DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
A GRUPPI DI PELLEGRINI CANADESI, FRANCESI E ITALIANI
Aula della Benedizione - Lunedì, 11 maggio 1987
Signor Cardinale,
Cari fratelli nell’episcopato,
Cari amici.
1. Sono felice di incontrarvi all’indomani della beatificazione di un Vescovo e di un prete che sono dei testimoni privilegiati nella storia della Chiesa dei nostri due paesi. Le circostanze che ci riuniscono evocano d’altronde gli antichi legami della Normandia per la nuova Francia.
A lato del Cardinal Vachon e degli altri Vescovi del Canada presenti oggi, saluto specialmente il successore di Louis-Zéphirin Moreau, Monsignor Louis de Gonzague Langevin, con voi tutti pellegrini venuti dal Quebec e da altre provincie. E vorrei esprimere la mia simpatia ai religiosi e alle religiose degli istituti presenti a Saint-Hyaenthe.
Quando la Chiesa pronuncia una beatificazione, sembra portare il suo sguardo verso il passato. È la grande vitalità della Chiesa nel nostro paese del Canadà che ci viene ricordata nella sua crescita rapida nel secolo scorso. È una figura di pioniere che viene presentata in mezzo a tutti coloro che hanno costellato la nostra storia.
Ma la nostra presenza oggi qui, al centro della Chiesa, indica che voi proseguite il lavoro, che voi continuate a vivere ora, come membri dello stesso corpo ecclesiale. Appoggiandovi ai nostri predecessori, voi ricevete la stessa missione. Naturalmente, il quarto Vescovo di Saint-Hyainthe è per i suoi successori, nel Canadà e altrove, un modello di pastore interamente dedito alla cura del suo gregge.
Ricevendovi questa mattina, voi numerosi pellegrini della sua diocesi e di tutto il Canadà, vorrei insistere sulla vocazione di tutto il popolo cristiano attorno al suo Vescovo. Perché il ministero episcopale non ha altra ragione di essere se non di riunire e stimolare i membri della Chiesa nella loro complementarità.
Se si considera l’azione di Monsignor Moreau, si vede che egli è stato un responsabile attento a tutti i bisogni della comunità e che ha saputo rendere la sua diocesi solidale non solo con i suoi vicini, ma anche con tutta la Chiesa in comunione con il successore di Pietro.
Attorno al Vescovo si svolgono sia l’azione evangelica che i servizi della carità: con lui, preti, religiosi e religiose, laici uomini e donne attingono nella parola di Dio e nell’insegnamento della Chiesa l’ispirazione della loro vita quotidiana, del loro compito nella società, l’autenticità della loro risposta agli appelli del Signore. Io mi auguro che l’esempio del beato Louis-Zéphirin Moreau inviti i cristiani di oggi a testimoniare il Cristo vivente davanti a coloro che esitano o sono diventati indifferenti, per formare una nuova generazione di credenti convinti, per incarnare i valori cristiani nella società rispondendo a degli appelli spesso inespressi, ma reali. Questo sarà possibile solo ponendo nella preghiera e nei sacramenti la forza che viene dal Cristo; noi non dimentichiamo la massima che il nostro grande Vescovo aveva preso in prestito da san Paolo: “Io posso tutto in colui che mi fortifica”.
2. Vorrei ora indirizzare il mio più cordiale saluto ai pellegrini della diocesi di Bayeux e Lisieux e particolarmente al loro Vescovo Monsignor Jean Badré, e anche alle Sorelle del Buon Salvatore e a tutti coloro che li accompagnano. Voi siete venuti per fedeltà al beato Pierre-François Jamet, il cui zelo sacerdotale e la cui carità hanno lasciato un vivo ricordo in Normandia e in ben altri luoghi. Tenendo conto delle differenze in rapporto alle condizioni della sua epoca, questo prete può essere oggi una guida.
È bene che i giovani siano venuti numerosi. Essi mostrano bene che una beatificazione ci orienta verso l’avvenire. Pierre-François Jamet ha amato tutti i giovani. Egli si è donato pienamente per aiutare coloro che soffrivano di handicap che li isolavano, a trovare il loro giusto posto nella società. Mobilitando le risorse di intelligenza e del cuore, con le Suore del Buon Salvatore, egli è giunto al successo di un educatore di valore.
Quanto a quello che egli ha fatto all’inizio del secolo scorso, noi gradiremmo che servisse molto di ispirazione al presente. Come l’abate Jamet vorremmo che tutti coloro che soffrono degli stessi limiti incontrassero dei fratelli che tendano loro la mano e li accompagnino a prendere essi stessi in carico la propria vita. A voi giovani venuti qui, il Papa dice che conta su ciascuno di voi, prendete coraggiosamente la strada, anche quando essa è dura o vi sembra incerta. Siate, a immagine di padre Jamet, degli innovatori, degli uomini e delle donne generose, dei credenti che sanno che il cammino può essere quello della croce, ma che essa conduce alla salvezza dell’umanità salvata da Cristo risuscitato, di un’umanità dove sia rispettata la vocazione di ogni persona, tanto fragile come possa essere, perché ciascuno è chiamato a condividere l’amore che viene da Dio.
Le Suore del Buon Salvatore onorano l’abate Jamet come loro secondo fondatore. Coloro che li accompagnano sanno bene quale generosità eroica esse hanno mostrato nelle epoche difficili che la loro congregazione ha attraversato: esse si sono sempre occupate in primo luogo dei malati, dei poveri che esse prendevano a carico, dei giovani che educavano. Sotto la spinta dell’abate Jamet, hanno trovato dei nuovi modi di servire. Io vorrei calorosamente incoraggiarle ora, mentre lavorano in Francia, in altri paesi d’Europa come l’Italia, e anche il Madagascar. Spero che delle giovani si uniscano a loro, comprendano con loro il legame profondo che c’è tra l’esperienza spirituale della vita consacrata e la partecipazione attiva dell’amore in un’opera attiva e competente.
In questa udienza, mi è gradito anche salutare il Rettore e gli universitari di Caen che si ricordano dell’abate Jamet: essi onorano nell’antico Rettore un uomo che nelle condizioni della sua epoca ha saputo unire nella sua persona il gusto del sapere, una concezione altissima della formazione, un grande dono di accoglimento e di comunicazione, un senso completo dell’uomo. Egli desiderava preparare gli studenti a agire positivamente nella società. Egli vegliava perché si sviluppasse la dimensione spirituale della vita. Io mi auguro che nella vita universitaria di oggi, l’essenziale delle qualità del beato Pierre-François Jamet ispiri insegnanti e studenti.
3. Ci è stata data l’occasione di evocare le insigni figure di un Vescovo e di un prete. Io so che oggi l’esercizio del ministero può essere faticoso. Conosco presso i miei fratelli nell’episcopato la loro ansia di evangelizzare, di aiutare a vivere e a praticare la fede in una società ricca dove l’indifferenza religiosa cresce. Conosco lo zelo pastorale dei Vescovi che sono ministri dell’unità, incaricati di mettere in alto gli orientamenti dottrinali e pastorali di tutto il magistero, specialmente quelli del Concilio Vaticano II. Le recenti visite “ad limina” sono state l’occasione di manifestare una comunione vera e profonda dei Vescovi di Roma con l’insieme dei Vescovi di Francia. Io ci tengo a sottolinearlo. Prego il Signore di aiutare tutti i cristiani a restare uniti attorno ai successori degli apostoli. La costituzione dogmatica sulla Chiesa Lumen Gentium non ha forse precisato che “i fedeli . . . devono aderire al Vescovo come la Chiesa aderisce a Gesù Cristo e questi al Padre, affinché tutte le cose concordino nell’unità e fruttifichino per la gloria di Dio (cf. 2 Cor 4, 15)” (Lumen Gentium, 27).
4. Cari amici, io mi auguro che il vostro pellegrinaggio sia per voi un’esperienza profonda nella fede, un’esperienza autentica della comunione nella Chiesa. I beati Louis-Zéphirin Moreau e Pierre-François Jamet ci danno l’esempio di vite unificate nell’accogliere senza riserve la chiamata di Dio e nello sviluppo in seguito di doni molto personali al servizio degli uomini. Che essi vi ispirino nelle nostre vite di Vescovi, preti, religiosi e religiose, di uomini e di donne laici! Che il Signore vi ricolmi della sua grazia! Di tutto cuore lo prego di benedirvi!
Ai pellegrini italiani
Rivolgo ora il mio saluto ai pellegrini che, provenendo da Genova e da Pavia, hanno voluto prendere parte alla beatificazione di madre Benedetta Cambiagio Frassinello. Li guida il Cardinale Giuseppe Siri, al quale va il mio pensiero deferente e cordiale. Un saluto particolare anche alle religiose della Congregazione delle Benedettine della Provvidenza, le quali sono in festa per la glorificazione della loro madre.
Sono lieto di questo incontro di commiato, cari fratelli e sorelle, perché esso mi offre ancora l’occasione di tornare a parlare della nuova beata, dalla cui vicenda umana e soprannaturale tanta luce promana per chi vuole anche oggi camminare sulle vie di un cristianesimo autenticamente compreso e coerentemente praticato.
Donna semplice ed umile, madre Benedetta, è stata però sempre aperta alle interiori comunicazioni di Dio, il quale rivela ai “piccoli” i misteri del regno dei cieli. Se c’è una nota che colpisce nella sua vita, è questa costante attenzione alle parole del Maestro divino, che le si rivela attraverso le pagine del Vangelo. Ciò che Gesù ha detto e ha fatto diventa per lei norma di vita: la povertà, la preghiera, la donazione agli altri senza riserva ella le attinge dalle parole e dagli esempi di Gesù. Una vita “cristocentrica”, la sua. Nelle fanciulle a cui apre la sua casa, ella serve Gesù; l’educazione che si sforza di dare loro ha come obiettivo di condurle a Gesù; la sorgente di ogni necessaria energia per sé e per loro ella la indica ancora in Gesù. Non a caso l’Eucaristia è da lei posta al centro della propria vita e di quella delle sue figlie spirituali alle quali raccomanda di attingere ai piedi del Santissimo Sacramento il coraggio e la forza per affrontare le quotidiane difficoltà.
È la raccomandazione che anch’io a mia volta rivolgo a voi, religiose che oggi gioite per la elevazione della vostra fondatrice alla gloria degli altari: ponete l’Eucaristia al centro della vostra vita. Siate anime eucaristiche! Sarete anche anime apostoliche, capaci di suscitare intorno a voi, come la Beata Benedetta, sempre nuove germinazioni di fede e di amore.
Con la mia Benedizione.
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