XXIII GIORNATA MONDIALE DELLA PACE
OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II
Solennità di Maria Santissima Madre di Dio
Lunedì, 1° gennaio 1990
1. “Maria, da parte sua serbava tutte queste cose meditandole nel suo cuore” (Lc 2, 19).
Il 1° gennaio la Chiesa conclude l’ottava di Natale, venerando la Maternità della Vergine Maria. Le parole del Vangelo di Luca mettono particolarmente in rilievo la dimensione interiore di questa sua Maternità. Tali parole sono oggi molto importanti per la Chiesa. Nel corso dell’ottava la Chiesa ha meditato il mistero della nascita del Figlio di Dio a Betlemme. Oggi si richiama a colei che, per prima, ha meditato nel suo cuore questo mistero. Poiché, come insegna il Concilio Vaticano II, “Maria è andata innanzi” a tutto il popolo di Dio “nella peregrinazione della fede e nell’unione con il Figlio” (cf. Lumen gentium, 58), questo suo avanzare ha preso dunque inizio a Betlemme.
Esso comincia nel Cuore della Madre, e ivi continua senza sosta. Ogni madre vive in modo particolare del ricordo di aver dato alla luce un bambino. Questa nascita vive in lei, essa la serba nel suo cuore. E che cosa pensare, allora, di questa nascita, unica, nella quale venne al mondo il Figlio di Dio?
La Chiesa si richiama oggi alla dimensione interiore della maternità, e così venera insieme il mistero dell’incarnazione e la straordinaria dignità della Madre-Vergine.
2. Il mistero dell’incarnazione è un nuovo principio nella storia della salvezza. Ed è anche un nuovo principio nella storia dell’uomo e della creazione. L’apostolo Paolo definisce questo nuovo principio come “la pienezza del tempo”. “Quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna . . . perché ricevessimo l’adozione a figli” (Gal 4, 4-5).
Ciò che permane nella viva memoria di Maria - e contemporaneamente nella viva memoria della Chiesa - non è l’avvenimento di una sola volta, un avvenimento “chiuso”. La nascita di Dio è aperta all’uomo di tutti i tempi. In esso si rivela e si plasma l’adozione a figli di Dio, che passa su tutti gli esseri umani: “E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi . . . A quanti . . . l’hanno accolto, ha dato potere di diventare figli di Dio” (Gv 1, 14. 12). Le parole del Prologo di Giovanni, ricordate nel corso dell’ottava di Natale, rendono testimonianza alla continua durata del mistero, iniziato nella notte di Betlemme.
Sì! Il Figlio di Dio si è fatto uomo una sola volta, una sola volta nacque da Maria Vergine e tuttavia la figliolanza divina è una eredità continua dell’uomo.
3. Di quest’eredità parla ancora l’apostolo Paolo. Essa è l’opera incessante dello Spirito Santo: il frutto della sua azione in noi. “E che voi siete figli ne è prova il fatto che Dio ha mandato nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio che grida: Abbà, Padre! Quindi non sei più schiavo, ma figlio; e se figlio, sei anche erede per volontà di Dio” (Gal 4, 6-7).
La Chiesa serba quest’eredità, ne è custode e amministratrice sulla terra. Perciò fissa costantemente gli occhi sul mistero dell’incarnazione. E desidera guardarlo con gli occhi di Maria, partecipare alla sua memoria. In nessun’altra creatura il Natale è iscritto così profondamente come in lei. Esso infatti s’identifica con la sua maternità. La maternità umana di questa “Donna” è, nello stesso tempo, la maternità divina. Colui che è stato messo alla luce da lei è, in realtà, l’Uomo-Dio.
Maria “per la sua fede e obbedienza generò sulla terra lo stesso Figlio di Dio . . . Diede . . . alla luce il Figlio che Dio ha posto quale primogenito tra i molti fratelli (Rm 8, 29), cioè tra i fedeli, alla cui rigenerazione e formazione ella coopera con amore di madre”, come dice il Concilio Vaticano II (Lumen gentium, 63).
4. Questo giorno dell’ottava è quindi la festa dell’eredità divina, alla quale hanno parte tutti gli uomini. La figliolanza divina, quale dono dello Spirito Santo nell’uomo, compenetra l’intera eredità dell’umanità, della natura umana; l’intera eredità, anzi, della stessa creazione. L’uomo infatti è stato creato a immagine di Dio, ed è stato posto nel mondo visibile in mezzo a tutte le creature.
Se la Chiesa celebra oggi, nell’ottava di Natale, la Giornata internazionale della pace è perché esiste in questo fatto una profonda logica di fede. Infatti la pace esige una particolare responsabilità dell’uomo per l’intero creato.
Il messaggio pontificio per l’anno nuovo mette in particolare rilievo questa responsabilità: “Pace con Dio creatore - Pace con tutto il creato”. Il messaggio del Vangelo della pace si richiama costantemente e sempre di nuovo al comandamento di “non uccidere”. Non uccidere un altro uomo, non uccidere sin dal momento del suo concepimento nel grembo della madre, non uccidere! Non limitare l’esistenza umana sulla terra con il metodo della lotta: della violenza, del terrorismo, della guerra, dei mezzi di sterminio di massa. Non uccidere, perché ogni vita umana è eredità comune di tutti gli uomini.
E anche: non uccidere, distruggendo in diversi modi il tuo ambiente naturale. Questo ambiente appartiene pure alla comune eredità di tutti gli uomini, non soltanto alle generazioni passate e contemporanee, ma anche a quelle future. Sii fautore, non distruttore della vita!
Il primo giorno dell’anno nuovo chiede un particolare riferimento a questa eredità. L’eredità dei figli di Dio d’adozione è strettamente legata con l’imperativo della pace.
5. Oggi è non soltanto il primo giorno dell’anno nuovo 1990, ma anche del nuovo decennio. Questa è l’ultima decade degli anni del ventesimo secolo, e insieme del secondo millennio dalla nascita di Cristo.
La Chiesa ritorna a Betlemme. Là dove “andarono [i pastori] e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, che giaceva nella mangiatoia” (Lc 2, 16). Nel corso degli anni che si susseguirono, la Chiesa non cessa di pregare la Madre di Dio che le sia particolarmente vicina per ricordare il mistero, che ella serbava e meditava nel suo cuore.
Alle soglie dell’ultimo decennio del nostro secolo e del secondo millennio, desideriamo partecipare in modo particolare a questo raccoglimento materno di Maria sul mistero del Figlio nato, crocifisso, risorto. In esso si rinnova costantemente l’“adozione a figli” di Dio di tutti gli uomini. Tutto il creato lo attende come eredità terrena dell’uomo, chiamato alla gloria eterna in Cristo.
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