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PAPA FRANCESCO

MEDITAZIONE MATTUTINA NELLA CAPPELLA DELLA
DOMUS SANCTAE MARTHAE

Satana ci truffa sempre

Martedì, 14 maggio 2013

 

(da: L'Osservatore Romano, ed. quotidiana, Anno CLIII, n. 110, Merc. 15/05/2013)

 

L’egoismo non porta da nessuna parte. L’amore invece libera. Per questo chi è capace di vivere la propria vita come «un dono da dare agli altri» non resterà mai solo e non sperimenterà «il dramma della coscienza isolata», facile preda di quel «Satana cattivo pagatore» sempre «pronto a truffare» chi sceglie la sua strada. È la riflessione che Papa Francesco ha lasciato questa mattina, martedì 14 maggio, a quanti hanno partecipato alla messa celebrata nella cappella della Domus Sanctae Marthae.

Commentando le letture del giorno, tratte dagli Atti degli apostoli (1, 15-17, 20-26) e dal vangelo di Giovanni (15, 9-17), il Papa ha esordito ricordando che in questo tempo di attesa dello Spirito Santo torna il concetto dell’amore, il comandamento nuovo: «Gesù ci dice una parola forte: “Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici”. L’amore più grande: dare la sua vita. L’amore va sempre per questa strada: di dare la sua vita. Vivere la vita come un dono, un dono da dare. Non un tesoro per conservare. E Gesù l’ha vissuta così, come dono. E se si vive la vita come dono, si fa quello che Gesù vuole: “Vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto”». Dunque non bisogna bruciare la vita con l’egoismo.

A questo proposito il Pontefice ha riproposto la figura di Giuda, il quale ha un atteggiamento contrario a chi ama, perché «mai ha capito, poveretto, cosa sia un dono». Giuda era uno di quegli uomini che non compiono mai un gesto di altruismo e che vivono sempre nella sfera del proprio io, senza lasciarsi «prendere dalle situazioni belle». Atteggiamento che, invece, è proprio della «Maddalena, quando lava i piedi di Gesù con il nardo, tanto costoso».

È un momento — ha affermato il vescovo di Roma — «religioso, un momento di gratitudine, un momento di amore». Giuda invece vive distaccato, nella sua solitudine, e continua su quella strada. «Un’amarezza del cuore» l’ha definita il Santo Padre. E così «come l’amore cresce nel dono», anche l’altro atteggiamento, quello «dell’egoismo, cresce. Ed è cresciuto, in Giuda, fino al tradimento di Gesù». Chi ama, ha detto in sostanza il Papa, dà la vita come dono; chi è egoista, tradisce, resta sempre solo e «isola la sua coscienza nell’egoismo, in quel curare la propria vita; ma alla fine la perde».

E cadere nell’egoismo è facile per tutti. Il Papa ha indicato ancora una volta l’esempio di Giuda, il quale «era un idolatra, attaccato ai soldi. Giovanni lo dice: era un ladro. E questa idolatria lo ha portato a isolarsi dalla comunità degli altri: questo è il dramma della coscienza isolata». Quando un cristiano incomincia a isolarsi, «isola la sua coscienza dal senso comunitario, dal senso della Chiesa, da quell’amore che Gesù ci dà». E alla fine, proprio come Giuda, perde la sua vita. «Giovanni — ha ricordato il Pontefice richiamando il racconto evangelico — ci dice che “in quel momento Satana entrò nel cuore di Giuda”. E, dobbiamo dirlo: Satana è un cattivo pagatore. Sempre ci truffa: sempre!».

Dunque ci sono due strade da scegliere: vivere la vita per sé o viverla come dono, cioè come «ha fatto Gesù: “Come il Padre mi ha amato, così mi invia per amore e io mi dono per amore”». In questi giorni di attesa della festa dello Spirito Santo — ha concluso il Santo Padre — «chiediamo: “vieni, vieni e dammi un cuore largo, che sia capace di amare con umiltà, con mitezza”». E «chiediamogli anche che ci liberi sempre dall’altra strada, quella dell’egoismo, che alla fine finisce male».

Con il Papa hanno concelebrato, tra gli altri, i presuli colombiani Ricardo Antonio Tobón Restrepo, arcivescovo di Medellín, e Fabio Duque Jaramillo, vescovo di Garzón, e lo spagnolo Jesús García Burillo, vescovo di Ávila. Fra i presenti, dipendenti dei Musei Vaticani e alcuni seminaristi ospiti del Pontificio Collegio Portoghese.

 



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