DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II AI MEMBRI
DELLA COMMISSIONE PONTIFICIA «IUSTITIA ET PAX»
Sabato, 9 novembre 1985
Eminentissimo cardinale,
cari fratelli dell’Episcopato,
cari fratelli e sorelle,
1. “Le gioie e le speranze, le tristezze e le agonie degli uomini di questo tempo”, voi, membri della Commissione pontificia “Iustitia et Pax”, siete particolarmente coscienti che sono questi “discepoli di Cristo” e che “non c’è niente di veramente umano che non trovi eco nel loro cuore” (Gaudium et spes, 1). So che dopo l’istituzione della vostra Commissione, diciotto anni fa, la vostra ambizione è stata quella che il Concilio assegnava alla Chiesa: “Continuare, sotto l’impulso dello Spirito consolatore, l’opera stessa di Cristo, venuto nel mondo per rendere testimonianza della verità, verità per salvare, non per condannare, per servire, non per essere serviti” (Ivi, 3 § 2).
Sì, lavorare per la pace, “promuovere lo sforzo delle regioni povere e la giustizia sociale”, tale è il vostro scopo a partire dall’inizio dell’attività di questo Organismo della Curia romana. Conosco gli sforzi compiuti, e vi ringrazio per tutta la devozione con la quale voi vi consacrate.
Per la vostra XVII assemblea plenaria - la seconda del gruppo che compone attualmente la Commissione -, avete scelto a giusto titolo di fare una nuova lettura approfondita della costituzione pastorale Gaudium et spes vent’anni dopo la sua adozione dal Concilio Vaticano II e la sua promulgazione da parte del mio venerato predecessore Papa Paolo VI. Gaudium et spes è un documento di estrema importanza - uno dei più importanti - per il lavoro della vostra Commissione. E ciò, non solamente perché i Padri conciliari hanno manifestato il desiderio della creazione di un organismo quale la vostra Commissione ha dato forma concreta (cf. Gaudium et spes, 90), ma soprattutto perché la concezione della persona umana presentata da questa costituzione è alla base di tutto il vostro lavoro per la Chiesa; e il modo in cui questa pone la presenza e la missione della Chiesa nel mondo è una guida indispensabile per la vostra attività. Per questi motivi, la riflessione che avete intrapreso sul testo conciliare vi permetterà di mettere in luce, a partire dai suoi differenti capitoli, gli orientamenti fondamentali della Chiesa per superare alcuni problemi sociali contemporanei in tutta la loro complessità, tenendo conto della loro importanza reale.
MAGISTERO E DOTTRINA SOCIALE DELLA CHIESA
2. L’anno scorso, ho avuto occasione di parlarvi degli stretti contatti che la Commissione deve avere con le Conferenze episcopali. So che il vostro dicastero ha organizzato degli incontri con i vescovi durante le loro visite “ad limina”. È per voi un’occasione privilegiata di intrattenervi con i pastori delle Chiese particolari di tutto il mondo ed essere a conoscenza dei numerosi problemi ai quali essi devono far fronte nel dominio sociale, economico, politico. Questi scambi vi arricchiranno alla fine del vostro lavoro. Nello stesso tempo vi permettono di presentare ai pastori i risultati dei vostri studi concernenti la dottrina sociale della Chiesa. Il magistero si è espresso nel dominio sociale a partire dalle origini. Ciò costituisce una ricca eredità. Nel nostro secolo, il suo insegnamento ha sviluppato i principi che dovrebbero essere applicati a tutte le situazioni sociali, dove il valore della persona umana e la sua dignità così come il rispetto di tutte le persone devono essere i criteri ultimi di discernimento concreto e di programmi socio-economici decisi. Lo sviluppo strutturale della sua dottrina sociale permette alla Chiesa di rispondere alle diverse situazioni delle nazioni, dei continenti. Senza divenire un quadro rigido e precostituito per la società, la dottrina sociale rimane una voce validissima per tutti i cristiani nel loro contributo alla società in cui vivono.
Le Conferenze episcopali hanno bisogno della vostra competenza. Voi stessi avete bisogno dell’esperienza e della saggezza dei vescovi, così come delle diverse istituzioni che lavorano nello stesso dominio nel mondo. Spero che in futuro una collaborazione sempre più stretta permetterà alla Commissione, ai vescovi, agli altri responsabili di far meglio conoscere e capire la voce della Chiesa. Così, nel campo sociale, la missione pastorale della Chiesa universale potrà presentarsi come un servizio reso alle Chiese particolari, e la Chiesa particolare potrà mettere in opera i frutti di questa collaborazione, “una collaborazione sincera della Chiesa per l’instaurazione di una fraternità universale che risponde a questa vocazione” (Gaudium et spes, 3).
COOPERAZIONE INTERNAZIONALE E SVILUPPO
3. I rapporti delle Chiese locali con la Commissione non costituiscono il suo unico campo d’azione. In questo anno nel quale si celebra il 40° anniversario dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, è importante rilevare che, a partire dai primi anni della sua esistenza, la Commissione ha sempre seguito con attenzione i lavori dell’ONU e degli altri organi internazionali. Voi non avete dimenticato di presentare gli insegnamenti della Chiesa e le sue preoccupazioni a questi organismi, per il bene della persona umana e delle nazioni. Inoltre, la vostra collaborazione con la Segreteria di Stato e con gli altri dicasteri della Curia romana hanno reso più efficace la presenza attiva della Santa Sede nelle conferenze internazionali, dove la comunità delle nazioni cerca di sviluppare le norme e le strutture che proteggono i diritti delle persone e dei popoli, e dove essa sostiene i progetti che tendono ad assicurare il bene comune e l’avvenire di tutti, particolarmente dei più poveri.
Lo sforzo della cooperazione internazionale per lo sviluppo, la giustizia economica e finanziaria, i diritti dell’uomo, la protezione della libertà, deve restare al centro del vostro lavoro e orientare la vostra attività in maniera primaria.
LAVORARE IN FAVORE DELLA PACE
4. Vorrei raccomandarvi particolarmente il lavoro in favore della pace. In questo anno internazionale della pace, sono felice che la Santa Sede partecipi attivamente a diverse iniziative. Inoltre per la Chiesa, la Giornata mondiale per la pace resta uno degli avvenimenti più significativi per mostrare il suo impegno fermo e costante in favore della pace. Come sapete, il tema della prossima Giornata è: “La pace è un valore senza frontiere”.
Vorrei lanciare un appello alla collaborazione di tutti al fine di pervenire ad “una sola pace” in tutto il mondo. In passato, la comunità internazionale ha sempre dato una grande importanza alla Giornata mondiale per la pace. Lo scopo di questa iniziativa vi è stata confidata; spero che potrete approfondire e meglio far conoscere l’attività della Chiesa per la grande causa di una pace senza frontiere. Noi non dobbiamo fermarci mai, la voce della Chiesa deve alzarsi in tutti i luoghi nei quali bisogna ricordare i veri valori della pace. La nostra concezione e quella di un mondo in cui la guerra non è più uno strumento di regolazione delle relazioni internazionali; un mondo in cui le comunicazioni franche e le negoziazioni sincere tra le nazioni sono i mezzi normali per ridurre le tensioni e stabilire le strutture adatte. In questo modo cercheremo di favorire uno spirito che porti alla fine della corsa agli armamenti e allo sfruttamento inadeguato delle risorse. Inoltre cercheremo di proteggere la libertà e la sicurezza di tutte le nazioni, e nello stesso tempo, a consacrare più mezzi per lo sviluppo integrale dei popoli e delle nazioni del mondo. La Commissione “Iustitia et Pax” si rafforza con l’intelligenza e la devozione di realizzare questi obiettivi che sono stati ben definiti in Gaudium et spes.
5. Nel corso di questo incontro con voi, membri della Commissione pontificia “Iustitia et Pax” venuti da tutte le parti del mondo, vorrei sottolineare ancora un’osservazione. Tra di voi vi sono vescovi e preti, religiosi e laici, donne e uomini. In un solo senso, costituite un microcosmo della Chiesa impegnata in questo aspetto pastorale. La composizione del vostro gruppo ricorda a tutti noi che, se i principi devono essere proclamati dai pastori, spetta a tutto il popolo di Dio portare nella società, in modo responsabile, il contributo specifico della Chiesa. Il laicato ha un suo ruolo ben definito. È opportuno che la Commissione, insieme ai vescovi, incoraggi la conoscenza e la messa in pratica concreta della dottrina sociale della Chiesa attraverso i laici, al servizio della comunità umana.
RUOLO DEL LAICATO
6. Sono queste le mie riflessioni e il senso della mia preghiera per tutti voi, mentre voi dovete proseguire il vostro studio nel corso di questa assemblea plenaria. Vi dico di nuovo che ho apprezzato il vostro lavoro. E vi esorto ad approfondire il vostro impegno con tutti i mezzi di cui disponete. Prego perché i vostri sforzi contribuiscano alla grande missione di portare il messaggio di Cristo a ogni persona e ad ogni nazione, in modo tale che si realizzino le parole che concludono Gaudium et spes: “in virtù che le è propria, di rischiarare l’universo intero con il messaggio evangelico e di riunire in un solo spirito tutti gli uomini, a qualsiasi razza, cultura essi appartengono, la Chiesa appare come il segno di questa fraternità che rende possibile un dialogo leale e lo rafforza” (Gaudium et spes, 92).
Che il Signore vi colmi della sua luce e della sua grazia e che vi benedica!
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