VIAGGIO APOSTOLICO
DI SUA SANTITÀ GIOVANNI PAOLO II
A CUBA (21-26 GENNAIO 1998)
INCONTRO CON I RAPPRESENTANTI
DI ALTRE CONFESSIONI RELIGIOSE RICEVUTI
NELLA NUNZIATURA A LA HABANA
MESSAGGIO DI GIOVANNI PAOLO II
Solennità della Conversione di San Paolo
La Habana, 25 gennaio 1998
1. In questo importante giorno mi è gradito ricevere voi, rappresentanti del Consiglio delle Chiese di Cuba e di diverse confessioni cristiane, accompagnati da alcuni esponenti della comunità ebraica che partecipa al Consiglio in qualità di osservatore. Vi saluto tutti con grande affetto e vi assicuro della gioia che mi dà questo incontro con coloro con i quali condividiamo la fede nel Dio vivo e vero. L'ambiente favorevole ci fa dire fin dall'inizio: «Ecco quanto è buono e quanto è soave che i fratelli vivano insieme!» (Sal 132, 1).
Sono venuto in questo Paese come messaggero della speranza e della verità, per infondere coraggio e confermare nella fede i Pastori e i fedeli delle diverse Diocesi di questa Nazione (cfr Lc 22, 32), ma ho voluto anche che il mio saluto giungesse a tutti i cubani, quale segno concreto dell'amore infinito di Dio per tutti gli uomini. In questa visita a Cuba — come sono solito fare nei miei viaggi apostolici — non poteva mancare questo incontro con voi, per condividere gli sforzi volti a ristabilire l'unità fra tutti i cristiani e a rendere più stretta la collaborazione per il progresso integrale del popolo cubano, tenendo conto dei valori spirituali e trascendenti della fede. Questo è possibile grazie alla comune speranza nelle promesse di salvezza che Dio ci ha fatto e manifestato in Cristo Gesù, Salvatore del genere umano.
2. Oggi, solennità della Conversione di San Paolo, l'Apostolo «conquistato da Gesù Cristo» (Fil 3, 12), che da quel momento dedicò le sue energie a predicare il Vangelo a tutte le nazioni, conclude la Settimana di preghiera per l'unità dei cristiani che quest'anno abbiamo celebrato con il motto «Lo Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza» (Rm 8, 26). Con questa iniziativa, che è stata avviata molti anni fa e che ha assunto un'importanza sempre più grande, non solo si vuole richiamare l'attenzione di tutti i cristiani sul valore del movimento ecumenico, ma si vogliono anche sottolineare in modo pratico e inequivocabile i pilastri su cui devono fondarsi tutte le sue attività.
Questa circostanza mi offre l'opportunità di riaffermare, in questa terra suggellata dalla fede cristiana, l'irrevocabile impegno della Chiesa a non desistere dalla sua aspirazione alla piena unità dei discepoli di Cristo, ripetendo costantemente con Lui: «Padre... siano anch'essi in noi una cosa sola» (Gv 17, 21), obbedendo così alla sua volontà. Questo non deve mancare in nessun angolo della Chiesa, qualunque sia la situazione sociale in cui essa si trova. È vero che ogni nazione possiede una propria cultura e una propria storia religiosa e che le attività ecumeniche hanno pertanto nei diversi luoghi, caratteristiche distinte e peculiari, ma, al di là di tutto, è molto importante che le relazioni fra tutti coloro che condividono la fede in Dio siano sempre fraterne. Nessuna contingenza storica e nessun condizionamento ideologico o culturale dovrebbero intorpidire queste relazioni, il cui nucleo centrale e il cui fine devono essere unicamente al servizio dell'unità voluta da Gesù Cristo.
Siamo consapevoli che il ritorno alla piena comunione esige amore, coraggio e speranza, elementi tutti che nascono dalla preghiera perseverante, fonte primaria di qualsiasi impegno veramente ispirato dal Signore. Per mezzo della preghiera, mentre si favorisce la purificazione dei cuori e la conversione interiore, necessarie per riconoscere l'azione dello Spirito Santo come guida delle persone, della Chiesa e della storia, si promuove altresì la concordia, che trasforma le nostre volontà e le rende docili alle sue ispirazioni. In tal modo si alimenta anche una fede sempre più viva. È questo lo Spirito che ha guidato il movimento ecumenico e a questo stesso Spirito si devono attribuire i considerevoli progressi ottenuti, con il superamento di quei periodi in cui le relazioni fra le comunità erano contraddistinte dall'indifferenza reciproca, sfociata in certi luoghi in aperta ostilità.
3. L'intensa dedizione alla causa dell'unità di tutti i cristiani è uno dei segni di speranza presenti in questa fine secolo (cfr Tertio Millennio adveniente, 46). Lo si può applicare anche ai cristiani di Cuba, chiamati non solo a proseguire il dialogo in spirito di rispetto, ma a collaborare di comune accordo a progetti congiunti che aiutino tutta la popolazione a progredire nella pace e a crescere nei valori essenziali del Vangelo, che conferiscono dignità alla persona umana e rendono più giusta e solidale la convivenza. Tutti siamo chiamati a mantenere un quotidiano dialogo della carità che fruttificherà nel dialogo della verità, offrendo alla società cubana l'immagine autentica di Cristo e favorendo la conoscenza della sua missione redentrice per la salvezza di tutti gli uomini.
4. Desidero inoltre rivolgere un saluto particolare alla Comunità ebraica qui rappresentata. La sua presenza è una prova eloquente del dialogo fraterno orientato a una maggiore conoscenza fra ebrei e cristiani, che da parte cattolica è stata promossa dal Concilio Vaticano II e continua a diffondersi sempre più. Noi condividiamo con voi un patrimonio spirituale comune, che affonda le sue radici nelle Sacre Scritture. Che Dio, Creatore e Salvatore, sostenga gli sforzi intrapresi per camminare insieme! Che, incoraggiati dalla Parola divina, possiamo progredire nel culto e nell'amore fervido verso di Lui e che ciò si prolunghi in un'azione efficace a favore di ogni uomo.
5. Per concludere, desidero ringraziarvi per la vostra presenza in questo incontro, mentre chiedo a Dio di benedire ognuno di voi e le vostre Comunità, di custodirvi lungo il vostro cammino per annunciare il suo Nome ai fratelli, di mostrarvi il suo volto in mezzo alla società che servite e di concedervi la pace in tutte le vostre attività.
La Habana, 25 gennaio 1998. Solennità della Conversione di San Paolo.
IOANNES PAULUS PP. II
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