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LETTERA DI GIOVANNI PAOLO II
AI VESCOVI DI TUTTO IL MONDO IN OCCASIONE
DELLA PRESENTAZIONE DELL’«INSTRUMENTUM LABORIS»
PREPARATO PER LA VI ASSEMBLEA GENERALE
DEL SINODO DEI VESCOVI

 

Venerati Fratelli nell’Episcopato,

1. Desidero accompagnare con questa mia lettera l’“Instrumentum Laboris”, preparato per la VI Assemblea Generale del Sinodo dei Vescovi. È un segno di comunione, un atto di collegialità, una testimonianza di affetto. Vi scrivo con tutto il cuore, e vi prego di accogliere le mie parole come in un colloquio fraterno e sincero. È il vostro Fratello nella stessa fede, cui spetta per divino mandato in modo particolare la “sollicitudo omnium Ecclesiarum” (2 Cor 11, 28), che vi scrive. Fratello nella partecipazione alla missione divina affidata da Cristo ai Dodici, e, come successore di Pietro, unito a voi, che siete i successori degli Apostoli, “nel vincolo dell’unità, della carità e della pace” (Lumen Gentium, 22; cfr. 20).

In tale consapevolezza della collegialità del nostro ministero a servizio della Chiesa, mi rivolgo a voi in preparazione dell’Anno Giubilare della Redenzione. Voi sapete con quale ansia, con quale desiderio e con quale gioia io mi prepari a tale Giubileo; e questa gioia e quest’ansia desidero che siano pure da voi tutti partecipate.

Vedo una coincidenza provvidenziale nel fatto che l’Assemblea del Sinodo sia celebrata, proprio nell’Anno Giubilare della Redenzione, sul tema: “La riconciliazione e la penitenza nella missione della Chiesa”.

Il tema e lo scopo del Sinodo sono quindi in piena sintonia con l’intimo significato della Redenzione e con le finalità dell’Anno Santo della Redenzione.

La commemorazione giubilare della morte salvifica di Gesù Cristo è una speciale occasione che Dio, Signore dei tempi, ci offre nella Sua provvidenza, per facilitarci nell’impegno di fare nostri i frutti della Redenzione di Cristo. L’anno del Giubileo della Redenzione diventa perciò il tempo forte della salvezza: “Ecce nunc tempus acceptabile, ecce nunc dies salutis” (2 Cor 6, 2), un appello al pentimento e al rinnovamento. Dovrà lasciare quindi un’impronta su tutta la vita della Chiesa e dei cristiani, perché dovrà sfociare in un rinnovato proposito di maturazione in quella carità che fa la verità e promuove la giustizia.

2. La “riconciliazione” altro non è che la Redenzione che il Padre ha offerto ad ogni uomo nella morte e risurrezione del suo Figlio e che continua ad offrire ancor oggi ad ogni peccatore aspettando, come il padre della parabola del figliuol prodigo, il suo ritorno penitente per mezzo della conversione. Il Sinodo ha lo scopo di ravvivare nella Chiesa la coscienza della grande missione, che l’Apostolo Paolo ha enunziato: “Deus reconciliavit nos sibi per Christum et dedit nobis ministerium reconciliationis . . . Obsecramus pro Christo, reconciliamini Deo” (2 Cor 5, 18. 20).

Pertanto l’accluso “Instrumentum Laboris” - che conserva le caratteristiche di documento sussidiario - acquista un’utilità raddoppiata. Esso può aiutare non solo i Membri del Sinodo, ma l’episcopato, il clero e i fedeli tutti nella meditazione del mistero della Redenzione, spingendoli a vivere in profondità, nell’ambito concreto delle Chiese locali, lo spirito di quest’Anno Santo e ravvivando nelle coscienze in senso di Dio e del peccato, della grandezza del perdono di Dio e dell’importanza del sacramento della Penitenza per la crescita del cristiano e dell’uomo e, in definitiva, per il rinnovamento stesso della società.

Alla radice dei mali morali, che dividono e lacerano la società, sta il peccato. Tutta la vita umana si presenta quindi come una lotta, spesso drammatica, tra il bene e il male. Soltanto se si toglie la radice dei mali, si può raggiungere una valida riconciliazione. Perciò la conversione personale a Dio è insieme la miglior strada per il duraturo rinnovamento della società, giacché in ogni atto di vera riconciliazione con Dio attraverso la penitenza è intrinsecamente presente, accanto alla dimensione personale, anche quella sociale. Fin dalla sia preparazione il Sinodo mira a questa penetrazione della Redenzione nell’azione della Chiesa a beneficio della società umana. Il fervore di preparazione al Sinodo produrrà quindi nelle Chiese locali una riflessione ed una fermentazione che coincidono con le finalità dell’Anno Santo.

In questa ottica di preparazione alla celebrazione del Giubileo, mi piace sottolineare anche alcuni orientamenti pastorali.

3. Confido anzitutto che una grande opera di catechesi sulla Redenzione sia fin d’ora programmata e poi realizzata, per la degna celebrazione del Giubileo. Tale compito rientra nelle irrinunciabili responsabilità del nostro ministero: e mi permetto di rimandare alle pagine del Concilio Vaticano II, che opportunamente illustrano e orientano questo fondamentale “officium docendi” (cfr. Lumen Gentium, 24 s; Christus Dominus, 11-14; etiam Sacrosanctum Concilium, 109 b: de catechesi paenitentiae). Tale officio sia interamente orientato a presentare il mistero della Redenzione, illustrando quella dottrina che è tramandata dalla e nella Chiesa, di cui tutti si è in possesso, e che deve essere nuovamente meditata approfittando della Parola di Dio, dei testi liturgici e anche di alcuni documenti, quali le lettere encicliche Redemptor Hominis e Dives in Misericordia, i “Lineamenta” e l’“Instrumentum Laboris” in preparazione al Sinodo, la Bolla d’indizione dell’Anno Giubilare e l’Allocuzione al S. Collegio del 23 dicembre scorso.

4. Nella celebrazione del Giubileo potrà entrare opportunamente tutto ciò che le Chiese particolari celebrano nel corso dell’anno.

Ogni diocesi infatti vive di una particolare ricchezza di tradizioni, propria della sua storia e della sua prassi cristiana e sacramentale. Ogni Vescovo non mancherà pertanto di studiare il modo di approfittare del patrimonio pastorale della propria diocesi. L’Anno della Redenzione offre ai Pastori l’opportunità di incrementare tutte le iniziative, già vive e vitali nelle singole diocesi, sottolineandone il contenuto in ordine al mistero della Redenzione, riscoprendone l’efficacia pastorale e formativa, avvalorandole di una speciale dignità nelle celebrazioni. In tal modo, una corrente di più intensa spiritualità animerà il consueto svolgersi della vita diocesana: anche qui occorre far vivere in modo straordinario ciò che è patrimonio ordinario della vita della Chiesa, secondo il principio che già ho sottolineato parlando delle caratteristiche di questo Anno Giubilare.

La città di Roma mette a disposizione i tesori della sua vita secolare, della sua esperienza, delle occasioni che le si offrono in modo unico per la solenne celebrazione di determinati eventi nel corso dell’anno, alla presenza del Papa. Ma questo non intende sostituirsi al patrimonio e alla inventiva delle varie comunità ecclesiali, sparse nel mondo, e immerse talora in civiltà e culture che hanno un grandissimo “senso del sacro”. Ciascun Vescovo vorrà curare che in tutte le parrocchie, anche le più piccole nelle quali è presente la Chiesa di Cristo, ogni fedele sia aiutato a prendere coscienza che tutti abbisogniamo di redenzione, e che per tutti è stato sparso il sangue di Cristo.

5. Poiché una delle finalità principali dell’Anno della Redenzione è anche quella di far vivere in modo particolarmente intenso, anzi se necessario, di riscoprire la forza rinnovatrice della vita sacramentale nella Chiesa, occorrerà, da parte di voi tutti, carissimi Fratelli nell’Episcopato, un particolare impegno nel proporre e nel far attuare una sempre più appropriata pastorale dei sacramenti.

Tra questi, specialissima attenzione dovrà essere dedicata al sacramento della Penitenza - tema della prossima Assemblea Sinodale - al fine di favorire una degna e fruttuosa preparazione degli animi alla riconciliazione con Dio, mediante la quale giunge personalmente agli uomini la grazia della Redenzione. Il sacramento della Confessione è insostituibile mezzo di conversione e di perfezionamento spirituale, che riporta a ricomporre l’Alleanza con Dio, infranta dal peccato. Esso è anche, ordinariamente, legato alle condizioni per entrare in quel circuito di santità e di perdono, che chiamiamo tradizionalmente col nome di “Indulgenza”.

Ripeto perciò, in ordine all’azione pastorale nelle diocesi, quanto è già stato sottolineato circa la necessità di un ricupero nel senso del peccato, così strettamente legato col ricupero del senso di Dio. Tutto quanto è pastoralmente valido per far sorgere nel profondo dell’animo sentimenti di compunzione per la colpa deve essere opportunamente potenziato con i vari mezzi a disposizione, sia mediante la catechesi, sia con frequenti celebrazioni penitenziali, sia con la presenza nelle Chiese più frequentate di sacerdoti che assicurino ininterrottamente, durante il giorno, l’amministrazione ai singoli fedeli del sacramento della Penitenza.

6. Rinnovo poi l’invito ad avvalorare, nel quadro della vita diocesana, tutte le iniziative che mirano a conservare e ad accrescere nei cuori la pietà filiale verso la Vergine Santissima. Infatti, la Chiesa ammira ed esalta in Maria “praecellentem Redemptionis fructum . . ., ac veluti in purissima imagine, id quod ipsa tota esse cupit et sperat cum gaudio contemplatur” (cf. Sacrosanctum Concilium, 103).

Per questa ragione, le celebrazioni in onore di Maria, distribuite nel corso dell’anno liturgico, siano specialmente occasione per trarre motivazioni, argomenti e stimolo per approfondire il mistero della Redenzione (cf. Pauli VI Marialis Cultus, in Prooemio). A tale funzione devono servire in modo tutto speciale i numerosi, insigni e amati Santuari Mariani che, in ogni diocesi, sono un permanente invito ad accostarsi alla Vergine Santissima per l’incontro, talora decisivo, con Cristo Salvatore.

Raccomando inoltre la preghiera del Rosario, in cui, come insegnava Paolo VI nell’Esortazione Apostolica Marialis Cultus contemplando i principali eventi salvifici, che si sono compiuti in Cristo, si vede il modo in cui il Verbo di Dio, inserendosi per misericordiosa determinazione nella vicenda umana, ha operato la Redenzione (cf. Pauli VI Marialis Cultus, 45).

7. Prima di concludere desidero rinnovare l’invito già espresso nella Bolla “Aperite Portas” (Ioannis Pauli PP. II Aperite Portas Redemptori, 12) affinché ciascuno di Voi, venerati Fratelli, si unisca a me, il giorno 25 marzo prossimo o in data immediatamente successiva, con una speciale celebrazione di apertura dell’Anno Giubilare. Tale celebrazione sarà occasione opportuna per indicare sia i fini del Giubileo straordinario, sia le modalità per l’acquisto dell’indulgenza nella diocesi da parte delle comunità e dei singoli.

Per quanto riguarda poi la chiusura dell’Anno Giubilare, ritengo conveniente far sapere che se motivi pastorali suggerissero l’opportunità di prolungare la celebrazione del Giubileo, le Conferenze Episcopali potranno chiedere che esso sia continuato per qualche tempo, nei rispettivi Paesi, oltre la data ufficiale della chiusura stabilita per il 22 aprile 1984.

8. Venerati e cari Fratelli!

Sono certo che ognuno di Voi è già al lavoro per preparare degnamente il Giubileo della Redenzione. Ogni Vescovo ora sia più che mai come un precursore di Cristo, che, alla testa della comunità affidatagli da Lui stesso, Supremo Pastore, la guidi ad “attingere acqua con gioia alle sorgenti della salvezza” (Is 12, 3). Il Giubileo, e il Sinodo che ne illustra lo scopo primario, sono occasione di grazia straordinaria, che la Chiesa, con la sua presenza profetica, annuncia agli uomini in questo scorcio del secondo millennio. Approfittiamo di questa occasione per donarci sempre più alla Chiesa, per rincuorare i sacerdoti, per incoraggiare i fedeli, e, come Gesù all’inizio del suo ministero, “per annunziare ai poveri un lieto messaggio, per proclamare ai prigionieri la liberazione, ai ciechi la vista; per rimettere in libertà gli oppressi, e predicare un anno di grazia del Signore” (Lc 4, 18-19).

Io, Servo dei Servi di Dio, sono con Voi in questo compito esaltante, e vi sento strettamente a me uniti. No, non ci manchino fiducia e coraggio! Non ci mancherà mai l’aiuto del Dio vivente, Trinità Santissima, nel Cui nome tutti vi benedico.

Dal Vaticano, il 25 gennaio dell’anno 1983, quinto del mio Pontificato.

GIOVANNI PAOLO PP. II

 

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