LETTERA
QUANTI SIETE
DEL PAPA GIOVANNI XXIII
QUALE PATERNO APPELLO
AI FEDELI DI ROMA IN OCCASIONE
DELL'APPROSSIMARSI DEL
CONCILIO ECUMENICO VATICANO II
I
Invito a tutti
Venerabili Fratelli
e diletti figli di Roma:
quanti siete collaboratori Nostri nella cura più diretta delle anime in questa città, attraverso l'organizzazione del Vicariato, l'amministrazione delle parrocchie antiche, nuove e nuovissime;
quanti partecipate alle sollecitudini del governo della Chiesa universale nei dicasteri, congregazioni, tribunali e uffici della Romana Curia con azione attenta e vigorosa, che di qua si distende a beneficio ed in servizio di tutte le nazioni del mondo;
quanti, religiosi e fedeli, uomini e donne, siete specialmente consacrati al culto del Signore, all'onore della castità, all'esercizio ed alle forme e fondazioni della carità spirituale e corporale, espressa dalle opere molteplici della misericordia indicateci da Gesù nel Vangelo suo;
quanti del laicato cattolico costituenti la moltitudine grande di questa prima diocesi del mondo, da cinquant'anni a questa parte quadruplicata di abitatori, di quartieri di moderna fisionomia, di attività lavorative, di attrazioni possenti in ogni senso, pericolose alcune, nobili ed incoraggianti molte altre;
quanti siete — amiamo accentuare l'appellativo — Venerabili Fratelli e figli Nostri dilettissimi, vogliate porgere l'ascolto cortese, ed aprire il cuore ad una parola non ignota a voi, ma che questa volta intende toccare più vivamente tutta la vostra attenzione su un argomento di singolarissima gravità e straordinaria solennità ed importanza.
Vogliamo dirvi del Concilio Ecumenico Vaticano II, la cui aspettazione è ansiosa esultanza del mondo intero.
La semplicità dell'annunzio che se ne fece sulla fine di gennaio del 1959 — festa della Conversione di S. Paolo, — la spontaneità dell'accoglienza di cui da tutti i punti della terra fu onorato, Ci fa veramente dire: A Domino factum est istud: et est mirabile in oculis nostris (1). La storia dei Concilii Ecumenici, come dire Concilii universali di tutta la cristianità, celebrati in venti secoli in Oriente ed in Occidente, da Nicea nel 325, sino al Vaticano I del 1869-70, questa storia non ci riferisce che alcuno, neppure quello di Trento, il più insigne dei tempi moderni, abbia suscitato un'impressione così viva e vibrante dal suo annunzio e dalla sua preparazione, come questo nostro Vaticano II al suo semplice presentarsi all'attenzione di tutte le genti.
Benediciamone la Provvidenza, che assiste la Chiesa santa di Gesù, suo divino Fondatore.
II
Parola confidente circa la precipua responsabilità e i compiti d'onore dei Romani innanzi al Concilio
È evidente che quanti sono e si professano fedeli alla Chiesa santa e devoti alla autentica tradizione apostolica, debbano saper misurare il grado della loro cooperazione al buon successo — con l'aiuto del Signore — del grande avvenimento.
La data dell'11 ottobre — in festo Maternitatis Beatae Mariae Virginis — mese per mese, giorno per giorno, si avvicina.
Riguardando quella data, da questo mattino luminoso e promettente, che preludia i gaudi della Pasqua cristiana, è ben naturale che ogni schietto Romano, che vive in alta o modesta posizione di servizio al ministero sacro della Chiesa, si faccia coscienza del proprio dovere per il buon risultato del Concilio, e che si stringa più da vicino al successore di Pietro, che secondo le precise designazioni di Gesù, presiedette alla prima Pentecoste cristiana, e pochi anni dopo al Concilio di Gerusalemme, supplicandolo che ancora suggelli con la sua presenza e con la sua parola conclusiva gli ordinamenti della Ecumenica Assemblea. Diletti figli di Roma, siete voi pronti e ben disposti a seguire la Nostra umile ma fiduciosa attività, con tale slancio di cooperazione da potervene poi compiacere innanzi ai vostri fratelli di tutta la terra? Non ne dubitiamo affatto: anzi, Ce ne teniamo altamente sicuri.
III
Familiarità del Papa con i suoi figli - Incontri - Visite alle Congregazioni - Sinodo Diocesano
É già invero con questa sicurezza nel cuore, sorretta dalla fiducia nel Signore, che fino dalle prime settimane del Nostro Pontificato — dite meglio con Noi, del Nostro servizio pastorale — guardando a questa Roma fatta così nobile e grande dagli uomini, ma soprattutto fulgente nella luce di Cristo e dei santi suoi apostoli, martiri, dottori, qui convenuti, e di qua partiti, e sempre in partenza per tutti i punti dell'universo, potemmo coltivare con fervore confidente questo grande progetto del Concilio. A misura che i contatti quotidiani si moltiplicarono con i vari ordini di persone ecclesiastiche e laiche, che a Roma vivono e si occupano della Santa Chiesa e per la Santa Chiesa — prelati, sacerdoti, religiosi, uomini di scienza e di apostolato, romani autentici e italiani, uomini appartenenti a tutte le nazioni del mondo — il disegno primitivo prese consistenza, estensione e incoraggiamento.
Potemmo presto renderci conto del contributo spirituale e potente per la realizzazione moderna di un Concilio Ecumenico, che innanzi tutto le energie di Roma, le più vicine alla cattedra apostolica, al soffio benefico della grazia avrebbero potuto rendere.
LasciateCi ricordare — perchè Ci, stanno ancora nel cuore — le impressioni che Ci vennero dal Nostro contatto semplice e familiare che una buona ispirazione Ci procurò, dalla visita personale ai collaboratori Nostri di Vescovo di Roma e di Pontefice della Chiesa universale, negli ambienti stessi del loro quotidiano lavoro: così al Vicariato, come alle Congregazioni Romane ed a tutti gli Uffici della Santa Sede.
Oh ! la dolcezza dei pensieri e dei sentimenti che Ci allietarono intimamente in quella occasione indimenticabile.
Vi sono circostanze e momenti della vita da cui scaturiscono come d'improvviso emozioni inattese. E ciò che accadde allora.
Da uno spontaneo desiderio di conoscere de visu l'interno delle recenti costruzioni presso il palazzo apostolico — giustamente dette propilei — apprestate a sede di parecchi Dicasteri della Santa Sede, spuntò come fiore — chiamiamolo pure flos hiemalis — il pensiero di estendere la visita al personale stesso degli Uffici, per un incontro con le numerose ed elette anime sacerdotali che, disposte nei vari gradi della Romana prelatura, vi occupano anni promettenti e fruttuosi di una vita di collaborazione al ministero della Chiesa universale.
Piace sempre ricordare la bella espressione: Papa dicitur quasi amabilis pater. É nostro dovere di esserlo sempre.
Esserlo davvero, questo è il primo compito del Papa per goderne il beneficio comune, condiviso da lui e dai suoi buoni figliuoli, come in famiglia ordinata e contenta.
Così avvenne — lo ricordate? — entro il periodo di tempo dal 4 al 31 gennaio 1961, la visita delle Sacre Congregazioni; e chi vi ha assistito può dire con quale effusione di scambievole cordialità semplice e lieta. Gioia rispettosa e pia innanzi al non consueto Visitatore, familiarità contenuta nel suo passaggio e nel rispondere alle interrogazioni che Egli rivolgeva a ciascuno, ne lasciarono segno evidente e caro.
L'adempimento del compito perfetto del Papa, Vescovo di Roma innanzitutto, e insieme pastore della Chiesa universale, comporterebbe contatto più studiato ed esteso sotto forma di Visita Pastorale alla ricerca di tutti i suoi figli nelle singole parrocchie dell'Urbe.
Noi rammentiamo ancora con giovanile compiacimento i primi anni di Pontificato di Pio X (1903 e 1904), quando assistemmo nella basilica del Laterano all'aprirsi della Visita Pastorale che quel Santo aveva indetta come Vescovo di Roma.
Le circostanze dei tempi così dolorosi per la Chiesa impedirono che la persona del Papa vi prendesse parte, e tutto si ridusse ad una povera cerimonia di carattere ufficiale, con poca gente fatta venire di campagna per assistervi. Ed egualmente ricordiamo qualche gruppo di fedeli di alcune parrocchie che convenivano la domenica nel cortile di S. Damaso a vedere e a sentire il Papa spiegare il Vangelo in forma semplice e paterna, che tanto consolava i cuori.
Benediciamo il Signore, che pur fra motivi di pessimismo, che non mancano in nessun tempo e durano ancora e dureranno sempre, il contatto però col Vescovo di Roma, e padre di tutta la cristianità, ha assunto ormai proporzioni e offre motivi moltiplicati di conforto e di letizia familiare e santa.
Non solo il Papa può accogliere folle senza numero che a Lui convengono da Roma e dai più lontani orizzonti dell'universo: ma può recarsi nelle chiese della sua città episcopale, presso le case dei suoi figli, a doppio titolo prediletti, dell'Urbe.
Oh ! la consolazione e lo spettacolo delle visite a ben ventiquattro chiese, quasi tutte parrocchiali, in occasione delle quattro Quaresime trascorse con voi: che festa di cuori intorno al Pastor pastorum, acclamato, benedicente e benedetto dai suoi figliuoli più vicini del clero e del laicato ; così nei nuovi quartieri popolari della periferia, che al centro antico della città, a testimonianza della fede e della religione dei padri, sempre viva e capace di espandersi a misura che la coltivazione ne venga continuata e sia intensa e fervorosa.
IV
Dal Sinodo Diocesano al Concilio Ecumenico
La felicissima celebrazione del Sinodo Diocesano (24-27 gennaio 1960) con la quale la diocesi di Roma, ripiegandosi sopra se stessa, volto lo sguardo del suo clero e del suo popolo alla finalità più alta della sua vita religiosa e sociale, si apprestò con rinnovato fervore a proseguire il compito affidatole dalla Provvidenza celeste di punto centrale della cristianità, non fallì al suo impegno d'onore. Il Concilio Ecumenico — raduno universale delle più alte personalità e responsabilità della Santa Chiesa di Cristo — è ora pressoché alle porte. Tutto il mondo si appresta ad accoglierlo con rispetto. Le testimonianze di questo interessamento universale sono sorprendenti. Anche da parte dei fratelli separati dalla unità e dalla cattolicità continuano a pervenire sin qui le espressioni di una attesa rispettosa e confidente. Tutti i Vescovi cattolici del mondo hanno espresso il loro sentimento circa punti che interessano il pensiero e il vivere cristiano e cattolico e il dispiegamento da parte della Chiesa Santa di quelle energie, di cui il divino Fondatore l'ha fornita non solo per l'acquisto dei beni eterni, che sono i veri beni di questa e dell'altra vita, ma altresì a direzione e a verace progresso di ordine sociale, a prosperità e a pace degli individui, delle famiglie, dei popoli.
É in faccia a questo grande impegno che l'attitudine dei figli di Roma cattolica vuol essere indirizzata ed incoraggiata nella luce del prossimo Concilio.
V
Spirito rinnovato di più intensa preghiera
Quanti sono ecclesiastici di ogni grado da tempo sanno per quali vie si ascende alla familiarità col Signore, fonte di ogni grazia e di santificazione. Ad essi l'invito a tesoreggiare delle ricchezze ascose nel sacrificio Eucaristico quotidiano dell'altare e più recentemente alla recita, digne, attente ac devote, di quel poema sacro ed incantevole del Breviario, per la cui raccomandazione abbiamo ricevute espressioni riconoscenti e commosse da tutti i punti della terra. Né occorre aggiungere altro circa l'efficacia soavissima e potente della comunicazione intima con Gesù in Sacramento, adorato, invocato, benedetto dalle anime consacrate al culto della purezza, del sacrificio, del buon apostolato per la diffusione della sua carità sul mondo intero, per il pacifico trionfo del suo Vangelo. Il successo di un Concilio, come questo che è in preparazione, in concordia attiva e saggia di energie, assicura indubbiamente giorni migliori non solo per la Chiesa, ma per la umanità tutta.
Chi è padre di famiglia, e soprattutto chi è madre fortunata e benedetta, da cui dipende d'ordinario la direzione spirituale dell'ambiente domestico, voglia approfittare di questa grande occasione della preghiera per il Concilio suggerita e fatta recitare alle anime innocenti dei bambini
: meglio ancora dei sofferenti, se ve ne siano, degli afflitti dalle traversie della vita e dalle incertezze e dalle ansietà per l'avvenire. E il Rosario di Maria, oh ! che bel mazzo di fiori sarebbe sempre fra tutte queste variazioni di tenerezze e di afflizioni intrecciate piamente, meditando ed invocando la cara Madre celeste !
A questa preghiera saliente da tutte le parrocchie, da tutte le buone famiglie di Roma durante questa attesa del grande avvenimento, daranno tono di più vivace supplicazioni le numerose istituzioni religiose maschili e femminili, che sono tesoro sacro della Roma, vera capitale del mondo spirituale, e punto di raccolta e di irradiazione di sante e ardenti e innumerevoli attività di pietà, di cultura, di apostolato, di beneficenza. Esse rappresentano e danno le note più delicate all'accordo armonioso, espresso in quasi tutte le lingue dell'universo, che si levano dai sette colli fino al trono dell'Altissimo ad implorazione di divina benevolenza per il mondo intero.
VI
Richiami di vita spirituale di S. Gregorio Magno a preziosa indicazione di fervore
Accanto alla preghiera più intensa, a preparazione ansiosa dei grandi prodigi di grazia celeste, si deve congiungere, in questi mesi di attesa e poi durante gli altri che seguiranno, di celebrazione del Concilio, una cura attenta e delicata di vita spirituale. Chi è buon cristiano è buon intenditore.
Giusto in questa domenica prima di Passione, da cui è datata questa Nostra lettera, il Breviario Romano ci reca e fa leggere una pagina di S. Gregorio Magno, uno dei più illustri figli di Roma cristiana, dottore insigne, e Papa fra i più grandi della Santa Chiesa. Essa arriva in buon punto, come a tracciare le linee caratteristiche ad incremento e per l'avviamento deciso a perfezione di virtù eminenti di ogni cristiano, di ogni cattolico, di ogni Romano, sacerdote e laico che si rispetta, e quale dovrebbe risultare per ciascuno attraverso la penetrazione degli ordinamenti del Concilio Ecumenico.
Poche parole riassumono tutta la sostanza della grande trasformazione che Noi ci attendiamo per la persona e la famiglia di ciascuno, e per la vita sociale.
Esse sono passate nel Breviario di questa domenica dalla Omelia XVIII di papa Gregorio Magno « habita ad populum in basilica Sancti Petri apostoli: dominica in Passione ».
Riflettete, fratelli carissimi, alla mitezza del Signore. — E papa S. Gregorio che parla —. Ognuno di voi interroghi se stesso, se l'udito del cuore sente queste parole, e comprenderà che quelle voci vengono di là, cioè dal Signore. La somma Verità ci insegna e ci comanda (più cose): il desiderio della patria celeste: la disciplina, dei sensi: il declinare dalla gloria del mondo: il non ambire la ricchezza altrui: il profondere le ricchezze proprie in soccorso dell'altrui povertà (2).
Con questa indicazione di papa Gregorio restiamo bene intesi, diletti figli. Oltre la preghiera proseguita più viva e vibrante, questi cinque richiami apostolici sono importanti a segnare la fisionomia che dovrebbero prendere i buoni cattolici di Roma durante questa epoca del Concilio Ecumenico Vaticano.
Vedetelo un poco :
1. Mantenere vivo l'anelito per la patria celeste: coelestem patriam desiderare. t nobile e bello l'amore della patria terrena e fu sempre ritenuto come è, meritorio nell'ordine della carità, il sacrificarci per essa anche fino alla morte ; ma tutto questo sempre in vista della patria celeste da cui scende la luce a dare significato e valore alle pene e alle tribolazioni del soggiorno quaggiù. Come canta bene la Chiesa nella liturgia della « Coelestis urbs Ierusalem »: Virtute namque praevia / Mortalis illuc ducitur, / Amore Christi percitus / Tormenta quisquis sustinet (3).
Questo renderci più familiari al pensiero dell'eterna vita che attende tutti per il godimento, con Gesù glorioso, della visione beatifica, insieme con quanti ci furono associati nella vicenda umana, è sollievo quotidiano, è perfezione anche di servizio sociale. Amiamo il Paradiso che ci attende, teniamoci familiari al pensiero della gioia di lassù e sapremo meglio sopportare e santificare le pene e i sacrifici che le condizioni presenti ci impongono.
2. Carnis desideria conteri. Saper mortificare le concupiscenze della carne che sono tentazione quotidiana di questa esistenza terrena. Questa è la censura che ciascuno dei mortali deve saper imporre a se stesso ; e chi più ha di autorità e di responsabilità, deve sentire più vivamente il dovere sacro di imporsi alla immoralità, che a quanto si sente dire anche a Roma imperversa né più né meno che altrove. Roma amiamo dire: santa città, santa città: Dio non permetta che diventi città di perversione: e conceda invece che quanti interverranno al Concilio non trovino in essa motivo di scandalo bensì di edificazione. Il culto della purezza è l'onore e il tesoro più prezioso delle famiglie cristiane : è il pegno sicuro di ogni benedizione della terra e del cielo.
3. Mundi gloriam declinare. I doni di Dio sono titoli di onore inestimabile per chi sa di averli ricevuti dal Creatore e li porta senza vanto e con umiltà. Il volgersi invece allo scintillio delle vanità; il mostrarsi ansiosi di averle, anche se solo per le apparenze agli occhi del mondo, è segno di grande povertà di spirito che suscita derisione e compassione. Nella Chiesa Cattolica ciò che rivela grandezza ed è veramente glorioso riflette i divini esempi di Gesù e della Madre sua benedetta. Due parole esprimono ed esaltano questa celeste dottrina: Apprendete da me vostro Maestro: quia mitis sum et humilis corde (4): e le altre della Madre nostra: la madre del genere umano rigenerato nel Cristo: ecco l'ancella del Signore: per me la parola e la bontà e l'esempio del Signore fiat mihi, fiat mihi secundum verbum tuum (5).
4. Aliena non appetere. Il grande precetto e la grande tentazione sta in faccia a tutti: non rubare, non defraudare la mercede agli operai, non opprimere i poveri: non accarezzare smodata ricerca di caduche ricchezze. A pensarci bene, questo è il grande tormento del mondo intero: nei rapporti di ordine o di disordine politico ed economico, non diciamo che non ci siano più persone oneste e rispettose del diritto altrui: ma di fatto una delle più forti tentazioni della vita, a cui in forme palesi o larvate notevole parte degli uomini cede, è questa: agognare e rubare. Tutto può divenire furto o ratificarlo sotto i vocaboli più svariati: tutto è desiderio, voluttà e, sovente, violenza atroce: dalle arti tenebrose e dall'inganno sottile dell'iniziale aliena appetere, si giunge alla abbominazione, che si trasforma in sterminio di città, di nazioni e di popoli.
5. In fine: propria largiri. Eccoci al vertice della virtù umana e cristiana, che papa Gregorio annunzia ai Romani. Siamo alla esaltazione del congiungimento fra terra e cielo, che si sublima in Cristo Gesù Verbo del Padre, fatto uomo per salvare l'uomo. O admirabile commercium, canta la Chiesa a Natale. Il Creatore del mondo, per salvare l'umanità caduta, si è vestito di umana carne et largitus est nobis suam Deitatem. Parole toccanti e misteriose, avvolgenti di suprema luce la dottrina della Redenzione del mondo e della istituzione divina della Chiesa di Cristo.
In questa Chiesa santa tutto noi abbiamo ricevuto e continuiamo a ricevere da Gesù, che, divenuto fratello nostro, con ciò ha posto il fondamento del grande precetto della carità del prossimo, del quale il Salvatore ha detto, preannunciando i termini del finale giudizio: qualunque cosa. voi avete fatto per questi miei piccoli fratelli, poveri, derelitti, bisognosi, voi lo avete fatto a me stesso (6). Parole che ci impegnano, quanti siamo cristiani, a rispondere col propria largiri di S. Gregorio papa, come per una restituzione a Gesù stesso, qui largitus est nobis suam Deitatem. Oh ! mirabile epopea della carità cristiana, la cui continuazione è l'incanto dei secoli.
Venerabili Fratelli e diletti figli, qui Ci piace arrestare il corso del colloquio familiare che dà sempre tanta letizia al Nostro cuore. Ci siamo compresi.
A misura che il Nostro soggiorno si prolunga in mezzo a voi, lo spirito prende coraggio e fiducia nella continuazione dell'aiuto del Signore.
Sempre conforta il pensiero che qui prese terra la barca di S. Pietro, e qui si mantenne ancorata non per un breve corso di anni, ma per venti secoli, e lo è ancora solidamente e vigorosamente.
Roma ha il suo clero e il suo popolo a cui S. Pietro, il suo primo vescovo, non rifiuterebbe certo di trasferire l'elogio con cui salutava le prime e fervorose comunità dell'Oriente: Genus electum, regale sacerdotium, gens sancta, populus acquisitionis (7).
Di un Nostro lontano antecessore — il Papa S. Melchiade, un Africano (311-314) — viene riferito un elogio che si crede dettato da S. Agostino: Vir optimus, filius christianae pacis, et pater christianae plebis.
Pregate il Signore perchè questo elogio si adempia anche ai tempi nostri, per la grazia sua, sulla Nostra umile persona e sul vostro fervore, che è motivo di tanta gioia per lo spirito.
VII
Edificante coerenza di pensiero e di vita, di preghiera e di azione
Nell'avvicinarsi sempre più al Concilio, Noi coglieremo ancora l'occasione di parlarvi, a tramite e suggello di quanto il Nostro degnissimo e diletto Cardinale Vicario amerà proporvi a saggio ammonimento, e ad invito fervoroso.
Intanto preparatevi per davvero, con pienezza di religiosa pietà e con purezza di costume, alla straordinaria grazia del Signore. La vita quotidiana di tutti e di ciascuno voglia essere una generale e compatta collaborazione al grande avvenimento.
Il successore di S. Pietro, umile vescovo di Roma e capo di tutta la cristianità, sta al vertice direttivo : intorno a lui i suoi collaboratori ecclesiastici e laici, tutti i fedeli dell'Urbe intesi ad una elevazione generosa di spirito e di cuore, in nobile ed edificante coerenza di pensiero e di vita, di preghiera e di azione.
Ci piace ridire a tutti a conforto comune come Ci commuove il pensare alle comunità religiose che nella penitenza, nella contemplazione, nelle opere santificano se stesse e attirano celesti grazie sulla città; ai religiosi dediti alla scienza, allo studio, all'insegnamento; al clero secolare che lavora con grande zelo fino a logorarsi, nel ministero parrocchiale, per la salute delle anime ; ai magistrati, professionisti, impiegati che portano il buon profumo di Cristo nel loro ambiente; a tante madri di famiglia, a tanti operai sempre fedeli alle belle tradizioni cristiane del diletto popolo italiano ; ai malati che pregano, soffrono ed offrono; a tutti quelli che in vario modo partecipano alle infinite ricchezze di Cristo.
LasciateCi concludere, diletti figli di Roma, ancora con le parole che dicemmo al termine del Sinodo: « Oh santa città di Roma! così amata da Dio, prediletta e privilegiata con sovrabbondanti doni di natura, di arte, di tradizioni, di religione e di grazia, possa tu in ogni tempo corrispondere alla tua preclara vocazione, in faccia al mondo ed al cospetto della Chiesa universale. Possa tu esprimere con la voce, con le opere, con gli esempi del popolo tuo nativo, squisitamente saggio e generoso, e di quanti dai vari punti d'Italia e del mondo qui convengono, esprimere — diciamo — la sostanza viva del Vangelo: che è annuncio di redenzione e di pace, presidio di vera civiltà, ornamento ed arricchimento della persona umana, delle famiglie e dei popoli » (8).
A conferma di questi voti paterni scenda la Nostra Apostolica Benedizione, che dal colle Vaticano vuole abbracciare in un unico palpito di affetto i venerabili fratelli e carissimi figli Nostri della diletta diocesi Romana, di ogni condizione, età, ministero sacro e lavoro : propiziatrice di grazie celesti, animatrice di soavi consolazioni.
Dato a Roma presso S. Pietro, nella I Domenica di Passione, 8 aprile 1962, quarto del Nostro Pontificato.
IOANNES PP. XXIII
*A.A.S., vol. LIV (1962), n. 5, pp. 272-282.
(1) Ps. 117, 23.
(2) « Pensate, fratres charissimi, mansuetudinem Dei ... Interroget se unusquisque si verba Dei in aure cordis percepit: et intelleget unde sit. Veritas iubet coelestem patriam desiderare: carnis desideria conteri mundi gloriam declinare: aliena non appetere: propria largiri » (S. Greg. M. - Homil. in Evang.. XVIII. Migne, vol. 76 p. 7, col. 1149-1150).
(3) Comm. Dedicationis Ecclesiae - Hymn. ad Vesp. 1.
(4) Matth. 11, 29.
(5) Luc. 1. 38.
(6) Cfr. Matth. 25, 40.
(7) I Petr. 2. 9.
(8) Cfr. Prima Romana Synodus, p. 507; A. A. S. LII (1990), p. 309.
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