VISITA PASTORALE IN EMILIA
INCONTRO DI GIOVANNI PAOLO II
CON IL MONDO DEL LAVORO AGRICOLO
Piazza Cavalli di Piacenza - Domenica, 5 giugno 1988
Sorelle e fratelli carissimi.
1. Grande è per me la gioia di ritrovami con voi, qui, al chiudersi della mia visita pastorale alla vostra città e diocesi. A tutti rivolgo il mio saluto cordiale.
Parlo a voi in questa celebre piazza Cavalli, che è nel suo insieme monumento-sintesi della vostra storia passata e recente, e spazio solenne per i vostri grandi incontri, nel quale si rispecchiano e congiungono i valori della “civitas” umana e di quella cristiana, simboleggiata dal vicino tempio dedicato al Poverello d’Assisi.
Parlo a Piacenza, città laboriosa e che pure è alle prese con il problema della disoccupazione; a Piacenza capitale dell’agricoltura e della viticoltura, che ha sofferto, in un recente passato, un forte esodo dal lavoro dei campi!
Parlo a Piacenza, città armoniosamente operosa, dove agricoltura, industria, commercio e modernissima tecnologia robotica e di automazione si integrano, o dovrebbero integrarsi, in mutua promozionalità, ma anche città disturbata dal pendolarismo operaio, scolastico e del terziario con tutti i risvolti negativi che il fenomeno comporta a danno di quei beni fondamentali che si raccolgono nella realtà originaria della famiglia.
2. “Famiglia e mondo del lavoro”: è un binomio che, in questo primo decennio del mio servizio pastorale nella sede di Pietro e come suo successore, ho sempre tenuto presente, anzi ho privilegiato. Desidero ritornarvi anche in questo nostro incontro. So che il vostro Sinodo diocesano si occupa di questo argomento. Voglio perciò anch’io portare il mio contributo a un soggetto pastorale di tanto rilievo.
Punto di riferimento essenziale in questa materia è il solenne imperativo divino, che chiude il racconto della creazione del mondo dell’uomo nel primo capitolo della Genesi: “Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra; soggiogatela . . .” (Gen 1, 26). Nel mirabile contesto in cui queste parole sono pronunciate esse esprimono, nella luce della rivelazione di Dio, il rapporto esistente tra la famiglia umana originaria (“Siate fecondi”) e il lavoro (“Soggiogate la terra”). Il crescere della famiglia umana fino a riempire la terra e il “soggiogare” la terra mediante il lavoro sono obiettivi intimamente connessi e storicamente procedono insieme in reciproca interdipendenza. Il comando divino si rivela perciò inerente alla specifica natura dell’uomo e degno del valore unico della persona umana.
3. Parlando di lavoro, intendo riferirmi a tutte le dimensioni in cui esso si è sviluppato trasformato lungo il corso dei secoli: lavoro agricolo, artigianale, industriale, tecnologico, professionale, culturale, artistico. Siamo di fronte a una “dimensione costitutiva della esistenza dell’uomo” sulla terra (Laborem Exercens, 4). In lui fin dal principio è inserita la vocazione del lavoro, come una predisposizione naturale. Parlando a Fiorano ho fatto riferimento di preferenza al settore lavorativo industriale e tecnologico; qui a Piacenza, la mia attenzione mira piuttosto al lavoro agricolo, per il necessario rilancio del mondo rurale.
Certo, nella vostra provincia il progresso tecnico e l’azione promozionale delle associazioni di categoria, - alludo in modo particolare alla benemerita “Coltivatori Diretti” -, hanno portato la coltivazione dei campi a un traguardo molto avanzato. L’agricoltore piacentino lavora nell’ambito di una vera e propria professionalità, che si avvale dell’osservazione e dell’elaborazione scientifica di quel centro di studi e di sperimentazioni di fama internazionale che è la Facoltà di Agraria dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, di cui Piacenza va meritatamente orgogliosa.
Si nota tuttavia anche presso di voi, quasi elemento di squilibrio, l’accentuata concentrazione dei residenti in attività terziarie, soprattutto nell’area della pubblica amministrazione e delle attività commerciali. Non è dunque inutile richiamare l’attenzione sullo scarso apprezzamento con cui è considerato dal punto di vista sociale il lavoro della terra (cf. Laborem Exercens, 21), tanto da creare negli uomini dell’agricoltura la sensazione di essere cittadini di seconda categoria. Risulta così più difficile superare la tentazione di fuggire dalla campagna verso gli anonimi agglomerati urbani industriali e i centri amministrativi.
Occorre dunque rigenerare la coscienza civica e la consapevolezza del valore primario che riveste il mondo agricolo. Voglio riaffermare davanti a voi quanto ho scritto nella lettera enciclica Laborem Exercens, per incoraggiare quanti sono rimasti fedeli alla terra e quanti stanno recuperando il gusto per il lavoro rurale: “Il mondo agricolo offre alla società i beni necessari per il suo quotidiano sostentamento, perciò riveste una importanza fondamentale . . . Occorre ridare all’agricoltura e agli uomini dei campi il giusto apprezzamento come base di una sana economia nell’insieme dello sviluppo della comunità civile: occorre proclamare e promuovere la dignità del lavoro, di ogni lavoro e specialmente del lavoro agricolo, nel quale l’uomo in modo tanto eloquente "soggioga" la terra ricevuta in dono da Dio” (cf. Laborem Exercens, 21).
4. Dio dice: “Siate fecondi, riempite la terra, soggiogatela” (Gen 1, 26). In effetti, vi è uno stretto legame tra il lavoro e la fecondità dell’uomo destinato a riempire la terra. Infatti, la persona umana, soggetto attivo del processo del lavoro, non è una entità isolata, ma è sempre inserita nel contesto della propria famiglia come suo punto di riferimento continuo. È un dinamismo proprio della coscienza umana, alla cui voce gli uomini del lavoro sono particolarmente sensibili. Ciò che essi sentono nel modo più profondo è appunto quel nesso che unisce lavoro e famiglia. Il lavoro è per l’uomo e per la famiglia, perché la famiglia è anzitutto il luogo specifico dell’uomo. È il mondo vitale, in cui egli viene concepito, nasce e matura; l’ambiente per il quale egli assume la sua responsabilità più seria, luogo della sua felicità terrena e della speranza umana, che si apre all’attesa ultraterrena.
Conoscendo il cuore degli uomini del lavoro, la loro onestà e responsabilità, esprimo a voi tutti il mio desiderio e la mia convinzione che vorrete assicurare e consolidare questi due beni fondamentali dell’uomo e della società: la compattezza della famiglia e il rispetto della vita concepita sotto il cuore della madre.
Dio che dice: “Non abbandonare la donna tua sposa”, dice contemporaneamente: “Accogli la vita concepita in lei per opera tua!”. Non permetterti di sopprimere o di lasciar sopprimere questa vita! Dio dice così con la voce dei suoi comandamenti, con la voce della Chiesa, lo dice soprattutto con la voce della coscienza, illuminata dalla verità e sostenuta dall’amore.
5. Matrimonio e famiglia sono profondamente congiunti con la dignità della persona umana. Essi non derivano solo dall’istinto e dalla passione, e neppure soltanto dal sentimento, ma da una libera decisione della volontà, da un amore personale, per il quale gli sposi diventano non soltanto una sola carne, ma anche un cuore ed un’anima sola. La comunità fisica e sessuale, realtà grande e bella, è degna dell’uomo solo nell’ambito dell’esclusivo e definitivo personale vincolo di fedeltà nel matrimonio. La fedeltà alla indissolubilità coniugale, che oggi a taluni non riesce più comprensibile, è ugualmente espressione dell’incondizionata dignità della persona. Non si può amare solo per prova, non si può accettare una persona solo a titolo di verifica e a tempo.
D’altra parte, la serie indefinita di ostacoli, di tentazioni, di esperienze negative e di peccati, in cui l’uomo dà prova della sua fragilità nel lasciarsi trascinare per le vie dell’errore e dell’orrore, della ingiustizia e della violenza, è un segno ben chiaro dell’immenso bisogno di redenzione in cui versa l’umanità. Per questo Cristo redentore le viene incontro nella figura dello sposo che vive in pienezza l’amore nuziale fino al sacrificio di sé. Proprio nella famiglia fondata sul matrimonio-sacramento l’uomo e la donna possono vivere l’esperienza dell’amore salvato e redento da Cristo.
Tutti gli uomini di buona volontà e particolarmente i cristiani sono chiamati a riscoprire la dignità e il valore del matrimonio e della famiglia e a viverli davanti a tutti in maniera convincente.
6. L’intima connessione tra lavoro e famiglia, queste due dimensioni fondamentali dell’esistenza umana, appare in tutta evidenza se le si considera nel loro preciso significato. Da una parte, il lavoro va compreso come l’attività mediante la quale la persona realizza se stessa e così compie la vocazione che le è propria in ragione della sua stessa umanità. Il lavoro, quindi, è esperienza in cui si scopre la dipendenza dal datore di tutte le risorse della creazione e “l’interdipendenza” dagli altri uomini con le conseguenti leggi di “solidarietà” (cf. Sollicitudo Rei Socialis, 35).
Dall’altra, la famiglia va intesa come il progetto dell’amore di Dio per l’amore dell’uomo e della donna, e quindi come loro vocazione fin “dal principio” (cf. Mt 19, 4). La persona umana che non può vivere senza l’amore, la cui vita è priva di senso se non le viene rivelato l’amore, se non si incontra con l’amore, scopre così che il suo stesso lavoro è ordinato all’espressione dell’amore. Il lavoro è per la famiglia, in quanto il lavoro è per la persona destinata alla famiglia.
Ed allora occorre che il processo produttivo si adegui a questa oggettiva struttura dell’esistenza umana.
In Europa siamo forse al tramonto di quella che resterà nella storia come epoca dell’industrializzazione; nuove e nuovissime forme di lavoro, quali l’informatica e la telematica, daranno un nuovo volto all’attività produttiva. Non si deve però dimenticare che, nel suo sorgere, l’industrializzazione fu spesso fenomeno sociale selvaggio e disumanizzante. Epoca di sfruttamento crudele, anche là dove l’ideologia al potere predicava la liberazione degli oppressi.
La rivoluzione tecnologica, ora in progressivo avanzamento, ha già toccato nel settore della tecnologia genetica punte dirompenti, in cui è posta in questione la struttura stessa dei viventi, non esclusa quella dell’uomo.
Perché non si ripetano gli errori del primo sviluppo industriale o non se ne commettano di peggiori, occorre assolutamente che la tecnologia non proceda avulsa dai valori spirituali e trascendenti, ma si lasci guidare e permeare da essi. Occorre assolutamente che la biomedicina e le tecniche relative accettino le indicazioni della sana ragione, che il Magistero della Chiesa ripropone in ordine al rispetto della sacralità della vita umana.
7. C’è, da ultimo, un tema che mi sta particolarmente a cuore: quello del lavoro della donna. Il Vangelo del lavoro ha per la donna una valenza singolare: esso mira a rivalutare sul piano sociale i compiti materni, che le sono propri, la fatica e i rischi ad essi inerenti, il bisogno che i figli hanno di cura e di amore per potersi sviluppare come persone responsabili, equilibrate e mature.
Non si tratta, come qualcuno ha voluto insinuare, di rinchiudere la donna nell’ambito casalingo; non si tratta di escluderla dal lavoro extradomestico; non si tratta di attribuirle solo compiti familiari. Poiché pari è la dignità dell’uomo e della donna, ambedue creati ad immagine di Dio (cf. Gen 1, 27), alla donna è e deve essere aperto tutto l’ambito dell’attività umana, sia essa economica, sociale, culturale o politica. Ma c’è per la donna una attività specifica che la riguarda come “madre dei viventi” (Gen 3, 20). In essa la donna raggiunge l’espressione più alta di se stessa; ed è quindi giusto che lo Stato e la società la sostengano nell’adempimento di tale suo compito con le provvidenze sociali di cui beneficiano le lavoratrici extradomestiche.
Ripeto tuttavia che non si tratta di rinchiudere la donna fra le quattro pareti domestiche e neppure di caricare su di lei tutto il compito educativo in seno alla famiglia. All’interno della comunità coniugale la pari dignità personale dell’uomo e della donna deve essere riconosciuta nel mutuo e pieno amore. È dunque doverosa e necessaria una continua collaborazione fra i genitori nella educazione dei figli. La presenza attiva del padre giova moltissimo alla loro formazione; ma deve essere salvaguardata la presenza e la cura della madre, di cui abbisognano specialmente i figli più piccoli; deve essere a lei facilitata la presenza presso il proprio focolare, pur senza trascurarne la legittima promozione sociale.
Non è dunque questione di schematiche divisioni di ruoli, ma di reciproca collaborazione nella famiglia e nella società, secondo le condizioni e le circostanze, in piena uguaglianza e responsabilità, con attenzione alle esigenze della famiglia, scuola di umanità e fondamento della società.
8. Molta strada resta ancora da percorrere per assicurare al lavoro umano la sua piena dignità. Lascio a voi, lavoratori cristiani, la consegna di essere testimoni del Vangelo nel vostro ambiente: annunciate il nome di Cristo nelle vostre fabbriche, nelle aziende agricole, negli uffici, ispirandovi a lui, che si è fatto “operaio” per noi (cf. Mc 5, 3).
Fate in modo che il lavoro diventi mezzo efficace per realizzare in voi una personalità forte e generosa, per stabilire più saldi vincoli con la vostra famiglia, che forma lo scopo primario e prevalente della vostra fatica. Diventi essa veramente una “Chiesa domestica”, in cui il lavoro quotidiano trovi la sua giustificazione ed il suo senso. Lo Spirito di Dio vi dia slancio per questa grande missione!
A tutti la mia affettuosa benedizione!
A conclusione dell’incontro con il mondo del lavoro agricolo di Piacenza, prima di congedarsi il Santo Padre rivolge alla Diocesi ed alla Città queste parole di saluto.
Voglio offrire a tutti i presenti, a tutta la comunità piacentina, alla Città, alla Diocesi, una benedizione, ringraziando per tutte e tre le tappe, quella notturna, quella della pioggia e quella del lavoro. Ringraziandovi per la vostra accoglienza, per la vostra buona, grande ospitalità devo dire che ho poco conosciuto Piacenza dal punto di vista della sua realtà urbana, geografica, ho saputo molto di cosa è Piacenza tramite i nostri Cardinali della Curia Romana, soprattutto attraverso il Cardinale Segretario di Stato, tramite diversi collaboratori. Non ho saputo, dicevo, molto di Piacenza come realtà locale, direi fisica, urbana. Adesso tutta questa mia non conoscenza si è riempita con un contenuto, con una esperienza, al temine della quale voglio dire: grazie a te, Piacenza, e voglio offrire una benedizione insieme ai nostri Cardinali e Vescovi qui presenti.
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