VISITA ALLA PARROCCHIA DI SAN CRISOGONO IN TRASTEVERE
DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
Domenica, 4 marzo 1990
Ai bambini
È una bambina di undici anni, classe V elementare, a rivolgere al Santo Padre il saluto dei bambini della parrocchia di San Crisogono. Durante l’incontro, il primo della visita pastorale di Giovanni Paolo II all’antica comunità trasteverina, un’altra bambina dona al Papa un bouquet di fiori bianco e giallo. Nel suo breve discorso la piccola esprime al Santo Padre l’affetto di tutti i bambini della parrocchia. Rispondendo al saluto della bimba il Papa pronuncia il seguente discorso.
Saluto cordialmente tutti i presenti. Grazie per questa accoglienza calorosa, per queste parole. Voi sapete che oggi comincia il periodo quaresimale. La Quaresima ci prepara alla Pasqua, alla memoria della morte e della risurrezione di Gesù, e durante quaranta giorni, questo vuol dire “Quaresima”, noi ci prepariamo.
Vorrei invitare tutti i presenti a riflettere su come partecipare a questa preparazione quaresimale, come camminare insieme con Cristo, perché sappiamo che Cristo ha digiunato durante quaranta giorni. Era nel deserto, era tentato dallo spirito maligno, lo ha vinto e questo ci dà l’ispirazione su come noi dobbiamo vivere questi quaranta giorni. Ciascuno di voi, ragazzi e ragazze della scuola elementare, dell’asilo e anche i giovani più grandi, dovete riflettere su come ciascuno di noi deve vivere questo periodo, questi quaranta giorni insieme con Cristo.
La Chiesa cerca, come comunità in ogni parte del mondo, in ogni diocesi, in ogni parrocchia, di camminare insieme con Cristo durante questi quaranta giorni. Nella Chiesa, anche noi dobbiamo trovare il nostro ruolo. Dico a tutti i bambini che adesso devono cercare consiglio presso i loro genitori, presso i loro maestri e maestre, i catechisti e le catechiste, le sorelle religiose, i parroci, devono cercare un consiglio su come un piccolo di nome Andrea, o un piccolo di nome Giulio, o una piccola di nome Margherita devono vivere questi quaranta giorni, questa Quaresima, per essere insieme con Cristo e per prepararsi insieme con lui a vivere la sua festa pasquale. È questa una proposta, una consegna che lascio a voi, a tutta la comunità dei bambini, alla parrocchia più giovane e anche ai vostri educatori qui presenti.
Al Consiglio pastorale
Subito dopo la celebrazione della Santa Messa, Giovanni Paolo II incontra il Consiglio Pastorale della parrocchia. L’organismo è presentato al Papa dal Vicario parrocchiale. Queste le parole pronunciate da Giovanni Paolo II.
Questo Consiglio Pastorale, come tutti i Consigli pastorali che esistono in ogni parrocchia della diocesi di Roma, è un’espressione della responsabilità che fa comunione, dello spirito di unione che fa comunione, una comunione più profonda. La finalità di questa struttura è ben chiara: esprimere la comunione che esiste tra tutti i parrocchiani e tutte le persone che compongono la comunità parrocchiale. Deve promuovere questa comunione che vuol dire anche promuovere la responsabilità, una responsabilità maggiore in tutti. Così cresce ogni comunità umana, così cresce ad esempio la famiglia, così cresce la nazione, con la maggiore responsabilità di tutti i cittadini e così cresce anche la Chiesa, così cresce la Chiesa di Roma, a questo serve il cammino sinodale, e così cresce anche la Chiesa nella vostra parrocchia con questo bellissimo titolo di San Crisogono martire. Vi auguro questa crescita che corrisponde anche alla finalità quaresimale di questo periodo. Perché è una crescita verso la Pasqua. La Chiesa cresce sempre verso il mistero pasquale, verso il suo definitivo e ultimo compimento. Vi auguro questa crescita. Ringrazio tutti per la vostra partecipazione e per i vostri contributi. A tutti auguro una buona Quaresima e anche una buona Pasqua.
Agli operatori sanitari e confraternite
Trastevere ha una ricchissima tradizione di assistenza e di accoglienza che ancora oggi si esprime nella presenza di numerosi antichi ospedali. Un momento della visita pastorale del Papa alla parrocchia di San Crisogono è dedicato all’incontro con il personale sanitario del vicino ospedale di San Gallicano, con i rappresentanti del Terzo Ordine trinitario e delle Confraternite della Madonna del Carmine e di San Giovanni Battista de’ Genovesi. A loro Giovanni Paolo II rivolge le seguenti parole.
Auguro a tutti, religiose, infermiere e personale dell’ospedale, di contribuire fruttuosamente alla salute dei fratelli e delle sorelle. A tutti gli ammalati auguro la guarigione. Vi ringrazio per la vostra presenza qui oggi, ma anche per la vostra presenza permanente, continua in questa parrocchia. Voi rappresentate tradizioni plurisecolari che certamente hanno passato una prova di vita, perché ancora oggi sono attuali ed eloquenti. Vi auguro di continuare in questa iniziativa provata dai secoli come la Madonna del Carmine, come il Terzo Ordine trinitario e la Confraternita di san Giovanni Battista de’ Genovesi.
Alle suore
Nel territorio della parrocchia di San Crisogono operano numerose Congregazioni religiose femminili alle cui rappresentanti il Papa rivolge le seguenti parole.
Offro a tutte le sorelle consacrate della parrocchia una benedizione e, attraverso di voi, alle altre vostre consorelle che vivono in questa parrocchia in Roma e che vivono anche altrove nel mondo. Le Congregazioni religiose hanno la caratteristica dell’universalità. Si diffondono dappertutto. Dove soffia lo Spirito Santo vanno loro. Vi auguro una continua testimonianza evangelica davanti alla comunità di questa parrocchia, davanti ai tanti stranieri e turisti che vengono qui. Vi auguro anche le vocazioni, perché la messe è grande. Il mondo di oggi costituisce una messe grande e non può non essere secolarizzato. È creato dal Signore, redento dal Signore e non può sbarazzarsi di questa realtà. È una messe e per questo ci vogliono operai. Voi siete operai evangelici, che creano testimonianza della presenza del Signore, della sua creazione, del suo amore e della sua eternità. Il mondo non ci dà l’eternità, non ci dà la felicità.
Ai giovani
Le ansie e le speranze dei giovani di Trastevere sono espresse al Papa, durante l’incontro con la realtà giovanile della parrocchia di San Crisogono, da un giovane a nome di tutti i suoi coetanei.
Rispondendo a queste parole il Papa pronuncia il discorso seguente.
Voglio ringraziarvi prima di tutto per il vostro canto, per il vostro canto in chiesa e poi per il vostro canto qui. Voglio ringraziarvi per le parole del vostro amico che ha parlato con poche ma sostanziose parole, molto essenziali. Ha detto quello che tocca a voi e insieme tocca a noi, perché c’è uno speciale legame, una comunione tra il Papa e i giovani. Non lo dicono ma si meravigliano di come questo vecchio Papa cammina ancora con i giovani in diversi posti del mondo. Ma è un fatto che i giovani vogliono incontrare il Papa, lo vogliono incontrare in diversi Paesi del mondo, anzi qualche volta in punti di riferimento internazionali, come a Santiago di Compostela. Ma lo vogliono anche incontrare in parrocchia. Vi ringrazio per la vostra presenza, per questa presenza con cui date al Papa un certo coraggio, una certa conferma, quasi si dicesse a lui: “Tu sei ancora giovane. Puoi camminare con noi”. Questo è molto importante perché ci troviamo qui in una parrocchia antica, che conserva attraverso i secoli la memoria di san Crisogono, uno dei primi martiri romani che ha un nome piuttosto greco. Un martire che, come si sa, ha dato la sua vita per Cristo e la Chiesa primitiva di Roma, la Chiesa dei tempi dei martiri, ha posto il suo nome nella Preghiera eucaristica. Nel canone romano infatti si cita il nome di Crisogono. Questo ci fa pensare. Giovedì scorso ho avuto un incontro con i sacerdoti di Roma. Fra i molti interventi ce ne era uno molto interessante che parlava della vecchia Roma. Questa vecchia Roma non può diventare solo un monumento, un archivio del passato, perché se non ci fosse questo passato non ci saremmo neanche noi. Noi viviamo con questo passato, noi viviamo con questa ricchezza, che è già un po’ distrutta, non tutta, ma il tempo fa il suo lavoro, il tempo distrugge. Ma è ancora presente e dà da pensare. Quanta gente viene qui, in questo ambiente per cercare le sue radici? Questa è la risposta alle parole del nostro sacerdote che rappresentava il Centro ma è anche la risposta a noi tutti. Noi viviamo di questo tesoro.
Cosa dire a voi giovani per rispondere alle parole che ho sentito dalla bocca del vostro amico? Cercate, voi giovani, di essere responsabili di questo tesoro che qui ha una sua espressione specifica, permanente, una cosa che non passa. Molte cose che crea l’uomo odierno passeranno, sono transitorie. L’uomo, molto spesso, non ha la consapevolezza di fare qualcosa per il futuro, una cosa permanente, una cosa che deve camminare attraverso i secoli. Ma qui ci sono molte cose che non passano, che rimangono, che devono rimanere, perché ci spiegano le nostre radici. Ripeto a voi giovani che voglio inculcare, insinuare, imporre una speciale responsabilità per queste radici. Queste radici ci fanno tutti giovani, ci fanno tutti dinamici, perché sappiamo bene che il dinamismo dell’albero viene dalle radici, poi dal sole. Vi auguro allora di vivere al sole. Questo sole è Cristo, è lo Spirito Santo che Cristo ci porta. Vi auguro di vivere di queste radici, di avere responsabilità per questo tesoro e di vivere sempre al sole che è Cristo. È questa la mia consegna e il mio augurio ai giovani della parrocchia di San Crisogono.
Ai Religiosi trinitari
L’ultimo momento della visita pastorale è riservato all’incontro con la comunità dei Padri trinitari, ai quali la parrocchia di San Crisogono è affidata, e con i rappresentanti del Terzo Ordine trinitario. A loro il Papa rivolge le seguenti espressioni.
Trinitari e affiliati dei trinitari come Terzo Ordine come anche l’istituto secolare, voi portate nella vostra storia e anche nella vostra contemporaneità, nella vostra presenza, una grande testimonianza della fede. Voi siete in qualche modo testimoni del mistero della vita divina. La santissima Trinità ci spiega come Dio è uno e come, essendo uno, è Amore. Senza la Trinità ciò non si capisce. Non basta proclamare l’unicità di Dio, il monoteismo; bisogna andare oltre questo mistero e questo mistero Dio ci ha detto che arriverà. La vera rivelazione di Dio è questa. Ha parlato su se stesso per noi.
Qui tocchiamo un altro aspetto del trinitarismo: il dono. Dio è dono, Dio è come dono di se stesso. Il Padre si dona al Figlio, il Figlio si dà al Padre. Tutti e due si danno e si ricevono nello Spirito Santo. Questo è un mistero imperscrutabile, insondabile, ma d’altra parte così fondamentale. Voi portate nella vostra tradizione trinitaria anche questa testimonianza di dono. Siete stati creati, istituiti, dai vostri fondatori, per essere dono per gli altri, anzi per dare voi stessi per gli schiavi. Oggi questa schiavitù musulmana, almeno per ora, sembra non esistere, ma ci sono altre schiavitù in cui si trova l’uomo. Questa schiavitù chiama l’uomo che si dona. Non c’è altra soluzione. Chiama per uno che si dona. Chiama Cristo, perché lui è il primo che si dona, si dona e ci dona lo Spirito Santo nella sua donazione, grazie alla sua donazione. Ma con Cristo ci devono essere altri pronti a darsi, a donarsi, e questa è la vostra vocazione. Non è spogliata; è contemporanea, forse ancora di più che nei tempi dei vostri fondatori quando si doveva dare se stessi per salvare gli schiavi dalla prigionia musulmana. Oggi ci vuole forse ancora una maggiore donazione di se stessi per liberare i nostri contemporanei, i nostri fratelli e le nostre sorelle dalle diverse schiavitù.
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