SANTA MESSA PER LA CELEBRAZIONE DELLE PALME
OMELIA DEL SANTO PADRE GIOVANNI PAOLO II
Domenica, 4 aprile 1982
1. “Osanna! / Benedetto colui che viene nel nome del Signore! / Benedetto il regno che viene, del nostro padre Davide! / Osanna nel più alto dei cieli!” (Mc 11,9s).
Il giorno dell’esaltazione di Gesù di Nazaret.
C’è stato un giorno in cui Gesù di Nazaret è stato esaltato davanti agli occhi del popolo. E ha permesso questo. Anzi, in un certo senso egli stesso ha creato le condizioni perché questo accadesse, entrando in Gerusalemme su di un asinello, attorniato dai suoi discepoli, proprio quando da varie parti della Terra Santa si recava là una folla innumerevole.
Quando i farisei dissero: “Maestro, rimprovera i tuoi discepoli”, egli rispose loro: “Vi dico che, se questi taceranno, grideranno le pietre” (Lc 19,39s).
Ci fu un giorno in cui Gesù di Nazaret, adempiendo la volontà del Padre, consentì che si manifestasse in lui la gloria terrena del Messia: che si manifestasse al cospetto di Gerusalemme e dalle labbra dei suoi conterranei.
In questo modo, infatti, doveva compiersi la Scrittura, la quale esprime in modo regale la gloria del Messia: come esaltazione del discendente di Davide.
Così, dunque, oggi celebriamo il giorno dell’esaltazione di Gesù di Nazaret davanti agli occhi degli uomini.
Oggi pure, entrando nella liturgia della Settimana Santa, cominciamo a meditare il mistero dell’esaltazione del Messia davanti a Dio.
2. Mirabile è la liturgia della Domenica delle Palme, così come mirabili sono stati gli eventi del giorno, a cui essa si riferisce.
Sull’entusiasmo del messianico “Osanna” incombe un’ombra profonda. È questa l’ombra della passione che si avvicina. Quanto significative sono persino queste parole del profeta che si adempiono in questo giorno: “Non temere, figlia di Sion! / Ecco, il tuo re viene, / seduto sopra un puledro d’asina!” (Gv 12,15; cf. Zc 9,9).
Può, nel giorno dell’entusiasmo generale del popolo per la venuta del Messia, la figlia di Sion aver motivo di timore?
Eppure sì. È prossimo ormai il tempo, nel quale si compiranno sulle labbra di Gesù di Nazaret le parole del salmista: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?” (Sal 21 [22],2). Lui stesso pronuncerà queste parole dall’alto della Croce.
Allora, invece dell’entusiasmo del popolo che canta “Osanna”, saremo testimoni degli scherni nel cortile di Pilato, sul Golgota, così come proclama il salmista: “Mi scherniscono quelli che mi vedono, / storcono le labbra, scuotono il capo: / "Si è affidato al Signore, lui lo scampi; / lo liberi, se è suo amico"” (Sal 21 [22],8s).
3. La liturgia odierna – la liturgia della Domenica delle Palme –, permettendo di soffermarci sull’ingresso trionfale di Cristo a Gerusalemme, ci conduce contemporaneamente al termine della passione.
“Hanno forato le mie mani e i miei piedi, / posso contare tutte le mie ossa...”.
E in seguito:
“Si dividono le mie vesti / sul mio vestito gettano la sorte” (Sal 21 [22],17-19).
Come se il Salmista già vedesse con i propri occhi lo svolgimento del Venerdì Santo.
Veramente in quel giorno, ormai vicino, Cristo si farà obbediente fino alla morte, e questa sarà la morte in Croce (cf. Fil 2,8).
4. E proprio qui, al termine della Passione, ha il suo inizio il mistero dell’esaltazione del Messia. Questa esaltazione è diversa dalla “storica” esaltazione davanti agli uomini il giorno del gioioso “osanna”. È questa l’esaltazione in Dio stesso.
A questa esaltazione in Dio sono diventati immediata introduzione l’umiliazione di Cristo e il suo spogliamento definitivo mediante la Croce.
“(Cristo Gesù) pur essendo di natura divina non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio; ma spogliò se stesso assumendo la condizione di servo...” (Fil 2,6s).
Queste parole della lettera ai Filippesi si riferiscono non solo alla Passione. Esse costituiscono, in un certo senso, la sintesi di tutta la vita di Cristo. Costituiscono l’indicatore di tutto il mistero dell’Incarnazione.
Risulta, infatti, chiaramente da queste parole che egli “spogliò se stesso” per il fatto stesso che, “pur essendo di natura divina”, ha accettato la condizione umana, la natura umana: ha assunto la “condizione di servo”. Potendo ad ogni passo “sfruttare l’occasione d’essere pari a Dio”, ha scelto consapevolmente tutto ciò che lo poneva “al pari” dell’uomo: “esternamente riconosciuto come uomo”.
Ed ecco, ci avviciniamo al termine di questo livellamento. Lo raggiungeremo allora, quando Cristo “umilierà se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di Croce”.
5. Però proprio questo termine significa l’inizio dell’esaltazione.
L’esaltazione di Cristo si racchiude nello spogliamento di Cristo. La gloria ha il suo inizio e la sua sorgente nella Croce.
San Paolo nella lettera ai Filippesi lo sottolinea chiaramente, quando fa iniziare la successiva frase del suo magnifico testo con la parola “per questo”.
“Per questo Dio l’ha esaltato e gli ha dato il nome che è al disopra di ogni altro nome” (Fil 2,9).
L’Apostolo vede questa esaltazione a misura del mondo visibile ed invisibile. Scrive dunque “... E gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni altro nome; perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra; e ogni lingua proclami che Gesù Cristo è il Signore – a gloria di Dio Padre” (Fil 2,9-11).
Tale è la misura dell’esaltazione di Cristo in Dio. Di quel Cristo, che nella Domenica delle Palme ha permesso la sua “esaltazione” davanti agli occhi di Gerusalemme, quando non mancavano che pochi giorni alla crocifissione.
Con l’odierna domenica la Chiesa si trova sulla soglia della Settimana Santa.
È questa la settimana pasquale.
Si racchiude in essa il mistero dello spogliamento di Cristo e della sua esaltazione: dell’esaltazione mediante lo spogliamento.
Con grande umiltà, con fede e con amore andiamo incontro a questo Mistero.
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