PAPA FRANCESCO
MEDITAZIONE MATTUTINA NELLA CAPPELLA DELLA
DOMUS SANCTAE MARTHAE
Il salario del cristiano
Martedì, 28 maggio 2013
(da: L'Osservatore Romano, ed. quotidiana, Anno CLIII, n. 122, Mer. 29/05/2013)
La sofferenza fa parte della vita; ma per il cristiano, chiamato a seguire la stessa via di Cristo, essa diventa un valore aggiunto. Tanto più quando si presenta sotto forma di persecuzione, a causa dello spirito del mondo che non tollera la testimonianza cristiana. È questa in sintesi la riflessione del Papa durante la messa celebrata nella cappella della Domus Sanctae Marthae martedì mattina, 28 maggio. Commentando il vangelo del giorno (Marco, 10, 28-31), il Pontefice ha ripreso la riflessione sul dialogo di Gesù con il giovane ricco che gli chiedeva come ottenere la vita eterna. Ha ricordato infatti che Pietro aveva ascoltato gli ammonimenti di Gesù a proposito delle ricchezze, che rendono «tanto difficile entrare nel regno di Dio».
Dopo le parole del Signore, Pietro gli domanda: «Va bene, ma noi? Noi abbiamo lasciato tutto per te. Quale sarà il salario? Come sarà il premio?». La risposta di Gesù forse «è un po’ ironica: ma sì, anche te e tutti voi che avete lasciato casa, fratelli, sorelle, madre, figlio, campi, avrete cento più di questo»; ma li avverte che dovranno affrontare «la persecuzione», descritta come il salario, o meglio «il pagamento del discepolo».
A chi lo segue Gesù assicura l’appartenenza alla «famiglia dei cristiani» e ricorda che «siamo tutti fratelli». Ma avverte pure che ci «saranno le persecuzioni, le difficoltà», tornando sullo stesso tema: «Chi segue me, deve fare la stessa strada che ho fatto io». Una via, ha spiegato il Papa, che porta ad abbassarsi e che «finisce sulla croce. Ci saranno sempre le difficoltà che vengono dal mondo e le persecuzioni, perché lui ha fatto questa strada per primo. Quando un cristiano non ha difficoltà nella vita e tutto va bene, tutto è bello, qualcosa non va». C’è da pensare che abbia ceduto alla tentazione di seguire lo spirito del mondo piuttosto che Gesù.
Seguire il Signore, ha ripetuto il vescovo di Roma, significa farlo sino in fondo. La sequela di Cristo non può rimanere solo un’espressione culturale. Tanto meno può essere un modo per acquistare più potere. In proposito il Pontefice ha osservato che «la storia della Chiesa è piena di questo, cominciando da alcuni imperatori; poi tanti governanti, tante persone. E anche alcuni — non voglio dire tanti, ma alcuni — preti, alcuni vescovi. Non sono tanti, ma alcuni pensano che seguire Gesù è fare carriera». Un concetto questo, ha detto Papa Francesco, che nella letteratura di molto tempo fa si poteva ritrovare nelle biografie dei santi, dove era usuale leggere che «da bambino aveva voglia di fare la carriera ecclesiastica. Si diceva così, era un modo di dire. Ma tanti cristiani, tentati dallo spirito del mondo — ha aggiunto il Pontefice — pensano che seguire Gesù» sia una cosa buona perché «così si può fare carriera, si può andare avanti». Tuttavia, «quello non è lo spirito»; è piuttosto l’atteggiamento di Pietro, che domanda: «E noi, che carriera facciamo?». La risposta di Gesù è invece: «Sì, ti darò tutto, con la persecuzione».
Non è possibile — ha commentato il vescovo di Roma — «togliere la croce dalla strada di Gesù, c’è sempre». Certamente il cristiano non deve farsi del male. «Non è quello» ha specificato in proposito, aggiungendo: «Il cristiano segue Gesù per amore e quando si segue Gesù con amore, l’invidia del diavolo fa tante cose. Lo spirito del mondo non tollera questo, non tollera la testimonianza. Pensate a madre Teresa», considerata come una figura positiva che «ha fatto tante belle cose per gli altri. Lo spirito del mondo mai dice che la beata Teresa tutti i giorni, tante ore, era in adorazione; mai. Riduce l’attività cristiana al fare bene sociale. Come se l’esistenza cristiana fosse una vernice, una patina di cristianesimo. Ma l’annuncio di Gesù non è una patina», penetra nelle ossa, va dritto «al cuore; va dentro e ci cambia. E questo lo spirito del mondo non lo tollera; non lo tollera e per questo vengono le persecuzioni».
Da qui l’invito a pensare alla risposta di Gesù: Non c’è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli, sorelle o madri o padri o figli o campi «per causa mia o per causa del Vangelo, che non riceva già ora, in questo tempo, cento volte tanto, in case, fratelli, ma insieme a persecuzioni. Non dimentichiamolo». Seguire Gesù con amore passo dopo passo: questa è la sequela di Cristo, ha concluso il Santo Padre. Ma lo spirito del mondo continuerà a non tollerarlo e farà soffrire i cristiani. Si tratta, però, di una sofferenza come quella sopportata da Gesù: «Chiediamo questa grazia: seguire Gesù nella strada che lui ci ha fatto vedere, che lui ci ha insegnato. Questo è bello: lui mai ci lascia soli, mai. Sempre è con noi».
Con il Papa hanno concelebrato, tra gli altri, gli arcivescovi Rino Fisichella e José Octavio Ruiz Arenas, rispettivamente presidente e segretario del Pontificio Consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione. Con loro, tra i presenti, erano i collaboratori nel dicastero, maestranze della centrale termoelettrica e del laboratorio di falegnameria del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano.
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