CONCELEBRAZIONE NOTTURNA PER LA VEGLIA DI PENTECOSTE
OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II
Sabato, 17 maggio 1986
1. La liturgia della Pentecoste ci conduce nel cenacolo di Gerusalemme. Come è noto, la porta di questo cenacolo in un primo tempo rimane ben chiusa. Il primo giorno dopo il sabato, mentre le porte erano chiuse, gli apostoli si trovavano in questo luogo, santificato dalla memoria dell’ultima cena. E benché già dall’alba di quel mattino si fosse diffusa la notizia della “tomba vuota”, essi continuavano ad avere paura.
Cristo risorto si recò da loro, che stavano raccolti “a porte chiuse”. Entrato si fermò in mezzo ad essi e li salutò con le parole: “Pace a voi”. L’Evangelista dice che “mostrò loro le mani e il costato” (cf. Gv 20, 19 ss.), con impressi i segni delle ferite dovute alla crocifissione. Quando, superato, il primo sentimento di paura, gli apostoli furono ripieni di gioia al vedere il Maestro, Cristo disse loro di nuovo: “Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi”. (Gv 20, 21) Queste furono le prime parole del Risorto ai suoi discepoli. “Dopo aver detto questo - scrive l’evangelista Giovanni - alitò su di loro”. Quanto è eloquente questo particolare: Cristo alitò sugli apostoli e disse: “Ricevete lo Spirito Santo” (Gv 20, 22).
2. L’avvenimento della Pentecoste ha dunque il suo inizio nel giorno della risurrezione. Colui che la tradizione della Chiesa chiama “l’aspirazione salvifica” del Padre e del Figlio, lo Spirito Santo, Pneuma, è stato dato agli apostoli a seguito della risurrezione. Si può dire che Cristo l’ha portato nel cenacolo direttamente dalla croce. L’alitò “su di loro nella potenza della sua morte e della risurrezione” e la manifestazione di questa potenza redentrice erano le stigmate della crocifissione nelle mani, nei piedi e nel costato.
Tutto questo avvenne “a porte chiuse” nel cenacolo, cinquanta giorni fa. La liturgia della presente solennità che noi celebriamo nel cuore di questa notte, concentra la nostra attenzione sull’evento del Cristo risorto, che dona lo Spirito. Soltanto in questo modo possiamo comprendere veramente tutto ciò che accadde in quel mattino di Pentecoste: dopo che erano trascorsi cinquanta giorni dalla Pasqua. Ne parla la lettura degli Atti degli apostoli. Racconta la nascita della Chiesa. La Chiesa è nata nello stesso cenacolo di Gerusalemme. È nata quando il soffio dello Spirito di Verità ha compenetrato le anime degli apostoli, così che “cominciarono a parlare in altre lingue” (At 2, 4). Soprattutto, però, hanno avuto rinnovata in sé la potenza interiore, per dare testimonianza a Cristo crocifisso e risorto. Allora si è spalancata la porta del cenacolo e gli apostoli uscirono nelle vie di Gerusalemme. Si misero in cammino nel mondo: in tutto il mondo così come il Cristo aveva loro ordinato. “Avrete forza dallo Spirito Santo . . . e mi sarete testimoni a Gerusalemme . . . e fino agli estremi confini della terra” (At 1, 8).
3. La Chiesa è nata dal soffio dello Spirito Santo, il Paraclito. È nata come missione apostolica che cresce “organicamente” dalla missione di Cristo stesso. Le prime parole del Risorto sono state: “Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi” (Gv 20, 21). La Chiesa è se stessa mediante questa missione. È se stessa e non cessa di esserlo, esistendo “in statu missionis”. Questa missione ha la sua ultima sorgente nel Padre, si radica in Cristo crocifisso e risorto, si comunica con la potenza dello Spirito Santo che egli ha mandato sugli apostoli: “Ricevete lo Spirito Santo” (Gv 20, 22).
4. Il Concilio Vaticano II ha insegnato e messo in risalto la verità circa la salvifica partecipazione della Chiesa, Popolo di Dio, alla missione di Cristo stesso. Di Cristo-Sacerdote, di Cristo-profeta, di Cristo-Re. Questa partecipazione ha il suo inizio nel Battesimo e continua a svilupparsi mediante tutti i Sacramenti uniti nella vita della Chiesa alla parola di Dio. Al centro sta l’Eucaristia: il Sacramento che in modo eminente fa memoria della morte e della risurrezione di Cristo, e mediante il quale la Chiesa continua a nascere più pienamente; continua a diventare corpo di Cristo.
In questo modo ritorniamo continuamente nel cenacolo, dove Cristo “alita” sugli apostoli. Dà loro lo Spirito Santo e nello stesso tempo fa di loro la caparra del nuovo popolo di Dio - come di un nuovo Israele - in cui si prolunga la missione messianica e insieme redentrice del Figlio di Dio.
“Nessuno può dire: «Gesù e Signore» se non sotto l’azione dello Spirito Santo” (1 Cor 12, 3). Nessuno può - senza l’aiuto dello Spirito Santo - professare la fede in Cristo né diventare partecipe alla sua missione: nella Chiesa e nei riguardi del mondo.
5. Questa verità - la verità fondamentale della nostra esistenza cristiana - ha particolare importanza per noi riuniti qui, in Piazza san Pietro, per questa devota e solenne veglia di preghiera. Siamo qui convenuti affinché - partecipando all’Eucaristia - rendiamo testimonianza a Cristo, grazie al quale è vivo in noi quel “soffio” della Pentecoste: il soffio dello Spirito di Verità, del Consolatore, mediante il quale la Chiesa nasce sempre di nuovo nei cuori dei discepoli.
Insieme a questo “soffio” salvifico, ascoltiamo continuamente le parole indirizzate, un tempo, agli apostoli: “Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi”. In nome di queste parole siete presenti intorno al Vescovo di Roma, che è il successore dell’apostolo Pietro in questa Sede. Insieme con lui assumete, in un certo senso, il complesso e vario apostolato, non soltanto quello cui hanno parte i vescovi, i sacerdoti e i diaconi, ma anche quello cui partecipano i laici. A tale apostolato i laici sono sempre stati chiamati nella storia della Chiesa: e ciò accade pure ai giorni nostri. Anzi diventa ancor più la loro parte, dato che la realtà del mondo contemporaneo abbonda di problemi e compiti sempre nuovi.
6. Carissimi fratelli e sorelle! La testimonianza a Cristo che offriamo questa sera, celebrando la nostra fede mediante l’Eucaristia, riveste carattere di particolare solennità. Essa vede qui ben rappresentata l’intera Chiesa che è in Roma; la quale - come ha rilevato all’inizio della santa Messa il signor cardinale vicario - è presente in tutto il complesso ben articolato delle sue varie componenti e delle sue molteplici forze impegnate nell’apostolato. Lo scopo di questo incontro di preghiera - che ci vede raccolti con Maria, Madre del divino Amore, la cui effigie è stata qui portata dal suo santuario - è di invocare il dono dello Spirito Santo su due importanti iniziative pastorali, affinché abbiano un esito felice e fecondo di frutti. La prima è l’assemblea del Sinodo dei vescovi, che avrà luogo nel 1987 sul tema “La vocazione e la missione dei laici nella Chiesa e nel mondo”. È un appuntamento al quale dobbiamo prepararci adeguatamente. La seconda è il Sinodo pastorale di Roma.
Sono lieto di darne l’annuncio ufficiale nella solennità di Pentecoste, invocando su tale iniziativa l’effusione dello Spirito Santo. Il Sinodo pastorale romano vuole essere un servizio alla missione della Chiesa che è in questa Città, la quale - a motivo del ministero petrino affidato al suo vescovo - svolge un particolare compito nei riguardi dell’intera Chiesa cattolica. Esso ha soprattutto lo scopo di aiutare a rivivere in profondità il Concilio Vaticano II e ad attuarne con coerenza le direttive, arricchendo la fede e contribuendo a rinnovare la società d’oggi. Il rinnovamento che il Sinodo pastorale di Roma infonderà a questa comunità ecclesiale sarà anche un aiuto a prepararsi al Sinodo dei vescovi.
Entrambe le iniziative sono importanti momenti di vita ecclesiale, perché, nel solco delineato dal Concilio Vaticano II, tendono a radicare i fedeli nell’intimo rapporto di familiarità con Dio, testimoniando l’uomo nuovo, “così che gli altri, vedendone le opere buone, glorifichino Dio Padre e comprendano più profondamente il significato genuino della vita umana e l’universale vincolo di comunione degli uomini tra loro” (Ad Gentes, 11).
7. Tale assumere la vita in Cristo come vocazione impegna l’esistenza di ogni fedele a presentare “la Verità” e il “mistero universale di salvezza” della Chiesa con carità e completezza. Spinge i vescovi, i sacerdoti, i religiosi a raggiungere la misura della pienezza del Redentore (cf. Sacrosanctum Concilium, 2). Conduce tutti i credenti a una responsabilità attiva nel servire il disegno di Dio facendosi generosi messaggeri e fedeli strumenti della potenza trasformatrice dello Spirito di Gesù, di cui l’umanità di oggi sente profondamente bisogno.
8. In questa assemblea eucaristica, partecipando al sacrificio di Cristo, desideriamo rinnovarci di nuovo nel cenacolo di Gerusalemme. Sia nel giorno della risurrezione, sia in quello della Pentecoste. Mediante la nostra presenza desideriamo manifestare la realtà delle parole di Paolo: “Vi sono poi diversità di carismi, ma uno solo è lo Spirito: vi sono diversità di ministeri ma uno solo è il Signore; vi sono diversità di operazioni, ma uno solo è Dio, che opera tutto in tutti” (1 Cor 12, 4-6). Vogliamo quindi manifestare che queste parole dell’apostolo dei Gentili sono una realtà in noi, e mediante noi in questa antichissima Chiesa apostolica che si trova in Roma.
L’ultimo Sinodo dei vescovi ha posto in luce che il Concilio Vaticano II e il suo magistero sono una sorgente particolarmente viva e attuale, alla quale tutti debbono attingere, per “essere Chiesa” in maniera sempre più piena; per realizzare questa Chiesa sempre più pienamente in se stessi e realizzare se stessi mediante la Chiesa in Cristo. Per essere dunque sempre più autenticamente cristiani nel mondo contemporaneo, nella prospettiva del terzo millennio dopo Cristo, sorretti e incoraggiati da Maria, salvezza del popolo romano.
9. Infatti “a ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per l’utilità comune”, come scrive l’apostolo. (1 Cor 12, 7) E questa “utilità comune”, questo bene comune è inteso secondo l’immagine del corpo. “Come infatti il corpo, pur essendo uno, ha molte membra e tutte le membra, pur essendo molte, sono un corpo solo, così anche Cristo. E in realtà noi tutti siamo stati battezzati in un solo Spirito per formare un solo corpo; e tutti ci siamo abbeverati a un solo Spirito” (1 Cor 12, 12-13).
Così dunque la Chiesa è in Cristo sacramento della nostra unità. Sacramento cioè il segno del Corpo: un solo corpo. Uno solo, perché tutti sono vivificati in esso da un solo Spirito. Questo desideriamo professare oggi, nel giorno della Pentecoste con forza particolare. Colui che è l’eterno “Soffio”: l’Amore del Padre e del Figlio ci è stato “dato”.
Lo stesso che fu dato agli apostoli nel cenacolo di Gerusalemme. Ci è stato dato sotto forma di diverse “lingue”. In forma di diversi doni e compiti, di diverse vie e vocazioni; in forma di molteplici sensibilità ai bisogni della Chiesa e del mondo; in forma di molteplici servizi di salvezza, di molte diverse iniziative e programmi.
Ci è stato donato affinché in questa ricchezza e in questa pluralità e molteplicità formiamo, per opera dello Spirito Santo, l’unità del Corpo, l’unità del Sacramento, l’unità di Cristo; affinché con lui e per lui in questa pluralità di “lingue” della nostra nuova esistenza, proclamiamo, come gli apostoli nel giorno di Pentecoste, “le grandi opere di Dio” (cf. At 2, 11).
Al termine della solenne Veglia di Pentecoste il Santo Padre ringrazia i fedeli in Piazza San Pietro con queste parole.
Fratelli e Sorelle,
Figli e Figlie della nostra Chiesa di Roma,
La parola “Synodos”, parola greca, significa “essere insieme”, “camminare insieme”. Ringraziamo il Signore risorto che ci ha riuniti per dirci, come ha detto agli Apostoli: “Ricevete lo Spirito Santo”. Ringraziamo lo Spirito di Gesù, Spirito di Verità, Spirito di Consolazione che ci ha dato di “essere insieme”, di “camminare insieme”.
Davanti a questa sacra immagine della Madonna del Divino Amore ci siamo riuniti nella preghiera come si sono riuniti gli Apostoli nel Cenacolo di Gerusalemme. Così noi, in questa Piazza di San Pietro in Roma. Ci siamo riuniti attorno a Lei per sentire il soffio dello Spirito Santo che Cristo Crocifisso e Risorto ha alitato nei nostri cuori. Ringrazio tutti voi per questa Veglia pentecostale; per questa riunione del Popolo di Dio; per questo “essere insieme”, per “camminare insieme” verso il futuro, verso il terzo millennio.
“Camminare insieme” nel soffio dello Spirito Santo che vuol farci testimoni di Cristo in questa città, in questo mondo di oggi; testimoni coraggiosi come erano, o piuttosto come sono diventati gli Apostoli a Gerusalemme.
Vi ringrazio per questo “essere insieme”; per questo “camminare insieme”, anche nel progetto del futuro Sinodo pastorale della Chiesa di Roma. E, fin d’ora, vorrei raccomandare questa opera della Chiesa di Roma, mediante la Vergine Maria, Madre del Divino Amore, a Colui che è l’Amore! Abbiamo tanto bisogno di Colui che è l’Amore! Roma ha tanto bisogno di Colui che è l’Amore!
Scenda il Tuo Spirito per rinnovare la faccia di questa città! Scenda il Tuo Spirito per rinnovare la faccia di tutta la Terra! Amen!
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