VIAGGIO APOSTOLICO IN PORTOGALLO
(10-13 MAGGIO 1991)
OMELIA DEL SANTO PADRE GIOVANNI PAOLO II
Stadio «Dos Barreiros» di Funchal (Isola di Madeira)
Domenica, 12 maggio 1991
1. “Sono uscito dal Padre e sono venuto nel mondo; ora lascio di nuovo il mondo, e vado al Padre” (Gv 16, 28).
Sono parole pronunciate da Cristo il giorno prima della sua passione e morte sulla Croce quando, nel Cenacolo, si congedava dagli Apostoli. “Si mostrò ad essi vivo, dopo la sua passione, con molte prove, apparendo loro per quaranta giorni e parlando loro del Regno di Dio” (At 1, 3). Oggi la Chiesa celebra solennemente la memoria del Quarantesimo giorno, resa attuale in questa Liturgia dell’Ascensione, come il Salmo Responsoriale ci invitava a proclamare: “Ascende Dio tra le acclamazioni” (Sal 47, 6).
Il ritorno di Cristo al Padre è descritto in modo conciso dagli autori sacri. “Il Signore Gesù - dice San Marco - fu assunto al cielo e sedette alla destra di Dio” (Mc 16, 19). Negli Atti degli Apostoli, l’evangelista San Luca scrive: “Fu elevato in alto sotto i loro occhi (dei discepoli) e una nube lo sottrasse al loro sguardo” (At 1, 9). Nell’Antico Testamento, la nube era un segno della presenza di Dio (cf. Es 13, 21-22; 40, 34-35), dato che Gesù Cristo, uscendo dal mondo visibile, è avvolto da questa presenza divina. Terminata l’esistenza visibile sulla terra, il Figlio Unigenito fatto uomo vive nel seno della Trinità con il Padre e lo Spirito Santo.
San Paolo, nella Lettera agli Efesini, a sua volta, commenta in questo modo il mistero dell’Ascensione: “Ma che significa la parola “ascese”, se non che prima era disceso quaggiù sulla terra? Colui che discese è lo stesso che anche ascese al di sopra di tutti i cieli, per riempire tutte le cose” (Ef 4, 9-10). Così si compirono le parole del Signore: “Sono uscito dal Padre e sono venuto nel mondo; ora lascio di nuovo il mondo, e vado al Padre”.
2. Nell’Ascensione Gesù Cristo “ascende” per riempire tutte le cose: il mondo intero, tutte le creature, la storia dell’uomo.
In questa prospettiva, si esplica l’ultimo mandato, dato da Gesù agli Apostoli prima di tornare al Padre: “Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo ad ogni creatura” (Mc 16, 15). Questo è quanto scrive l’Evangelista San Marco, mentre negli Atti degli Apostoli, San Luca riferisce: “Noi siamo testimoni di tutte le cose da Lui compiute nella regione dei Giudei e in Gerusalemme” (At 10, 38).
Predicare il Vangelo significa rendere testimonianza di Cristo: di Colui che “passò beneficando e risanando” tutti (cf. At 10, 38), di Colui che fu crocifisso per i peccati del mondo, di Colui che è risorto e vive per sempre.
La predicazione del Vangelo, ossia il rendere testimonianza di Cristo, è dovere di tutti i battezzati nello Spirito Santo. Prima della sua partenza, il Signore Gesù sottolinea esplicitamente questo fatto, nell’ordinare agli Apostoli di aspettare il compimento della promessa del Padre: “Giovanni ha battezzato con acqua, voi invece sarete battezzati in Spirito Santo, fra non molti giorni . . . Avrete forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi e mi sarete testimoni” (At 1, 5-8).
La Chiesa, solo con la potenza dello Spirito Santo, può rendere testimonianza di Cristo. Soltanto grazie alla Sua potenza, essa può predicare efficacemente il Vangelo a tutte le creature.
L’Ascensione del Signore è intimamente legata alla Pentecoste, e la Chiesa ogni anno dedica i giorni tra l’una e l’altra ricorrenza alla Novena dello Spirito Santo, che ha avuto inizio nel Cenacolo di Gerusalemme. I primi a fare questa Novena sono stati gli stessi Apostoli riuniti con la Madre del Signore.
3. Gesù Cristo è salito nell’alto dei cieli per riempire tutte le cose. Questa pienezza del mondo creato si compie grazie al potere dello Spirito Santo. Quest’opera si colloca nella storia terrena degli uomini e delle nazioni: lo Spirito Santo plasma, in modo invisibile ma reale, ciò che l’Apostolo San Paolo chiama il Corpo di Cristo parlandone nei termini seguenti: “Un solo Corpo, un solo spirito, come una sola è la speranza alla quale siete stati chiamati, quella della vostra vocazione; un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo. Un solo Dio Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, agisce per mezzo di tutti ed è presente in tutti” (Ef 4, 4-6).
In tal modo l’Ascensione del Signore non è un semplice congedo. Innanzitutto è l’inizio di una nuova presenza e di una nuova azione salvifica: “Il Padre mio opera sempre e anch’io opero” (Gv 5, 17). Questo operare con la forza dello Spirito Santo, disceso nella Pentecoste, dello Spirito Paraclito, conferisce forza divina alla vita terrena dell’umanità nella Chiesa visibile. Con la potenza dello Spirito Santo, Cristo glorificato alla destra del Padre, il Signore della Chiesa, stabilisce “alcuni come apostoli, altri come profeti, altri come evangelisti, altri come pastori e maestri, per rendere idonei i fratelli a compiere il ministero, al fine di edificare il Corpo di Cristo” (Ef 4, 11-12).
4. Sono questi i criteri essenziali della costante vitalità della Chiesa. In queste parole della Lettera paolina, la Chiesa di ogni tempo e luogo deve ritrovare la sua identità più profonda. In esse si rispecchia la venerabile Chiesa di Funchal, che è stata, per molti anni, madre delle comunità cristiane che si andavano costruendo nei territori in cui giungevano i missionari portoghesi: in Africa, in Oriente, in Brasile. Dalla Chiesa cattedrale di Funchal sono nate, in questi anni, numerose Chiese locali che hanno continuato, nel corso dei secoli, e continuano ancora a proclamare il Vangelo e a rendere Gesù Cristo presente nel mondo.
Il Papa porta oggi il suo abbraccio cordiale a questa cara diocesi di Funchal, che da tanti anni - si diceva poc’anzi - lo aspettava insieme a tutti i presenti. Porgo il mio saluto deferente e grato alle autorità presenti, in modo speciale al Signor Presidente della Repubblica e agli Organi del Potere Regionale. Saluto il vostro Pastore, Don Teodoro, in venerabile amicizia e profonda gratitudine per il suo invito e per le pregnanti parole di benvenuto che mi ha rivolto all’inizio di questa celebrazione. Saluto affettuosamente i sacerdoti, i religiosi e le religiose, i fedeli laici, tutti i figli di questo Arcipelago di Madeira che vivono qui o che sono emigrati lontano.
Centro turistico universalmente noto come la “Perla dell’Atlantico”, per la grande bellezza con cui il Creatore ha rivestito gli scenari di queste isole, per i cuori ospitali dei loro abitanti e per il dono del riposo e della salute qui ritrovati, la vostra terra è ambita da un gran numero di uomini e donne di diversa provenienza, tradizioni e credi, e vi offre la possibilità di donare alle vostre vite, nel tempo libero, l’Assoluto di Dio, con “le cose di lassù, dove si trova Cristo assiso alla destra di Dio” (Col 3, 1). Infatti, i cristiani hanno in ciò un ruolo fondamentale da svolgere, in quanto contribuiscono a dare all’impiego del tempo libero il proprio autentico inquadramento etico e spirituale: un tempo propizio allo sviluppo dei valori umani e alla ricerca e contemplazione di Dio.
5. Non è certamente privo di significato che il Signore della Storia abbia permesso all’umanità di questo secolo di entrare nella “civiltà del riposo”, offrendo a molti la possibilità di un nuovo spazio di vita, parallelo al periodo di lavoro, ossia il tempo libero, che, in molti Paesi, a causa dell’era tecnologica, già supera per durata ed importanza, il tempo di lavoro.
L’uomo creato a immagine di Dio è chiamato a realizzare nella sua vita tanto la dimensione attiva del Creatore, come quella dell’incontro tranquillo, gioioso e festoso con le Sue opere: “Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona . . . Allora Dio nel settimo giorno portò a termine il lavoro che aveva fatto e cessò nel settimo giorno da ogni suo lavoro” (Gen 1, 31; 2, 2). Potremmo dire che il nostro secolo si è rivelato portentoso nella prima dimensione, ma molto manchevole nella seconda. Di conseguenza, il progresso creato dalla tecnica, si è limitato quasi esclusivamente a “dominare” la natura e i suoi prodotti, ma non è progredito allo stesso modo nel “dominio” che l’uomo è chiamato a esercitare sul suo destino. Al contrario, si verifica una marcata perdita di coscienza del proprio io e della sua dignità.
Purtroppo certe forme di lavoro produttivo tendono a spogliare lo stesso lavoro della sua dimensione umana a favore della propria efficienza tecnica, presentandosi come un’esperienza arida, ridotta all’automatismo di gesti e movimenti meccanici, scanditi da un ritmo obbligato, priva di rapporti umani e in seno alla quale diventa difficile esprimere la propria identità. È indispensabile che il tempo libero riacquisti le dimensioni di umanità che il lavoro ha perduto.
6. In particolare, il tempo libero dovrà permettere all’uomo di trovare la possibilità di realizzare l’autentico umanesimo, qual è quello dell’“uomo pasquale”, che la Chiesa annuncia e testimonia, risplendente di Vita Nuova, che lo libera dal peccato e gli apre gli orizzonti dell’eternità, trovando in Dio il riposo a misura del suo cuore inquieto (cf. Sant’Agostino, Confessioni, I,1). In verità il Signore, in quanto essere assolutamente buono, riposa in Se stesso, nella Sua pienezza; l’uomo, immagine di Dio, potrà riposare solo in Dio, in Cui trova il suo significato e la sua santità.
L’“uomo pasquale” non ha bisogno di falsi infiniti, o di superlativi del più bello, del più grande e del più emozionante, perché lui sa che la sua illimitata libertà è racchiusa e contenuta nella celebrazione dell’Evento Pasquale: la Pasqua possiede e conferisce la libertà che anima il tempo libero come suo principio più intimo. Da questa libertà pasquale nasce quella supremazia di vita cristiana che diffonde e dà tranquillità, ossia, che porta al riposo e che lo suscita. “Redento da Cristo e diventato nuova creatura nello Spirito Santo, l’uomo, infatti, può e deve amare anche le cose che Dio ha creato. Da Dio le riceve: le vede come uscire dalle sue mani e le rispetta. Di esse ringrazia il divino benefattore e, usando e godendo delle creature in spirito di povertà e di libertà, viene introdotto nel vero possesso del mondo, come qualcuno che non ha niente e che possiede tutto: “Tutto, è vostro! Ma voi siete di Cristo e Cristo è di Dio” (1 Cor 3, 22-23)” (Gaudium et spes, 37).
Così l’uomo nuovo in dignità, contemplazione e adorazione, si consegna fiducioso a Dio, in una grande festa di tutta la creazione rinnovata. Si celebra lo splendore rinnovato e la bontà piena del mondo in Dio: Cristo risorto, nella Sua grazia infinita, libera gli uomini dai loro limiti. La Pasqua è la nuova creazione del mondo e dell’uomo. Tutto ciò lo celebriamo nell’Eucaristia domenicale: il nuovo, il creativo, il riposante, finché “venga il nostro salvatore Gesù Cristo” (Ordinario della Messa, dopo il Padre Nostro).
7. “Uomini di Galilea perché state a guardare il cielo? Questo Gesù, che è stato di tra voi assunto fino al cielo, tornerà un giorno allo stesso modo in cui l’avete visto andare in cielo” (At 1, 11).
Con queste parole termina il resoconto dell’Ascensione del Signore. Prima, lo stesso Cristo aveva detto: “Non vi lascerò orfani, ritornerò da voi” (Gv 14, 18), affermazione che potremmo attribuire soltanto alle apparizioni in quei 40 giorni successivi alla Risurrezione. Ma no! Infatti, quando già saliva definitivamente al Padre, Egli disse: “Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Mt 28, 20).
Questo “lo sono con voi” ha la forza del Nome di Dio. “Io sono con voi” come Figlio nel Padre (o, alla destra del Padre), e “Io sono con voi” (vale a dire con la Chiesa e con il mondo) nel potere dello Spirito Santo. Grazie a questo potere, il nostro rimanere nella fede cristiana ha carattere di attesa della Sua Venuta: la Seconda e definitiva Venuta di Cristo Salvatore.
Tale attesa, però non è passiva: essa costituisce l’edificazione del Corpo di Cristo. L’umanità deve dare questo “Corpo” definitivo ed escatologico a Colui che ha assunto il corpo, facendosi Uomo nel seno della Vergine Maria. Non restiamo, quindi, passivamente in sua attesa! In ogni momento, nel lavoro e nel tempo libero, nella tua terra o viaggiando in altri luoghi, quando accogli gli altri o accetti la loro ospitalità, tu sei araldo itinerante di Cristo! Dobbiamo giungere “tutti all’unità della fede e della conoscenza del Figlio di Dio”. Dobbiamo arrivare “allo stato di uomo perfetto, nella misura che conviene alla piena maturità di Cristo” (Ef 4, 13).
L’Ascensione del Signore è, alla luce della Liturgia di oggi, la solennità della maturazione nello Spirito Santo per la “Pienezza di Cristo”. Gesù ci conduce al Padre: Egli stesso resta il Pastore Eterno delle nostre anime (cf. 1 Pt 2, 25). Sempre sia lodato. Amen.
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