DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI PARTECIPANTI ALLA XXXV CONFERENZA
DELLA «CANON LAW SOCIETY OF GREAT BRITAIN AND IRELAND»
Venerdì, 22 maggio 1992
Cari amici,
1. Sono lieto di porgere il benvenuto in Vaticano ai membri della Canon Law Society of Great Britain and Ireland in occasione della vostra Trentacinquesima Conferenza Annuale. Quest’anno avete voluto tenere il vostro incontro a Roma per esprimere la vostra vicinanza alla Sede di Pietro, consapevoli come siete della natura eminentemente ecclesiale dei vari servizi che offrite nel vostro lavoro di canonisti. Vi saluto tutti nel Signore con affetto, e vi ringrazio per i vostri sforzi generosi e illuminati di servire la Chiesa attraverso lo studio e l’applicazione della sua legge.
Nei trentacinque anni dalla sua fondazione, la vostra Società ha cercato di promuovere lo studio del Diritto Canonico sia nei suoi aspetti teorici che nelle sue applicazioni pratiche. Mettendo la vostra dottrina e la vostra esperienza pastorale al servizio del popolo di Dio, avete contribuito grandemente al rinnovamento della vita ecclesiale auspicato dal Concilio Vaticano Secondo, e in particolare alla revisione del Codice di Diritto Canonico. Vi siete anche preoccupati di rendere più accessibile la legge della Chiesa attraverso la pubblicazione di una traduzione del Codice del 1983 e la pubblicazione di un commento ad uso degli studiosi, dei ministri parrocchiali, dei membri degli Istituti Religiosi e dei laici interessati.
2. Tra gli aspetti più significativi del rinnovamento del Diritto Canonico nel periodo successivo al Concilio, c’è stata una crescente preoccupazione che la lettera e lo spirito della legislazione canonica riflettano ancor più pienamente la peculiare natura della Chiesa quale sacramento di unione con Dio e di unità di tutto il genere umano (cf. Lumen gentium, 1). Il Concilio, nel ricordare che Cristo ha stabilito la Chiesa come società visibile, ha insistito sul fatto che la realtà di questa società terrena, dotata di strutture gerarchiche, non possa essere separata dalla sua realtà quale comunità spirituale e celeste di fede, speranza e amore: il Corpo Mistico di Cristo (cf. Ivi, 8). Poiché la struttura sociale della Chiesa è al servizio di un più profondo mistero di grazia e comunione, il Diritto Canonico - proprio in quanto legge della Chiesa, “ius Ecclesiae” - deve essere visto come unico nei propri mezzi e nei propri fini. La tradizione canonica naturalmente è ben consapevole della natura peculiare della disciplina legale della Chiesa, come risulta evidente dalla storia di istituzioni quali la dispensa e il diritto consuetudinario canonico, e lo sviluppo del concetto di “equità canonica”. Tuttavia, come dimostra la storia della vostra scienza, la teoria e la pratica canonica hanno sempre bisogno di essere ispirate da una sana comprensione ecclesiologica, ed è necessario impegnarsi costantemente per evitare ogni indebito adattamento delle norme e delle strutture ecclesiali all’ethos prevalente della società civile. Oggi come in passato i canonisti devono affrontare la sfida di non perdere mai di vista il mistero di grazia e verità che il loro lavoro deve servire e promuovere.
Solo alla luce di una sana valutazione del mistero della Chiesa, il Diritto Canonico diverrà, come deve essere, uno strumento efficace per il continuo rinnovamento della vita ecclesiale. Fecondi periodi di rinnovamento nella Chiesa sono stati spesso accompagnati dal desiderio di recuperare l’autentica disciplina della tradizione cattolica, così come è stata custodita e trasmessa nei “sacri canoni”. La conoscenza dei risultati della lunga esperienza della Chiesa nell’adattare le proprie leggi alle mutevoli necessità del popolo di Dio, è infatti un indispensabile punto di riferimento per gli sforzi che essa compie al fine di venire incontro alle sfide del tempo presente con saggezza e prudenza. Oggi in particolare si avverte la necessità di un’equilibrata valutazione della costante dialettica nella vita della Chiesa tra la guida infallibile dello Spirito Santo e le esigenze della fedeltà alla Legge della Nuova Alleanza e di una più profonda comprensione dell’obiettivo sociale di quei “diversi doni gerarchici e carismatici” (Lumen gentium, 4), che lo Spirito ha concesso alla Chiesa. Quali canonisti, la vostra comprensione di queste tensioni creative all’interno del Corpo di Cristo può contribuire non solo alla sviluppo di una sana riflessione ecclesiologica, ma anche, in modo essenzialmente pratico, al buon funzionamento delle diverse strutture che consentono ai fedeli di rispondere fedelmente alla loro vocazione soprannaturale e di partecipare pienamente alla missione della Chiesa.
3. Negli ultimi anni, gran parte del lavoro della vostra Società è stato dedicato alla corretta interpretazione e all’applicazione delle norme contenute nel Codice di Diritto Canonico del 1983.
Come ho osservato al tempo della sua promulgazione, il nuovo Codice, in un certo senso, rappresenta un grande sforzo per tradurre la dottrina ecclesiologica del Concilio Vaticano Secondo in termini canonici, e di conseguenza le sue norme vanno sempre viste in relazione con l’immagine della Chiesa descritta dal Concilio (cf. Costituzione apostolica Sacrae disciplinae leges, 25 gennaio 1983). La sfida posta dal compito di interpretare correttamente la legislazione contenuta nel Codice esige una disponibilità a fare spesso riferimento ai documenti in cui l’insegnamento del Concilio è esposto autorevolmente, in modo da comprendere più profondamente tale dottrina e da eliminare qualsiasi interpretazione falsa o unilaterale che possa sorgere. Il lavoro di interpretazione deve essere sempre governato dai principi esposti nello stesso Codice, in armonia con la tradizione canonica (cf. CIC, can. 6 § 2), che attribuisce una decisiva importanza al “significato proprio delle parole considerato nel testo e nel contesto” (CIC, can. 17), inteso in vista della “ratio legis” e in relazione alle intenzioni del legislatore. Infine la vostra preoccupazione di una fedele interpretazione del Codice è al servizio della Chiesa in quanto contribuisce a una migliore comprensione del Concilio stesso, e quindi a una più efficace applicazione del suo insegnamento.
L’opera di interpretazione esige per sua natura una solida conoscenza della storia della dottrina canonica, soprattutto riguardo all’evoluzione della corrispondente giurisprudenza. Coloro ai quali è stata affidata l’applicazione della legge della Chiesa dovranno senza dubbio aver familiarità con le diverse disposizioni della legge positiva, ma dovranno anche essere in grado di apprezzare la ricca tradizione su cui si è evoluta la legge attuale. È inoltre essenziale che comprendano chiaramente la materia e i metodi propri del Diritto Canonico, per poter in tal modo valutare l’importanza, come pure i limiti, delle osservazioni tratte da altre scienze che ad essa si rapportano. Sono grato per la sollecitudine che la vostra Società ha mostrato nei confronti di un’adeguata formazione dei futuri canonisti e della promozione dell’interesse degli studiosi verso la legge: queste preoccupazioni rappresentano un aspetto importante del vostro servizio alla Chiesa.
4. Cari amici, siete impegnati in un servizio che per sua natura è fondamentalmente pastorale, in quanto cerca di rafforzare i legami di comunione nella Chiesa attraverso la fedeltà al Vangelo e la promozione della giustizia. Molto spesso, in questo compito delicato e importante, siete chiamati ad essere araldi della “parola di riconciliazione” (2 Cor 5, 19) e a portare conforto e speranza in fragili situazioni di debolezza umana e di peccato. Ovunque svolgiate il vostro lavoro - nelle aule scolastiche, negli uffici e nei tribunali - ricordate sempre la natura eminentemente pastorale di tutta la legge ecclesiale che, mentre non deroga mai dalle esigenze della verità, ha come obiettivo finale la salvezza delle anime (cf. CIC, can. 1752). Prego affinché il vostro lavoro a favore del popolo di Dio attraverso la fedele applicazione del Diritto Canonico, serva sempre a costruire la Comunione del Corpo di Cristo nella fede, nella speranza e nell’amore, e contribuisca ancor più efficacemente alla proclamazione del Vangelo e della sua verità salvifica agli uomini e alle donne del nostro tempo.
Con questi sentimenti affido tutti voi all’amorevole intercessione di Maria, Specchio della Giustizia, e vi imparto di cuore la mia benedizione apostolica come pegno di gioia e pace duratura in Gesù Cristo suo Figlio.
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