VIAGGIO APOSTOLICO IN UNGHERIA
DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI VESCOVI UNGHERESI
Vescovado di Gyor - Sabato, 7 settembre 1996
Venerati Fratelli nell’Episcopato!
1. Sono lieto di incontrarvi nel corso di questa mia seconda visita alla diletta Nazione ungherese. Pur nella sua brevità, questo soggiorno fra voi mi offre l’opportunità di sperimentare la verità delle parole del Salmo: “Ecce quam bonun et quam iucundum habitare fratres in unum” (Sal 132, 1).
Sono tra voi per condividere le vostre preoccupazioni e le vostre speranze in questo particolare momento storico. Sono tra voi per ringraziare il Signore per il cammino sinora compiuto dalla vostra Nazione. Come altri Paesi provati dalle sofferenze di un difficile passato, anche l’Ungheria s’è avviata sulla promettente via del rinnovamento. Via promettente, ma ardua, così da giustificare momenti di trepidazione e di perplessità, quando non anche di scoramento. Sono qui, oggi, con voi per portarvi la testimonianza della mia solidarietà e del mio sostegno.
Vocazione e compito di ciascuno di voi è di condurre il popolo a voi affidato verso “i nuovi cieli e la terra nuova”, di cui parla la Scrittura (cf. Ap 21, 1; 2 Pt 3, 13). Restate saldi in questa vocazione; siate per i vostri compatrioti, che per secoli hanno difeso l’Europa cristiana senza mai perdere la speranza, i coraggiosi amministratori del Vangelo di Dio, veicolo di salvezza per tutti gli uomini. Dio, nella sua misteriosa Provvidenza, vi ha affidato questo compito. Accoglietelo con fiducia e chiedete a Lui la forza della perseveranza.
2. Custodite soprattutto l’integrità della Parola di Dio e dell’insegnamento cristiano. Le generazioni cresciute negli ultimi decenni, a causa dell’erronea visione dell’uomo e della storia imposta dalle dittature, si sono allontanate nel pensiero, oltre che nel linguaggio e nello stile di vita, dalla tradizione cristiana. Molti diffidano della Chiesa e del suo insegnamento. Delusi nelle loro aspettative, ritengono scontata l’affermazione, oggi diffusa, secondo la quale la Chiesa è realtà non solo marginale, ma praticamente superflua. Essa, infatti, non avrebbe nulla da offrire per l’esistenza sulla terra, l’unica che per essi conta. In questo contesto, ampiamente inquinato da dottrine ingannatrici (cf. 1 Tm 4, 1), si svolge il vostro impegno pastorale. Come non avvertire l’urgenza di un rinnovato slancio apostolico che scuota le coscienze e le induca ad affrontare con sincerità gli interrogativi essenziali che l’uomo porta nel cuore? Queste terre dell’Europa centro-orientale hanno conosciuto nel passato un’autentica fioritura di martiri e di santi. Perché non sperare nella possibilità di una nuova primavera di vita cristiana?
3. Ho appreso con gioia che il Catechismo della Chiesa Cattolica è uscito in lingua ungherese e che nel contempo vengono avviati i preparativi per una nuova traduzione ed edizione della Bibbia. “La parola di Dio è viva, efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio” (Eb 4, 12). Essa splende per l’uomo di tutti i tempi come luce nel labirinto della vita.
Fate ogni sforzo perché la parola della Scrittura giunga nelle mani di tutti, anche se ciò richiede non pochi sforzi e sacrifici. Anche i sussidi elaborati per l’insegnamento della religione ai giovani sono quanto mai utili per evangelizzare una società fortemente secolarizzata com’è l’attuale. La redazione di manuali catechetici adatti alle varie età renderà possibile anche per la generazione secolarizzata degli adulti un’opportuna introduzione alle questioni di fede e di morale più attuali e scottanti. So che avete, altresì, curato la traduzione in lingua ungherese di non pochi documenti pontifici.
Di particolare importanza sono quelli riguardanti i temi fondamentali della dottrina teologica e morale. Oggi, poi, è necessario fare in modo che la buona Novella della salvezza ottenga anche nei media il posto che le spetta. Formate esperti nell’uso dei moderni mezzi di comunicazione. Di grande aiuto sarà pure una radio cattolica, che assicuri alla voce della Chiesa la possibilità di raggiungere i fedeli in tutto il territorio nazionale. Incoraggiate inoltre gli intellettuali credenti ad assumere pubblicamente posizione in favore della fede. Vale anche per loro la parola di Gesù: “Quello che vi dico nelle tenebre, ditelo nella luce, e quello che ascoltate all’orecchio predicatelo sui tetti” (Mt 10, 27).
4. Grande è la messe e pochi gli operai! In Ungheria il numero di sacerdoti, religiosi e religiose, in conseguenza anche delle restrizioni imposte dal passato regime, è piuttosto scarso. È urgente, pertanto, un rinnovato impegno nella pastorale vocazionale. Contemporaneamente, si rende anche indispensabile il ricorso all’apporto di laici seriamente formati e ripieni di zelo apostolico. Per l’annuncio del Vangelo debbono essere impegnate tutte le forze. Ciascuno si senta impegnato a diffondere con gioia la parola di verità; essa porterà frutti nella vita delle generazioni future. Il granello di senapa del Vangelo deve essere seminato oggi per diventare, a suo tempo, secondo la provvidenza di Dio, un albero grande.
La Chiesa è stata fondata da Cristo per diffondere la buona Novella in tutti gli angoli della terra. Essa è Cristo che vive nei secoli, il popolo di Dio pellegrinante verso la patria celeste. In questo esodo di salvezza siamo sorretti dalla speranza e dalla forza rinnovatrice dello Spirito Santo. La sua presenza operosa ci è assicurata dalla promessa di Cristo (cf. At 1, 7-8). Non manchiamo, dunque, di fiducia anche in mezzo agli insuccessi, ma continuiamo con ottimismo a gettare la rete.
5. Particolare attenzione dovrà essere riservata ad alcuni grandi problemi del momento, soprattutto in ambito sociale. Nelle scorse settimane la vostra Conferenza ha pubblicato, al riguardo, un ampio documento dal titolo: “Un mondo più giusto e più fraterno”. Esso è indirizzato non solo ai cattolici, ma anche a tutti gli uomini di buona volontà. Confido che il testo sia occasione di un fecondo confronto tra quanti hanno a cuore il vero bene del Paese, così che gli stimoli da voi offerti maturino in concrete iniziative nei fondamentali settori sociali presi in esame.
Cari e venerati Fratelli nell’episcopato, come araldi del Vangelo siate difensori dell’uomo, creato ad immagine di Dio e redento dal sangue di Cristo. Siate soprattutto difensori della vita umana. Si ha talvolta l’impressione che siano rimasti quasi soltanto i cristiani a battersi per la tutela della vita. Oggigiorno la società consumistica ed edonistica mette in pericolo soprattutto la vita non ancora nata e quella sul far del tramonto. È compito dei credenti promuoverne il valore e difenderla con le parole e con le azioni. La Chiesa ha una speciale vocazione nel servire la vita, soprattutto davanti ai pericoli della cultura della morte.
Un altro importante capitolo è costituito dalla difesa dei più deboli, a cominciare dalle minoranze: penso alla minoranza di vostri compatrioti presenti in altri Paesi, come ai gruppi etnici diversi che vivono qui in Ungheria e fra questi soprattutto ai profughi. Difendere e promuovere l’uomo, ogni uomo, è condizione indispensabile per l’annuncio del Vangelo. Accanto alla tutela della vita umana, sia vostra cura difendere la famiglia, che costituisce la base di ogni società sana e la fonte del futuro di ogni nazione.
Non è forse compito della Chiesa fare tutto il possibile perché si conservi l’istituzione del matrimonio come ordinamento voluto da Dio e come fondamento portante della stessa concordia civile? Bene fate voi, pertanto, a ricordare spesso che l’Ungheria avrà un futuro solo se le famiglie della vostra amata Patria si mettono al servizio della vita. Quest’anno, in Ungheria la scuola cattolica ha compiuto mille anni.
Quante generazioni si sono formate alla scuola del Vangelo! È un’eredità che va conservata. Educate soprattutto i giovani al rispetto di questo patrimonio glorioso, che costituisce il fondamento più solido per la costruzione di quella “casa comune europea” che tanti oggi auspicano. Le scuole che preparano i vostri figli alla vita nel segno del Vangelo assicurano all’Ungheria un posto nel terzo millennio; questo paese diventerà di nuovo un giardino ornato di fiori, un Paese di santi.
6. Venerati Fratelli nell’episcopato, un sintomo preoccupante del nostro tempo è che molte persone hanno perso il senso della colpa e del peccato. Se l’uomo non riconosce più la sua peccaminosità, non è più in grado d’essere perdonato e di ricevere la riconciliazione. Il pericolo dei nostri giorni è che l’uomo, sostituendosi a Dio, voglia decidere da solo ciò che è bene e ciò che è male. È la ribellione antica che riemerge. Di fronte ad essa, misericordioso e fermo deve essere il nostro atteggiamento di Pastori, sempre memori delle parole di Cristo: “Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati; io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori a convertirsi” (Lc 5, 31-32).
Occorre una grande capacità di pazienza e di perseveranza. Con l’accoglienza e la comprensione noi dobbiamo disporre i cuori ad aprirsi all’azione della grazia, che invita alla conversione. Se è vero che il pentimento è un’iniziativa personale nella quale non sono possibili deleghe, è però indiscutibile l’aiuto che può venire in questa materia dalla parola fraterna, dall’esempio e dalla preghiera.
Il nostro cuore deve, perciò, essere pronto ad accogliere come fratelli e sorelle tutti, anche coloro che hanno abbandonato la pratica religiosa e, al momento, non sono ancora disposti a pentirsi. La condanna del peccato e dell’infedeltà va di pari passo con la comprensione verso l’errante e il peccatore.
7. È tenendo ben saldi questi principi dottrinali e morali che voi potrete contribuire a conservare e sviluppare il patrimonio cristiano della Nazione ungherese. I valori accumulati in oltre mille anni di storia costituiscono un patrimonio che gli ungheresi per primi devono amministrare. Se essi non vi si impegneranno, chi lo farà per loro? Altri non lo faranno per loro. Voi, che come cittadini siete parte della Nazione e come successori degli Apostoli siete capi del popolo di Dio, avete al riguardo una speciale responsabilità.
Promuovete in modo particolare la venerazione dei vostri Santi. In essi si riassume il meglio della vostra storia millenaria. Il loro esempio deve essere riproposto alle nuove generazioni. La santità autentica non passa mai di moda. Nella vita dei Santi ungheresi è possibile ammirare la fede intrepida e l’audacia apostolica, la nobiltà dell’animo e l’umiltà del cuore, lo spirito di penitenza e il servizio ai poveri, agli ammalati, agli ultimi. Non mancano tra loro rappresentanti di ogni ceto sociale, che hanno saputo essere testimoni di Cristo in ogni situazione, compresa anche quella del sacrificio supremo.
8. Sforzatevi, a vostra volta, di confortare il vostro insegnamento con la coerenza della vita. Ricorderete in tal modo ad ogni battezzato che universale è la chiamata alla santità. “Siate santi perché io, il Signore, Dio vostro, sono santo” (Lv 19, 2).Sono note le parole del Signore: “Siate dunque perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste” (Mt 5, 48).
Ciò che scrive l’Apostolo delle genti a Timoteo vale per tutti i Vescovi: “Ma tu, uomo di Dio . . .; tendi alla giustizia, alla pietà, alla fede, alla carità, alla pazienza, alla mitezza... per la quale hai fatto la tua bella professione di fede davanti a molti testimoni” (1 Tm 6, 11-12). “Sii esempio ai fedeli nelle parole, nel comportamento, nella carità, nella fede, nella purezza... non trascurare il dono spirituale che è in te e che ti è stato conferito con l’imposizione delle mani da parte del collegio dei presbiteri” (1 Tm 4, 12-15). È così che potrete efficacemente svolgere il vostro apostolato, seguendo le illuminate indicazioni del Decreto conciliare Christus Dominus sull’ufficio pastorale dei Vescovi nella Chiesa.
9. Venerati Fratelli nell’episcopato, vorrei aggiungere ancora una parola. Nel 1993 sono state ristrutturate le diocesi del vostro Paese. Tale passo, resosi necessario per esigenze pastorali, non deve in nessun modo indebolire la comunione tra tutti i credenti. Anzi, essi devono, sotto la cura del Vescovo, trovare e conservare lo spirito dell’autentica “communio”, sentendo in profondità la propria appartenenza al Corpo Mistico di Cristo e la conseguente responsabilità che li lega gli uni agli altri (cf. Christus Dominus, nn. 16, 22, 23).
L’esperienza di questi anni ha posto, inoltre, in evidenza l’importanza di una pastorale organica e coordinata. Proprio da questo punto di vista si giustifica appieno il ruolo delle Conferenze episcopali. Sia, pertanto, vostro impegno di affrontare insieme - in sede di Conferenza - i problemi pastorali di rilevanza nazionale, per analizzarne accuratamente le componenti e deciderne concordemente le soluzioni, secondo quanto dispone lo stesso Decreto Christus Dominus (cf. n. 37) e le norme canoniche vigenti.
Ciò renderà più efficace il vostro ministero di pastori. Nel vostro Paese sono numerosi i credenti in Cristo appartenenti ad altre Confessioni cristiane. Soleva ripetere il mio venerato predecessore il Papa Giovanni XXIII: Dobbiamo cercare ciò che ci unisce e non quello che ci separa. Mai venga meno in voi l’anelito verso la piena unità dei cristiani. Il concorde impegno delle Chiese e delle Comunità cristiane ridonderà a beneficio dell’intera vostra Nazione. Il Signore assista e corrobori la vostra sollecitudine ecumenica e vi guidi in ogni iniziativa che intraprenderete con tutti gli uomini di buona volontà al fine di conservare e promuovere la pace.
La memoria dei vostri Confratelli, che in decenni di prove hanno sofferto per difendere la fede e favorire l’intesa tra i cittadini, mentre è per voi motivo di legittima fierezza, diventi anche sorgente di ispirazione e di orientamento per le decisioni da assumere nelle nuove circostanze.
10. Vorrei terminare invitandovi, venerati e cari Fratelli nell’episcopato, ad unirvi con me nel porre ogni fiducia nella Vergine Santissima, nella “Magna Domina Hungarorum”. Come già fece il primo santo re Stefano, che pose il futuro del suo popolo sotto la tutela della Madre di Dio, anche oggi vorrei rinnovare con voi questo atto di corale affidamento al suo Cuore Immacolato. Maria sia sempre speranza del vostro Paese e sotto la sua protezione viva e progredisca l’Ungheria con tutti i suoi figli.
Avvaloro questi voti con una speciale Benedizione Apostolica.
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