CERIMONIA DI IMPOSIZIONE DEL PALLIO
AL PATRIARCA DI ANTIOCHIA DEI MARONITI
DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
NELLA CAPPELLA URBANO VIII
Lunedì, 23 giugno 1986
Beatitudine.
1. Vorrei innanzitutto darle il benvenuto in questa casa mentre viene “ad limina Apostolorum”, per la prima volta dopo la sua elezione alla Sede patriarcale di Antiochia dei maroniti. Desidero anche salutare fraternamente i prelati che la accompagnano: mons. Ibraim Hélou, caro e venerato arcivescovo di Saida, i monsignori Khalil Abinader e Josef Béchara, rispettivamente arcivescovo di Beirut e di Cipro, e i vescovi del patriarcato e tutti i membri della delegazione.
Ma attraverso voi qui presenti, i miei pensieri si rivolgono spontaneamente verso tutti i maroniti del Libano e della diaspora ai quali voglio dire con l’apostolo: “Ringrazio il mio Dio ogni volta che mi ricordo di voi, pregando sempre con gioia per voi in ogni mia preghiera” (Fil 1, 3-4). Come non evocare in questa circostanza i meriti che la vostra Chiesa ha acquisito nel corso dei secoli? Basti ricordare la fermezza della sua fede cattolica, l’intrepidezza della sua testimonianza, la sua fedeltà a questa Sede romana e anche l’irraggiamento della sua cultura in dialogo con l’Oriente e l’Occidente.
Se il mio ruolo, in qualità di successore di Pietro, è di “confermare i miei fratelli nella fede”, sono particolarmente felice di accogliere questa mattina il nuovo patriarca dei maroniti al quale avrò la gioia di conferire tra qualche minuto il pallio, segno della sua autorità metropolitana e dei suoi legami particolari con la Sede apostolica di Roma.
2. Lei è appena stato chiamato, Beatitudine, a una grande responsabilità. Lei succede a venerati patriarchi che, proprio come oggi in circostanze travagliate, hanno avuto a cuore di guidare il loro gregge e di affermarlo nella fede, nella speranza e nella carità. Lei prende la fiaccola dalle mani del degno cardinal Antoine-Pierre Khoraiche, che vorrà salutare molto cordialmente da parte mia, per essere a sua volta testimone, guida e luce della sua comunità.
“Pater et caput” (Orientalium Ecclesiarum, 9) della sua Chiesa, ormai spetta a lei assicurare l’animazione spirituale, l’orientamento pastorale, la coordinazione delle diverse attività e la disciplina. So con quale devozione e con quale speranza il clero, i religiosi, i fedeli, e anche le altre comunità cristiane del Libano, guardano verso sua Beatitudine. Sono convinto che ella avrà a cuore di non deludere una tale attesa.
Il patriarcato di Bkerké resta infatti un punto di riferimento, i maroniti lo considerano un po’ come la loro casa. Auspico quindi che si offrano al patriarca e alla comunità tutti quei servizi che sono loro necessari. Ho fiducia che sua Beatitudine saprà suscitare la buona volontà e mettere in opera le strutture necessarie per affrontare i bisogni dei maroniti sia del Libano che dell’estero.
3. In questo compito esigente, il patriarca non è solo. Deve poter beneficiare dell’appoggio e della collaborazione dei suoi confratelli nell’episcopato, che gli sono ancor più assicurati da una Chiesa sinodale. Inoltre il capo della Chiesa maronita può contare sull’adesione senza difetto di sacerdoti zelanti, religiosi e religiose presenti in tutti i settori dell’attività pastorale, e infine di questi fedeli maroniti che hanno sempre dimostrato il loro indefettibile attaccamento verso la loro Chiesa e verso i loro pastori. La recente beatificazione di suor Rafqa ci ha ricordato che il Libano, prima di essere un luogo di scontri, è una terra di contemplazione in cui fioriscono frutti di santità. So che ci sono, in questa montagna libanese, donne e uomini di cui non si parlerà mai, ma che giorno dopo giorno assicurano senza stancarsi la presenza e l’irraggiamento del Vangelo di Gesù Cristo. Si renda grazie a Dio!
4. Beatitudine, è questo capitale spirituale che il Signore le chiede di gestire, da servitore fedele e accorto. La prego di aiutare con tutti i pastori della comunità, a far riscoprire a tutti i maroniti che essi formano una “Chiesa”: assemblea convocata da Cristo e riunita attorno a lui nella verità, nella carità e nell’umiltà. Le divisioni imposte dalla guerra, le separazioni dovute alla politica partigiana, l’inquietudine dei giovani e la lassezza degli adulti sono sfide che la Chiesa maronita deve rilevare, grazie a degli ordinamenti pastorali precisi, mobilitando la buona volontà che, fortunatamente, non manca. Una catechesi adeguata, la formazione curata del clero e delle famiglie religiose, l’attenzione alle necessità sociali e a tutte le nuove povertà generate dalla guerra, penso ai rifugiati, sono tra le preoccupazioni che richiedono non solo l’attenzione del cuore ma anche una volontà reale di compromettersi in modo che le cose cambino.
5. Ciò è necessario per la credibilità della Chiesa maronita, ma anche per il conforto delle altre famiglie spirituali, cristiane e non cristiane, dal Paese. Nella storia, infatti, la Chiesa maronita ha avuto un ruolo di “Chiesa di sostegno”. Essa non può vivere ripiegata su se stessa; deve condividere con le altre Chiese la preoccupazione del Vangelo per provocare le “conversioni” necessarie a fare che tutti coloro che si ritengono di Gesù Cristo e del suo messaggio siano, come dice la costituzione conciliare Gaudium et Spes (Gaudium et Spes, 43), “in ogni circostanza nel cuore stesso della comunità umana, i testimoni del Cristo”.
Così sarà mantenuto e consolidato un Libano pluralista, aperto agli apporti di civiltà differenti e capace di armonizzarle conservando la sua originalità. Penso certamente a quelle relazioni quotidiane tra cristiani e musulmani che da secoli hanno forgiato il volto del Libano e che gli uomini appassionati di pace attraverso il mondo vorrebbero rivedere sereno e pacificato. Appartiene ai cristiani in particolare, come dicevo nel mio Messaggio a tutti i Libanesi del 1° maggio 1984, assumere questo “mistero profetico del dialogo e della riconciliazione che ha la sua origine nel cuore di Cristo”.
6. Sono queste intenzioni che affido nella preghiera al Signore chiedendogli di dare a ogni cristiano il coraggio di credere che ha ragione di testimoniare il Vangelo nel Libano di oggi. Lo supplico ancora per l’avvento di questa pace così desiderata: che sia dato a questo paese devastato da tanta violenza di ritrovare delle condizioni di esistenza normali che gli permettano di ridiventare un esempio di convivenza, di dinamismo e di intelligenza!
Beatitudine, e cari fratelli nell’episcopato, i miei voti ferventi accompagnino voi che il Signore ha posto a capo del gregge. Vi affido, con tutti i vostri fedeli e vostri compatrioti, alla materna protezione di Nostra Signora di Harissa, e vi benedico di cuore.
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