MESSAGGIO DI GIOVANNI PAOLO II
AL CARDINALE FRANCIS ARINZE IN OCCASIONE
DEL IV INCONTRO INTERNAZIONALE DI PREGHIERA A BARI
Al venerato fratello il card. Francis Arinze,
presidente del Pontificio Consiglio
per il dialogo interreligioso.
In occasione del IV Incontro internazionale di preghiera per la pace, che si terrà nei prossimi giorni a Bari, avente per tema “Un mare di pace tra Oriente e Occidente”, desidero far pervenire ai rappresentanti delle comunità cristiane e a quelli delle grandi religioni mondiali, come pure a tutti coloro che saranno presenti a tale significativa manifestazione, il mio cordiale e beneaugurante saluto.
Come ricorda il Concilio, “tutti i cristiani sono chiamati con insistenza a praticare la verità nell’amore (Ef 4, 5) e a unirsi a tutti gli uomini, sinceramente amanti della pace, per implorarla e per attuarla” (Gaudium et spes, 78). In adesione a questo invito, la Comunità Sant’Egidio, proseguendo la riflessione avviata negli anni passati, ha promosso anche il presente Convegno internazionale.
L’anno scorso è stato ricordato a Varsavia il 50° anniversario della seconda guerra mondiale. In quella circostanza si è levato un corale grido di pace: “Mai più la guerra!”. Per le strade della città non è risuonato “il passo cadenzato delle truppe di occupazione, ma quello tranquillo e amico dei pellegrini, uomini e donne di religione diversa, venuti da ogni parte del mondo, privi di ogni forza, se non di quella della memoria che rende pensosi e si esprime nella preghiera per la pace”.
Il pellegrinaggio di pace e di preghiera da Varsavia giunge ora alla città di Bari, posta tra l’Oriente e l’Occidente e quasi protesa verso il Sud della terra. Con questa iniziativa si intende riaffermare l’impegno paziente e costante a ricercare e a costruire la pace, impegno avviato fin dagli oscuri momenti dell’ultimo conflitto, e teso a scongiurare per l’avvenire il ripetersi del ricorso all’uso delle armi.
A questo sforzo, volto a respingere ogni minaccia di guerra e a realizzare una società aperta a una piena solidarietà, non è mancato l’incoraggiamento dei miei predecessori. Fortunatamente i ripetuti appelli non sono rimasti senza risposta, poiché tanti uomini e donne hanno consacrato la loro esistenza alla promozione della pace. Come ho potuto constatare ad Assisi, in occasione della Giornata Mondiale di preghiera per la pace, nell’ottobre del 1986, da mondi religiosi differenti, continua a giungere una convinta adesione a tale nobile causa, insieme con la volontà di contribuire alla sua affermazione in spirito di sincera solidarietà.
La cronaca degli ultimi mesi è ricca di avvenimenti insperati e sorprendenti, di cambiamenti profondi nei rapporti tra i popoli. Si può ben dire che ad un tale processo di mutamenti sociali e politici ha contribuito in maniera efficace il coro di preghiera che da ogni angolo della terra si è levato verso il cielo. È anche forte la consapevolezza che solo il fiducioso ricorso all’Onnipotente può ispirare pensieri di pace agli uomini e ottenere per l’intera umanità condizioni di pace totale e duratura.
Questa consapevolezza s’è fatta anche più viva in questi giorni, nei quali l’umanità segue con profonda trepidazione gli avvenimenti del Golfo Persico e la situazione di grave tensione ivi creatasi. I credenti sanno di dover elevare con più accorata insistenza la loro preghiera a Dio perché illumini coloro che detengono le sorti dei popoli e li induca a ricercare eque soluzioni per i problemi colà esistenti, consentendo alla stella della pace di tornare a brillare luminosa “sulle tribolate popolazioni del Golfo Persico, come su tutti i popoli del Medio Oriente, soprattutto su quelli così provati del Libano e della Palestina” (discorso all’Angelus, il 26 agosto 1990).
Ben a ragione, pertanto, i partecipanti a così qualificato Convegno, che si svolge sulle rive del Mediterraneo, un mare che nei secoli ha conosciuto incontri e scontri tra popoli diversi, ma nel quale confluiscono pure profonde correnti di pace, innalzano la loro invocazione perché la pace sia come un oceano, che lambisca ogni terra con la sua salutare influenza, sommerga i conflitti nell’onda della comprensione, riconcili tra di loro individui e Nazioni tra loro indifferenti od ostili.
Come ho ricordato durante il recente viaggio in Africa, una maggiore intesa tra Est e Ovest si deve accompagnare a una crescente collaborazione tra Nord e Sud, per la costruzione di un mondo giusto e pacifico: “È necessario creare ora, per l’umanità, un’era di pace, fondata sulla giustizia e sul rispetto dei diritti degli individui e delle Nazioni” (discorso all’Angelus, il 9 settembre 1990).
Rinuncino i cuori alla violenza come strumento di affermazione di sé e si aprano al rispetto e all’accoglienza dei propri simili. Soprattutto si invochi sempre e in ogni luogo Colui che rende fecondo ogni sforzo e rinnova con la sua provvidenza il corso della storia. Come onda di pace la preghiera invada i continenti, affinché scompaiano i sentimenti di odio e di violenza, i propositi di vendetta, e trionfino dappertutto la verità e l’amore.
Con questo auspicio mi è gradito rivolgere a lei, signor cardinale, e a tutti coloro che partecipano all’incontro i miei cordiali e benedicenti voti augurali per il pieno successo della manifestazione.
Dal Vaticano, venerdì 21 settembre 1990, Festa di san Matteo apostolo.
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