LETTERA APOSTOLICA
AMANTISSIMAE VOLUNTATIS
DEL SOMMO PONTEFICE
LEONE XIII
Agli Inglesi che cercano il regno di Cristo nell’unità della Fede
Salute e pace nel Signore.
Vogliamo che l’illustre nazione Inglese riceva anche da Noi una testimonianza della Nostra affettuosissima sollecitudine. Pure ad essa, come alle altre nazioni, Ci siamo già rivolti, invero, nella lettera apostolica indirizzata or non è molto a tutti i prìncipi e a tutti i popoli, tuttavia desideravamo ardentemente farlo con una lettera ad essa espressamente dedicata. Nutriva tale desiderio la propensione che sempre ebbe l’animo Nostro per la vostra nazione, delle cui gloriose imprese fin dall’antichità parla la storia della cristianità; e rafforzavano il nostro proposito le notizie che non raramente raccoglievamo dai vostri compatrioti a proposito sia del rispettoso ossequio dimostrato dagli Inglesi per la Nostra persona, sia soprattutto della crescente volontà che li anima a ricercare la pace e la salute eterna attraverso l’unità della fede. Dio Ci è testimone di quanto sia ardente la Nostra speranza di potere, col Nostro operato, contribuire a procurare e ad assicurare l’unità dei cristiani in Inghilterra: e rendiamo grazie a Dio che Ci ha benignamente conservati in vita e Ci ha concesso il tempo e la salute necessari perché Ci dedichiamo anche a codesto obiettivo.
Ma poiché fondiamo la speranza del sospirato evento in null’altro più che nel mirabile potere della sua grazia, a questo scopo abbiamo stabilito, dopo matura riflessione, di lanciare un appello a quanti fra gli Inglesi si gloriano del nome di cristiani. E Ci rivolgiamo a loro con l’incitamento e l’esortazione affinché sollevino insieme a Noi lo sguardo e la fiducia verso Dio, e con il più assiduo ricorso alle sante preghiere implorino il suo aiuto, particolarmente necessario in cosa di tanta importanza.
Il Nostro amore e la Nostra sollecitudine verso di voi hanno illustri precedenti nelle azioni dei Pontefici Nostri antecessori, in particolare di Gregorio Magno, i cui insigni meriti verso la religione e verso l’intera umanità sono giustamente ricordati presso il vostro popolo come degni di particolare gloria. Quando infatti “con l’intento di convertire gli Anglo-Sassoni, secondo quanto si era proposto di fare fin dal periodo del suo stato monacale, nel corso delle sue appassionate meditazioni”[1], se non poté intraprendere un’efficace opera apostolica in quel senso, per averlo Dio destinato a compiti ancor più rilevanti, sono tuttavia mirabili l’ardore e la costanza coi quali perseguì il grandioso proposito e si adoperò perché potesse realizzarsi. Da quella stessa famiglia monastica, che nella propria casa aveva egregiamente istruito in ogni dottrina ed alla santità della vita, trae infatti uno scelto gruppo di monaci, guidati dal beato Agostino, e li invia prontamente costà, come nunzi evangelici di sapienza, di grazia, di mansuetudine contro l’infausta superstizione. Pur non potendo contare la sua impresa su alcun sostegno umano, e mentre la sua speranza si rafforza attraverso le difficoltà, infine egli vede il pieno successo dell’opera.
Ad Agostino che gli annunciava in una lettera il felice esito, egli rispose trionfante esternando la sua gioia: “Gloria a Dio nell’alto dei cieli, e in terra pace agli uomini di buona volontà: gloria a Cristo, … della cui morte noi viviamo, dalla cui debolezza acquistiamo forza, per amore del quale troviamo in Britannia fratelli che ignoravamo, per la grazia del quale abbiamo trovato coloro che cercavamo senza conoscerli. Chi sarebbe in grado di esprimere tutta la letizia che ha inondato il cuore di tutti i fedeli, qui, tra noi, per il fatto che il popolo degli Inglesi, per opera di Dio onnipotente, a seguito degli sforzi della tua Fraternità, dissipate le tenebre dell’errore e illuminato dalla luce della santa fede ora,con mente totalmente libera, schiaccia sotto i piedi quegli idoli, ai quali prima soggiaceva,preda di un insensato terrore?”[2]. Egli ancora si compiacque con Etelberto, re del Kent, e con la regina Berta con una lettera colma di benevolenza, per aver preso a modello l’una “Elena di imperitura memoria”, l’altro “Costantino piissimo imperatore”[3]; quindi non mancò di spronare loro e il loro popolo con preziosissimi consigli, e per tutto il resto della vita non cessò di curare il loro avanzamento e la loro crescita spirituale con provvedimenti pieni di prudenza. Così il nome cristiano, che nei tempi antichi era stato dalla Chiesa stessa introdotto, propagato, difeso nel territorio della Britannia[4], e che in seguito, conculcato per l’occupazione di poli stranieri, si era per lungo tempo estinto, vi fu felicemente reintegrato grazie all’iniziativa di Gregorio.
Abbiamo voluto esordire rievocando questi fatti, non solo perché sono splendidi in sé e gloriosi per la Chiesa di Cristo, ma perché riuscirà certo graditissimo il ricordarli al popolo inglese, a vantaggio del quale furono compiuti. Ma in realtà, ciò che importa assai tenere in considerazione, è che le stesse prove di carità e di sollecitudine offerte da Gregorio, quasi trasmesse per via ereditaria, appaiono in forme non dissimili nelle azioni dei Pontefici suoi successori. Sia infatti col designare (per l’Inghilterra) degni pastori, sia con lo scegliere ottimi maestri nelle scienze umane e divine, sia disponendo della loro guida autorevole e delle loro esortazioni, i Pontefici poterono assicurare con grande scrupolo e generosità quanto era necessario a consolidare e a far prosperare la Chiesa che tra voi stava tornando a nuova vita. Ad un tale zelo corrispose davvero in brevissimo tempo un felice risultato; infatti, forse una fede nuova non si è mai insediata più profondamente negli animi, né si sono radicati sentimenti di più profonda devozione verso la Cattedra del beatissimo Pietro. Da allora si stabilì da parte degli Inglesi uno strettissimo legame, che si mantenne saldo nel corso dei secoli, insieme con il più costante ossequio nei confronti di quel centro dell’unità cristiana, che per volontà divinasi identifica coi Vescovi di Roma: una realtà testimoniata da tanti e così prestigiosi documenti storici, che nulla può essere provato più validamente.
Per la verità, nel sedicesimo secolo, durante quel terribile periodo di crisi che attraversò in tutta Europa la religione cattolica, anche l’Inghilterra, e per cause ben note, subì gravissime ferite: strappata dapprima alla comunione con la Sede Apostolica, fu poi allontanata da quella santissima fede, che per tanti secoli aveva serenamente coltivato, con il grande vantaggio della libertà. Fu una ben triste separazione, che i Nostri predecessori deplorarono dall’intimo del loro cuore, e che si sforzarono con ogni possibile provvedimento di contrastare nonché di limitarne le nefaste conseguenze che ne seguirono. Sarebbe lungo, e non è necessario, ripercorrere la serie delle circostanze nelle quali si è manifestata la loro solerte e incessante sollecitudine in proposito. In verità, fu da loro offerto un aiuto assai valido ed efficace tutte le volte in cui, nelle diverse occasioni, invitarono i fedeli ad elevare speciali preghiere a Dio perché rivolgesse lo sguardo misericordioso alla sua Inghilterra. A questa benemerita opera di carità si dedicarono con il più intenso zelo uomini illustri per la loro santità, e in particolare Carlo Borromeo e Filippo Neri; e più di tutti, nel secolo scorso, quel Paolo, fondatore della Società della Passione di Cristo, il quale, come si narra,certamente non senza una celeste ispirazione sostava con incessanti suppliche “presso il trono della grazia divina”, e con tanta maggiore insistenza quanto meno favorevoli apparivano i tempi per le sue speranze.
Noi stessi, assai prima ancora che fossimo elevati al Pontificato, attribuimmo grande valore e profondo significato a questo religioso servizio della preghiera dedicata a tale causa, ed il ricordarlo suscita nell’animo Nostro una certa soddisfazione. Infatti, al tempo in cui ricoprivamo l’incarico di Legato in Belgio, stabilimmo un rapporto di familiarità con Ignazio Spencer, devotissimo discepolo di quello stesso San Paolo della Croce, e appunto allora apprendemmo che egli stesso, inglese, aveva avviato il progetto di suscitare e propagandare un’associazione di persone pie unite dall’impegno di pregare per la salvezza dell’Inghilterra[5]. È quasi superfluo dire con quanto ardore accogliemmo tale progetto, ispirato dalla fede e da fraterno amore, e con quanto impegno Ci studiammo di favorirlo, presentendo che ne sarebbe derivato un grande e consolante vantaggio per il popolo inglese. I frutti della grazia divina,impetrati dalle preghiere dei buoni, si erano già chiaramente manifestati prima di allora; ma da allora, via via che quel santo patto si estendeva, se ne produssero in maggior copia. Accadde infatti che molte persone, anche di nome illustre, piamente e di buon grado risposero all’esortazione e al richiamo divino, e ciò non di rado nonostante gravissimi sacrifici personali, sopportati con grande coraggio. Inoltre, fu in certo qual modo avviata una mirabile propensione degli spiriti verso la fede e verso le istituzioni cattoliche, il rispetto e la considerazione per le quali crebbero in modo significativo, mentre la ricerca della verità distruggeva inveterati pregiudizi.
Considerato il succedersi di tali eventi, abbiamo maturato la convinzione che, principalmente per merito dell’unanime e supplichevole preghiera rivolta a Dio da tanti fedeli, sia ormai venuto il tempo in cui si manifesteranno più apertamente i disegni della sua benevolenza verso la vostra nazione, sì che chiaramente “la parola di Dio si diffonda e sia glorificata” (2Ts 3,1). Accrescono la Nostra fiducia alcuni importanti aspetti della vostra legislazione civile e sociale, che, se anche non realizzano totalmente il Nostro ideale, conducono tuttavia in quella direzione, sia col tutelare il valore della dignità umana, sia col conformare le leggi a criteri di giustizia e di carità. Indubbiamente tra voi si pone molto impegno per trovare una soluzione a quella che si chiama questione sociale, della quale abbiamo Noi stessi ponderatamente trattato in lettere Encicliche: e con saggezza voi avete fondato associazioni aventi per oggetto una giusta elevazione ed istruzione degli operai e del popolo. Altrettanto apprezzabile è l’impegno che da voi si pone con tanta alacrità e fermezza, perché sia conservata in mezzo al popolo l’educazione religiosa, della quale sicuramente nulla ha maggior peso nell’assicurare la formazione dei giovani e un equilibrato ordine familiare e civile. Viene anche giustamente lodato il fervido impegno profuso da molti per riuscire a stroncare, con provvedimenti appropriati, quel vizio indegno dell’uomo che è l’intemperanza nel bere.
È pure eccellente l’iniziativa, affermatasi tra i giovani dell’aristocrazia, di formare leghe per la tutela della morigeratezza dei costumi e, cosa altrettanto importante, per il rispetto verso le donne: c’è infatti di che dolersi per certe opinioni esiziali che serpeggiano sul tema della continenza cristiana, e secondo le quali l’uomo non sarebbe tenuto all’osservanza di tale precetto con lo stesso rigore della donna.
Né senza motivo gli uomini saggi temono la peste del razionalismo e del materialismo, già da Noi più volte condannata; il loro contagio distrugge dalle fondamenta, o almeno indebolisce assai, gran parte della forza dell’autorità nei settori della religione, delle scienze, della morale. Per questo operano saggiamente coloro che abbracciano senza timore, anzi proclamano i supremi diritti di Dio e di Cristo, le loro leggi e i sacri testi, poiché su di essi si fonda il regno di Dio sulla terra; da qui derivano ogni potere, sapienza e salvezza. Il vasto sistema della vostra assistenza sociale manifesta con chiarezza la natura virtuosa della vostra indole: per la vecchiaia languente,per l’infanzia abbandonata, per le malattie croniche, per le sventure della miseria, per la virtù in pericolo,per il contenimento del vizio, e per altre simili opere benefiche che la Madre Chiesa istituì con sollecitudine in tempi antichi e che poi non cessò mai di raccomandare. Non si deve neppure passare sotto silenzio il rigoroso rispetto, imposto a tutti, dei giorni sacri; né quell’atteggiamento reverenziale verso le Sacre Scritture che si riscontra in genere fra di voi. Infine, chi non ammira, a buon diritto, la potenza e la ricchezza della nazione britannica che estende fino alle più lontane regioni, insieme ai commerci, i benefìci della libertà e della civiltà?
Ma da tale alacre molteplicità di lodevoli istituzioni, la mente si solleva fino al sommo principio di ogni efficienza e alla sorgente inesauribile di ogni bene: a Dio, nostro Padre celeste sommamente benefico,poiché quelle opere, sia private, sia pubbliche, a nulla varrebbero veramente senza la preghiera rivolta a Dio e senza il suo favore: giacché “beato è il popolo, il cui Signore è Dio”(Sal 143,15). Così dunque il cristiano deve custodire nell’animo la ferma convinzione che ogni speranza di riuscita per ciò che si accinge a fare andrà anzitutto affidata e strettamente vincolata all’aiuto divino, che si ottiene con la preghiera: attraverso questa otterrà di aggiungere alla propria azione un carattere di grandezza e di generosità più che umane, e la sua volontà di acquistar merito, ravvivata quasi da un ardore soprannaturale, si esplicherà con molta maggiore larghezza ed efficacia. Non v’è dubbio che Dio, con la facoltà offertaci di pregarlo, elargì a noi mortali un onore e un beneficio assai grandi: un aiuto a portata di mano per tutti e non difficile da ottenere; e la supplica non si leva mai inutilmente dall’animo di chi ad essa ricorre: “Le preghiere sono grandi armi, una grande sicurezza, un grande tesoro, un porto accogliente, un rifugio sicurissimo”[6].
Ma se chi prega devotamente la maestà divina può attendersi quanto serve per il suo benessere in questa vita, ben si comprende come non vi sia nulla che l’uomo, destinato ad una vita eterna,non possa attendersi quando si pone come meta la conquista di quei beni supremi, che Cristo guadagnò al genere umano “col sacramento della sua misericordia”. Egli stesso, “che ci fu concesso da Dio come sapienza, giustizia, santificazione e redenzione”(1Cor. 1, 30), oltre a tutto quanto nella sua infinita provvidenza ci ha insegnato, fondato e stabilito, ha aggiunto anche salutari norme per la preghiera, e le ha confermate con incredibile benignità.
Esse sono certamente ben note ad ogni cristiano; tuttavia molti tendono a non ricordarsene abbastanza e a non tenerle nel debito conto. Perciò cogliamo l’occasione per esortare con forza ad aver fiducia nella preghiera, richiamando le parole dello stesso Nostro Signore e il suo amore paterno. Esse sono infatti assai solenni e ricche di promesse: “Ed io vi dico: chiedete e vi sarà dato; cercate e troverete; bussate e vi sarà aperto. Perché chi chiede, ottiene; chi cerca, trova; e a chi bussa sarà aperto” (Lc 11,9-10): parole che rivelano mirabilmente il disegno della Provvidenza divina, cioè che l’orazione sia insieme interprete del nostro bisogno e sicura via per ottenere ciò che ci necessita. E perché poi i nostri voti siano accetti e graditi alla maestà del Padre, il Figlio ci impone di unirli e offrirli insieme al merito della sua propria preghiera e a suo nome: “In verità, in verità vi dico: se chiederete qualcosa al Padre nel mio nome, egli ve la darà. Finora non avete chiesto nulla a mio nome: chiedete ed otterrete, perché la vostra gioia sia piena” (Gv 16,23-24). Quindi, rafforzando il pensiero con la similitudine dell’affetto operoso, che provano i genitori verso i figli: “Se voi, disse, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro che è nei cieli donerà lo Spirito Santo a quanti glielo chiedono?” (Lc 11,13). Senza dubbio una ricca messe di sceltissimi doni è contenuta in quello “Spirito Santo”, e soprattutto vi è insita un’arcana forza, della quale Cristo stesso precisò: “Nessuno può venire a me, se non l’avrà tratto il Padre, che mi ha mandato” (Gv 6,44).
Formati a tale insegnamento, non è possibile che i nostri animi non si sentano attratti, addirittura costretti alla salutare consuetudine della preghiera: e davvero con quanta perseveranza e con quanta ardente devozione vi ricorreranno, se si proporranno l’esempio di Cristo. Il quale, pur non avendo nulla da temere, e nulla da chiedere, in quanto Dio, tuttavia “passava la notte in preghiera”(Lc 6,12), ed offerse “preghiere e suppliche … con alte grida e lacrime”(Eb 5,7): e in tal modo “volle mostrarsi al Padre nella veste di supplice,per ricordargli che era nostro maestro”, come acutamente comprese il venerabile Beda[7], gloria della vostra nazione. Ma nulla testimonia con maggiore chiarezza l’insegnamento e l’esempio di Cristo su questo tema quanto l’ultimo colloquio che egli ebbe con gli Apostoli, ormai prossimo alla crocifissione e alla morte. Quando, levati gli occhi al cielo, animato da un ardente spirito di carità, più e più volte si rivolse al Padre santo, pregandolo e supplicandolo che i suoi discepoli e i suoi seguaci fossero uniti nella più assoluta concordia e si mantenessero sulla via della verità, e che questo valesse tra le genti come prova evidente della sua missione divina (Gv 17,21).
A questo proposito si presenta graditissimo alla mente il pensiero dell’unità della fede e delle volontà, per la quale il nostro Redentore e Maestro pregava con ansioso impegno: quell’unità che, utilissima anche nella società, sia all’interno, sia nelle questioni internazionali, è richiesta apertamente soprattutto in questi nostri tempi, che vedono gli animi così divisi e inquieti. Per quanto era in Nostro potere, crediamo di non aver trascurato nulla, con la Nostra vigilanza, con l’esortazione, con provvedimenti concreti, secondo quanto l’esempio di Cristo e la coscienza del Nostro ufficio Ci imponevano; abbiamo supplicato e supplichiamo umilmente Dio perché le nazioni, ora divise sulla fede cristiana, ritrovino finalmente l’antica unità. Abbiamo affermato e ripetuto ciò con forza più di una volta negli ultimi tempi, e Ci siamo proposti di dedicare a questo scopo, con ogni sorta di iniziative, tutte le Nostre più assidue cure. Quale grande felicità e privilegio per Noi se, approssimandosi ormai il tempo di rendere conto del Nostro operato al Principe dei pastori, toccasse a Noi in sorte di portargli i frutti copiosi di quell’aspirazione che dietro suo impulso e guida Ci accingiamo a realizzare! In questi giorni il Nostro animo è rivolto con grande affetto e speranza verso il popolo Inglese, nel quale intravediamo più frequenti e più chiari indizi del salutare intervento della grazia divina, che scuote le coscienze. È abbastanza evidente, infatti, come la confusione e l’ostilità sulle più importanti questioni addolorino non pochi delle diverse comunità; come altri comprendano la necessità di solide certezze contro la novità e la varietà delle opinioni erronee, che spingono verso le inclinazioni deteriori della natura e della ragione; come sia in aumento il numero degli uomini religiosi e prudenti, che con cuore e passione si adoperano per realizzare l’unione con la Chiesa cattolica. Ci riesce difficile esprimere quanto queste e altre numerose vicende di questo genere accrescano in Noi l’amore di Cristo, e con quanto ardore Noi invochiamo da Dio una più copiosa grazia che, penetrando in animi così ben disposti, ne tragga i frutti più ardentemente sperati. Che ci conduca, cioè “ad incontrarci tutti all’unità della fede e della conoscenza del Figlio di Dio (Ef 4,13). Solleciti nel conservare l’unità dello spirito per mezzo del vincolo della pace: un solo corpo e un solo spirito, come una sola è la speranza alla quale siete stati chiamati, quella della vostra vocazione; un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo”(Ef 4,3-5).
A voi tutti dunque, quanti siete in Inghilterra, a qualsivoglia comunità o istituzione apparteniate, a voi si rivolge con grande affetto il Nostro appello per richiamarvi a questo obiettivo dell’unità religiosa. Lasciate che vi esortiamo, per la vostra salute eterna e per la gloria del nome cristiano, a non cessare mai di rivolgere preghiere al supremo Padre celeste, supplicandolo con umiltà e ardore. A lui, dal quale provengono ogni luce ed ogni più soave impulso a bene operare, sforzatevi di chiedere il necessario aiuto, perché vi sia concesso di discernere appieno la verità del suo insegnamento e di accogliere con totale devozione i disegni della sua misericordia, invocando l’intercessione dell’augusto nome e dei meriti di Gesù Cristo, nel quale dobbiamo vedere “l’autore e il perfezionatore della fede (Eb 12,2), colui che amò la Chiesa e ha dato se stesso per lei, per santificarla, … per far comparire davanti a sé una Chiesa tutta gloriosa” (Ef 5,25-27). Se vi sono difficoltà, non sono tuttavia tali da affievolire minimamente il Nostro zelo apostolico o da far vacillare la vostra volontà.
È pur vero che la divisione è stata approfondita dai rivolgimenti storici e dal fatto che si è protratta a lungo nel tempo: dobbiamo per questo rinunciare ad ogni sforzo di pace e di riconciliazione? Assolutamente no, a Dio piacendo. Vi sono avvenimenti che debbono essere misurati non solo col metro dell’umana antiveggenza, ma assai più con quello della potenza e della misericordia divina. Infatti, nelle imprese grandi ed ardue, purché vi si accinga con animo sincero e retto, l’uomo ha accanto Dio, la cui Provvidenza, proprio nelle difficoltà dell’azione, ha modo di rifulgere con maggiore splendore.
Ad accrescere la comune speranza si può aggiungere la considerazione che stanno per compiersi tredici secoli da che il popolo inglese felicemente accolse i messi apostolici provenienti dall’Urbe, dei quali si parlava all’inizio, e, rifiutato il vano culto degli idoli, consacrò a Cristo Dio le primizie della sua fede. Evento, se mai ve ne fu uno, degno di celebrazione e di pubbliche manifestazioni e di gratitudine, in quanto vi arrecò nei secoli grande abbondanza dei benefìci e gloriosa fama. Che dal ricordo di tale avvenimento possa specialmente seguire come risultato un ripensamento, negli animi dei giusti, che li porti a un retto giudizio in materia di fede, la quale non è oggi diversa da quella che fu insegnata ai vostri antenati. Poiché “Gesù Cristo è lo stesso ieri, oggi, e sempre”, come predicò l’apostolo Paolo (Eb 13,8), il quale assai a proposito vi esorta anche ad essere memori dei vostri padri, “che vi hanno annunziato la parola di Dio; e, considerando attentamente l’esito del loro tenore di vita, imitatene la fede”(Eb 13,7).
Ci appelliamo soprattutto ai cattolici Inglesi, dei quali Ci sono ben note la fede e la pietà, perché siano Nostri alleati e coadiutori in così nobile causa. Poiché essi sanno valutare esattamente la dignità, l’efficacia, la fecondità della santa preghiera, non v’è dubbio che vorranno impegnarsi ad usarla in soccorso dei propri connazionali, e per conciliare a loro e a se stessi la clemenza divina. Giacché chi prega per se stesso è spinto da un proprio bisogno; chi prega per gli altri è ispirato da un fraterno amore: e si comprende allora facilmente come sia destinata a trovare più pronta accoglienza presso Dio non quella preghiera che sia dettata dalla necessità, ma quella suggerita dalla carità fraterna. In questo senso i cristiani indubbiamente si distinsero per fervore fin dai primi tempi della Chiesa. Specialmente per quanto riguarda il dono della fede, vi sono assai luminosi esempi che gli antichi propongono alla nostra imitazione, e che mostrano con quanto infiammato ardore chiedessero a Dio per i propri parenti, per gli amici, per i governanti, per i concittadini, “uno spirito obbediente alla fede cristiana”[8]. A questo tema se ne aggiunge un altro che suscita la Nostra preoccupazione. Ci risulta che tra voi non mancano persone che, pur dicendosi cattoliche, non curano di manifestarsi tali nella pratica, come è doveroso; soprattutto nelle principali città vi sono in gran numero individui che non possiedono nemmeno i primi elementi della religione cristiana, e che non solo ignorano ogni pratica di culto divino, ma vivono in una cieca ignoranza della giustizia e della misericordia di Dio. Di fronte a questa triste realtà occorre pregare e supplicare Dio, perché voglia, Lui che solo può, indicare le vie più efficaci per rimediarvi, perché voglia dotare di coraggio e vigore coloro che già si adoperano per questa causa, perché voglia “inviare operai per il proprio raccolto”. Mentre incitiamo i Nostri figli al dovere della preghiera, dobbiamo e vogliamo allo stesso tempo ricordare loro che non dovranno tralasciare alcunché perché la preghiera risulti fruttuosa, e dovranno avere ben presenti le parole che l’Apostolo rivolse ai Corinzi: “Non date motivo di scandalo né ai Giudei, né ai Greci, né alla Chiesa di Dio” (1Cor 10,32). Infatti, alla disposizione virtuosa dell’animo che la preghiera stessa postula come primo requisito, è necessario che si accompagnino azioni ed esempi coerenti con la professione della fede cristiana. Esempi di integrità e di giustizia, di solidarietà verso gli indigenti, di penitenza, di armonia familiare e di rispetto per le leggi rappresentano un ottimo patrocinio per chi prega. Ai voti di coloro che onorano devotamente ed osservano i precetti di Cristo, certamente corrisponde la generosità divina, secondo quanto promesso: “Se rimarrete in me e le mie parole rimarranno in voi, voi chiederete tutto ciò che vorrete, e vi sarà dato” (Gv 15,7). Per questo oggi vi esortiamo perché vogliate, unendo alle Nostre le vostre preghiere, chiedere in modo particolare a Dio che vi conceda di accogliere i vostri concittadini, concordi e affratellati, in un abbraccio di perfetta carità.
Inoltre è utile aggiungere la preghiera per i Santi che sono nella gloria celeste: l’efficacia della loro intercessione, specialmente per lo scopo che ci prefiggiamo, è evidenziata dalla penetrante osservazione di Agostino a proposito di Stefano: “Se Santo Stefano non avesse tanto pregato, la Chiesa oggi non avrebbe Paolo”[9]. Imploriamo pertanto Gregorio, che gl’Inglesi solevano chiamare con l’appellativo di Apostolo della loro gente; Agostino, suo discepolo e legato, e tutti gli altri, per la straordinaria virtù e per le mirabili opere dei quali codesta isola è stata celebrata come “nutrice di Santi”; i vostri particolari patroni, Pietro, Principe degli Apostoli, e Giorgio; e prima di ogni altro, la santissima Madre di Dio, che Cristo stesso dalla Croce ci ha lasciato, designandola come madre del genere umano, ed alla quale il vostro regno è stato dedicato dai vostri avi col nobilissimo titolo di “Dote di Maria”. Ricorriamo con vive preghiere a tutti costoro perché intercedano presso Dio, sì che, rinnovando i fasti dei periodi più gloriosi, egli “vi riempia di ogni gioia e pace nella fede, perché abbondiate nella speranza per la virtù dello Spirito Santo” (Rm 15,13).
Si deve aver cura che vengano celebrati con maggiore frequenza e devozione quei particolari obblighi di preghiera che sono già stati previsti presso i cattolici per l’unità della fede, nei giorni e modi stabiliti. Sia particolarmente osservata la santa consuetudine del Rosario mariano, che Noi stessi abbiamo così caldamente raccomandato: in esso è veramente contenuta in modo assai utile quasi una sintesi della dottrina evangelica, e da esso si sono incessantemente riversati sui popoli salvifici doni. Noi vogliamo aggiungere spontaneamente, e in forza della Nostra autorità, un’ulteriore indulgenza a quelle dello stesso genere che sono state ripetutamente concesse dai Nostri Predecessori. A coloro, dunque, che reciteranno devotamente la preghiera che abbiamo inserito in questa lettera, anche se non Inglesi, concediamo l’indulgenza di trecento giorni, ed inoltre un’indulgenza plenaria, una volta al mese, a coloro che la recitino ogni giorno, osservando le consuete condizioni.
Valga essa ad accrescere e a rendere degna d’accoglimento la santa preghiera a Cristo a favore dell’unità, che oggi, per il mistero della sua santissima Resurrezione, con immensa fiducia ripetiamo: “Padre santo, custodisci nel tuo nome coloro che mi hai affidati, perché siano una cosa sola,come noi … Consacrali nella verità: la tua parola è verità … Non prego solo per questi, ma anche per coloro che attraverso la loro parola crederanno in me, perché tutti siano una cosa sola; come tu, Padre, sei in me ed io in te, così anch’essi siano una cosa sola in noi … Io in loro, e tu in me, perché siano perfetti nell’unità, e il mondo sappia che tu mi hai mandato, e li hai amati come hai amato me” (Gv17,11, 17, 20, 21, 23).
Infine auguriamo ed invochiamo da Dio ogni bene per tutto il popolo della Bretagna, e preghiamo con l’ardente auspicio che coloro che cercano il regno di Cristo e la salvezza nell’unità della fede vedano compiutamente esauditi i loro voti.
Dato a Roma, presso San Pietro, il 14 aprile 1895, anno diciottesimo del Nostro Pontificato.
LEONE PP. XIII
* * *
PREGHIERA ALLA SANTISSIMA VERGINE
per i fratelli inglesi
O beata Vergine Maria,
Madre di Dio,
nostra Regina e Madre dolcissima,
rivolgi benigna i tuoi occhi all’Inghilterra,
che viene chiamata “Dote” tua,
e rivolgili a noi,
che riponiamo in te tutta la nostra fiducia.
Attraverso di te ci è stato donato Cristo Salvatore del mondo,
perché in lui stesse salda la nostra speranza;
e da lui tu ci sei stata donata,
perché attraverso te la nostra speranza fosse accresciuta.
Orsù dunque, prega per noi,
o Madre dolorosa che ci accogliesti
come figli presso la Croce del Signore;
intercedi per i fratelli dissidenti,
perché con noi siano uniti, nell’unico vero Ovile,
al sommo Pastore, Vicario in terra del tuo Figlio.
Prega per noi tutti, o Madre piissima,
perché attraverso la fede, feconda di buone opere,
noi possiamo meritare tutti di contemplare,
assieme a te, Dio nella patria celeste e di lodarlo nei secoli.
Amen.
Copyright © Dicastero per la Comunicazione - Libreria Editrice Vaticana