VISITA PASTORALE ALLA PARROCCHIA ROMANA
DI SAN PONZIANO
OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II
Domenica, 2 maggio 1982
1. “Celebrate il Signore, perché è buono; / perché eterna è la sua misericordia” (Sal 118 [117],1).
Queste parole del Salmo sono risuonate per la prima volta durante la notte della veglia pasquale, per accompagnare la liturgia dell’intero periodo pasquale. Oggi le stesse parole risuonano – nella quarta domenica di questo periodo – confermando la profonda verità dell’umana esistenza, che si è svelata con la Risurrezione di Gesù di Nazaret.
“È meglio rifugiarsi nel Signore / che confidare nell’uomo” (Sal 118 [117],8).
Infatti, colui che con l’ultimo anelito del suo umano respiro, morendo sulla Croce, esclamò: “Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito” (cf. Lc 23,46) – si presenta di nuovo Vivo in mezzo ai suoi discepoli nel Cenacolo di Gerusalemme – e sembra continuare le ultime parole pronunciate sulla Croce col seguente versetto del Salmo: “Ti rendo grazie, perché mi hai esaudito, / perché sei stato la mia salvezza” (Sal 118 [117],21)... “Sei tu il mio Dio e ti rendo grazie, / sei il mio Dio e ti esalto” (Sal 118 [117],28).
Così sembra dire l’Uomo Risorto: Gesù di Nazaret.
Noi invece andiamo incontro a lui esclamando (come nella Domenica delle Palme, sia pure in modo tanto diverso): “Benedetto colui che viene nel nome del Signore” (cf. Gv 12,13).
2. Con tale parola, dunque, con questa parola di esaltazione per il Signore Risorto, io vengo oggi nella vostra parrocchia – e come vostro Vescovo, tutti vi invito a questa gioia pasquale, che tutta la Chiesa sperimenta a motivo della Risurrezione del Signore.
“Celebriamo il Signore perché è buono; / perché eterna è la sua misericordia...”.
Proprio perché Dio è buono, “ci ha dato amore”. “Quale grande amore ci ha dato il Padre – esclama nella sua prima lettera san Giovanni apostolo ed evangelista – per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente” (1Gv 3,1).
Sì. Ci ha fatto figli di Dio nel suo Figlio Unigenito. Ci ha fatto “figli nel Figlio...”.
“Eterna è la sua misericordia”:
“... Fin d’ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo però che quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è” (cf. 1Gv 3,2).
Il bene si diffonde per sua natura (“bonum est diffusivum sui”). Dio si è rivelato come Bene onnipotente, creando il mondo, e cioè donando l’esistenza a una molteplicità di esseri. Dio si è rivelato come Bene riguardo all’uomo, creandolo a sua immagine e somiglianza.
Così l’uomo, già in questa vita, è tanto dotato. Lo è ogni uomo. Persino quello umanamente più povero e meno sviluppato. Questa misura del bene, propria dell’uomo – la misura che proviene dal Creatore – appartiene già a questo mondo.
E già in questo mondo, nella vita temporale, Dio ci fa suoi figli: figli nel Figlio, ma... non è stato ancora rivelato ciò che saremo: viviamo in attesa del “mondo che verrà”.
Allora, quando vedremo Dio così come egli è, solo allora saremo “simili a lui” (1Gv 3,2) in tutta la pienezza eternamente programmata.
“... perché eterna è la sua misericordia”!
3. Cristo ci dice oggi:
“Io sono il buon pastore. Il buon pastore offre la vita per le pecore” (Gv 10,11).
Così Cristo disse una volta in una parabola – e la Chiesa spesso rilegge questa parabola – e particolarmente nella quarta domenica di Pasqua. Oggi!
Mediante questa parabola Gesù di Nazaret voleva maggiormente ribadire che Dio – il Padre – è buono. Voleva dimostrare con una metafora ciò che in realtà ha compiuto con la sua passione e risurrezione.
Ecco, ha dato la vita per le pecore: per coloro, che con lui e per lui sono diventati “figli nel Figlio”.
Dando la vita, ha rivelato fino in fondo quanto Dio è buono, fin dove arriva la bontà di Dio. Egli non solo ci dona l’esistenza e la somiglianza a sé nell’opera della creazione; non solo ci dona la grazia di adottarci come figli in Gesù Cristo. Ma, oltre a tutto questo, redime, mediante la morte dell’Unigenito Figlio, ogni peccato, perché gli uomini “abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza” (cf. Gv 10,10).
La parabola del Buon Pastore parla di “quest’amore”, che non indietreggia davanti alla morte per salvare l’uomo dal male ed assicurarlo nel bene. Questa è una parabola particolarmente eloquente su Cristo Redentore.
Nella storia dell’uomo c’è continuamente quel “lupo che rapisce le pecore” (cf. Gv 10,12); ma c’è anche Cristo, Buon Pastore, che veglia ininterrottamente.
Il Padre, che è l’inizio di ogni bene, lo conosce come “lui conosce il Padre” (cf. Gv 10,15). E con questa conoscenza piena di donazione Cristo abbraccia ogni uomo: “Conosco le mie pecore ed esse conoscono me” (cf. Gv 10,14).
Il Buon Pastore conosce ognuno di noi con la conoscenza dell’amore salvifico, e ci conduce al Padre. Conduce perfino quelle “pecore che non sono di quest’ovile” (Gv 10,16). Il suo amore e la sua sollecitudine salvifica si estendono su tutti gli uomini. Anche coloro che sono fuori della Chiesa, sono compresi nell’opera della salvezza.
L’amore è la più completa rivelazione del Bene. Questo amore si manifesta in Cristo nel “dare la Vita” e contemporaneamente nel “restituire la Vita”.
4. La potenza dell’amore manifestato nella morte e nella risurrezione di Cristo è divenuta l’esclusiva ispirazione e l’unica forza, nel cui nome parlavano gli apostoli: “nel nome di Gesù Cristo il Nazareno, che voi avete crocifisso e che Dio ha risuscitato dai morti” (At 4,10).
Nel nome di Cristo facevano anche dei segni, restituendo la salute alle persone malate e condannate alla sofferenza.
E con quella certezza, che viene dalla luce e dalla potenza dello stesso Spirito Santo, gli apostoli annunziavano la salvezza in Gesù Cristo, soltanto in lui:
“In nessun altro c’è salvezza; non vi è infatti altro nome dato agli uomini sotto il cielo nel quale sia stabilito che possiamo essere salvati” (At 4,12).
L’odierna liturgia pasquale è colma della verità circa la salvezza. “Salvare” significa proprio donare amore: quell’amore che ci ha donato il Padre rendendoci suoi figli nel Figlio Unigenito; quell’amore che il Figlio come Buon Pastore ha rivelato, dando la propria vita per le pecore sulla Croce, e ricuperando per tutti questa Vita nella risurrezione; quell’amore, che con la potenza del Crocifisso e del Risorto vince il male nelle anime e nella storia dell’uomo.
E per questo il Buon Pastore è al tempo stesso testata d’angolo: “Lui è la pietra scartata dai costruttori, che è diventata testata d’angolo” (cf. At 4,11).
Non hanno scartato questa pietra coloro che non hanno accettato la testimonianza della Buona Novella ed hanno emesso la sentenza della morte in Croce per Cristo? Non la scartano sempre nuovamente gli uomini che vogliono sistemare il mondo e, in esso, la vita umana fuori di lui e contro di lui? E tuttavia questa pietra scartata – tante volte scartata! – Gesù Cristo, è testata d’angolo. La costruzione dell’umana salvezza può poggiare soltanto su di lui. La costruzione dell’ordine dentro l’uomo e tra gli uomini può trovare una base sicura soltanto in lui. L’uomo può crescere spiritualmente rinnovato, e crescere a misura dei suoi destini eterni soltanto da lui. E solo per mezzo di lui il mondo umano può diventare sempre più umano.
5. Cari fratelli e sorelle! Vengo oggi nella vostra parrocchia per celebrare il Cristo Risorto. Quel Cristo che è il Buon Pastore ed insieme la pietra angolare della nostra salvezza.
Nella salvezza dell’uomo, compiuta da Cristo e che incessantemente continua a compiersi, si rivela che Dio è buono.
Nel nome di questa verità desidero oggi annunziare qui la gioia pasquale. Invito tutti a partecipare a questa gioia.
E in essa porgo il mio saluto cordiale al Cardinale Vicario, al Vescovo del Settore Monsignor Alessandro Plotti e al Parroco, Don Aurelio Screpanti, che, fin dall’erezione canonica della parrocchia, ha sempre qui lavorato con amore e con totale dedizione. Saluto poi il Vicecurato, tutti i religiosi e le religiose che si prestano con premura al servizio della Chiesa e dei fedeli; in particolare, rivolgo la mia cordiale parola ai vari gruppi organizzati, al Consiglio Pastorale, ai Catechisti, ai membri della “Caritas” e del Coro Polifonico, ai soci dell’Azione Cattolica e a coloro che si prestano per la “Pastorale Universitaria”, attività attualmente molto valida ed importante.
Ma, naturalmente, voglio salutare tutti voi, cari fedeli, piccoli e adulti; voglio esprimervi il mio affetto e la mia gioia nel trovarmi qui con voi, come Padre ed Amico e, per mezzo vostro, desidero anche salutare tutte le numerose famiglie di questa cara parrocchia, ancora così giovane (appena vent’anni nel 1983!), ma così attiva e promettente! Portate il mio ricordo e soprattutto l’assicurazione della mia preghiera a tutti i vostri cari, specialmente ai malati, ai sofferenti, a coloro che sono preoccupati dai tanti problemi della vita!
Vi esprimo anche il mio vivo compiacimento per tutta l’opera organica di apostolato svolta dalla vostra Comunità, seguendo le direttive del Parroco e dei suoi collaboratori. Certamente una parrocchia unita e ben organizzata, con membri responsabilizzati e docili, si dimostra tale nella realizzazione dei suoi programmi. Penso che sia particolarmente da apprezzare e da incrementare il ciclo metodico della Catechesi, che comprende tutte le categorie nel loro naturale sviluppo, dai bambini delle classi elementari, agli adolescenti ed ai giovani, con le mete della Confessione, della prima Comunione, della Cresima, fino ai genitori che devono essere maestri di dottrina e modelli di vita cristiana. Continuate ad essere attivi e diligenti nelle varie iniziative parrocchiali, specialmente nell’impegno della formazione delle coscienze mediante le varie forme di catechesi, e mediante i Riti e gli Esercizi Spirituali. La vita cristiana è permeata dalla gioia pasquale, ma è seria e severa, ed esige pertanto una profonda formazione intellettuale e morale. Continuate in quest’opera silenziosa e nascosta di formazione interiore, facendo perno sulla Celebrazione Eucaristica della Domenica, il Giorno del Signore, e anche quotidiana, per coloro a cui è possibile.
Fate in modo che la vostra parrocchia sia veramente una comunità che crede e che prega, cercando di vivere il simbolo meraviglioso della vostra Chiesa, che nella sua artistica e così significativa costruzione dà l’idea di due mani unite in preghiera. Auguro di cuore che da questa vostra parrocchia, da queste care famiglie, possano sgorgare tante e sante Vocazioni sacerdotali e religiose per il bene della Città di Roma e della Chiesa intera.
6. La gioia pasquale è la gioia che scaturisce dalla certezza della salvezza dell’uomo compiuta da Gesù Cristo sulla Croce e nella Risurrezione.
È lui stesso, liberato dai legami della morte, che in un certo senso si pone in mezzo a noi e dice al Padre:
“Ti rendo grazie perché mi hai esaudito... / Sei tu il mio Dio e ti rendo grazie,
/ sei il mio Dio e ti esalto” (Sal 118 [119],21.28).
Noi invece, riprendendo in spirito queste parole, diciamo al Risorto: “Sei stato la mia salvezza” (Sal 118 [119],21).
Certamente non mancano fatiche e sofferenze nella nostra vita umana. Non poche sono le nubi, che ottenebrano l’orizzonte del Bene. Non poche le esperienze, nella quali il male sembra schiacciarci.
Ma non perdiamo mai la certezza che Dio è buono e che il bene è sempre più grande! Il bene della salvezza offerta all’uomo in Cristo Crocifisso e Risorto è sempre più grande di qualunque male di questa vita.
Questa consapevolezza, questa certezza è la sorgente della gioia pasquale dell’uomo e della Chiesa: “Quale grande amore ci ha dato il Padre!” (1Gv 3,1).
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