PAPA FRANCESCO
MEDITAZIONE MATTUTINA NELLA CAPPELLA DELLA
DOMUS SANCTAE MARTHAE
I segni della gratuità
Martedì, 11 giugno 2013
(da: L'Osservatore Romano, ed. quotidiana, Anno CLIII, n. 133, Merc.12/06/2013)
Povertà e lode di Dio: sono le due coordinate principali della missione della Chiesa, i «segni» che rivelano al popolo di Dio se «un apostolo vive la gratuità». Li ha indicati Papa Francesco durante la messa di stamane, martedì 11 giugno, nella Domus Sanctae Marthae, concelebrata tra gli altri dall’arcivescovo Gerhard Ludwig Müller, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, presenti responsabili e dipendenti dell’ex Santo’Uffizio.
La riflessione del Pontefice, prendendo spunto come di consueto dalle letture del giorno — tratte dagli Atti degli apostoli (11, 21-26; 13, 1-3) e dal vangelo di Matteo (10, 7-13) — è stata tutta incentrata sul tema della gratutità. Perché, ha spiegato, «la predicazione evangelica nasce dalla gratuità, dallo stupore della salvezza che viene; e quello che io ho ricevuto gratuitamente, devo darlo gratuitamente».
Lo si vede quando Gesù invia i suoi apostoli e dà loro le istruzioni per la missione che li attende. «Sono consegne — ha evidenziato il Santo Padre — molto semplici: non procuratevi oro, né argento, né denaro»; visto che basteranno «le cinture, la sacca di viaggio, le due tuniche, i sandali, il bastone», per il compito loro affidato. Una missione di salvezza, aggiunge Gesù, che consiste nel guarire gli infermi, risuscitare i morti, purificare i lebbrosi, scacciare i demoni.
Si tratta di una missione, ha specificato Papa Francesco, per avvicinare gli uomini al regno di Dio, per dare loro la bella notizia che il regno di Dio è vicino, anzi è arrivato. Ma — ha subito avvertito — il Signore vuole per gli apostoli «semplicità» di cuore e disponibilità a lasciare spazio «al potere della Parola di Dio». Del resto, ha fatto notare, se essi non avessero avuto una grande «fiducia nella Parola di Dio, forse avrebbero fatto un’altra cosa», ma non avrebbero annunciato il Vangelo.
La frase chiave delle consegne di Cristo ai suoi è appunto: «gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date»: parole in cui c’è tutta «la gratuità della salvezza». Perché — ha chiarito il Pontefice — «noi non possiamo predicare, annunziare il regno di Dio, senza questa certezza interiore che tutto è gratuito, tutto è grazia». È quanto affermava sant’Agostino: Quaere causam et non invenies nisi gratiam. E quando noi agiamo senza lasciare spazio alla grazia, ha affermato il Papa, allora «il Vangelo non ha efficacia».
Del resto, che la predicazione evangelica nasca dalla gratuità lo testimoniano diversi episodi della vita dei primi apostoli. «San Pietro — ha ricordato il Santo Padre — non aveva un conto in banca e quando ha dovuto pagare le tasse, il Signore lo ha mandato al mare a pescare per trovare dentro il pesce la moneta con cui pagare». E Filippo, quando ha incontrato il ministro della regina Candace, non ha pensato di creare «un’organizzazione per sostenere il Vangelo», non ha negoziato; al contrario, «ha annunziato, ha battezzato e se n’è andato». La buona novella, dunque, si diffonde “seminando” la Parola di Dio. È lo stesso Gesù che lo dice: «il regno è come il seme che Dio dà. È un dono gratuito».
Fin dalle origini nella comunità cristiana c’è stata la «tentazione di cercare forza in altra parte che non sia la gratuità». Ma la nostra unica «forza è la gratuità del Vangelo» ha ribadito il Santo Padre, mettendo in guardia soprattutto dal rischio che l’annuncio possa sembrare proselitismo: «per quella strada — ha assicurato — non si va» da nessuna parte. E ha citato in proposito il suo predecessore Benedetto XVI, secondo il quale «la Chiesa non cresce per proselitismo» ma «per attrazione». Perché, ha aggiunto Papa Francesco, «il Signore ci ha inviato ad annunziare non a fare proseliti». E la forza di attrazione deve venire dalla testimonianza di quanti annunziano la gratuità della salvezza. «Tutto è grazia» ha ripetuto. E tra i tanti segni di questa gratuità ha individuato in particolare la povertà e la lode a Dio.
Quanto al primo, ha spiegato che l’annunzio del vangelo deve passare per la strada della povertà, per la testimonianza di questa povertà. «Non ho ricchezze, la mia ricchezza è soltanto il dono che ho ricevuto da Dio. Questa gratuità è la nostra ricchezza». Ed è una povertà, questa, che «ci salva dal diventare organizzatori, imprenditori». Il Papa è consapevole che «si devono portare avanti opere della Chiesa» e che «alcune sono un po’ complesse», ma bisogna farlo «con cuore di povertà, non con cuore di investimento o come un imprenditore. La Chiesa non è una ong: è un’altra cosa, più importante. Nasce da questa gratuità ricevuta e annunziata».
Quanto alla capacità di lodare, il Santo Padre ha messo in chiaro che quando un apostolo non vive la gratuità perde anche la capacità di lodare il Signore, «perché lodare il Signore è essenzialmente gratuito. È un’orazione gratuita. Non chiediamo soltanto, lodiamo». Invece — ha concluso — «quando troviamo apostoli che vogliono fare una Chiesa ricca, una Chiesa senza la gratuità della lode», essa «invecchia, diventa una ong, non ha vita».
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