DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
A SUA EMINENZA STYLIANOS, ARCIVESCOVO ORTODOSSO
D'AUSTRALIA E ALLA DELEGAZIONE DEL PATRIARCATO
ECUMENICO DI COSTANTINOPOLI
Giovedì, 28 giugno 1984
Eminenza.
1. A lei e a tutti coloro che l’accompagnano io dico: siate i benvenuti. Ricevendovi con affetto fraterno e grande gioia, desidero naturalmente onorare chi vi ha mandati: sua santità il patriarca Dimitrios I e il santo Sinodo della Chiesa di Costantinopoli. Ma sono particolarmente felice di ricevere lei personalmente, poiché conosco il suo lavoro di pastore della Chiesa greco-ortodossa d’Australia e so anche che lei condivide col cardinale Willebrands la presidenza della Commissione per il dialogo teologico tra la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa. La vostra venuta tra di noi per la festa dei santi Pietro e Paolo è ragione di grande gioia: sono profondamente convinto che la conoscenza personale dei pastori delle nostre Chiese è un fattore decisivo per il progresso della nostra comune ricerca, della piena unità. Ancor più decisiva è la comune preghiera di questi pastori per il popolo di Dio. Siate i benvenuti, dunque, nel nome del Signore. Che egli benedica sempre i vostri passi e renda fruttuoso il vostro lavoro.
2. Ancora una volta la festa dei santi Pietro e Paolo è un’occasione per noi per incontrarci e celebrare insieme la loro memoria, proprio come ogni anno al Patriarcato ecumenico c’è una comune celebrazione della memoria di sant’Andrea, fratello di Pietro. Oggi ci tornano alla mente le parole del Vangelo: “Mentre camminava lungo il mare di Galilea, (Gesù) vide due fratelli, Simone, chiamato Pietro, e Andrea, suo fratello, che gettavano le reti in mare, poiché erano pescatori” (Mt 4, 18). Questi due fratelli fin dall’inizio vivono in comunione quotidiana, compiono lo stesso lavoro, collaborano alla stessa comunità familiare, hanno lo stesso luogo di lavoro: il lago ora tranquillo, ora tempestoso (cf. Mt 8, 24), ora pescoso ora no (cf. Lc 5, 4-7); essi sperimentano le stesse preoccupazioni e le stesse gioie.
A questa comune origine segue una comune vocazione: “Seguitemi, vi farò pescatori di uomini” (Mt 4, 19).
A questa comune vocazione essi danno una risposta identica; “Ed essi subito, lasciate le reti, lo seguirono” (Mt 4, 20).
Essi lo seguirono per tutta la loro vita, fino al martirio. Ascoltarono attentamente l’insegnamento del Signore e lo misero in pratica. Accolsero e portarono a termine il mandato del Signore risorto: “Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni... insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato” (Mt 28, 19-20).
La loro predicazione ha raggiunto noi, cristiani d’Occidente e d’Oriente, unendoci nella comune vocazione a un’unica missione: fare di tutti i popoli un’unica famiglia fondata sull’accoglienza dell’insegnamento che Gesù Cristo ha affidato ai suoi discepoli.
È attraverso un’ininterrotta successione apostolica che la verità di Cristo è giunta fino a noi.
La celebrazione degli apostoli ci chiama a questa vocazione, nella nostra epoca. L’umanità di oggi è come un mare tempestoso, percorso da correnti vorticose di inquietudine, di ansietà, di paura per il suo incerto futuro. Ma essa percepisce anche brezze miti e tranquille che alimentano la fiducia e la speranza, che suscitano la fede che il Signore è con noi “tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Mt 28, 19), e che invitano anche a un’armonica testimonianza di fede, di amore reciproco e di azione comune.
3. È per questa ragione che, in obbedienza alla volontà del Signore, la nostra comune attenzione è concentrata sulla preghiera, sul dialogo teologico e su di un più approfondito studio. Questa unità di cui la comunità dei battezzati oggi ha bisogno dovrebbe essere senza macchia, dovrebbe essere piena e perfetta. Perciò è necessario chiarire tutte le questioni che impediscono la piena comunione nella fede. Sembra dunque che la Commissione congiunta per il dialogo abbia scelto in modo adatto prendendo come punto di partenza lo studio della sacramentalità della Chiesa e dei suoi sacramenti. La concezione comune della sacramentalità della Chiesa sosterrà positivamente l’intero dialogo. Certamente, la ricerca dell’unità non significherà affatto ricerca dell’uniformità. La vita della Chiesa è multiforme. Nel corso dei secoli essa ha mirato a rispondere nel modo più pieno possibile ai diversi bisogni culturali e spirituali, valorizzando pienamente il patrimonio dei vari popoli.
Questa varietà ha permeato anche la vita liturgica. Quando tale diversità esprime la stessa fede, non soltanto non è un ostacolo all’unità, ma è una preziosa manifestazione complementare dell’inesauribile mistero cristiano.
Tutto ciò arricchisce il dialogo, sottolineando tutto quanto è compatibile con l’unità, quanto può contribuire ad affrontare e risolvere ogni difficoltà dottrinale.
Ciò richiede la partecipazione di tutti, specialmente nella preghiera, che dovrebbe essere fervida e incessante. Molte volte abbiamo chiesto le preghiere di tutti i cattolici per questo dialogo. Sono certo che lo stesso richiamo è stato fatto ai fedeli ortodossi.
4. Una continuazione valida e realmente fruttuosa del dialogo teologico necessiterà d’essere sostenuta da quel più ampio dialogo che noi chiamiamo dialogo di carità. Le relazioni fraterne tra le nostre Chiese si stanno intensificando, e altrettanto dovrebbero essere intensificati gli incontri tra i nostri rispettivi fedeli, così come la collaborazione pratica e, in alcune circostanze, la mutua sollecitudine pastorale, disinteressata e generosa. Reciproco amore, dialogo sincero per porre in evidenza l’intera verità, rapporti stabili e più stretti, porteranno i cattolici e gli ortodossi ad una piena comunione di fede all’interno di una varietà di tradizioni liturgiche, disciplinari, spirituali e teologiche.
Quei santi apostoli, i fratelli Pietro e Andrea, ci sostengono con la loro intercessione. Essi ci hanno dato un esempio decisivo: “Essi subito, lasciate le reti, lo seguirono”. L’ascolto della parola di Dio è un fattore decisivo nel nostro comune cammino verso la piena unità.
Questa comune preghiera per la festa dei santi Pietro e Paolo e questo incontro fraterno sono segni della nostra comune volontà di seguire il Signore nel presente e nel futuro. “A lui la gloria, ora e nel giorno dell’eternità. Amen” (2 Pt 3, 18).
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