Index   Back Top Print

[ IT ]

CELEBRAZIONE DEI SECONDI VESPRI NELLA SOLENNITÀ DI PENTECOSTE

OMELIA DEL SANTO PADRE GIOVANNI XXIII*

Basilica Vaticana
Domenica, 17 maggio 1959

 

Venerabili Fratelli, e diletti figli,

Volge il settimo mese dall'inizio della Nostra missione pontificale. Giusto il tempo che basta allo svolgimento completo delle solennità dell'anno liturgico.

Dall'Avvento alla Pentecoste: dall'annuncio di Betlemme al trionfo dello Spirito Santo, della Chiesa, Una, Santa, Cattolica ed Apostolica.

Gli umili pastori della collina, veglianti nella notte misteriosa, eccoli divenuti pastori della Chiesa universale, che si estende da un polo all'altro del mondo, da un secolo all'altro della storia dei popoli.

Nel culto liturgico di ogni anno è dato ai nostri occhi di rivedere quei grandi avvenimenti: è dato di rigustarne ai nostri cuori la significazione: è il revivificarsi del nostro spirito nella grazia che ci santifica e ci eleva.

Oh! che bellezza questo rinnovarsi in noi dei doni celesti dello Spirito Santo che ci assicurano le glorie immortali. Tutta la storia della Chiesa è là. La esperienza del passato, la realtà del presente, la visione dell'avvenire: tutto è là.

Questa vicenda della nostra vita personale e sociale, come individui e come componenti il grande corpo vivente della Chiesa Cattolica, è intessuta di gioie e di pene, di consolazioni e di amarezze.

Vi sarà gradito sentir dire delle consolazioni; non rifuggirete dal partecipare con Noi alle tristezze più gravi della Nostra immensa sollecitudine pastorale, estesa a tutte le regioni della terra.

Ecco il Nostro gaudio sereno. Sulla fine di gennaio, nella festa della Conversione di San Paolo annunciavamo il progetto della celebrazione di un Concilium oecumenicum, che dovrebbe convocare, come a Pentecoste novella, innanzitutto tutti i Vescovi della Chiesa, aventi comunione con la Sede Apostolica. Adunanza questa di immensa e profonda preparazione, riservata, con l'aiuto del Signore, a grande santificazione del clero, ad edificazione del popolo cristiano, e a spettacolo incoraggiante per quanti si elevano a pensieri di fede e di pace.

Ebbene eccoci, in data odierna 17 maggio 1959, festa di Pentecoste, al primo atto di questo straordinario impegno, cioè l'annuncio della Commissione Antipreparatoria del grande avvenimento. É una prima introduzione, cioè l'inizio di una serie di atti e di costituzioni, che suppongono preparazione di ricerche e di studi, a cui potranno dare voce tutte le lingue della terra. È ben naturale che per tutto ciò occorrano lunghi mesi di diffusa elaborazione.

Avremo modo e tempo di tornare sopra questo argomento, riservato a commuovere cielo e terra.

Accanto alla consolazione, eccovi un grande motivo di tristezza.

L'abituale serenità del Nostro tratto non la lascia trasparire. Ma, pur adorando la misteriosa volontà del Signore, il Quale « mortificat et vivificat, deducit ad inferos et reducit » [1], sentiamo vivo il bisogno di elevare la Nostra voce, perchè, tacendo, verremmo meno al mandato apostolico « Clama, ne cesses, quasi tuba exalta vocem tuam » [2].

Già Pio XII di v. m. ebbe più volte a lamentare le tristi condizioni della Chiesa in alcune Nazioni. E Noi, fin dai primi giorni del Nostro Pontificato, facemmo Nostri il suo lamento e la sua angoscia, di fronte al perdurare di una persecuzione, che colpisce milioni di fedeli, di differenti lingue e di varie regioni. In particolare nell'Allocuzione Concistoriale del 15 dicembre dello scorso anno, parlando di un popolo a Noi sommamente caro, indicammo al mondo, con carità e verità, come si volesse dolorosamente provocare uno scisma.

Con quanto dolore dobbiamo dire che la situazione della Chiesa in Cina sembra ancora peggiorata! Si vuole portare a consumazione il disegno di indurre i Nostri figli all'obbedienza di pastori non veri; si continua a premere sui cattolici per farli rinunziare alla dolce e salutare sudditanza al Vicario di Cristo; gli stessi templi, che erano sereno rifugio dell'anima, non di rado sono trasformati in luoghi di insidia.

Vogliamo inoltre far menzione di un'altra pena, che profondamente Ci affligge. Nella nobile e diletta Ungheria il governo dei Vescovi è costretto a svolgersi in condizioni sempre più dure e difficili, a causa delle interferenze, delle imposizioni, dei divieti che lo ostacolano. Degnissimi Presuli, tra i quali un illustre membro del Sacro Collegio, sono tenuti segregati dall'amato gregge; altri si trovano nell'impossibilità di provvedere adeguatamente alle esigenze dei fedeli, ostacolati come sono di valersi liberamente del ministero del loro clero; molte difficoltà sono frapposte alla formazione e all'educazione dei candidati al sacerdozio. É da temere che da queste anormali condizioni si tragga ora occasione per giustificare ulteriori indebiti interventi dell'autorità civile nella vita della Chiesa, esigendo dai Pastori atti che la loro coscienza non può accettare; anzi pretendendo intrudere, a guida e governo del gregge di Cristo, Nostro Signore, ecclesiastici non scelti da questa Sede Apostolica.

Venerabili Fratelli e diletti figli! Pur fra tanta tristezza, la Nostra speranza è fondata in Colui, che, nell'istituire la sua Chiesa, non ne ha voluto escludere la prova e la persecuzione. A Lui sale il grido della fiduciosa speranza : « Etenim universi, qui sperant in te, non confundentur: ...reminiscere miserationum tuarum, quae a saeculo sunt » [3]. A Lui si alza l'incessante preghiera, per ottenere costanza e fermezza ai fratelli perseguitati, e luce, perdono, conversione agli infelici persecutori, « che non sanno quello che si fanno » [4].

L'occasione propizia Ci è data in questa sera di raccoglimento e di adorazione. Lo Spirito, che nel suo avvento ha perfezionato, coi suoi doni soavi e forti, gli Apostoli, preparandoli alla testimonianza estrema dell'amore, discenda su tanti Nostri fratelli e figli, a consolarli, a suggerire loro le parole della fede, a farli sempre degni « pro nomine Iesu contumeliam pati » [5].

E discenda questo Spirito su tutti coloro, che, per benigna grazia di Dio, sono liberi di vivere, con gioia e dolcezza di spirito, nelle consolazioni della religione cattolica. Tutti li esortiamo, « in visceribus Iesu Christi », ad essere testimoni convinti della loro fede, a cooperare con la preghiera e la buona volontà all'avvento di tempi più sereni, a tenere lontano, con disciplina e fermezza, il pericolo che tutti circonda.

A tutti ancora ripetiamo le parole del Radiomessaggio natalizio: « È necessario vegliare nella notte che si addensa: saperci rendere conto delle insidie di quanti sono nemici di Dio prima che di noi, e prepararci ad ogni difesa dei principi cristiani, che sono l'usbergo della verace giustizia, ora e sempre » [6].

Vi ringraziamo, Venerabili Fratelli e diletti figli, di avere corrisposto stasera al Nostro desiderio, portandovi in questa Basilica a pregare il Paraclito insieme con Noi, secondo le Nostre intenzioni. E mentre il Nostro affetto abbraccia, con voi qui presenti, i fedeli di tutto il mondo, esso va in particolare a quanti, nelle difficoltà a cui abbiamo accennato, hanno oggi invocato la discesa liberatrice e rasserenatrice dello Spirito Santo.

E in pegno dei suoi doni settemplici, a tutti impartiamo di cuore la Nostra paterna propiziatrice Benedizione Apostolica, auspicio e certezza di tempi migliori.


* AAS vol. LI, 1959, pp. 419-422.

[1] 1 Sam. 2, 6.

[2] 2 Is. 58, 1.

[3] Ps. 24, 3, 6.

[4] Luc. 23, 34.

[5] Act. 5, 41.

[6] A. A. S. LI. [1959], p. 11.

 



Copyright © Dicastero per la Comunicazione - Libreria Editrice Vaticana