche e personale della direzione generale.

Tra i concelebranti il cardinale indiano Telesphore Placidus Toppo, arcivescovo di Ranchi, l’arcivescovo Mario Aurelio Poli, successore di Bergoglio alla guida dell’arcidiocesi di Buenos Aires, don Indunil Janakaratne Kodithuwakku Kankanamalage, sotto-segretario del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, monsignor Robinson Edward Wijesinghe, capo ufficio del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, don Sergio Pellini, direttore generale della Tipografia Vaticana Editrice L’Osservatore Romano, i gesuiti Władisław Gryzło, incaricato dell’edizione mensile in lingua polacca del nostro giornale, e Konrad Grech, e il francescano conventuale Giuseppe Samid. Fra gli altri presenti, il presidente e il segretario generale della Fondazione Centesimus Annus Pro Pontifice, Domingo Sugranyes Bickel e Massimo Gattamelata.

Nelle letture, ha spiegato il Papa all’omelia, «appare per tre volte la parola “obbedire”: si parla dell’obbedienza. La prima volta, quando Pietro risponde “bisogna obbedire a Dio invece che agli uomini”» davanti al sinedrio, come narrano gli Atti degli apostoli (5, 27-33).

Cosa significa — si è chiesto il Pontefice — «obbedire a Dio? Significa che noi dobbiamo essere come schiavi, tutti legati? No, perché proprio chi obbedisce a Dio è libero, non è schiavo! E come si fa questo? Io obbedisco, non faccio la mia volontà e sono libero? Sembra una contraddizione. E non è una contraddizione». Infatti «obbedire viene dal latino, e significa ascoltare, sentire l’altro. Obbedire a Dio è ascoltare Dio, avere il cuore aperto per andare sulla strada che Dio ci indica. L’obbedienza a Dio è ascoltare Dio. E questo ci fa liberi».

Proprio commentando il passo degli Atti degli apostoli, il Pontefice ha ricordato che Pietro «davanti a questi scribi, sacerdoti, anche il sommo sacerdote, ai farisei», era chiamato a «prendere una decisione». Pietro «sentiva quello che dicevano i farisei e i sacerdoti, e sentiva quello che Gesù diceva nel suo cuore: “cosa faccio?”. Lui dice: “Io faccio quello che mi dice Gesù, non quello che voi volete che io faccia”. E lui è andato avanti così».

«Nella nostra vita — ha detto Papa Francesco — sentiamo anche proposte che non vengono da Gesù, che non vengono da Dio. Si capisce, le nostre debolezze a volte ci portano su quella strada. O anche su quell’altra che è più pericolosa ancora: facciamo un accordo, un po’ di Dio e un po’ di voi. Facciamo un accordo e così andiamo nella vita con una doppia vita: un po’ la vita di quello che sentiamo che ci dice Gesù, e un po’ la vita di quello che sentiamo che ci dice il mondo, i poteri del mondo e tanto altro». Ma è un sistema che «non va». Infatti «nel libro dell’Apocalisse, il Signore dice: questo non va, perché così non siete né cattivi né buoni: siete tiepidi. Io vi condanno».

Il Pontefice ha messo in guardia proprio da questa tentazione. «Se Pietro avesse detto a questi sacerdoti: “parliamo da amici e stabiliamo uno status vivendi”, forse la cosa sarebbe andata bene». Ma non sarebbe stata una scelta propria «dell’amore che viene quando sentiamo Gesù». Una scelta che porta conseguenze. «Cosa succede — ha proseguito il Santo Padre — quando sentiamo Gesù? A volte quelli che fanno l’altra proposta si infuriano e la strada finisce nella persecuzione. In questo momento, l’ho detto, abbiamo tante sorelle e tanti fratelli che per obbedire, sentire, ascoltare quello che Gesù chiede loro sono sotto la persecuzione. Ricordiamo sempre questi fratelli e queste sorelle che hanno messo la carne al fuoco e ci dicono con la loro vita: “Io voglio obbedire, andare per la strada che Gesù mi dice”».

Con la liturgia odierna «la Chiesa ci invita» ad «andare per la strada di Gesù» e a «non sentire quelle proposte che ci fa il mondo, quelle proposte di peccato o quelle proposte così così, metà e metà»: si tratta, ha ribadito, di un modo di vivere che «non va» e «non ci farà felici».

In questa scelta di obbedienza a Dio e non al mondo, senza cedere al compromesso, il cristiano non è solo. «Dove abbiamo — si è domandato il Papa — l’aiuto per andare per la strada di sentire Gesù? Nello Spirito Santo. Di questi fatti siamo testimoni noi: è lo Spirito Santo che Dio ha dato a quelli che gli obbediscono». Dunque, ha detto, «è proprio lo Spirito Santo dentro di noi che ci dà forza per andare». Il vangelo di Giovanni (3, 31-36), proclamato nella celebrazione, con una bella espressione assicura: «“Colui infatti che Dio ha mandato dice le parole di Dio: senza misura egli dà lo Spirito”. Nostro Padre ci dà lo Spirito, senza misura, per ascoltare Gesù, sentire Gesù e andare per la strada di Gesù».

Papa Francesco ha concluso l’omelia con l’invito a essere coraggiosi nelle diverse situazioni della vita. «Chiediamo la grazia del coraggio. Sempre avremo peccati: siamo peccatori tutti». Ma serve «il coraggio di dire: “Signore, sono peccatore, alle volte obbedisco a cose mondane ma voglio obbedire a te, voglio andare per la tua strada”. Chiediamo questa grazia, di andare sempre per la strada di Gesù, e quando non lo facciamo, di chiedere perdono: il Signore ci perdona, perché Lui è tanto buono».

 



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