DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI PARTECIPANTI AL SIMPOSIO NEL CENTENARIO
DELLA MORTE DEL CARDINALE JOHN HENRY NEWMAN
Venerdì, 27 aprile 1990
Eminenze, Eccellenze,
Fratelli e sorelle in Cristo,
1. Sono molto felice che questo incontro mi consenta in un certo senso di partecipare al Simposio Accademico che la Comunità Internazionale “The Work” (Il Lavoro) e il “Centre of Newman Friends” (Centro degli amici di Newman) hanno organizzato per commemorare il centenario della morte dell’illustre Cardinale John Henry Newman. Porgo il benvenuto a tutti voi e vi ringrazio perché attraverso la vostra celebrazione richiamate l’attenzione sul posto speciale che il grande Cardinale inglese ha occupato nella storia della Chiesa. I cento anni trascorsi dalla sua morte non hanno diminuito affatto l’importanza di questa figura straordinaria, le cui idee hanno un valore particolare ai nostri giorni. Il tema del vostro Simposio “John Henry Newman - Amante della Verità”, sottolinea la ragione principale per cui la vita e gli scritti di Newman continuano ad attirare. La sua è stata una continua ricerca di quella verità, che sola può rendere l’uomo libero (cf. Gv 8, 32).
2. In questo breve incontro posso accennare soltanto ad alcune delle molte lezioni che Newman dà alla Chiesa e al mondo della cultura. Vorrei sottolineare l’ispirazione che gli studiosi e gli attenti lettori di Newman continuano a trarre oggi dal suo pellegrinaggio verso la verità. Il vostro Simposio ed altre simili celebrazioni durante l’anno del centenario, offrono l’occasione per un più approfondito apprezzamento del carisma di Newman. Non ultimo tra i suoi meriti, egli ci ricorda la necessità di una disponibilità interiore all’amorevole obbedienza a Dio, se la società contemporanea vuole avere successo nel perseguimento della piena verità che ci rende liberi, di cui ha urgente necessità, e di cui sa di aver bisogno.
Sin dal momento della sua prima “grazia di conversione”, all’età di quindici anni, Newman non ha mai perso il suo senso della presenza di Dio, il suo rispetto per la verità rivelata e la sua sete di santità di vita. Nel periodo in cui è vissuto, l’esempio della sua singolare pietà ed integrità era tenuto in grande considerazione in tutta l’Inghilterra, sia dai cattolici che dagli anglicani. La sua reputazione di uomo di profonda spiritualità, come pure di studioso, è stata uno dei principali motivi che hanno ispirato i laici inglesi a sottoporre una petizione a Papa Leone XIII affinché elevasse al Collegio cardinalizio il fondatore dell’Oratorio Inglese (cf. Letters and Diaries of John Henry Newman, XXIX, Oxford 1961 ss, p. 85).
3. Il pellegrinaggio intellettuale e spirituale di Newman è stata la risposta più ardente ad una luce interiore di cui egli sembrava sempre consapevole, la luce che la coscienza proietta su tutti gli impulsi e gli sforzi della vita. Per Newman, la coscienza era “un messaggero di Lui, che, in natura e in grazia, ci parla dietro un velo” (Difficulties of Anglicans, Westminster, Md., II p. 248). Ciò lo portava inevitabilmente all’obbedienza all’autorità della Chiesa, prima nella comunione anglicana, e successivamente come cattolico. Le sue prediche e i suoi scritti riflettono la sua esperienza vissuta. Così egli può insegnare ai suoi ascoltatori: “Esaminate i vostri pensieri e le vostre azioni; cercate quel che sapete essere la volontà di Dio, e sicuramente sarete condotti alla pienezza della verità: riconoscerete la forza, il significato e la tremenda bellezza del Credo del Vangelo . . .” (Parochial and Plain Sermons, VIII, p. 120).
Newman non cercava il successo del mondo per amore di sé, né lasciava che i malintesi che spesso accompagnavano i suoi sforzi lo distraessero dalla ricerca della vera santità, che era sempre il suo obbiettivo cosciente. Egli ebbe grande influenza e autorità per tutta la sua vita, ma non per gli incarichi che ricopriva, bensì per la personalità umana e spirituale che rifletteva.
4. Il dramma interiore che segnò la sua lunga vita ruotò intorno alla questione della santità e unione con Cristo. Il suo desiderio più ardente era di conoscere e fare volontà di Dio. Per questo, in un tempo di intenso travaglio spirituale, prima di ritirarsi a pregare sulla sua decisione di entrare nella Chiesa cattolica, egli chiese ai suoi parrocchiani di Littlemore: “Ricordatevi di lui nei giorni che verranno, anche se non ne sentirete parlare, e pregate per lui, perché egli sappia discernere in ogni cosa la volontà di Dio, e in ogni momento egli sia pronto a compierla” (Sermons bearing on Subjects of the Day, Westminster, Md. 1968, p. 409).
Questo ideale lo sostenne nell’ora difficile in cui tanto soffrì nel lasciare l’amata e familiare Chiesa d’Inghilterra per entrare nella Chiesa cattolica. La sua fedeltà motivata alla via su cui la Provvidenza di Dio l’aveva condotto, rese questa esperienza - quelli che egli chiamò gli “anni nascosti” della sua vita - una fonte di incoraggiamento e di ispirazione per molti che stavano cercando un “porto dopo aver attraversato il mare in tempesta” (Apologia pro Vita Sua, Londra 1888, p. 238). Con lettere di orientamento spirituale e consigli, egli ha aiutato innumerevoli altre persone lungo il cammino della verità che egli stesso aveva trovato e che lo aveva riempito di tanta gioia. L’influenza di Newman in questo senso è aumentata nel corso degli ultimi cent’anni e non è più circoscritta alla sola Inghilterra. In tutto il mondo vi sono persone che affermano che questo maestro dello spirito con le sue parole, con il suo esempio, con la sua intercessione, è stato uno strumento della divina Provvidenza nelle loro vite.
5. Nel clima culturale contemporaneo, con particolare riferimento all’Europa, c’è una parte del pensiero di Newman che merita una attenzione particolare. Mi riferisco all’unità che egli sosteneva tra la teologia e la scienza, tra il mondo della fede e il mondo della ragione. Egli proponeva che lo studio non mancasse di unità, ma si fondasse su una visione totale. Perciò egli concludeva i suoi discorsi dinanzi all’Università di Dublino con queste straordinarie parole: “Vorrei che l’intelletto si espandesse con la massima libertà, e che la religione godesse di un’eguale libertà, ma ciò che io ritengo è che essi dovrebbero collocarsi nel medesimo posto ed esemplificarsi nelle stesse persone” (Sermons Preached on Various Occasions, Londra 1904, p. 13).
In questo momento di cambiamento della cultura europea, non indica forse Newman l’essenziale contributo cristiano alla costruzione di una nuova era fondata su una verità più profonda e valori più alti? Egli scrisse: “Vorrei distruggere quella diversità di centri, che fa tutto confondere perché crea antagonismi di influenze. Vorrei che gli stessi posti e le stesse persone siano allo stesso tempo oracoli di filosofia e santuari di devozione . . .” (Ivi). In questo quadro, il cammino che la Chiesa deve seguire è succintamente espresso dal Cardinale inglese nel modo seguente: “La Chiesa non ha paura della conoscenza, ma essa purifica tutto; essa non soffoca alcun elemento della nostra natura, ma coltiva il tutto” (The Idea of a University, Westminster, Md., p. 234).
6. Un altro aspetto del cammino spirituale di Newman risulta particolarmente importante alla luce del Concilio Vaticano II. È proprio a causa del Concilio che sentiamo in Newman un nostro autentico contemporaneo spirituale. Il mistero della Chiesa è sempre stato il grande amore della vita di John Henry Newman. E qui troviamo un’altra profonda lezione per il presente. Gli scritti di Newman delineano un quadro estremamente chiaro del suo incrollabile amore per la Chiesa quale incessante effusione dell’amore di Dio per l’uomo in ogni fase della storia. La sua era un’autentica visione spirituale, in grado di accorgersi di tutte le debolezze presenti nel tessuto umano della Chiesa, ma ugualmente certa della sua percezione del mistero nascosto oltre il nostro sguardo materiale. Che la sua memoria ci ispiri a far nostra l’espressiva preghiera che sgorgava così naturale dal suo cuore: “Fa che io non dimentichi mai che Tu hai stabilito in terra un regno che è Tuo, che la Chiesa è opera Tua, da Te stabilita, il Tuo strumento; che noi siamo soggetti alle Tue regole, alle Tue leggi, al Tuo sguardo - che quando la Chiesa parla, sei Tu che parli. Fa che la conoscenza di questa meravigliosa verità non mi renda insensibile nei suoi confronti - fa che la debolezza dei Tuoi umani rappresentanti non mi faccia dimenticare che sei Tu che parli e agisci attraverso di loro” (Meditations and Devotions, Westminster, Md., pp. 378-379).
7. Che questi stessi sentimenti riempiano tutti i nostri cuori mentre commemoriamo questo eminente uomo di Chiesa. In tutta l’esperienza di Newman sentiamo l’eco delle parole di Gesù a Nicodemo: “Ma chi opera la verità viene alla luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio” (Gv 3, 21). Spero che il vostro Simposio ispiri ulteriori studi che mettano ancor più in evidenza l’importanza e il rilievo di questo “Amante della Verità” nei nostri tempi.
Su di voi e sugli studiosi e gli amici di Newman, invoco la luce dello Spirito Santo affinché, attraverso i vostri sforzi, gli insegnamenti di questo grande Cardinale inglese vengano meglio conosciuti e apprezzati. Vi imparto di cuore la mia Benedizione Apostolica.
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