PELLEGRINAGGIO APOSTOLICO IN NUOVA ZELANDA
DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI VESCOVI NELLA SEDE DELLA NUNZIATURA APOSTOLICA
Wellington (Nuova Zelanda), 23 novembre 1986
Eminenza! Cari fratelli nell’episcopato!
1. Il mio incontro con voi, che siete i vescovi della Chiesa della Nuova Zelanda, rappresenta un momento molto significativo della mia visita nel vostro Paese. Questo momento di scambio fraterno ci dà l’opportunità di sperimentare nuovamente, con gioia e riconoscenza, i vincoli che ci uniscono in Cristo e nella sua Chiesa: il vincolo della piena comunione ecclesiale, il vincolo della consacrazione episcopale, il vincolo della responsabilità gerarchica e collegiale per la Chiesa, affidataci nei nostri rispettivi ministeri. Noi siamo uniti nei “vincoli dell’unità, della carità e della pace”, che hanno caratterizzato i rapporti dei vescovi della terra tra di loro e con il vescovo di Roma fin dai tempi degli apostoli (cf. Lumen Gentium, 22). Desidero assicurarvi dei miei profondi sentimenti di stima e di rispetto nel Signore per ciascuno di voi, e so di poter contare sul vostro sostegno di preghiera e sulla “vostra cooperazione alla diffusione del Vangelo” (Fil 1, 5).
Per mezzo della grazia di Cristo, siamo stati chiamati a rispecchiare nel nostro stesso ministero quell’armonia di vita e di ministero alla quale gli apostoli diedero espressione con Pietro e sotto la sua guida (cf. Gv 21, 3; At 1, 15; Gal 2, 7). Questo fecero loro, come anche noi facciamo oggi, in risposta al Signore stesso, “il pastore supremo” (1 Pt 5, 4) della Chiesa.
2. Il mio primo desiderio, pensando alla Chiesa della Nuova Zelanda, è di “ringraziare Dio per tutti voi . . . continuamente memori davanti a Dio e Padre nostro del vostro impegno nella fede, della vostra operosità nella carità e della vostra costante speranza nel Signore nostro Gesù Cristo” (1 Ts 1, 2). La Chiesa nel vostro Paese ha 150 anni. Ci rallegriamo del fatto che in ogni generazione, laici - uomini e donne - pieni di zelo, sacerdoti e religiosi generosi hanno reso testimonianza, insieme ai loro vescovi, al mistero salvifico della redenzione in Gesù e alla legge evangelica dell’amore. Essi hanno nutrito il seme della parola di Dio e ne hanno curato la crescita. Ora, voi siete “subentrati nel loro lavoro” (Gv 4, 38). Avete ricevuto la luce del Vangelo, che siete chiamati a trasmettere, in tutta la sua luminosità, alle generazioni presenti e future di neozelandesi. So con quanto amore e con quanta cura, con quanta compassione e preoccupazione pastorale svolgete il vostro ministero per il vostro popolo. A nome di tutta la Chiesa vi ringrazio e vi offro il mio incoraggiamento fraterno.
3. Ogni generazione si è trovata a dover affrontare le sfide del suo tempo. Oggi la Chiesa in Nuova Zelanda, come pure nel resto del mondo, vive un momento particolarmente intenso del suo pellegrinaggio terreno. Sono pienamente convinto, come ho detto prima, che il Concilio Vaticano II rimane “l’avvenimento fondamentale nella vita della Chiesa moderna” (IOANNIS PAULI PP. II Allocutio in basilica S. Pauli habita, die 25 ian. 1986: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, IX, 1 [1986] 193 ss.). In pieno accordo con la tradizione bimillenaria della Chiesa, il Concilio ha auspicato un autentico rinnovamento della comunità cristiana in una sempre maggiore fedeltà al Vangelo di grazia e di pace. Nel Messaggio al Mondo, che i Padri Conciliari pubblicarono all’inizio della prima sessione, essi dichiararono la loro intenzione di rinnovare se stessi, in modo da essere sempre più fedeli al Vangelo di Cristo e da “proporre agli uomini del nostro tempo integra e pura la verità di Dio, affinché essi stessi possano comprenderla e liberamente accettarla” (Nuntius ad universos homines Summo Pontifice assentiente a Patribus missus ineunte Concilio Oecumenico Vaticano II, die 20 oct. 1962). Riconosciamo tutti che il Concilio ha reso accessibili all’intero corpo ecclesiale gli insegnamenti, le direttive e le motivazioni richiesti per questo rinnovamento. E proprio qui sta la sfida particolare rivolta alla Chiesa della Nuova Zelanda, in questi decenni che precedono l’inizio del terzo millennio della storia cristiana.
4. Le vostre Chiese particolari in Nuova Zelanda sono profondamente coinvolte nell’opera di attuazione del Concilio. Voi siete giustamente orgogliosi della crescente coscienza di appartenere alla Chiesa, che ha messo radici nella mente e nel cuore di molti cattolici. Avete lavorato diligentemente affinché la liturgia divenisse un’esperienza vitale di preghiera e di adorazione per l’intera comunità, prevedendo una più vasta partecipazione del laicato alla sua preparazione e celebrazione. Avete cercato di avvicinare più chiaramente la coscienza dei fedeli e l’opinione pubblica all’insegnamento della Chiesa riguardo alla vita nella società: la famiglia, la cultura le questioni relative alla giustizia sociale, i problemi della gioventù. Vi incoraggio a continuare, nel rispetto per tutti e con grande amore per l’intero popolo di Dio affidato alle vostre cure, a far nostre nella vita delle comunità le direttive del Concilio e i conseguenti orientamenti pubblicati dal Magistero alla luce delle nuove esigenze. Non possiamo dubitare che lo Spirito Santo sia desideroso di promuovere nel vostro popolo, in voi che siete i vescovi, nei sacerdoti, nei religiosi e nei laici della Nuova Zelanda, tutto il potenziale di santità e di apostolato che il Concilio auspicava.
5. Tutto questo avviene sullo sfondo di una crescente secolarizzazione del mondo. Il senso di Dio e della sua amorevole Provvidenza è diminuito in molte persone e addirittura in molti settori della società . . . L’indifferenza pratica nei confronti della verità e dei valori religiosi ottenebrano l’Amore divino. A volte i cristiani sono meno ferventi nella fede e meno zelanti nella pratica di quanto lo fossero prima. Voi siete giustamente preoccupati della diminuzione nella partecipazione alla Messa domenicale e ad altri sacramenti. L’esperienza cristiana a volte può ridursi a un atteggiamento troppo interiore del bene personale e all’assimilazione di alcuni vaghi principi che però non sono sufficientemente chiari o forti di fronte all’attuale sfida posta alla fede.
Una società secolarizzata deve nuovamente confrontarsi con tutto il Vangelo di salvezza in Gesù Cristo. Quali pastori del popolo di Dio, siamo inviati nel mondo moderno, agli uomini e alle donne del nostro tempo, “a predicare il Vangelo . . . perché non venga resa vana la croce di Cristo. La parola della croce infatti . . . è potenza di Dio” (1 Cor 1, 17-18). E questa, a sua volta, è la sfida che è di fronte a tutti i pastori della Chiesa. La perdita di una reale prospettiva religiosa nella società rappresenta una seria sfida alla fede e allo zelo dell’intera comunità ecclesiale, ma in modo particolare per i pastori della Chiesa.
Nonostante la mole di questo compito, siamo pieni di speranza e di fiducia. Confidiamo in Cristo che “ci ha fatto dono del suo Spirito” (1 Gv 4, 13). E voi potete contare sul santo popolo di Dio della Nuova Zelanda che crede nella parola, trae alimento per la propria vita cristiana dai sacramenti e gode di speciali doni per il rinnovamento e l’edificazione della Chiesa e del mondo. Uno dei principali aspetti della risposta alla situazione spirituale del nostro tempo è infatti l’appello profetico del Concilio alla santità della Chiesa intera. Santità autentica non significa voltare le spalle al mondo e alle necessità della famiglia umana. Piuttosto, come afferma il Concilio: “Da questa santità è promosso anche nella società terrena un tenore di vita più umano” (Lumen Gentium, 40). Un aspetto importante della predicazione e della catechesi nel nostro tempo è quello di mostrare come la santità di vita e l’impegno per il benessere e il progresso della famiglia umana non si escludono l’un l’altro. Sono entrambi necessari all’unico discepolato cristiano.
6. Il rinnovamento auspicato dal Concilio, e il ritorno agli autentici valori religiosi di cui la società moderna ha tanto bisogno, sono compito dell’intera comunità dei seguaci di Cristo. In questo compito i vescovi svolgono un loro ruolo specifico. È vostro l’ufficio magisteriale, la responsabilità del governo e il ministero sacerdotale alla comunità cristiana: in una parola, la pienezza del servizio pastorale di Cristo al suo popolo. In modo specifico ciascuno di voi è sorgente e fondamento dell’unità della Chiesa locale a voi affidata, così come voi siete i promotori dell’unità tra le stesse Chiese locali e la Chiesa universale.
In pratica, la vostra missione esige che voi operiate saggiamente e instancabilmente per un’unità di propositi e di collaborazione tra tutti i membri della comunità, sempre nel rispetto delle diverse vocazioni e dei diversi doni ricevuti. Mediante la parola e l’esempio cercate di incoraggiare ciascuno a partecipare attivamente ed efficacemente alla costruzione del regno di Dio di verità e di vita, di santità e di grazia, di giustizia, amore e pace.
7. I sacerdoti diocesani e religiosi, che partecipano, insieme a voi, all’unico sacerdozio di Gesù Cristo, non sono solamente i vostri collaboratori, ma anche i destinatari privilegiati della vostra cura pastorale (cf. Presbyterorum Ordinis, 7). In Nuova Zelanda esiste una tradizione di armonia e fratellanza tra i membri del clero. È così che voi e i vostri sacerdoti potete sostenervi a vicenda, condividendo le vostre pene e le vostre gioie.
Quanto è importante per la Chiesa della Nuova Zelanda l’attenzione e l’amore che date ai candidati al sacerdozio e alla vita religiosa! In particolare, rivolgo il mio pensiero ai seminaristi di Mosgiel e di Greenmeadows. Essi sono infatti un dono speciale di Dio al vostro Paese. Trovino essi in voi esempio e guida ispiratrice, che li aiuti ad essere degni ministri di Cristo, uomini di preghiera formati alla parola di Dio e al pieno insegnamento della Chiesa.
La vita passata e presente della Chiesa in Nuova Zelanda non può essere descritta senza fare una particolare menzione dell’apostolato delle varie congregazioni di fratelli e sorelle religiosi. Tutta la comunità nazionale ha tratto beneficio dalla loro dedizione esemplare. So che il vostro servizio pastorale nei loro riguardi sarà volto a rafforzarli nel loro specifico carisma ecclesiale nel rispetto del loro diverso ministero, nell’unità della missione che è compito comune di tutti in ciascuna Chiesa locale.
La consacrazione religiosa dona alla Chiesa e alla società una efficace testimonianza all’amore di Dio che opera per mezzo della morte e della risurrezione redentrice di Gesù Cristo. Essa parla al mondo del regno escatologico verso il quale camminiamo con fede e speranza. È per questo che la testimonianza della vita religiosa rappresenta una difesa necessaria ed efficace dei valori spirituali e umani che sono essenziali per il benessere integrale dell’uomo. Attraverso di voi, assicuro i religiosi e le religiose della Nuova Zelanda della riconoscenza e della profonda stima della Chiesa. Essi non saranno mai soli né dimenticati, per quanto silenzioso e modesto sia il vostro contributo al benessere del popolo di Dio.
8. Il tema del prossimo Sinodo dei vescovi - “La vocazione e la missione dei laici nella Chiesa e nel mondo vent’anni dopo il Concilio Vaticano II” - ha già stimolato riflessioni e studi in merito alla partecipazione sempre più attiva e responsabile dei fedeli alla missione di servizio della Chiesa. Con un approfondito senso del discepolato, i laici, uomini e donne, in Nuova Zelanda, sono sempre più presenti nei ruoli liturgici, nei programmi di formazione, educazione e servizio cristiani, nel raggiungere coloro che non appartengono ad alcuna Chiesa o coloro che si trovano in situazioni difficili. In risposta alla loro condizione specifica di laici, essi sono impegnati a portare il Vangelo sulla piazza del mercato, cioè al mondo sociale, economico, culturale e politico.
I laici ricevono i doni di Dio per questa missione. Il loro carisma però diviene pienamente operativo solo dopo aver ascoltato la parola di Dio e averla accolta nel proprio cuore. Il Concilio ha insistito sul fatto che il successo dell’apostolato dei laici dipende dalla viva unione dei laici in Cristo (Apostolicam Actuositatem, 4). E proprio perché questa unione con Cristo non può esistere senza la preghiera il vero apostolato dei laici deve essere fondato sulla preghiera. Veramente la loro chiamata all’azione e al servizio all’interno della Chiesa è anche un’esortazione alla preghiera.
Allo stesso modo il laicato ha bisogno di un profondo senso di “appartenenza” alla Chiesa, l’una, santa, cattolica e apostolica comunità dei seguaci di Cristo. Il ruolo del vescovo, come base e fondamento di quell’unità che guida il suo popolo alla più ampia unità con Pietro, è per questo essenziale per l’autenticità e vitalità del ruolo del laicato. Ogni missione e ogni servizio pastorale nella Chiesa è radicato nel battesimo, che è l’oggetto della missione originale ricevuta dagli apostoli: “Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo” (Mt 28, 19).
9. L’ufficio magisteriale dei vescovi non è rivolto esclusivamente al servizio della comunità cattolica. In molte società, come nella Nuova Zelanda, esso costituisce anche un fattore importante nella formazione dell’opinione pubblica. I vescovi, a livello individuale e attraverso la Conferenza episcopale, sono chiamati a comunicare l’insegnamento della Chiesa alla più vasta udienza dell’opinione pubblica generale. Siete chiamati a presentare la parola di Dio con le sue varie applicazioni alla vita nella società. È un atto di giustizia nei riguardi della società, quello di diffondere l’insegnamento della Chiesa con sicurezza e chiarezza. Come umili servitori del Vangelo, dobbiamo seguire l’esempio di Paolo e Barnaba a Iconio, “parlando fiduciosi nel Signore” (At 14, 3).
I valori sociali e morali non sono irrilevanti in politica, né può la politica prescindere da questi valori. Per questo, mentre voi insegnate la dottrina della Chiesa in merito al matrimonio e alla famiglia, e quando sostenete e rafforzate queste istituzioni mediante la vostra cura pastorale, voi rafforzate l’intero tessuto della vita sociale. Quando parlate di principi di pace e di diritti umani, e quando operate per la giustizia, state contribuendo al benessere dell’intera società.
Quando parlate di riconciliazione toccate una delle più sentite necessità dell’uomo. Quello che serve è una vera riconciliazione con Dio, con il prossimo e con se stessi. Nell’ottica cattolica, la riconciliazione e la pace sono in ultima analisi doni di Dio, che possiamo ottenere mediante la penitenza e la conversione. Diventa qui importante per noi riflettere sul fatto che Cristo vuole che il sacramento della penitenza sia sorgente e segno di una radicale misericordia, riconciliazione e pace. Il modo migliore che la Chiesa conosce di servire il mondo è quello di essere precisamente quello che essa vuole essere: una comunità riconciliata e riconciliante di discepoli di Cristo. Per potere svolgere questo ruolo, essa deve essere consapevole di essere depositaria del “ministero della riconciliazione” (2 Cor 5, 18).
La Chiesa è tanto più se stessa quanto più compie opera di mediazione e di riconciliazione, nell’amore e nella potenza di Gesù Cristo, mediante il sacramento della Penitenza. Come vescovi della Chiesa di Dio noi abbiamo la grave responsabilità, in questo momento storico, di essere certi di fare tutto il possibile - senza tralasciare nulla - affinché il popolo di Dio possa realmente comprendere il valore di questo sacramento e il suo posto nella sua vita. È importante che noi incoraggiamo i nostri fratelli sacerdoti a dare grande priorità a questo ministero sacramentale della riconciliazione e a presentarlo ai fedeli come un grande dono dell’amore e della misericordia di Cristo.
10. Desidero esprimere la mia gioia per il fatto che in Nuova Zelanda le varie Chiese cristiane e le comunità ecclesiali sono solidamente impegnate nell’attività ecumenica. Il vero ecumenismo non ha paura di riconoscere le differenze e le divisioni che ancora esistono tra i cristiani. La sofferenza causata da questa situazione è un richiamo costante all’urgenza della volontà di Cristo per quanto riguarda l’unità dei suoi seguaci (cf. Gv 17, 21). Dal punto di vista dei vescovi la responsabilità, le iniziative e le attività ecumeniche non devono essere valutate solo in vista del loro risultato immediato, ma anche alla luce del loro obiettivo, che è la piena comunione ecclesiale. È altresì essenziale che nell’associazione e collaborazione ecumenica i vescovi difendano la pienezza della loro libertà e responsabilità apostolica nei confronti della fede e della vita della comunità cattolica. Il compito ecumenico esige veramente il vostro amore e la vostra speranza: “La speranza poi non delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato” (Rm 5, 5).
11. Cari fratelli nell’episcopato, il Signore vi ha chiamati a un compito gravoso. Ma questo compito è un fardello d’amore, che deve essere assolto in spirito di servizio. “Pronti per ogni opera buona” (2 Tm 2, 21) prendete coraggio dalla vostra preghiera quotidiana e dalla celebrazione della liturgia, specialmente dell’Eucaristia, che è il pane della vita e il calice dell’eterna salvezza.
Siete sostenuti dalla comunione d’amore dell’intera comunità cristiana, in particolare dai sacerdoti, religiosi e laici delle vostre diocesi! Siete sostenuti dall’intercessione della Regina del cielo, Maria, Madre della Chiesa, che è anche Madre della Chiesa della Nuova Zelanda!
Cari fratelli: “La grazia del Signore Gesù sia con voi. Il mio amore con tutti voi in Gesù Cristo. Amen” (1 Cor 16, 23-24).
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