DISCORSO DEL SANTO PADRE GIOVANNI XXIII
AI REDATTORI, AMMINISTRATORI E TIPOGRAFI
DEL QUOTIDIANO CATTOLICO DI MILANO «L'ITALIA»,
IN OCCASIONE DEL SUO 50° ANNO DI ATTIVITÀ
Sala Clementina
Domenica, 17 giugno 1962
Diletti figli,
Visione commossa di antichi ricordi e di liete speranze caratterizza questo incontro festivo. Celebrando i cinquant'anni dalla fondazione del giornale milanese L'Italia, avete voluto portare il vostro omaggio di devozione alla Cattedra di Pietro, ritemprare la vostra fede presso le memorie del Principe degli Apostoli, e rinnovare pubblicamente la fedeltà vostra ai principii, che hanno ispirato e muovono la vostra attività.
Potete immaginare la consolazione che proviamo; consolazione che diviene tenerezza per il fatto di veder radunati insieme, a far corona al confratello milanese, gli altri quotidiani cattolici d'Italia e L'Osservatore Romano — il Nostro giornale — il giornale, amiamo dire, della casa del Papa.
UNA STORIA DI ARDENTE TESTIMONIANZA EVANGELICA
Mentre il vostro venerato e giustamente a voi ed a Noi tanto caro Cardinale Arcivescovo, presentava questo pellegrinaggio, interpretando i comuni sentimenti, Noi riandavamo alla storia del quotidiano cattolico L'Italia. Essa in realtà non si inizia nel 1912, ma risale indietro di molti anni: fino al 1886, quando nasceva la Lega Lombarda, di Mons. Carlo Locatelli, da lui fondata e seguita non senza qualche sfumatura di vario apprezzamento politico, ma insieme come concreta presa di posizione della Gioventù Cattolica maschile ambrosiana, animosa e generosa; risale fino al 1907, quando questo giornale si fuse col quotidiano L'Osservatore Cattolico, che era stato diretto per trent'anni da Don Davide Albertario — fino al 1902, anno della sua morte — per dar vita all'Unione, a cui l'on. Filippo Meda prodigò energie pur tanto nobili e preziose. Oh! nomi di Don Davide e di Meda, per citare solo questi due ultimi. Nomi di persone degne di rispetto e di perenne gratitudine.
La storia di quegli anni — Noi in parte l'abbiamo negli occhi — non è stata tuttora compiutamente scritta. Ma lo sarà. E ne verrà per le future generazioni il racconto eroico di un servizio che, sia pure accompagnato da qualche difetto o esuberanza, portava il contrassegno della testimonianza evangelica, ardente e fedele.
Dall'Unione nasceva infine L'Italia il 24 giugno 1912.
Volgendo lo sguardo sul vostro gruppo, amiamo salutare in voi i continuatori di quelle schiere coraggiose di sacerdoti e di laici, che in una storia intessuta di qualche sofferenza e incomprensione di qua e di là, di lotte talora vivaci, prepararono col sacrificio il terreno alla affermazione del nome e delle energie cattoliche nella vita pubblica d'Italia. Col palpito di fede della grande famiglia dei lettori, sparsi nella Lombardia e nel Piemonte, voi Ci avete portato l'immagine viva e toccante di quei precursori, di cui raccoglieste tanto nobilmente l'eredità.
IL SERVO DI DIO CARDINALE FERRARI INSIGNE APOSTOLO DELLA STAMPA CATTOLICA
Una luminosa ed alta figura, santa ed indimenticabile, di insigne pastore della Chiesa sentiamo qui presente; più ancora la sentivamo ascoltando le vostre parole di Cardinale Arcivescovo di Milano: la figura del vostro quart'ultimo predecessore sulla Cattedra dei Santi Ambrogio e Carlo, il Cardinale Andrea Ferrari. Nel 1912 egli fu l'animatore del nuovo giornale L'Italia, come lo fu in ogni altra memorabile intrapresa apostolica di pensiero e di azione del tempo suo. Oh, il Cardinal Ferrari!
Noi anche conserviamo vivo il ricordo della sua profonda sensibilità e preveggenza; della sua ansia di giungere dappertutto al momento giusto, di corrispondere ai bisogni accresciuti delle anime, di adattare i metodi di azione pastorale alle enormi difficoltà che il laicismo e la conclamata libertà in ogni campo frapponevano all'apostolato del clero e dei laici.
Fu lui a comporre le comprensibili disparità di vedute, che facevano capo ai giornali preesistenti; fu lui a voler dare unità alla situazione della stampa nella sua arcidiocesi, rimanendo esemplare anche per questa impostazione di un lavoro unitario. I principii che animarono i cattolici milanesi, nel dare vita al loro quotidiano, sono rimasti immutati nel corso di questi cinquant'anni, fruttificando rigogliosamente sul primitivo ceppo robusto. Certo, prove di vario genere non sono mancate, in un periodo singolarmente denso di eventi storici, in cui i cattolici sono stati chiamati ad un arduo dovere di continua presenza, di efficace testimonianza. Ella, Signor Cardinale, ne ha ben riassunte le tappe, indicando il difficile lavoro di orientamento richiesto ai giornalisti cattolici per il momento presente.
Diletti figli! È ben naturale che nella luce che promana dalle figure e dalle consegne del passato, ripensando oggi al cammino percorso, vogliate gradire da Noi alcune riflessioni che vi siano di paterna indicazione nel riprendere, rinfrancati, il buon cammino. E le Nostre parole traggono spunto dal giornale medesimo, da ciò che è il suo nome, il suo impegno, il suo grande precetto.
NOME AUGURALE PER PROGRAMMA ED AZIONE
1. Il nome anzitutto, diletti figli, che palpita sulla testata del quotidiano a espressione di leale amore di patria. Fu il Cardinal Ferrari a volere quel titolo: ed è cosa da sottolineare subito, questa volontà di chiarezza, questa decisione fermamente sostenuta, che veniva a coronare la sua opera di equilibrata distensione.
Certo, anche L'Unione suonava bene, ed era indicativo di tutto un programma: ma nel volere come titolo L'Italia, il Cardinale poneva d'un tratto il giornale, il suo significato, il suo impegno nella luce di un ampio orizzonte, che attirasse più vasti consensi, anche oltre i confini delle organizzazioni cattoliche, nel segno di un ideale comune.
Nelle contrastanti passioni dell'ora, nel lento maturarsi di una coscienza politica del laicato cattolico italiano, nelle aperte ed occulte avversioni suscitate da chi non può adattarsi a concedere ai cattolici la pienezza dei diritti che ogni cittadino reclama per sè, singolarmente preso ed associato : chiamare il giornale cattolico col nome della patria voleva dire anticipare i tempi, e porre i fondamenti di quella operosa partecipazione dei cattolici alla cosa pubblica, di cui ora, a cinquant'anni di distanza, dobbiamo rallegrarci, dobbiamo umilmente ringraziare il Signore.
Erano i tempi in cui sul nome di cattolico veniva gettata palesemente un'ombra di diffidenza, e talvolta di disprezzo, quasi a indicare inettitudine del cristiano ai grandi compiti di preparare una più civile convivenza, una più giusta legislazione, un più moderno senso di individuale e collettiva responsabilità nel governo della cosa pubblica. LasciateCi ripetere una recente confidenza fatta da Noi ad un giovanile gruppo di Azione Cattolica della vostra arcidiocesi: « Quando riandiamo ai ricordi della Nostra giovinezza di seminarista qui in Roma — dicevamo il 1° giugno — sull'inizio del ventesimo secolo, ancora non riusciamo a sottrarci al senso di amarezza che Ci causava il sentirci noi tutti, clero e popolo cattolico d'Italia, quasi dei tollerati, degli ospiti, cui era appena concesso di visitare la dimora degli avi e bisbigliare sotto voce il canto della fede antica » [1].
Nonostante le difficoltà, erano invece anche quelli i tempi in cui qualcosa decisamente si muoveva, al « primo avviarsi dei cattolici ... a prendere il posto che conviene al cristiano, per diritto di natura e di vocazione nella vita pubblica del suo Paese » [2].
Da allora, L'Italia, il vostro quotidiano, in consonanza lodevole con gli altri quotidiani cattolici, ha interpretato i sentimenti dei fratelli nella fede in questo dovere di lealtà nel servizio sociale della propria Patria. Il cammino di quegli anni, caratterizzati da un continuo evolversi di decisivi avvenimenti, veniva autorevolmente segnato dalla presenza sempre più compatta operante dei cattolici, che, presa coscienza dei loro doveri, portarono alla vita del proprio Paese un contributo di impegni, di energie, di sacrifici, ed anche di sangue e di vite umane, ormai universalmente riconosciuto e rispettato.
È su questa via di leale servizio della patria comune, a tutti sempre dilettissima, di cooperazione aperta, in chiarezza di pensiero e in azione animosa che deve proseguire l'opera vostra. Seguendo il solco tracciato dai benemeriti antecessori potrete dare un apporto insostituibile alla serenità, alla concordia e alla prosperità dell'ordine patriottico e sociale.
FONDAMENTALE IMPEGNO DI LUCE, PRESENZA, UNITÀ
2. L'impegno, che vi fu proposto fin dall'alba di questi cinquant'anni di vita, è degno di ogni ammirazione e di ogni sforzo: che i cattolici si aiutino a meglio conoscersi e ad unirsi. Se questa fu sempre la vostra divisa, a maggior ragione continua ad esserlo — lo ripetiamo — nel momento presente. La rapida diffusione delle informazioni, le contrastanti prese di posizione degli strumenti dell'opinione pubblica, la accresciuta possibilità sempre più grande della stampa e dei mezzi audiovisivi di formare e di deformare le coscienze, pongono il giornalismo cattolico di fronte a un costante impegno di chiarificazione, di illuminazione, di orientamento.
Gli innumerevoli problemi della vita richiedono tempestivo intervento, che dia di essi quella interpretazione richiesta dall'unico criterio valido di giudizio: quello della verità immutabile, cui l'animo umano deve adeguarsi nel suo pellegrinare terreno. I sempre rinnovati interrogativi dell'agire morale, nel campo politico e sociale, esigono una voce che dia possibilità al lettore cattolico di farsi un'idea giusta, di avere una mentalità illuminata, che giudichi e si determini secondo i dettami della retta coscienza. Le falsificazioni della verità, fatte con sconsiderata leggerezza — per non dire altro — rendono necessario questo impegno costante, che riporti nella giusta luce la realtà dei fatti, che aiuti a comprendere, a giudicare, a rifuggire da complicità o compromessi.
I disorientamenti di una mentalità sempre pronta — ed è con vivo dolore che lo diciamo — a sottolineare con compiacenza equivoca più quanto divide e sconcerta, che quanto invece tranquillizza e conforta, esigono una presenza, che cooperi senza esitazione a unire, a edificare, a comunicare la ferma certezza del comune patrimonio della fede, posseduto ed approfondito.
Questo costante atteggiamento porta ad una feconda unità di pensiero nelle cose sostanziali, nei capisaldi da difendere ad ogni costo, pur ammettendo divergenze marginali, e l'apporto costruttivo della discussione dei punti controversi. Conoscersi vuol dire amarsi; essere uniti significa progredire e costruire. Questo l'impegno esaltante, a cui oggi più che mai siete chiamati per compiere la vostra alta missione di giornalisti in Italia. Ve lo chiede la famiglia dei cattolici, tanto numerosi, che a voi ricorrono, lieti di trovare nel loro giornale la parola che illumina e infonde coraggio.
Ma soprattutto è la Chiesa a domandarvelo, in questa tappa promettente del vostro cammino. È il Papa che ve lo chiede, l'umile Papa di oggi, Che non senza trepidazione e pur con pronta decisione, scelse il nome di Giovanni, nomen dulce, nomen suave, nomen solemne: richiamo ed indicazione di amare sempre, di amare tutti, di amare in ogni circostanza, anche quando la voce o la penna hanno il dovere di condannare [3].
I PRECETTI DEL MAESTRO DIVINO: « VERITAS ET CARITAS »
3. Infine, questo grande precetto dell'amore congiunto a quello dell'apostolato della verità ad ogni costo vi sia di sprone per l'onore del vostro quotidiano. Sì: sì: veritas et caritas. Oh, bello, oh nobile, oh esaltante, combattere sotto questo duplice vessillo le pacifiche battaglie per il Regno di Dio!
Parlando ai Giornalisti Cattolici Italiani, il 4 maggio 1959, abbiamo sottolineato questo dovere di verità e di carità che i anima retta: « È dovere di ogni uomo, quanto più di ogni cristiano, di rendere testimonianza alla verità. In o particolare voi giornalisti dovete, per coscienza essere cultori della verità, affinché essa, spesso spesso conculcata e tradita dai mezzi di informazione, possa trionfare [4].
E la carità? Il suo posto è al vertice di ogni pensiero, di mento, di ogni scritto, perchè essa edifica e consola le asprezze inevitabili delle quotidiane battaglie, presenta la verità nella luce amabile che attira, togliendole la talvolta può insinuarsi in affermazioni troppo recise. In dubiis libertas, in necessariis unitas, in omnibus caritas: l'antico motto, pieno di saggezza, è ancor ricco di preziose indicazioni per il giornalista cattolico che vuol compiere — e voi lo volete tutti — il suo quotidiano lavoro come testimonianza alla verità e alla carità.
Sia questo ora e sempre, l'onore del vostro quotidiano! sommossa fierezza nelle vostre anime, e vi sia per le future affermazioni.
SICUREZZA DEI BENI SUPERNI
Diletti figli! Nei nostri occhi non più: ma nel nostro cuore sempre sta la visione che dal Nostro colle nativo, amavamo scorgere nei tempi andati, durante le vacanze dai servizi della Santa Sede in Oriente, in Francia, da Venezia; e Ci era delizia riposante. Cioè lo stagliarsi dalle prealpi bergamasche, sull'orizzonte lontano del piano lombardo, il profilo glorioso e lucente della più alta guglia del Duomo di Milano, veramente incantevole in certi tramonti di autunno, e volgere il nostro saluto all'aureo simulacro della Vergine benedetta che di là protegge tutta la cara terra di Lombardia e l'Italia intera.
In quest'opera di confidente letizia sappiate comprendere la tenerezza del Nostro sentimento bene augurante e benedicente. La Madre di Gesù, la Madre Nostra, contemplata in questa giornata fra gli splendori della Trinità Augusta, voglia diffondere i tesori della sua luce e della sua grazia sopra la terra felice dove crescemmo tutti nella fede dei padri; e mantenga in tutti quel fervore di cristiano apostolato della verità e della carità, che rende il servizio della stampa cattolica non solo fonte di perenne letizia, ma sicurezza dei beni superni. Nunc et semper.
Dalle certezze dell'aiuto celeste, che non potrà mancare, il vostro giornale prenderà avvio ancor più sicuro e conquistatore per i nuovi trionfi del Regno di Dio, per l'onore del Suo Santo Nome, per la difesa della Chiesa, come per le spirituali affermazioni del progresso umano e cristiano e per il nobile splendore dell'Italia diletta.
Noi siamo con voi, diletti figli, con la stessa benevolenza ed attesa con cui abbiamo visto il sorgere del giornale L'Italia, e ne seguimmo il progrediente cammino; vicino a voi con la preghiera, che vi implora i doni del Cielo. E per confermarvi nel vostro benemerito servizio per la causa della verità e della carità, per l'edificazione di una civile convivenza, più serena e concorde, amiamo effondere su tutti voi qui presenti — dirigenti antichi e nuovi, giornalisti, redattori e maestranze de L'Italia — sui vostri cari lontani, e sulla amplissima famiglia dei lettori, sulle rappresentanze così gradite degli altri quotidiani cattolici d'Italia, la Nostra paterna e confortatrice Benedizione Apostolica, con l'augurio di ogni più lieto e desiderato incremento, di ogni soave consolazione.
[1] Alla Gioventù Femminile di A. C. di Milano, 1° giugno 1962; L'Osservatore Romano, 3 giugno 1962.
[2] Ibid.
[3] Cfr. Discorsi, Messaggi, Colloqui, p. 3, vol. I.
[4] Cfr. Discorsi, Messaggi, Colloqui, p. 304
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