DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI PELLEGRINI DELLE COMUNITÀ
GIULIANE, FIUMANE E DALMATE
Sabato, 26 ottobre 1985
Cari Fratelli e Sorelle.
1. A quarant’anni dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, che ha comportato per voi prove difficili e dolorose, avete voluto manifestare un gesto di fratellanza e di amore, espresso con un atto di fede.
Questa udienza infatti, che avete desiderato e che vi vede così numerosi e fervorosi, indica che voi avete sempre mantenuta accesa la lampada della fede in Cristo e nella Chiesa, e oggi siete venuti presso la Tomba di Pietro in devoto pellegrinaggio per rinnovarla e approfondirla.
Con grande affetto porgo ad ognuno di voi, giovani e adulti, il mio saluto più cordiale: siate benvenuti nella Casa del Padre comune, che è aperta a tutti gli uomini creati da Dio e riscattati dal Sangue di Cristo, e perciò chiamati all’unità nell’amore dell’unico Padre e dell’immensa famiglia umana.
Auguro di cuore che il vostro pellegrinaggio romano rinsaldi i vostri animi nella fede e vi stimoli a formulare sempre più propositi di pace e di serenità. A questo scopo invoco l’intercessione dei Santi Pietro e Paolo e vi assicuro anche la mia preghiera.
2. La vostra presenza suggerisce una riflessione sul senso della storia. I più grandi pensatori, filosofi, storici, politici, si sono domandati il perché della storia umana e delle sue vicissitudini; e anche l’umile uomo della strada sente il pungolo talvolta straziante di questi interrogativi. Molte sono le soluzioni tentate e offerte; ma la ragione rimane tuttavia impotente: non sa rispondere esaurientemente alle domande fondamentali; constata infatti un indubbio sviluppo e progresso dell’umanità a prezzo di immani fatiche e dolori, eppure non ne conosce il motivo.
La parola di Dio ci insegna che soltanto Gesù Cristo, Verbo Incarnato, può rispondere alle domande che ci assillano: la storia è piena di fenomeni e di movimenti che si susseguono gli uni agli altri. Ma tutto avviene nel disegno della Provvidenza, secondo le leggi tracciate da Dio, Creatore e Signore: la legge dell’amore, per cui Dio ha creato l’uomo intelligente e libero, perché vuole il suo amore e la sua collaborazione, la legge del contrasto, per cui la zizzania esiste e cresce insieme al buon grano, e la legge della gloria, per cui l’umanità intera cammina verso la risurrezione finale. E perciò, pur forse portando in noi le ferite della storia, bisogna saper vedere gli avvenimenti dall’alto, e cioè nella realtà della provvidenza, della conclusione finale delle vicende, dell’eternità: “In Dio infatti viviamo, ci muoviamo ed esistiamo” (At 17, 28) dice San Paolo, e soggiunge; “Nessuno vive per se stesso e nessuno muore per se stesso... Sia che viviamo, sia che moriamo, siamo del Signore” (Rm 14, 7-8).
3. Alla luce della rivelazione di Cristo, il cristiano non si stupisce né si spaventa degli avvenimenti che succedono: egli sa che nulla sfugge al disegno della Provvidenza e che la sua condizione su questa terra è quella dell’attesa. La morte in Croce di Cristo redentore afferma chiaramente che l’infinito della gloria combacia con l’infinito dell’umiltà. Siamo tutti in umile e fiduciosa attesa del ritorno glorioso di Cristo; il tempo della Chiesa è tempo di attesa e il cristiano è uno che attende, impegnandosi nelle opere della carità, della pace, della riconciliazione, del perdono, della fratellanza universale. Dopo che “si sono manifestati la bontà di Dio, nostro salvatore, e il suo amore per gli uomini” (Tt 3, 4), non resta altro dovere che tendere alla realizzazione dell’uomo perfetto “nella misura che conviene alla piena maturità di Cristo” (Ef 4, 13).
Certamente rimangono i valori umani e storici, legati alla propria Patria e alla propria cultura, come rimangono le glorie e le ferite dell’umanità che percorre il suo misterioso cammino; ma tutto è visto e valutato nella realtà del “Corpo Mistico” di Cristo, che supera ogni frontiera e ogni barriera e a tutti e sempre porta il messaggio dell’amore.
4. Cercate perciò di vivere con profonda convinzione la fede cristiana nella vostra situazione attuale. La vasta secolarizzazione della società odierna esige da tutti un impegno di approfondita conoscenza della dottrina cristiana, una fedeltà totale al Magistero della Chiesa, una coraggiosa testimonianza di carità verso il prossimo. Fate in modo che la grazia di Dio non sia mai vana nelle vostre anime. Noi infatti sappiamo che “tutto concorre al bene di coloro che amano Dio, che sono chiamati secondo il suo disegno” (Rm 8, 28). La preghiera personale e familiare, i sacramenti, la partecipazione alla Santa Messa siano il vostro proposito e il vostro conforto.
Cari Fratelli e Sorelle!
Mi piace concludere questo incontro con voi riportando un pensiero che scrissi recentemente commemorando il millecentesimo anniversario della morte di San Metodio, patrono dell’Europa insieme a San Benedetto e San Cirillo. Ricordando le sue fatiche e sofferenze apostoliche e la sua esemplare fortezza d’animo dicevo: “In effetti, non si riesce mai a comprendere pienamente il motivo degli avvenimenti che si susseguono sulla faccia della terra e che formano la storia dell’umanità: ma non è tanto questione di capire, bensì di amare. Soltanto nella luce trascendente della visione beatifica comprenderemo l’armonia della storia umana e delle singole esistenze. Ora è tempo di amare” (Giovanni Paolo II, Epistula ad universum Clerum Cecoslovachiae MC anniversaria memoria incidente ab obitu S. Methodii, 10 aprile 1985: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, VIII/1 [1985] 963 ss.).
Impegnati nelle fatiche quotidiane, realizzate anche voi con ardore il comando della carità, con piena fiducia nel Signore! Vi aiutino e vi accompagnino i santi patroni dell’Europa e tutti i vostri degni e illustri Antenati, che hanno tanto amato la Chiesa! Vi faccia sentire la sua materna protezione Maria Santissima, che vi esorto ad invocare ogni giorno con la recita del Rosario, specialmente in questo mese di ottobre.
E pregate anche per me!
Di gran cuore vi imparto la mia Benedizione, che estendo volentieri ai vostri parenti, amici e conoscenti.
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