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VISITA ALLA PARROCCHIA ROMANA DEI SANTI ANGELI CUSTODI

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Domenica, 6 aprile 1986

 

Carissimi fratelli e sorelle.

1. “La pietra scartata . . . è diventata testata d’angolo” (Sal 118 (117), 22).

La Chiesa vive della risurrezione di Cristo. Nella liturgia dell’odierna domenica questo fatto è particolarmente messo in evidenza. È particolarmente rilevabile dai testi, che abbiamo ascoltato poco fa.

È l’ottava di Pasqua. È la domenica “in albis depositis”. Tale denominazione ebbe la sua origine da un rito che per molto tempo venne compiuto nella Chiesa il sabato e, poi, ricordato la domenica successivi alla Pasqua di risurrezione. In quel giorno i neofiti dopo averla indossata per un’intera settimana, riconsegnavano la veste bianca, che avevano ricevuto al Battesimo durante la Veglia pasquale. Così facendo, mentre lasciavano il vestito che indicava all’esterno il nitore delle loro anime purificate da Cristo, si assumevano l’impegno di conservare questa innocenza nella vita quotidiana.

Anche nel rito battesimale attualmente in vigore è posta sul bambino una piccola veste candida, per indicare, oggi come nei tempi trascorsi, che con il Battesimo non avviene una semplice mutazione esteriore, ma un cambiamento che giunge fino alla radice dell’essere. Il rinnovamento battesimale è uno spogliarsi dell’uomo vecchio come di una veste consunta al fine di ricevere quella di incorruttibilità offerta da Cristo (cf. S. Gregorii Nysseni De Bapt.: PG 44, 420 C), il quale, purificando e rigenerando, ci riveste di sé mediante l’incorporazione. E così, figli nel Figlio, camminiamo in novità di vita, conducendo un’esistenza redenta come si conviene “agli eletti di Dio, rivestiti di sentimenti di misericordia, di bontà, di umiltà, di dolcezza e di pazienza” (Col 3, 12).

2. Il vangelo ci conduce al cenacolo di Gerusalemme, che è diventato il primo luogo della storia del nuovo Israele: del popolo di Dio della nuova alleanza. Già prima ci eravamo trovati nel cenacolo, il giorno stesso della risurrezione. È il primo giorno “dopo il sabato”. Il primo giorno della settimana. Gli apostoli già sanno che la tomba di Gesù è vuota, perché in antecedenza le donne e poi Pietro e Giovanni si erano recati al sepolcro.

La sera di quel medesimo giorno Gesù stesso viene a loro. Appare in mezzo a loro, anche se le porte del cenacolo rimangono chiuse. Si presenta e saluta i riuniti, dicendo: “Pace a voi” (Gv 20, 19). Mostra loro “le mani e il costato” (Gv 20, 20): le ferite dovute alla crocifissione.

Ed ecco, è come se da queste ferite, da queste mani trafitte, dai piedi e dal costato egli desuma ciò che soprattutto desidera dire loro in questo primo incontro dopo il Calvario. Ascoltiamo con attenzione. Gesù disse: “Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi. Dopo aver detto questo, alitò su di loro e disse: «Ricevete lo Spirito Santo; a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi»” (Gv 20, 21-23).

Da quel primo giorno la Chiesa vive con la potenza della nuova ed eterna alleanza. Vive con la potenza della morte e risurrezione salvifica. Di là attinge il potere sul male. Direttamente da Cristo.

3. Il Vangelo di questa Liturgia eucaristica ci conduce ancora una volta al cenacolo. È l’“ottavo” giorno, al quale corrisponde proprio la domenica odierna. Gesù viene per Tommaso. Tommaso è uno dei Dodici, e insieme con loro deve essere testimone della risurrezione. E poiché gli era difficile credere in questa risurrezione (infatti non si trovava con loro otto giorni prima), per questo Gesù viene una seconda volta, quando egli è presente. Viene per convincerlo: per offrirgli la testimonianza evidente della sua risurrezione.

È proprio quel Tommaso chiamato Didimo, che poi nei suoi viaggi apostolici, come dice la tradizione, giunse in India, dove mi sono recato nella prima decade del febbraio scorso, innanzitutto per andare incontro a uno storico patrimonio di grande valore religioso e culturale, che mostra in modo inequivocabile la preminenza dello spirito e delle conseguenti esigenze etiche nella vita umana. Quel mio pellegrinaggio è stato, poi, un’opportuna circostanza, che ha favorito il proseguimento del dialogo in atto con gli uomini delle religioni non cristiane. E, infine, sia secondo il rito orientale che secondo quello latino, ho celebrato con i cattolici di quell’illustre Nazione la comune fede, per testimoniare nell’unità fraterna attorno all’Eucaristia la verità di Cristo, il quale risponde all’anelito del cuore di ogni uomo. In ciò mi sono collegato con la missione di san Tommaso, per mezzo del quale possiamo dire che la Chiesa in India rimane in un legame particolare col cenacolo di Gerusalemme, dove l’apostolo, vedendo Cristo con i propri occhi, si convinse della risurrezione e fece una professione stupenda di fede mediante queste forti parole: “Mio Signore e mio Dio” (Gv 20, 28).

4. Così dunque la Chiesa, fin dai primi giorni, vive la risurrezione di Cristo. Vive del mistero pasquale del suo Maestro e Sposo. E ad esso attinge la duplice potenza: la potenza della testimonianza e la potenza della grazia salvifica dell’uomo. Di ciò parla pure la prima lettura della liturgia odierna dagli Atti degli apostoli.

Si sa che gli Atti degli apostoli, il tempo della Chiesa, iniziano definitivamente solo dopo la Pentecoste. Tuttavia la Pentecoste ha il suo inizio nella risurrezione. Già al primo incontro, nel giorno “dopo il sabato”, Gesù disse agli apostoli: “Ricevete lo Spirito Santo” (Gv 20, 22).

La lettura degli Atti degli apostoli sottolinea come, mediante il ministero degli apostoli, e in particolare di Pietro, cresce “il numero degli uomini e delle donne che credevano nel Signore” (At 5, 14). In questo modo gli avvenimenti dei primi giorni - dopo la risurrezione - in particolare il primo e l’ottavo giorno (di cui parla il vangelo di oggi) si trasferiscono al di fuori del cenacolo. Continuano a parlare e costruiscono la fede della Chiesa.

5. Questi avvenimenti fondano un avvenire sempre più lontano. Inizia così il tempo della Chiesa apostolica, che trasmetterà la testimonianza e la potenza salvifica della risurrezione a sempre nuove generazioni. E così fino ai nostri giorni, fino a questo odierno momento in cui ci troviamo insieme, qui, in questa parrocchia romana per vivere insieme l’Ottava di Pasqua. E attraverso tutte queste generazioni viene riconfermata la verità racchiusa nel Salmo dell’odierna liturgia: “la pietra scartata è diventata testata d’angolo”.

La verità espressa sotto il velo della metafora possiede una mirabile potenza profetica. Questa verità viene riconfermata dal primo all’ultimo giorno della storia della Chiesa e dell’umanità. Viene riconfermata pure ai nostri giorni. E a quale livello? Gesù di Nazaret è stato scartato da coloro ai quali era stata affidata la costruzione della “dimora di Dio con gli uomini” (Ap 21, 3) nell’antica alleanza. E in questo modo, Gesù scartato, mediante la sua croce e risurrezione si è rivelato come “testata d’angolo” di quella “costruzione”. Proprio su lui si appoggia questa costruzione, su lui sta per generazioni. Da lui si sviluppa.

6. La Chiesa, “procedendo dall’amore eterno del Padre, è fondata nel tempo da e su Gesù Redentore”, il quale - come dice il Concilio Vaticano II - “sopportando la morte per noi peccatori ci insegna col suo esempio che è necessario portare la croce: quella che dalla carne viene messa sulle spalle di quanti cercano la pace e la giustizia. Con la sua risurrezione costituito Signore, egli, il Cristo cui è stato dato ogni potere in cielo e in terra, tuttora opera con la virtù del suo Spirito nel cuore degli uomini” (Gaudium et Spes, 38. 40), ma soprattutto dei credenti.

In forza di ciò, i fedeli, mentre aderiscono al Verbo che si è fatto carne ed è entrato nella storia del mondo come Uomo perfetto, contribuiscono ad estendere all’umanità intera la nuova e fondamentale legge dell’amore. E poiché sono resi certi che le energie e gli sforzi intesi a realizzare una fraternità universale non sono vani, camminano sulla strada della carità non solo nelle grandi cose, ma anche e innanzitutto nelle circostanze ordinarie della vita (cf. Gaudium et Spes, 38), edificando quella santa abitazione, dove Dio dimora in favore dell’uomo e guarda con bontà le preghiere di coloro, che a lui fiduciosi ricorrono e di lui si alimentano.

7. Così dunque ci raccogliamo oggi, in modo particolare presso Cristo, che è la testata d’angolo per la salvezza di ogni singolo uomo e dell’intera umanità. Tale raccogliersi liturgico attorno a Cristo ebbe inizio, qui, a Monte Sacro, più di sessanta anni fa e proprio nei primi giorni di aprile a brevissima distanza dal luogo dove stiamo celebrando la santa Messa.

Da allora - era l’anno 1922 - i Chierici Regolari Minori, che furono mandati dalla sollecitudine pastorale di Papa Pio XI, proseguono con zelo il servizio di Dio e la santificazione dei fratelli, ponendo l’Eucaristia al centro della vita parrocchiale, e in ciò seguono con intelligenza lo spirito del loro Istituto.

Vi saluto cordialmente con il signor cardinale vicario e mons. Alessandro Plotti, con loro rivolgo la mia parola di apprezzamento al parroco, padre Nello Morrea, C. R. M., il quale mi ha fatto conoscere il bene che vuole a questa comunità ecclesiale e che condivide con i sacerdoti e i fratelli laici suoi collaboratori.

Saluto il rev.mo preposito generale dell’Ordine dei Chierici Regolari Minori, come pure le responsabili e le delegazioni delle numerose Congregazioni religiose femminili, ringraziandole per la solerzia con cui esplicano le loro molteplici attività di assistenza, di educazione, di cura degli infermi.

La mia parola di incoraggiamento va poi alle Associazioni e ai gruppi che si occupano di educare ad una fede matura e a una carità che soccorre i bisognosi e gli abbandonati: l’Azione Cattolica, presente in tutti i suoi settori, l’Agesci, il gruppo di volontariato “Panda”, il Gruppo Eucaristico, i Cursillos de cristiandad, il CIF, gli aderenti al Volontariato vincenziano e all’Apostolato della preghiera, il Gruppo servizio anziani, le Acli e la Schola cantorum. A tutti voglio esprimere il saluto e l’esortazione a perseverare nell’impegno di collaborazione nel costruire la Chiesa.

A quelli che soffrono va, infine, la mia parola di conforto. Carissimi, sappiate che il Signore Gesù vi predilige, tenete quindi lo sguardo fisso su di lui e nel vostro cuore regnerà sempre la speranza.

8. La vita di questa parrocchia non è stata segnata da vicende, che uno storico potrebbe considerare rilevanti, salvo il Congresso Eucaristico diocesano, che vi fu tenuto nel 1935, con grande concorso di popolo. Ma vi è un evento storico su cui essa - come vi ho accennato pochi istanti fa - si fonda da sempre: il fatto della morte e risurrezione di Cristo, celebrato e vissuto particolarmente mediante l’Eucaristia.

Continuate, perciò, nell’essere sempre una comunità eucaristica, che comunica la pace e la letizia del Risorto in strutture di vita e di convivenza quali, per esempio, testimoniano i Gruppi familiari e la Casa famiglia e accoglienza. Ma la pace del Signore non è un rinchiudersi, anche se in un cenacolo. La fraternità, l’unità di intenti e di cuore basata su Cristo genera una passione per il mondo, per il lavoro e i suoi problemi. Di più, spinge a un impegno costante di annuncio di salvezza, quale anche il Gruppo missionario prospetta, a chi non conosce Dio e il suo infinito amore.

Se a un’adeguata partecipazione alla catechesi unirete una costante frequenza alla santa Messa e all’adorazione eucaristica, avrete sempre più chiara consapevolezza di appartenere a quel luogo di misericordia che è la Chiesa. Con la sua incarnazione, con la sua morte e risurrezione il Figlio di Dio ha chiamato tutto il genere umano alla comunanza della vita con lui: egli ha avvicinato, nella sua persona, le cose che erano lontane - lontane da Dio e lontane tra loro - e la ha riunite in un solo corpo, il suo corpo, che sostiene, illumina e trasfigura, ora e per l’eternità.

Cristo sia il centro della vostra esistenza, inserita in lui fin dal battesimo; sia l’orientamento costante della vostra vita familiare, delle fatiche quotidiane, del vostro impegno di testimonianza cristiana; sia il punto di riferimento di tutto il vostro essere. E in ciò sappiate che vi sono accanto, e vi aiutano anche i vostri angeli custodi, ai quali, tanto opportunamente, è dedicata la vostra parrocchia.

9. “Questo è il giorno fatto dal Signore: / rallegriamoci ed esultiamo in esso”, annunzia il Salmo responsoriale (Sal 118 [117], 24), e la Chiesa ripete queste parole durante tutta l’Ottava di Pasqua.

In questo giorno della gioia salvifica ci troviamo nella vostra comunità romana dedicata ai santi Angeli Custodi, poggiandoci quali pietre vive sulla testata d’angolo che è Cristo risorto. La Chiesa vive il mistero pasquale del suo Signore attraverso i secoli e le generazioni. E vivrà fino alla fine. Egli è il principio e la fine (Ap 21, 6).

Nella liturgia odierna parla pure l’Apocalisse mostrando il Risorto come l’ultima prospettiva della storia della Chiesa e dell’umanità. “Appena lo vidi - scrive Giovanni - caddi ai suoi piedi come morto. Ma egli posando su di me la destra, mi disse: Non temere! Io sono il Primo e l’Ultimo e il Vivente. Io ero morto, ma ora vivo per sempre e ho potere sopra la morte e sopra gli inferi” (Ap 1, 17-18). Non temere! Eccomi!

 

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