VIAGGIO APOSTOLICO IN TOGO, COSTA D'AVORIO II, CAMERUN I,
REPUBBLICA CENTRO-AFRICANA, ZAIRE II, KENYA II, MAROCCO
SANTA MESSA CON LE ORDINAZIONI SACERDOTALI
OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II
Yaoundé (Camerun) - Domenica, 11 agosto 1985
1. “Questi è il Figlio mio prediletto: ascoltatelo” (Mc 9, 7).
Queste parole furono udite dagli apostoli Pietro, Giacomo e Giovanni sul monte Tabor, al momento della trasfigurazione del Signore.
In un certo senso, le udiamo anche noi, tutti noi cioè che partecipiamo al sacramento dell’altare quando il sacerdote pronuncia sul pane e sul vino le parole: “Questo è il mio corpo”, “Questo è il mio sangue”, le parole eucaristiche della trasfigurazione.
Per la potenza di queste parole, per la volontà del Cristo, il pane diviene il corpo, e il vino diviene il sangue di nostro Signore crocifisso, risorto e glorificato.
Attraverso la realtà del santo sacramento, il Cristo si rende presente, quello stesso che era presente sul monte della trasfigurazione il giorno in cui gli apostoli intesero la parola del Padre: “Questi è il mio Figlio prediletto: ascoltatelo”.
2. È infatti al Cristo che ci accostiamo, è lui che ascoltiamo e che guardiamo con ammirazione, che veneriamo e che adoriamo, ripieni di religioso timore, di rispetto e di gioia. Egli è come il figlio d’uomo che Daniele intravide. In una visione profetica, gli apparve nella nube, che evoca al tempo stesso la gloria di Dio e il mistero che lo circonda. Egli solo ha accesso al trono di Dio; a lui è data la regalità di tutte le nazioni (cf. Dn 7, 13-14). Per Pietro e gli altri apostoli che lo hanno contemplato con i loro occhi sulla montagna santa di Galilea, Gesù stesso, il Figlio di Dio fatto uomo, riceve l’onore e la gloria che s’irradia da Dio, la testimonianza che egli è il Figlio prediletto, nel quale il Padre ha riposto tutto il suo amore (cf. 2 Pt 1, 17). Verso di lui convergeva la missione di Mosè, la guida del popolo salvato, e quella di Elia, il profeta per eccellenza. Anzi di più: egli assume ormai i tratti attribuiti a Dio medesimo dalla visione di Daniele: a somiglianza di un vegliardo, Dio gli appariva al di sopra di ogni creatura, con un volto e vesti di un candore luminoso che sorpassa in splendore tutto ciò che si può immaginare. Gesù ha ormai questo splendore per tutta l’eternità, dopo che, risorto dai morti, siede alla destra del Padre. A lui è stato dato di aprire il libro sigillato che è nella mano di Dio (cf. Ap 5, 7). La trasfigurazione annunciava la sua risurrezione e la sua ascensione. Già durante la sua vita terrena, anche se ciò restava abitualmente velato, egli era il Signore. E il mistero della sua persona è che, da sempre, egli è il Figlio, il Verbo, totalmente unito con il Padre (cf. Gv 1, 18). Venuto nella carne, egli ha rivelato il Padre. E gli apostoli hanno veduto la sua gloria (cf. Gv 1, 14).
È lui, il nostro amato Signore. Per essere il nostro Salvatore, egli ha abitato in mezzo a noi. Si è fatto servo. Ha dato la sua vita. Ha dato, ci dà il suo corpo e il suo sangue, perché diventiamo con lui figli di Dio.
Ecco, cari fratelli e sorelle, la grandezza del mistero che oggi celebriamo. Venite, adoriamo il Salvatore! Accostiamoci à lui in azione di grazie! Entriamo con lui nella nube, cioè nell’intimità di Dio. E fin d’ora viviamo come figli di Dio, come fratelli sui quali Dio ha fatto brillare la luce del suo Figlio.
3. Questo mistero ci riguarda tutti.
Riguarda voi, anzitutto, cari amici diaconi, che riceverete, con l’ordinazione sacerdotale, la potenza dello Spirito Santo, per partecipare in maniera speciale alla vita intima del Cristo e alla sua missione di Salvatore.
Esso riguarda tutti voi che partecipate a questa liturgia come pastori o come membri del popolo di Dio nel Camerun. Saluto in modo speciale l’arcivescovo di Yaoundé, monsignor Jean Zoa, e tutti i vescovi di questa provincia ecclesiastica alla quale rendo visita oggi nella sua sede metropolitana, i vescovi e i diocesani di Bafia, di Bertoua, di Doumé-Abong-Mbang, di Mbalmayo, di Sangmélima. Saluto anche i vescovi e i cristiani venuti da altre province del Camerun, particolarmente dalle diocesi degli ordinandi. Ringrazio inoltre sua eccellenza il signor presidente della Repubblica e le autorità civili, come pure i rappresentanti delle altre comunità religiose che hanno desiderato associarsi, nella capitale del Camerun, a questo grande avvenimento della comunità cattolica che celebra il suo Signore in comunione con il successore di Pietro, nel momento dell’ordinazione di nuovi sacerdoti.
E non dimentichiamo altresì che preghiamo in unione con i nostri fratelli e sorelle riuniti a Nairobi. Oggi infatti hanno là inizio le celebrazioni del 43° Congresso eucaristico internazionale, che è una delle ragioni che mi hanno spinto a compiere ora il mio terzo viaggio pastorale in Africa e che di questo viaggio sarà il momento culminante.
4. Il sacerdote è chiamato in maniera particolare ad essere testimone del Signore che è trasfigurato, non solo nella trasfigurazione sul monte Tabor, ma in quella trasfigurazione che egli ci ha lasciato per sempre nel mistero eucaristico. E qui il sacerdote non si limita ad esserne il testimone: egli è il ministro della transustanziazione eucaristica, che è come una trasfigurazione, una manifestazione, con la quale il Cristo è sempre e continuamente di nuovo presente in mezzo a noi in maniera sacramentale. Egli si rende presente per compiere il suo sacrificio unico e sublime. Con il sacramento dell’ordinazione sacerdotale, il battezzato diviene ministro di questo sacrificio: egli agisce con la potenza del Cristo, in nome del Cristo, “in persona Christi”.
5. Gli apostoli sono stati resi testimoni della trasfigurazione, essi sono stati i primi ad essere fatti ministri dell’Eucaristia. Entrati nell’intimità del mistero divino di Gesù sulla montagna, essi presero parte alla mensa della Cena il Giovedì santo, poi furono testimoni della passione e infine della risurrezione. Essi hanno visto e udito; hanno ricevuto la missione: “Andate, insegnate”. “Voi farete questo in memoria di me”.
I vescovi ereditano in pienezza questa missione apostolica. E questa mattina, con il gesto dell’imposizione delle nostre mani, trasmesso dagli apostoli, e con la preghiera della Chiesa, quindici figli di questo Paese ricevono il sacerdozio e diventano stretti collaboratori dei loro vescovi. “Non vi chiamo più servi, vi chiamo miei amici”, diceva il Cristo ai suoi apostoli nel momento in cui rivelava e trasmetteva loro i suoi misteri sacri (cf. Gv 15, 15).
Cari amici che sto per ordinare sacerdoti, voi ricevete dal Signore la missione di servire il popolo di Dio, attorno ai vostri vescovi, con il potere che appartiene al solo Cristo sacerdote, il potere di insegnare, di santificare, di guidare come un buon pastore. Nella vostra azione sacerdotale, abbiate sempre come obiettivo di permettere che i vostri fratelli e sorelle divengano membri vivi del corpo del Cristo, partecipi della sua vita divina, ispirati dal suo amore verso il Padre e verso gli uomini, uniti al suo sacrificio. L’Eucaristia sarà sempre il culmine di questo ministero.
Ma dovrete anzitutto formare i fedeli nella fede, siano essi adulti, giovani o fanciulli; annuncerete con fedeltà e senza timore la parola di Dio, il mistero del Cristo, tutto il Vangelo, che è al tempo stesso la buona novella dell’amore di Dio e la chiamata alla conversione. Voi l’annuncerete a coloro che non sono ancora iniziati alla fede, in uno spirito missionario, e a coloro che sono più o meno familiarizzati con essa perché l’approfondiscano. Lo farete secondo l’insegnamento della Chiesa, alla quale Cristo ha affidato il suo messaggio perché lo renda esplicito e lo approfondisca con l’assistenza dello Spirito Santo nel corso dei secoli. Anche voi non tralascerete mai di meditare la parola di Dio per insegnare quello in cui credete e vivere quello che insegnate. Voi siete associati alla predicazione di Gesù nostro Maestro.
Il Signore vi associa nello stesso tempo a tutta la sua opera di santificazione, mediante i sacramenti che egli ha dato alla sua Chiesa. Voi siete chiamati a far entrare gli uomini nel popolo di Dio mediante il Battesimo, e - in questa tappa intensa di evangelizzazione nel Camerun - ci sono molti catecumeni. Il Signore vi affida anche il compito di vigilare sulla riconciliazione dei peccatori battezzati chiamandoli alla conversione e offrendo loro il sacramento della Penitenza; il compito di visitare e di fortificare i malati con il sacramento dell’Unzione degli infermi; di preparare e benedire l’alleanza sacramentale degli sposi. Soprattutto, vi è dato di rinnovare la Cena del Signore per offrire ai fedeli che si accostano alla comunione il pane di vita.
Voi adempirete, nella comunione obbediente con i vostri vescovi, la missione di capi e di pastori. Al popolo che vi sarà affidato indicherete il cammino verso Dio e le regole di vita che permettano ad ogni membro di esercitare tutta la responsabilità che a lui spetta, nella Chiesa e nella società. Veglierete a che si mantenga fra tutti i vostri cristiani l’unità e la carità, pietra di paragone dei discepoli di Cristo.
6. Tutto questo ministero, cari amici, lo compirete con la grazia di Cristo, in tutta umiltà: “Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi . . . perché portiate frutto” (cf. Gv 15, 16). Ma perché la vostra testimonianza sia credibile, perché la grazia che voi portate come in vasi di argilla (cf. 2 Cor 4, 7) raggiunga profondamente le anime, è necessario che conformiate la vostra vita al compito che svolgete. Nel celebrare il mistero della morte e della risurrezione del Cristo, abbiate cura di far morire in voi ogni inclinazione cattiva. Vi siete preparati al sacerdozio attraverso studi teologici seri; dovrete approfondire questa educazione evangelica con una formazione dottrinale permanente. Sarete dei maestri di preghiera: dovrete anzitutto, come gli apostoli sulla montagna, praticare con il Signore la preghiera d’intimità, che vi permetterà di vivere sotto lo sguardo del Cristo tutti gli atti e tutti gli incontri del vostro ministero. Anzi di più: voi siete chiamati ad esprimere, in nome del popolo di Dio e del mondo, l’azione di grazie e la supplica. Voi siete al servizio degli uomini nel loro rapporto con Dio: insegnate ai laici a gestire gli affari temporali secondo Dio, ma quanto a voi, non lasciatevi assorbire dalle attività profane, mentre c’è tanto da fare per il regno di Dio al quale avete donato la vostra vita. Onorate la chiamata di Cristo! Possano i fedeli comprendere, attraverso la testimonianza della vostra vita, che voi gli consacrate non solo il vostro tempo, ma le potenze dell’amore che sono in voi, per servirlo nella castità, in una vita povera e tutta disponibile a Dio e agli altri!
Allora, le prove, le incomprensioni, perfino le calunnie e le persecuzioni potranno venire, come è detto nelle beatitudini, come è annunciato ai discepoli del Cristo crocifisso, ma voi rimarrete saldi. Il Cristo vi sosterrà; voi conoscerete la pace e la gioia promesse ai suoi servi buoni. Il vostro cuore resterà sul Tabor.
7. Allora, cari amici, questa gioia di essere associati al Cristo salvatore produrrà un altro effetto: attirerete non soltanto i vostri fedeli alla vita cristiana, allo spirito missionario, ma trascinerete altri giovani a lasciare tutto per Cristo, susciterete altre vocazioni sacerdotali e religiose. Non è questa la prova della qualità di una vita sacerdotale? Il Camerun ha avuto un numero notevole di vocazioni. fin dall’inizio, i missionari hanno dedicato le loro cure a queste nuove leve. E quest’anno segna appunto il 50° anniversario dell’ordinazione degli otto primi sacerdoti del Camerun, uno dei quali è ancora in mezzo a noi: mi riferisco al reverendo Jean-Oscar Awué, al quale impartisco una particolare benedizione apostolica. Ma la messe è abbondante. Preghiamo il Signore di suscitare per la sua messe operai più numerosi, con i doni di perseveranza, di solidità, di maturità, di santità, non solo per coltivare e approfondire la vita cristiana di coloro che sono già evangelizzati, ma per annunciare il Vangelo a tutti coloro che non hanno ancora la grazia di conoscerlo in ciascuna diocesi, e particolarmente nel nord del Camerun dove l’opera missionaria è ancora agli inizi. Posso confidarvi che gli altri Paesi del continente africano attendono anch’essi dei missionari africani?
8. Oltre agli ordinandi di questo giorno, mi rivolgo ai loro genitori, ai loro amici, ai loro educatori, alle parrocchie, ai seminari che hanno permesso a queste vocazioni di sbocciare, di germinare, di maturare. Com’è bello condurre e accompagnare qualcuno dei vostri fino al sacerdozio! È Dio che dà la sua grazia agli ordinandi, ma egli si è servito della vostra collaborazione, del vostro esempio, della vostra disponibilità. Abbiate le mie felicitazioni! Che il Signore vi benedica! Continuate ad alimentare vocazioni come queste! E vigilate anche a sostenere con la vostra preghiera, con la vostra benevolenza, con la vostra cooperazione, i sacerdoti che Dio vi ha dato. Accoglieteli sempre con il rispetto e la fiducia che gli inviati del Signore meritano.
9. Sul monte Tabor gli apostoli - Pietro, Giacomo e Giovanni - hanno visto Gesù “trasfigurato”, che annunciava la gloria in cui sarebbe rimasto dopo la sua risurrezione. E questo faceva dire al loro Maestro “di non raccontare a nessuno ciò che avevano visto, se non dopo che il Figlio dell’uomo fosse risuscitato dai morti” (Mc 9, 9). Essi non comprendevano che cosa queste parole significassero, come senza dubbio noi non comprendiamo ancora la profondità del mistero di Gesù, nemmeno nel giorno della nostra ordinazione. Occorre prima seguire il Cristo in un’esperienza spirituale che passa attraverso la croce. Gli apostoli lo compresero solo dopo la risurrezione. E sono divenuti i testimoni del Cristo crocifisso che è risorto nella gloria.
Di lui, essi hanno reso testimonianza fino alla morte, fino all’effusione del sangue. Questa testimonianza continua nella Chiesa. Essa passa di generazione in generazione. È arrivata fino al vostro Paese, cento anni or sono, a Yaoundé, nel Camerun, come in tutta l’Africa. E dev’essere portata da voi, fino alle estremità del mondo, in tutte le nazioni, tribù e famiglie della terra. È la volontà del Signore. È lui che ci manda. Per la salvezza del mondo.
10. Gli apostoli udirono anche, sul monte Tabor, una voce che veniva dalla nube: “Ascoltatelo” (Mc 9, 7). Così il Padre celeste ha dato la sua testimonianza sul suo Figlio unico, il Cristo: “Ascoltatelo”.
A Cana di Galilea, come un’eco a queste parole del Padre, la Madre del Cristo, del Figlio dell’uomo, ha detto anche ai servitori delle nozze: “Fate quello che vi dirà” (Gv 2, 5).
Cari sacerdoti ordinati oggi, voi dovete accogliere queste parole con tutto il vostro cuore! Dovete trasmetterle agli altri e, in questo modo, costruire la Chiesa.
La Chiesa del Dio vivente è costruita nei cuori degli uomini attraverso l’obbedienza al Cristo, a colui che si è fatto egli stesso “obbediente fino alla morte e alla morte di croce” (Fil 2, 8). Allora soltanto la Chiesa - che è il corpo del Cristo - risplende del fulgore che lo avvolgeva sul Tabor (cf. “Prefatio” Missae). Sì, rimanete nella sua luce! Ascoltatelo! Ascoltiamolo!
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