PAROLE DI GIOVANNI PAOLO II
PRONUNCIATE ALL'INIZIO E AL TERMINE DELLA MESSA
CONCELEBRATA IN OCCASIONE DELLA FESTA
DELLA MADONNA DI JASNA GÓRA
Cortile del Palazzo Pontificio - Castel Gandolfo
Domenica, 26 agosto 1984
Desidero ricordare le parole che ho pronunciato a Jasna Góra, l’anno scorso durante il mio pellegrinaggio:
“Il Giubileo del 600° anniversario dell’immagine di Jasna Góra è quasi un indispensabile complemento al millennio della Polonia. Il complemento della grande causa, di una causa essenziale per la storia degli uomini e per la storia della nazione.
Il nome di questa causa è: Regina della Polonia.
Il nome di questa causa è: Madre.
Abbiamo una situazione geopolitica molto difficile. Abbiamo una storia molto difficile, specialmente nell’arco degli ultimi secoli. Le esperienze dolorose della storia hanno acuito la nostra sensibilità nel campo dei fondamentali diritti dell’uomo e della nazione: particolarmente del diritto alla libertà, all’essere sovrano, al rispetto della libertà di coscienza e di religione, dei diritti del lavoro umano... Abbiamo anche diverse debolezze e difetti umani, peccati, anzi peccati gravi, che dobbiamo continuamente tener presenti, e continuamente liberarcene...
Ma - cari fratelli e sorelle, amatissimi compatrioti - pur in mezzo a tutto ciò, abbiamo a Jasna Góra una Madre.
Questa è una Madre premurosa, così come lo fu a Cana di Galilea.
Questa è una Madre esigente, così come ogni buona madre è esigente.
Questa è al tempo stesso una Madre che aiuta: in questo si esprime la potenza del suo cuore materno.
Questa è infine la Madre di Cristo, di quel Cristo che, per usare le parole di san Paolo, ripete costantemente a tutti gli uomini e a tutti i popoli: "Non sei più schiavo, ma figlio; e se sei figlio, sei anche erede per volontà di Dio" (Gal 4, 7)”.
Uniamoci nello spirito con tutti i pellegrini che oggi attorniano Jasna Góra e celebriamo l’Eucaristia insieme a loro.
Al termine della concelebrazione, il Santo Padre, riferendosi all’episodio delle Nozze di Cana, riportato nel Vangelo di Giovanni, invita nuovamente i fedeli a recarsi con lo spirito ai piedi della Vergine di Jasna Góra.
Anche adesso, dopo la comunione e prima della benedizione, vogliamo affermare la nostra particolare unione con coloro che oggi sono riuniti a Jasna Góra: pellegrini arrivati da tutta la Polonia e anche dall’estero. Seguendo il pensiero del Vangelo di Giovanni abbiamo celebrato il giubileo dei 600 anni, con Maria e Cristo, cioè con Cristo, con Maria nella nostra storia. E ogni anno li invitiamo a questa celebrazione, ogni nuovo anno dalla storia dell’evangelizzazione.
Desidero ancora una volta tornare all’omelia giubilare che l’anno scorso ho pronunciato a Jasna Góra:
“Cristo, presente insieme alla sua Madre in una Cana polacca, pone davanti a noi, di generazione in generazione, la grande causa della libertà. La libertà viene data all’uomo da Dio come misura della sua dignità. Tuttavia, al tempo stesso, essa gli viene data come un compito. L’uomo, infatti, può usare la libertà bene o male. Può per mezzo di essa costruire o distruggere. Nell’evangelizzazione di Jasna Góra è contenuta la chiamata all’eredità dei figli di Dio. La chiamata a vivere la libertà. A fare buon uso della libertà. A edificare e non a distruggere.
L’evangelizzazione della libertà a Jasna Góra ha ancora un’altra dimensione. È la dimensione della libertà della nazione, della patria libera, restituita alla dignità di Stato sovrano. La nazione è veramente libera quando può configurarsi come comunità determinata dall’unità di cultura, di lingua, di storia. Lo Stato è solidamente sovrano quando governa la società e insieme serve il bene comune della società e consente alla nazione di realizzarsi nella sua propria soggettività, nella sua propria identità. Ciò comporta tra l’altro la creazione di opportune condizioni di sviluppo nel campo della cultura, dell’economia e in altri settori di vita della comunità sociale. La sovranità dello Stato è profondamente legata alla sua capacità di promuovere la libertà della nazione, cioè di sviluppare condizioni che le permettano di esprimere tutta la sua peculiare identità storica e culturale, di essere cioè sovrana mediante lo Stato”.
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