DISCORSO DEL SANTO PADRE GIOVANNI XXIII
AI PARTECIPANTI AL CAPITOLO GENERALE
DELL'ORDINE DEI CARMELITANI SCALZI
Sala del Concistoro
Sabato, 29 aprile 1961
Diletti figli!
Amiamo dirvi subito che questo incontro vuole essere un atto di particolare riguardo verso il vostro Ordine nella imminenza delle celebrazioni quattro volte centenarie di quel movimento spirituale, di quel riaccendersi di ideali e di fervori di vita contemplativa, che ebbe antesignani e maestri Santa Teresa d'Avila e San Giovanni della Croce.
Ed inoltre desideriamo richiamare attorno a Noi, quasi ad abbellimento celeste di questo sereno convegno, tre eminenti prelati che, in tempi recenti, onorarono le bianche lane carmelitane e il sacro Collegio cardinalizio: i cardinali Gotti Girolamo Maria, Rossi Carlo Raffaello e Piazza Adeodato Giovanni, di benedetta ed edificante memoria. Così come Ci è motivo di devozione il ricordo delle Nostre visite personali ai luoghi celebri delle due Sante, Teresa la grande e la piccola : a Alba de Tormes, ad Avila e a Lisieux, e a tante solitudini beate che dal Carmelo prendono nome e spirito.
E veniamo al punto storico delle vostre origini.
Il 24 agosto del 1562 ebbe luogo la fondazione, tanto contrastata, del monastero di San Giuseppe, in Avila, che l'intrepida riformatrice narra con virile schiettezza in tratti famosi della sua Vita [1]. È ben vero che il primo convegno di religiosi fu aperto nel 1568, a Duruelo, come S. Teresa racconta nei capitoli tredicesimo e quattordicesimo delle Fondazioni: ma tant'è, quando si parla del primo convento, fondato dalla Santa, si pensa al primo seme dell'Ordine intero, che doveva poi svilupparsi vigorosamente. Pertanto il Capitolo, che avete ora celebrato, è stato caratterizzato da questa preparazione, ed esso può a ragione chiamarsi il Capitolo del IV Centenario della Riforma Carmelitana.
La circostanza Ci offre lo spunto per alcune considerazioni. Ed esse sono: gratitudine a Dio; spirito di preghiera; rinnovato impegno missionario.
I.
Anzitutto, il compiersi dei quattro secoli dall'inizio della riforma dell'Ordine è un invito alla gratitudine a Dio, per i benefici coi quali ha cosparso di grazie il cammino fin qui compiuto. Non nobis Domine, non nobis, sed nomini tuo da gloriam! [2]. Dal profondo del vostro cuore sale il cantico della riconoscenza : non certo per esaurirsi nel compiacimento di meriti passati, ma per continuare ad essere strumenti fedeli della gloria del Signore!
I motivi per animare questa gratitudine non mancano: la visibile protezione celeste, pur fra le privazioni e le asperità dell'inizio; il fiorire intenso di una santità solida, fondata sul distacco e sul sacrificio di sé, che rifulge nei numerosi Santi e Beati dell'Ordine; la schiera di religiosi, che si sono distinti nel campo degli studi, particolarmente della teologia e della mistica : ecco lo stimolo costante a ringraziare il Signore, e a ricambiare generosamente amore con amore!
Sarà anche questo un modo di rimanere fedeli allo spirito di S. Teresa, di cui piace ricordare il continuo sospiro, quasi ricorrente eco delle sue intime effusioni: Sia per sempre lodato e glorificato il Signore... Sia egli per sempre lodato e benedetto... Sia per sempre benedetto!
II.
La celebrazione delle vostre origini rafforza il rinnovato proposito di fedeltà allo spirito di preghiera, di orazione, che è si può dire l'essenza stessa dell'ideale di perfezione carmelitana. Le Costituzioni dell'Ordine parlano esplicitamente di esso come di un dovere preminente e insostituibile : potior pars: rerum divinarum contemplatio et amor. Questo ancora oggi attrae sì potentemente le anime al Carmelo: lo spirito di amorosa contemplazione che permea e profuma di sé tutte le altre attività, ed è il risultato e il premio delle penitenze e privazioni.
Rerum divinarum contemplatio et amor: che belle parole, diletti figli, e come rispondono bene all'insegnamento di Santa Teresa, secondo cui il profitto dell'anima nell'orazione non consiste nel molto pensare, ma nel molto amare [3].
contemplare ed amare, per immergersi in Dio nella ricerca della sua volontà. Questa orazione, secondo la grande Fondatrice, è la porta, per la quale passa il Signore: se Egli vuole entrare in un'anima per prendervi le sue delizie e ricolmarla di beni, non ha altra via che questa: che l'anima, cioè, sia sola, pura e desiderosa di riceverlo [4]. La Santa ne è tanto profondamente convinta che trasforma in trattati di orazione anche le sue memorie, i diari, le narrazioni storiche: così radicata è in lei l'idea della presenza divina, e la consuetudine di amicizia col dolce Ospite dell'anima [5].
Certamente è necessaria fortezza e perseveranza, perchè Dio si trova nel distacco da ogni impaccio terreno, in chi realmente cerca la volontà del Signore e la sua gloria. È necessario mortificare ogni compromesso con certo spirito di mondanità e di vaghe diversioni, che sembra talora volersi insinuare anche nelle anime dei chiamati ad una vita tutta santa. Occorre specialmente un grande amore, come abbiamo detto ai sacerdoti di Roma durante la celebrazione del Sinodo: « amore di Gesù, ardente, piissimo, vibrante e aperto a tutte quelle effusioni di mistica intimità che rendono così attraente l'esercizio della pietà sacerdotale, della preghiera: così di quella ufficiale della Chiesa universale, come di quella dalle forme private bene scelte e seguite, ed a cui il potersi abbandonare è delizia e nutrimento saporoso e solido dello spirito » [6].
Sarà questo spirito di preghiera a custodire l'efficacia della vostra vita e del vostro apostolato, e ad esercitare ancora oggi, come ai tempi di Santa Teresa e di San Giovanni della Croce, un fascino irresistibile sulle anime.
III.
L'impegno missionario è infine la consegna solenne che parte dall'insegnamento di questo IV Centenario.
La spinta missionaria è titolo di onore dell'Ordine vostro, e fin dall'origine è avvertibile nello sviluppo dei singoli rami di esso: dal Messico alla Persia, dall'India alla Mesopotamia, dalla Siria alla Cina, le vaste regioni albeggianti per la messe videro giungere anche i vostri volonterosi operai.
Quale soddisfazione dà al Nostro spirito questa fioritura missionaria! Essa non soltanto è indice prezioso dei sentimenti che animarono sempre i vostri confratelli, ma specialmente è promessa e incoraggiamento per continuare un'opera così meritoria. Il momento presente schiude immense prospettive al Regno di Cristo nelle nazioni del mondo; esso chiama schiere sempre più numerose di apostoli, per i quali il comando del Salvatore Divino è legge e norma di indifferibile urgenza. Il Papa che vi parla, come ha detto in occasioni innumerevoli, dedica a questo problema di espansione missionaria tutta l'ansia e la sollecitudine del Suo cuore, perchè questo è il grande ideale che rispecchia il testamento di Gesù: Euntes... docete omnes gentes [7]. È questa la fiamma che Gli sta nel cuore, ed Egli non cessa di farla brillare a quanti possono e lo comprendere il valore del comando di Cristo, e l'assillo del suo umile Vicario.
Diletti figli!
Anche a voi dunque Ci è gradito aprire queste confidenze, perchè sappiamo che esse hanno trovato, e trovano eco di fervida rispondenza. Raccogliete la fiaccola, che i vostri fratelli vi hanno trasmessa, alimentatela e diffondetela col santo zelo della vostra vocazione. Brilla dall'alto col fervore infuocato del suo esempio Santa Teresa del Bambino Gesù, che il Nostro Predecessore Pio XI proclamò nel 1927 Compatrona universale delle Missioni. Continui ad ispirarvi un fervido ardore missionario, essa che ha saputo attingere dall'ideale carmelitano una forza quasi sovrumana per immolarsi nel silenzio per la salvezza delle anime!
Diletti figli!
Nella continuazione sempre fervorosa delle vostre attività, Ci è gradito assicurarvi il Nostro paterno affetto. Vi seguiamo nel compimento delle vostre mansioni, come seguiamo tutte le famiglie religiose, del cui profumo si arricchisce ed adorna il giardino della Chiesa santa.
Pegno di questi voti cordiali è la paterna confortatrice Benedizione Apostolica, che effondiamo su di voi, su tutti i Carmelitani Scalzi sparsi nel mondo, con particolare riguardo ai missionari, ai sofferenti, agli alunni del Santuario, speranza e promessa di giovinezza perenne.
[1] Capp. XXXII-XXXVI.
[2] Ps. 113, 1.
[3] Fondazioni, cap. V, 2; Ed. italiana, Milano 1931, p. 1100.
[4] Vita, cap. VIII, 9; op. cit. p. 84.
[5] Cfr. ib. p. 80.
[6] Secunda Romanae Synodi sessio; A.A.S. LII, 1960, p. 234.
[7] Matth. 28, 19.
Copyright © Dicastero per la Comunicazione - Libreria Editrice Vaticana