DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
A CONCLUSIONE DELLA VISITA «AD LIMINA» DEI VESCOVI CALDEI
Cappella «Redemptoris Mater» - Giovedì, 9 novembre 1989
Beatitudine,
cari fratelli nell’Episcopato e voi tutti,
figli della venerabile Chiesa Caldea.
1. Mentre vi do il più cordiale benvenuto nella casa del successore di Pietro, il capo del Collegio degli apostoli, il mio pensiero va a san Tommaso, uno dei dodici, che, secondo la tradizione, fu il primo evangelizzatore della vostra Chiesa. Essa perciò va giustamente fiera di questa origine apostolica, che attraverso i secoli è stata continuamente fecondata da doni molteplici dello Spirito Santo.
Ed è certamente sotto l’influsso e l’ispirazione dello Spirito Santo che voi, cari fratelli nell’Episcopato, avete potuto riunirvi in Sinodo per eleggere, nella persona di sua beatitudine Raphael Bidawid, il nuovo Patriarca chiamato a succedere al compianto Paolo II Cheikho.
Non appena sono venuto a conoscenza dei risultati del Sinodo - tenuto mentre la Chiesa caldea celebrava la seconda domenica degli apostoli, e la Chiesa di Roma la solennità della Santissima Trinità - ho voluto esprimere la mia gioia per l’avvenuta elezione, ed ho concesso a lei, beatitudine, la comunione ecclesiale, come ella chiedeva secondo i sacri canoni, insieme con tutti i fratelli del Sinodo dei Vescovi caldei.
Oggi la cerimonia dell’imposizione del pallio ha voluto esprimere il segno tangibile di questa comunione ecclesiale. Fatto di lana bianca, il pallio richiama alla mente le pecore che le sono state affidate come Pastore della sua Chiesa. Esso, inoltre, essendo stato deposto sulla tomba del principe degli apostoli, significa i legami della profonda comunione di fede che unisce la Chiesa caldea con la Chiesa di Roma la quale “presiede alla carità universale”, come si esprime sant’Ignazio; una “presidenza” che la Chiesa romana ricorda in particolar modo nella festa della dedicazione della Basilica Lateranense.
2. Tale vincolo di comunione si esercita anche mediante il servizio di solidarietà per il bene e la pace universale, al quale la Santa Sede si è dedicata da sempre. Con soddisfazione ho potuto constatare, a riguardo della pace nel mondo, che le preghiere alle quali avevo invitato voi, Vescovi caldei venuti dall’Iraq, nel 1986, per la visita “ad limina Apostolorum”, non sono state vane: la guerra, infatti, che ha causato tante sofferenze e rovine, è finalmente cessata.
In questa occasione vi esorto ancora a cercare, con la vostra fede semplice e profonda, la stabilità della pace, nella convinzione che la vera pace, quella recata sulla terra da nostro Signore, si costruisce soprattutto con l’aiuto di Dio e con lo sforzo della buona volontà. Abbiate sempre in mente le parole di Agostino: “Contro la violenza della carità il mondo non può far nulla” (Enarrationes in Psalmos, 48[47], 14; CCL 38, 548). E vi sia di costante ispirazione e di grandissima fiducia quello che sant’Efrem, il più noto poeta e dottore della vostra Chiesa, dice a noi tutti: “Se la speranza ravviva i nostri occhi, vedremo ciò che è nascosto” (Carmen Nisib., 70).
3. Voglia il Signore rinvigorire questa speranza ed “illuminare gli occhi della nostra mente per far comprendere a quale speranza ci ha chiamati” (Ef 1, 18). Non cessate dunque di adoperarvi per un mondo migliore, e perché rifiorisca una nuova civiltà, fondata sull’amore e sul rispetto di ogni persona, fatta ad immagine e somiglianza di Dio.
So che nutrite soprattutto grandi speranze per la crescita spirituale dei vostri fedeli come per l’aumento delle vocazioni sacerdotali e religiose. Prego perché le vostre attese rivolte ad un autentico rinnovamento liturgico nello spirito del Concilio Vaticano II, secondo le direttive della congregazione per le Chiese orientali, e al proseguimento della riforma degli istituti religiosi maschili e femminili, si realizzino pienamente in conformità ai vostri piani pastorali. Vi sostenga il Signore anche nel vostro impegno per promuovere sia l’adeguata assistenza spirituale sia l’indispensabile collaborazione fra la gerarchia dei diversi riti, e quella fra le Chiese sorelle, sia il dialogo fraterno con tutti gli uomini di buona volontà, cosa che rimane un’urgente necessità.
4. Beatitudine, cari fratelli nell’Episcopato e voi tutti, figli della Chiesa Caldea!
Nel ricordo del patriarca Abramo, nostro padre nella fede, il quale seguì la voce di Dio che lo chiamava dalla vostra terra ad essere il capostipite del popolo eletto, e di tutti noi che crediamo in Cristo, ed agì “in spe contra spem” per corrispondere al piano divino della salvezza, io vi esprimo la profonda affezione mia e di tutta la Chiesa.
Abbiate sempre coraggio e costanza nel perseguire la mèta delle vostre sollecitudini pastorali; è questa la preghiera che elevo per voi, mentre, a vostro conforto, invoco su di voi e su tutta la Chiesa caldea, ovunque si trovi, le abbondanti benedizioni di Dio, Trinità Santissima, Padre, Figlio e Spirito Santo.
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