SANTA MESSA PER LE ESEQUIE DEL
CARDINALE PERICLE FELICI
OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II
Giovedì, 25 marzo 1982
“Tenetevi pronti, perché il Figlio dell’uomo verrà nell’ora che non pensate” (Lc 12,40).
1. Ancora una volta, cari fratelli e sorelle, l’esperienza ci fa toccare con mano la verità di questo monito, tanto noto, del Vangelo.
Siamo ancora tutti sotto l’impressione dolorosa e sgomenta per la inattesa scomparsa dell’amato nostro fratello, il Cardinale Pericle Felici, l’indimenticabile Segretario Generale del Concilio Ecumenico Vaticano II ed al presente Prefetto del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica e Presidente della Pontificia Commissione per la Revisione del Codice di Diritto Canonico.
Il Signore, padrone della vita e della morte, ce l’ha improvvisamente sottratto mentre era nel suo impegno operoso di servizio alla Chiesa e nel vivo stesso di un atto di sacerdotale ministero in terra di Puglia, e noi crediamo che, se così ha disposto, ciò risponde a superiori, anche se a noi incomprensibili, ragioni di bontà e di amore misericordioso. Ecco, proprio questo pensiero, ispirato a viva fede, cioè il diretto riferimento ad un parametro essenziale del nostro Credo – “Sive vivimus, sive morimur Domini sumus” (Rm 14,8)! –, deve guidarci e spiritualmente rianimarci durante l’odierna Liturgia: il Signore Iddio toglie e, nello stesso tempo, conserva; ci sottrae la presenza fisica di un fratello assai caro ed insieme ce lo mostra – e ne abbiamo, più che speranza, sicura certezza – rivestito di vita nuova nel nome e per virtù dell’unigenito suo Figlio risorto.
Sarà questo stesso pensiero di fede a sostenere il nostro animo, umanamente affranto, ed a tramutare la mesta cerimonia di stamane in realtà di fraterna unione e consolazione.
2. Ho accennato agli uffici o funzioni, indubbiamente importanti, che al compianto Cardinale furono affidati dai miei predecessori Giovanni XXIII e Paolo VI negli anni della sua maturità. Ma il Cardinale Felici deve essere considerato e ricordato anche per quel che fu e quel che fece negli anni precedenti, come sacerdote tanto ricco di qualità naturali ed umane, quanto arricchito, grazie ad un serio impegno formativo, di quelle doti che sono proprie del vero “homo Dei” (1Tm 6,11).
Allora accanto alla sua indole schietta, alla semplicità del tratto, al suo buon senso di autentico laziale e, magari, al suo “humour” e alla sua vena poetica, si presentano a tutto rilievo ed in esemplare validità la sua solida impostazione di “prete romano”, la sua competenza giuridica e la sua passione per la legislazione antica e nuova della Chiesa, il suo lavoro in campo didattico-educativo come Rettore del Pontificio Istituto per gli studi giuridici in sant’Apollinare ed apprezzato Padre Spirituale presso il Seminario Romano Maggiore. Ben potrebbero parlare e testimoniare, a questo riguardo, i numerosi giovani ed ex-alunni di un tempo, che oggi sono sacerdoti e dimostrano, nell’adempimento dei loro ministeri ecclesiali, di aver fatto tesoro delle alte lezioni ricevute dal loro superiore e direttore di spirito.
3. Ma io sento per lui un debito speciale di gratitudine viva e sincera. Come tanti, anzi come tutti i Vescovi partecipanti alle singole sessioni del Concilio Vaticano II, dall’11 ottobre 1962 all’8 dicembre 1965, io ho tuttora nitida dinanzi al mio sguardo la figura del solerte Segretario Monsignor Felici, il quale, incaricato già nelle precedenti fasi ante-preparatoria e preparatoria del complicato e meticoloso lavoro di coordinazione e di selezione nella “mole delle carte” relative alla vastissima problematica conciliare, seppe costantemente dimostrare assidua applicazione, capacità di ascolto, rispetto per le altrui opinioni, chiarezza di visione dei problemi e, all’occorrenza, longanime pazienza, oltre che filiale obbedienza e fedeltà assoluta ai Sommi Pontefici. Fu, il suo, un lavoro quotidiano ed indefesso che non ebbe soste, perché ovviamente il Segretario non era tale solo nell’Aula all’interno di questa Basilica, ma doveva riprendere e continuare lo stesso lavoro, quando quello altrui era terminato.
E letteralmente – bisogna aggiungere – esso continuò ancora nel periodo non certo facile del post-Concilio, procedendo nella duplice direzione della pubblicazione di tutti gli Atti ufficiali dell’assise ecumenica e della presidenza della speciale Commissione, che ha il compito di interpretare i decreti conciliari.
Né posso dimenticare l’altro importante settore, a cui ho accennato all’inizio, di primo responsabile della Commissione per l’approntamento del nuovo Codice Canonico, un settore per il quale sono del pari necessarie – oltre ad un profondo senso giuridico – non comuni capacità di organizzazione e di sintesi, e nel quale i frutti “Deo adiuvante” già s’intravvedono.
È precisamente a questo lavoro, come agli altri incarichi, a lui affidati in seno alla Curia Romana, che io riguardo quando parlo del debito di personale riconoscenza verso il caro Porporato, che ho potuto tanto apprezzare per la competenza, per l’attaccamento, per lo stile – direi – del suo servizio e della sua collaborazione. Egli, come seppe esser sempre degno della fiducia dei miei predecessori, così mi è stato fedelmente vicino in questi anni del mio pontificato, a cominciare da quella sera del 16 ottobre 1978, quando annunciò al mondo il nome del nuovo eletto alla Sede di Pietro.
4. Ma ritorniamo all’evento conciliare, rispetto al quale il Cardinale Felici appare essere stato, per unanime riconoscimento, uno dei protagonisti. Senza insistere su una tale valutazione (non sarebbe questa la sede), vorrei solo osservare che tutta l’attività, da lui svolta nella sua vita, cioè prima, durante e dopo il Concilio, corrisponde a quella nota che fu specifica del Vaticano II: la nota dell’ecclesialità. Davvero il Concilio della Chiesa ebbe nel suo Segretario il servitore della Chiesa, per la quale operò attivamente, disinteressatamente, nel suo impegno di scoprire, insieme con l’assemblea dei fratelli Vescovi, i genuini ed originari lineamenti della Chiesa di Cristo, sacramento di salvezza e di unità per le genti (cf. Lumen Gentium, 1).
Egli seppe anche instaurare, nei giorni e nei mesi di questa appassionata ricerca, forme di contatto aperto e cordiale con i confratelli, che fiorirono tanto spesso in sincera amicizia e furono anch’esse riprova del vincolo di collegialità, di cui si discuteva nell’Aula.
5. Stiamo ora per passare dalla Liturgia della Parola alla Liturgia eucaristica, alla quale ci avvia non soltanto ciò che ho detto finora, ma anche e soprattutto il monito, ascoltato nella lettura evangelica.
Monito salutare, monito singolare è quell’“estote parati”, che il Signore a noi rivolge (Lc 12,40)!
Esso, infatti, non deprime, ma solleva e conforta, perché, pur se ci ricorda il dovere della preparazione e della vigilanza “nell’attesa della sua venuta”, è preceduto molto da vicino dalla proclamazione della beatitudine riservata a coloro che “sono preparati”.
Faremo bene, fratelli carissimi, a meditare spesso questa parola insieme ammonitrice e confortatrice di Cristo Gesù: essa configura una delle beatitudini evangeliche e vale, pertanto, a dare sollievo al nostro spirito dinanzi ai lutti improvvisi, che ci colpiscono in proprio o nella persona dei fratelli. Sì, sono “beati quei servi che il Signore, alla sua venuta, troverà vigilanti” (Lc 12,37; cf. 38. 43).
Una tale beatitudine, che è premessa e garanzia dell’eterna beatitudine in Dio, può essere sicuramente attribuita al Cardinale Felici, non essendo egli né impreparato né disattento alla voce del Signore. Appena qualche minuto prima dell’improvvisa chiamata, aveva con cuore presago accennato alla partenza da questa terra, che è comune sorte dei mortali, e ne aveva preso spunto – egli, alunno del Seminario Romano, dove è tradizionale ed assai sentita la devozione verso la Madonna della fiducia – per dichiarare dinanzi ai fedeli la certezza di trovare in attesa Maria.
Era forse un presentimento? Noi non lo sappiamo, ma sappiamo, speriamo e crediamo che, chiudendo gli occhi sulla scena di questo mondo, egli li ha riaperti all’incontro con la Madre celeste e, da lei guidato, con Gesù Salvatore e Signore. Così sia!
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