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CELEBRAZIONE EUCARISTICA NELLA PARROCCHIA
DI SAN FRANCESCO D'ASSISI AD ACILIA

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Domenica, 28 aprile 1985

 

1. “Il Buon Pastore offre la vita per le pecore” (Gv 10, 11).

Oggi, quarta domenica di Pasqua, al centro della liturgia sta la figura del Buon Pastore. Dalle parole del Vangelo di Giovanni trae alimento la ricca tradizione della Chiesa, che fin dai primi secoli ebbe cara l’allegoria del Buon Pastore. Scoprendone l’immagine dipinta o scolpita nelle catacombe, nei battisteri, sui sarcofagi, constatiamo come, nei primi tempi cristiani, i credenti vivessero con profondità e commozione questa caratteristica devozione a Gesù.

E, nello stesso tempo, la figura del Buon Pastore continua a parlarci. Anche la nostra epoca è sensibile a questa espressione della verità su Cristo nel suo mistero pasquale.

Infatti le parole “offre la vita per le pecore”, riassumono in modo più conciso ciò di cui la Chiesa vive dal suo inizio, e che ogni anno ritorna nella liturgia durante il triduo sacro e tutto il periodo pasquale.

Colui che “offre la vita per le pecore” si rivela come Pastore: come Buon Pastore dell’uomo di tutti i tempi. In lui e mediante lui si manifesta l’intero eterno disegno divino della salvezza.

2. Il Buon Pastore è soprattutto rivelazione dell’amore del Padre: “Per questo il Padre mi ama: perché io offro la mia vita, per poi riprenderla di nuovo” (Gv 10, 17). Il Padre non toglie la vita, ma la rinnova a prezzo del sacrificio di essa. La rinnova in Cristo stesso, il che si riconferma nella risurrezione. E questa vita si rinnova, mediante Cristo, in tutti i figli e le figlie del primo Adamo: in tutti noi.

L’amore del Padre si rivela nel sacrificio del Figlio, assunto dal profondo della sua totale libertà. Cristo dice: “Io offro la mia vita . . . Nessuno me la toglie, ma la offro da me stesso, poiché ho il potere di offrirla e il potere di riprenderla di nuovo” (Gv 10, 17-18).

Con queste parole si svela il midollo stesso del mistero pasquale. Proprio l’amore del Figlio, nato dalla totale libertà, fa sì che il suo sacrificio sia sacrificio redentore, sia salvifico. Con la potenza di questo sacrificio salvifico Cristo è il Buon Pastore. 3

. Con la potenza del suo sacrificio salvifico Cristo, come Buon Pastore, diventa il dispensatore immortale dell’amore del Padre nelle anime umane.

Proprio di questo scrive San Giovanni nella prima lettera, che l’odierna liturgia ha proposto al nostro ascolto: “Quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente!” (1 Gv 3, 1).

Siamo realmente figli adottivi di Dio per opera del sacrificio salvifico di Cristo. Proprio in questo Cristo si dimostra come Buon Pastore: “Offro la vita per le pecore”, e attua in esse una vita nuova, la vita soprannaturale, la vita divina.

Questa vita ha il suo inizio nel Padre, nel suo amore. Cristo, come Buon Pastore, è il dispensatore immortale di questa vita nuova a tutti noi.

A prezzo del suo sacrificio - a prezzo del fatto che egli ha offerto “la vita per le pecore” - questa nuova, soprannaturale vita è in noi. È la vita divina, che passa i limiti della temporalità, e porta in sé la prospettiva dell’eternità di Dio.

San Giovanni scrive: “Carissimi, noi fin d’ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo però che quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui, perché lo vedremo come egli è” (1 Gv 3, 2).

Proprio questa è l’opera del Buon Pastore: la vita di Dio in noi, la nostra vita eterna in Dio. E tale è anche la sua sollecitudine. Il Buon Pastore è una costante espressione appunto di questa sollecitudine salvifica.

4. Gli apostoli sono entrati nel mondo - dopo il giorno di Pentecoste - con la fede pasquale in Cristo Buon Pastore. E hanno condiviso sin dall’inizio la sua sollecitudine salvifica, come si manifesta nell’avvenimento a cui fa riferimento il brano degli Atti degli apostoli ascoltato nella prima lettura della liturgia odierna.

Pietro e Giovanni, mentre stavano per varcare la soglia del tempio per la preghiera, incontrano uno storpio, che era solito chiedere l’elemosina stando presso la porta “Bella”. Alla supplice domanda di saluto, i due guardarono quel povero con la stessa compassione di Cristo. Dal Redentore avevano imparato la pietà per l’uomo, nel suo nome operano il miracolo, con cui quell’infermo viene sanato nel corpo e toccato nel cuore, tanto che “entrò con loro nel tempio lodando Dio” (At 3, 8).

La sua è una guarigione che manifesta l’opera salvifica di Cristo risorto, Buon Pastore. Essa mostra come Dio, attraverso i due apostoli, unisca alla parola prodigi e miracoli (cf. Eb 2, 4), manifestando così la sua potenza strettamente legata alla bontà.

La Chiesa in quei due uomini - e da allora sempre, lungo la storia - parla e, nel nome di Cristo, trasmette la vita, la santità, la misericordia di Dio, che libera dal male. E anche oggi, pietre vive dell’edificio che ha Gesù come testata d’angolo (cf. At 4, 11), abbiamo il compito di portare a tutta l’umanità Cristo, nel quale solamente c’è salvezza. “Non vi è infatti altro nome dato agli uomini sotto il cielo nel quale è stabilito che possiamo essere salvati” (At 4, 12).

5. Come proseguire, cari fratelli, nell’opera di misericordia salvifica di Cristo, Pastore autentico e giusto? Chinandosi come lui sull’uomo che soffre ed è smarrito.

È nella testimonianza di carità umile, paziente, disinteressata che si possono riconoscere i discepoli di Cristo (cf. Gv 13, 35), quelli che egli chiama a collaborare con lui nell’edificazione della Chiesa, e ad essere strumenti necessari ed efficaci, per conoscere Cristo e vivere della sua vita nell’amore.

A Dio, che in Gesù chiama alla salvezza e invita alla partecipazione della sua vita eterna, tutti dobbiamo rispondere riconoscenti, seguendo la sua offerta di amore.

Poiché la Chiesa da vari anni collega la verità sul Buon Pastore con la celebrazione della XXII Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni, intendo oggi non solamente ricordare a tutti i cristiani che la loro intera esistenza è un servizio al regno di Dio, ma ricordare soprattutto come sia urgente che molti giovani rispondano alla predilezione di Cristo e si facciano suoi imitatori, rispondendo alla vocazione sacerdotale e religiosa “in forza della quale saranno testimoni del regno escatologico di verità e di amore” (Giovanni Paolo II, Epistula Apostolica ad iuvenes, Internationali vertente Anno Iuventuti dicato, 9, 31 marzo 1985: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, VIII/1 [1985] 778).

Questa elezione è una scelta di preferenza, che esige un tipo di vita caratterizzato dall’unico amore a Gesù, al Signore, che implica una dedizione nella preghiera e nel servizio ai fratelli.

6. Un santo, in cui si manifesta la ricchezza evangelica della vocazione cristiana, è proprio il patrono della vostra parrocchia. San Francesco d’Assisi, avendo riconosciuto attraverso le vicende della vita che Cristo lo voleva interamente per sé, rinunciò a tutto per porsi alla sua sequela. Fu talmente consapevole che l’unica sua sicurezza stava nel Padre che è nei cieli da non esitare - come vediamo nell’episodio, in cui riconsegnò gli averi e gli stessi vestiti al padre terreno, Pietro di Bernardone - a lasciare ogni bene materiale e vivere in povertà evangelica.

L’esito di questa decisione fu una perfetta letizia, che documenta la verità delle parole di Gesù quando, rispondendo a Pietro, dice: “Chiunque avrà lasciato case, o fratelli, o sorelle, o padre, o madre, o figli, o campi per il mio nome, riceverà cento volte tanto e avrà in eredità la vita eterna” (Mt 19, 29).

Dando alle cose il valore che esse hanno alla luce della croce gloriosa, si conformò a Cristo in modo da meritare il dono delle stimmate ed essere testimone che la vita raggiunge la sua ricchezza vera, la sua pienezza solo quando uno rinnega se stesso, prende la sua croce e segue totalmente il Salvatore (cf. Mt 16, 24).

7. Mi unisco a tutti voi qui presenti, soprattutto ai giovani, che cercano la gioia, e agli ammalati, che soffrono nel corpo e nello spirito.

Desidero unirmi a monsignor Clemente Riva, il quale, come vescovo ausiliare incaricato di questo settore della diocesi di Roma, vi è sempre particolarmente vicino.

Saluto il parroco, padre Pietro Campagna, al cui zelo e alla cui responsabilità è affidata questa comunità cristiana, e i sacerdoti che collaborano con lui e con i quali ho avuto l’occasione di incontrarmi e di informarmi sui problemi essenziali della vita parrocchiale.

Saluto le suore Cappuccine dell’Immacolata di Lourdes e le suore di San Giovanni Battista, che volentieri prestano la loro opera a servizio dell’educazione alla fede e del conforto religioso ai malati.

Desidero rivolgere una parola di incoraggiamento ai membri del Consiglio pastorale parrocchiale e ai vari gruppi e associazioni, che operano nei vari settori della pastorale: sia quelli catechistici e formativi, sia quelli caritativi e assistenziali. Auspico per essi un’attività sempre più prospera e ricca.

La vostra parrocchia è il cuore del Villaggio San Francesco, che fu costruito dalla carità di papa Pio XII col sollecito interessamento dell’allora sostituto della Segreteria di Stato, monsignor Giovanni Battista Montini, per dare una casa a chi ne era rimasto senza a motivo della guerra. Vi esorto a continuare questa tradizione di amorosa attenzione, volgendovi a chi vive in situazioni disagiate. Ciò sarà sempre più possibile se avrete in famiglia, negli ambienti scolastici e di lavoro, rapporti improntati sull’esempio di Cristo, quale l’odierna allegoria evangelica ci propone.

8. Nell’odierna domenica pasquale mi è dato di visitare la vostra parrocchia.

Desidero vivere in essa, insieme con voi, il mistero pasquale di Cristo, Buon Pastore.

Desidero, cari fratelli e sorelle, esprimere insieme con voi la gratitudine di tutta la Chiesa, perché egli è costantemente con noi. Come Pastore ha costantemente cura del suo ovile. Costantemente ci visita.

Benedetto colui che viene nel nome del Signore . . . / Sei tu il mio Dio e ti rendo grazie, / sei tu il mio Pastore e ti esalto (cf. Sal 118, 26.28).


Ai bambini

Saluto cordialmente la parrocchia di San Francesco di Assisi, qui in Acilia. Saluto specificamente la parrocchia più giovane, voi, bambini, ragazzi, ragazze della scuola elementare, soprattutto, e media; voi che vi preparate alla prima Comunione, voi che vi preparate alla Cresima. Vi saluto assieme con i vostri genitori: sono molto bravi le mamme e i papà a venire insieme con i loro figli. Vi saluto insieme con i vostri insegnanti, maestri, maestre che svolgono il loro lavoro di insegnanti ed educatori nelle scuole. Vi saluto nel nome di San Francesco. Abbiamo sentito un oratore e un’oratrice, così come per un Paese cattolico quale è l’Italia ci vuole un patrono e una patrona. Vi domando: chi è il patrono del vostro Paese? Sì, San Francesco d’Assisi. Chi è invece la patrona? Sì, santa Caterina da Siena, della quale si celebra domani la festa. Questi sono i due santi più conosciuti, o almeno celebrati nelle dimensioni di questo Paese, della vostra patria, l’Italia. Essi hanno molto meritato dalla Chiesa. San Francesco è vissuto nel XIII secolo e santa Caterina nel XIV. Gesù invece è vissuto quasi duemila anni fa. Ci dobbiamo preparare bene a questo secondo millennio dopo Cristo, al secondo millennio del cristianesimo: specialmente voi perché appartenete già al terzo millennio.

Certamente voi porterete avanti la fede, il Vangelo; porterete il messaggio di Cristo nel terzo millennio, come una volta lo hanno portato San Francesco al secolo XIII e santa Caterina al secolo XIV. Vi auguro di essere buoni cristiani, di cominciare bene la vostra giovinezza; vi auguro di avere buone famiglie. Avete preparato diversi disegni nei quali viene anche presentata la vita di una famiglia, nei quali vengono presentate le diverse beatitudini del Vangelo. Questa è una buona preparazione e mi congratulo con voi, con i vostri insegnanti e maestri, pastori, sacerdoti, suore per questa buona preparazione. Come per questa visita, vi dovete preparare anche per il futuro della vostra vita, per essere buoni cristiani e anche buoni figli per la vostra patria che è così benedetta per tanti santi, specialmente per San Francesco di Assisi e santa Caterina da Siena. Carissimi, benedico questa parrocchia giovane, augurando a tutta la comunità di San Francesco di Assisi un buon avvenire, sempre più giusto, più umano, ma anche più cristiano: l’avvenire dei buoni cristiani, dei santi e vedo questo avvenire in voi, i più giovani. Voi svettate verso il futuro più lontano: noi, più avanzati nell’età, non vediamo un futuro così lontano come voi. A questa parte più giovane della parrocchia offro la mia benedizione.

Al Movimento cristiano lavoratori

Nel mondo del lavoro è necessaria la presenza di un movimento cristiano in quanto Cristo ha redento il lavoro umano e, quindi, ha tanto da dire al mondo del lavoro, alle persone che lavorano. Anche Cristo fu un lavoratore e durante l’arco di molti anni fece a Nazaret lo stesso lavoro di San Giuseppe e anche tramite il lavoro ha contribuito alla redenzione del mondo: il lavoro umano è una parte notevole nel corso della vita, ma anche una parte notevole nella redenzione del mondo. Il lavoro come elevazione e redenzione dell’uomo appartiene ai contenuti essenziali del Movimento cristiano lavoratori. Vi auguro, carissimi fratelli e sorelle, di far vostri e interiorizzare sempre più profondamente questi contributi e di trasferirli, mediarli con fedeltà ai vostri colleghi, nei vostri ambienti di lavoro, in ogni ambito possibile della vita. In tal modo il vostro movimento sempre più saprà incarnare la sua idea istituzionale che si ispira ai valori evangelici. Il lavoro è un appoggio necessario e indispensabile per poter vivere, per poter vivere degnamente, umanamente, cristianamente.

Alle religiose

Oggi si celebra la Giornata mondiale delle vocazioni. Cristo Buon Pastore ci ispira la vocazione sacerdotale e quella religiosa. L’augurio è che possiate vivere felici, con gioia la vostra vocazione religiosa, e che nei vostri istituti sempre nascano nuove vocazioni. Le vocazioni sono necessarie per l’opera pastorale della Chiesa.

Ai catechisti

San Francesco amava Gesù e le persone che amano Gesù, amano la sua parola; perché essere catechisti vuol dire amare la parola di Dio, di Gesù, vuol dire amare il Vangelo e volerlo comunicare agli altri, significa amore verso i giovani e verso quei giovani che si preparano ai sacramenti e alla vita, significa portare loro la parola vivificatrice. Vi auguro coraggio, coerenza e assidua preghiera. Pregate e preparatevi con cura per svolgere la fondamentale missione di catechisti.

Al Consiglio pastorale

È stata pronunciata una parola molto significativa: animatore. Il termine animatore vuol dire colui che anima; un’azione, questa, importantissima verso i gruppi, le persone, la parrocchia; occorrono tanti animatori nei settori della vita parrocchiale: educazione, scuola, catechesi, nei settori della carità, della gioventù, della pastorale familiare, della cultura e del lavoro e di tanti altri ambiti possibili. E quando si parla di animatore vogliamo una persona legata a Cristo e allo Spirito Santo; è lo Spirito Santo che costituisce l’anima della Chiesa. Tutti gli animatori, quindi, devono sforzarsi di essere molto legati a Cristo nello Spirito Santo, nella preghiera, disponibili, alla voce dello Spirito, devono fruire delle sue illuminazioni e forze, dei suoi doni. Animare è un altro modo per riferirsi alla realtà dell’apostolato; Cristo ha chiamato gli apostoli ad essere i primi animatori della comunità cristiana futura; e sono diventati tali soltanto dopo aver ricevuto il dono dello Spirito Santo il giorno della Pentecoste. Se leggiamo, ad esempio, gli Atti degli apostoli si rimane stupiti nel constatare le trasformazioni dei cuori: Pietro timido, timoroso, di poca dottrina, sotto l’azione dello Spirito parla alle genti con forza, coraggio, coerenza, chiarezza, dottrina, sapienza. Questo vi auguro di essere in virtù della risposta positiva al Battesimo, vicini allo Spirito Santo che tutti sceglie.

Ai giovani

Voglio ringraziare la vostra parrocchia per aver offerto ospitalità speciale ai giovani durante il grande incontro internazionale dei giovani in occasione della domenica delle Palme. Poi vi saluto tutti, giovani della parrocchia di San Francesco che oggi ho la gioia di visitare. Vi saluto tutti, i giovani che sono giovani e si sentono giovani, e poi anche quelli che forse non sono più giovani, come me, ma si sentono giovani. In occasione di questo incontro internazionale dei giovani vi ho scritto una lunga lettera e così vi ho lasciato un contenuto largo e diversificato per riflettere, ma oggi, in questa parrocchia di San Francesco, vorrei darvi un’altra consegna, più da vicino legata con la persona di questo grande santo patrono dell’Italia. San Francesco aveva un amore immenso per la creatura, amava la creatura e questo è rimasto di lui come una speciale eredità. Il suo “Cantico delle creature”, a tutte le creature, lo esprime. Questo amore alla creatura, a tutte le ricchezze della creazione, vorrei che fosse inscritto nei vostri cuori: oggi l’uomo è un po’ troppo esploratore e cerca soltanto di approfittare delle creature per scopi tecnici, ma manca nei nostri tempi quell’amore disinteressato per il creato, per l’opera della creazione e così anche per il Creatore. San Francesco aveva questo amore grande, un amore che traboccava dal suo cuore in ogni circostanza, quando si trovava dinanzi alle bellezze delle creature, della creazione. E poi, nell’opera della creazione, egli riscopriva sempre di più il mistero della redenzione, cioè il mistero di Gesù Cristo. Nel corso della storia della Chiesa, nel corso di due millenni, egli è stato una delle persone che ha amato di più il Redentore e che ha approfondito più di tanti altri il mistero della redenzione: amava Cristo e questo amore per Cristo, Verbo di Dio incarnato in Betlemme, si è rivelato specialmente a Greccio. Sappiamo bene che lì San Francesco ha introdotto il primo presepio; e poi l’amore per Cristo sofferente, per Cristo crocifisso, fino a ricevere da lui le sue stimmate. In Cristo lui vedeva come Dio ha amato il mondo, l’uomo, tanto da dare suo Figlio per questo mondo. Il Figlio di Dio è diventato il riscatto, il prezzo della dignità di ciascuno di noi. Vedendo questo prezzo, San Francesco amava tutti i suoi fratelli e sorelle, con un amore straordinario, soprannaturale. Vorrei augurare a tutti voi giovani, se non pienamente, almeno parzialmente questo spirito di San Francesco: amare la creazione, amare il Creatore, amare le creature, amare - dentro l’opera della creazione - l’uomo, tutti i fratelli e le sorelle della stessa famiglia umana. Amare tramite Cristo, Figlio di Dio fattosi uomo. Ecco, questa è la ricchezza dell’anima umana, la ricchezza di un’anima giovane, anzi è la giovinezza dell’anima. Auguro a tutti di avere questa ricchezza e di avere questa giovinezza, anche se avete già i capelli un po’ bianchi, come me. Offro ora una benedizione a tutti i giovani della parrocchia, a tutti i giovani di Roma, a tutti i giovani d’Italia, a tutti i giovani del mondo.

 

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