CONSTANTI HUNGARORUM
EPISTOLA ENCICLICA
DI SUA SANTITÀ
LEONE PP. XIII
Ai Venerabili Fratelli Primati, Arcivescovi, Vescovi e agli altri Ordinari locali d’Ungheria che hanno pace e comunione con la Sede Apostolica.
Il Papa Leone XIII. Venerabili Fratelli, salute e Apostolica Benedizione.
Alla costante fedeltà ed al rispetto degli Ungheresi verso questa Sede Apostolica ha sempre largamente corrisposto la paterna benevolenza dei Pontefici romani; e Noi stessi non abbiamo mai consentito che a voi e alla vostra gente mancassero testimonianze del Nostro affetto e della Nostra sollecitudine. In modo particolare manifestammo tale Nostra propensione quando, sette anni fa, l’Ungheria celebrò il ricordo di un grandissimo e felicissimo evento. In quella circostanza, Venerabili Fratelli, vi indirizzammo una lettera nella quale ricordavamo la fede avita degli Ungheresi, le loro virtù e le loro nobili gesta, e vi impartivamo consigli su quanto Ci appariva utile alla salute e alla prosperità di codesto popolo, in questo tempo così ostile al cattolicesimo. Lo stesso motivo e il medesimo proposito Ci spingono ora a scrivervi di nuovo.
Senza dubbio, di fronte ad eventi quali quelli che hanno scosso l’animo di voi tutti in questi ultimi tempi, il dovere del Nostro ufficio Apostolico Ci impone di esortare col massimo ardore voi e il vostro clero perché con costanza, concordia e alacrità vi dedichiate ad istruire e a rendere vigilanti i popoli affidati alla vostra cura. Ma altri fatti accaduti fra voi sono per Noi motivo di nuova inquietudine: avvertiamo pericoli più gravi che incombono quotidianamente sulla religione. Tali pericoli, come sono oggetto di particolari Nostri pensieri e inquietudini, così soprattutto richiedono con forza, Venerabili Fratelli, l’opera vostra; e confidiamo con tutto il cuore che essa sarà pari ai Nostri propositi e alle Nostre attese.
Per quanto attiene in generale ai doveri dei cattolici, specialmente quando così aspri e insidiosi sono gli attacchi alle istituzioni cristiane, occorre che tutti nel modo più ampio valutino seriamente e profondamente quanto sia importante che nei diversi tempi e nelle diverse circostanze rimanga integra e intatta la religione nello Stato, e altresì quanto si debba salvaguardare in questa materia una perfetta e ferma concordia negli animi. Si tratta infatti del più alto e più grande di tutti i beni, cioè della salvezza eterna degli uomini, come pure della conservazione e della difesa di quegli istituti di cui c’è assoluto bisogno in una società civile perché vi siano assicurate la pace e una felicità che possa dirsi veramente tale. Di ciò furono pienamente consapevoli quei grandissimi uomini, degni del più grato ricordo presso la posterità, che mirabilmente si distinsero presso ogni popolo e nelle diverse epoche dando esempio straordinario di forza d’animo e offrendosi quale baluardo a difesa della casa di Dio; pronti a sacrificare non solo tutti i loro beni, ma la vita stessa per la causa della religione e della Chiesa.
Anche la vostra Ungheria ha potuto vantare, in un lungo volger d’anni, esempi familiari, e particolarmente numerosi e illustri. E anzi, nel fatto che essa sia rimasta legata, con fede e costanza, alla dottrina cattolica ricevuta da Stefano, suo re ed Apostolo, si deve certamente riconoscere, oltre che una grazia particolare di Dio, anche il frutto della fermissima e incrollabile determinazione del vostro popolo; il quale ha pienamente capito che, quando si tratta della religione, si mette in causa la gloria del nome e la salvezza stessa della propria stirpe. Desta stupore il vedere quanto generose e insigni virtù un tale sentimento abbia suscitato: grazie ad esse, anche nei momenti di maggiore difficoltà gli Ungheresi seppero opporre una forza e una costanza non inferiori alla grandezza dei pericoli. Per certo, grazie al presidio di quelle virtù, ricacciarono invitti sia le ripetute incursioni dei Tartari, sia i lunghi e massicci attacchi dei Maomettani. Essi furono degni davvero di ogni possibile aiuto da parte degli altri popoli, dei maggiori Prìncipi e soprattutto dei Pontefici romani in questa lotta così densa di pericoli; infatti non si combatteva soltanto per la fede e per il dominio dell’Ungheria, ma per la stessa religione cattolica e per la salvezza dell’Occidente.
Per lo stesso motivo l’Ungheria, anche se risentì della violenza delle più recenti tempeste che portarono tante rovine nei paesi circostanti, e anche se ne riportò danni non lievi, ne uscì tuttavia salva; e ne rimarrà indenne anche in futuro se conserverà il rispetto della sua religione, se tutti avranno ben chiaro quali siano i doveri quotidiani di ciascuno e ad essi si atterranno col massimo scrupolo.
E per venire ai temi che più propriamente Ci proponiamo di trattare, abbiamo notato non senza dolore che oltre a quei punti — nelle leggi ungheresi — che, come già lamentammo, “sono in contrasto con i diritti della Chiesa, ne diminuiscono l’efficacia e ostacolano la professione della fede cattolica”[1], anche altri decreti e disposizioni sono stati promulgati e applicati in questi ultimi anni dai pubblici poteri, indubbiamente non meno dannosi per la Chiesa e per la stessa dottrina cattolica; e visto il punto a cui sono giunte le cose nella vostra vita pubblica, c’è serio motivo per temere che ne derivino alla religione danni molto maggiori.
Or dunque, per quanto specificamente concerne quei temi che più animatamente si dibattono presso di voi in questi tempi più recenti, è vostro compito, Venerabili Fratelli, adoperarvi con impegno e concordia perché tutti, sacerdoti e laici, conoscano anzitutto ciò che è loro lecito e ciò da cui devono guardarsi, al fine di non contravvenire ai precetti della legge naturale e divina.
E poiché in questa materia la maggior parte di voi, pastori d’anime, ha invocato e sollecitato insistentemente l’intervento della Sede Apostolica, sarà ancora vostro compito, Venerabili Fratelli, quello di avvertire senza indugio gli stessi ministri del culto che si facciano scrupolo di non allontanarsi minimamente dalle disposizioni e ingiunzioni della Santa Sede: e che ciò che non sarà lecito ai sacerdoti non sarà ovviamente lecito nemmeno ai laici.
Del resto, ad evitare molti mali è importante che i pastori d’anime non cessino mai dall’esortare i credenti ad astenersi, per quanto possibile, dal contrarre matrimonio con persone di fede diversa dalla cattolica. È bene che i fedeli comprendano, e imprimano nell’animo la persuasione, che devono tenersi lontani da tali matrimoni, che la Chiesa ha sempre detestato, perché, come Noi stessi proclamammo in altro luogo[2], “offrono l’occasione per una convivenza proibita e per una commistione di cose sacre; creano un pericolo per la religione del coniuge cattolico; sono di impedimento ad una sana educazione dei figli, e molto spesso inducono gli animi a tenere in eguale considerazione tutte le religioni, eliminando ogni distinzione tra vero e falso”.
Ma sulla religione avita degli Ungheresi incombono, come abbiamo ammonito, maggior danni. Quanti nemici della fede cattolica non dissimulano affatto costà il loro proposito: cioè riuscire, con l’aiuto delle armi più idonee, a ridurre la Chiesa e il cattolicesimo in condizioni via via peggiori. Perciò, Venerabili Fratelli, vi esortiamo più vivamente che mai a non risparmiare nessuno sforzo per allontanare dal gregge a voi affidato, dalla patria vostra, un così grave pericolo. Anzitutto adoperatevi ed impegnatevi perché tutti, incoraggiati dal vostro esempio e dalla vostra autorità, abbraccino forti e animosi la causa della religione e la difendano con fermezza. Senza dubbio accade non di rado, e non saremo reticenti su questo dato di fatto, che alcuni cattolici, proprio quando dovrebbero porre ogni energia e concentrare ogni sforzo nella difesa e nella rivendicazione dei diritti della Chiesa, indotti da una sorta di umana prudenza, o prendano altre vie, o si mostrino troppo pavidi e remissivi nell’azione. Eppure è facile comprendere come un simile atteggiamento apra la strada a pericoli gravissimi, specie quando si tratti di persone investite d’autorità o di particolare prestigio presso la pubblica opinione. Oltre al fatto che essi mancano ad un compito giusto e doveroso, ne nasce spesso motivo di grave sconcerto, e si impedisce la via per il raggiungimento e la conservazione di quella concordia che induce tutti all’unanimità dei sentimenti e delle azioni. E di questo, cioè dell’inerzia o della discordia tra i cattolici, nulla può capitare di più desiderabile ai nemici della fede cattolica: tali comportamenti raggiungono facilmente proprio l’unico risultato di lasciare ai nemici libero e spedito accesso ai peggiori ardimenti. Occorre dunque in ogni circostanza avere compagne la saggezza e la moderazione; la Chiesa stessa richiede che nella difesa della verità si ricorra ad una condotta avveduta: nulla tuttavia è più lontano dalle norme di una reale avvedutezza quanto consentire che la religione sia impunemente perseguitata e che la salvezza del popolo sia messa in pericolo.
Dato poi che a consolidare la concordia, così come a suscitare un energico attivismo fra i cattolici hanno un’efficacia particolarmente salutare, come l’esperienza dimostra, quei congressi annuali nei quali, sotto l’auspicio e la direzione dei Vescovi, si confrontano le opinioni su argomenti della fede cattolica e sullo sviluppo delle opere pie d’ogni genere, così ardentemente auspichiamo che siano sollecitamente presi quegli opportuni provvedimenti al riguardo che sappiamo aver voi stessi predisposti da qualche tempo. Non dubitiamo infatti che tali congressi, di cui già incoraggiammo caldamente la convocazione in altri luoghi, potranno giovare grandemente alla vostra causa.
È anche opportuno che voi vi adoperiate perché nelle assemblee legislative vengano scelti uomini di sicura fede e di provata virtù, che sappiano perseguire con perseveranza l’obiettivo, che siano cioè sempre pronti e vigili nella difesa della Chiesa e degli interessi cattolici. Vedete inoltre, Venerabili Fratelli, come i dissidenti dalla Chiesa si applichino con accanimento, per mezzo anche di giornali e di libri, per diffondere largamente tra il popolo i veleni di errori e opinioni perverse, come corrompano i buoni costumi e distolgano un gran numero di persone dalla pratica della vita cristiana. Comprendano dunque i vostri fedeli che è ormai tempo di tentare qualcosa di più incisivo in questa direzione: si devono in ogni modo contrapporre scritti a scritti, che risultino adeguati all’asprezza della lotta e che costituiscano rimedi idonei ai mali.
Ma soprattutto vogliamo, Venerabili Fratelli, che le vostre premure siano rivolte e concentrate nell’educazione dei fanciulli e dei giovani. Non è Nostra intenzione ripetere quanto già esponemmo nella lettera precedentemente ricordata: non possiamo tuttavia esimerCi dal toccare brevemente alcuni punti di particolare importanza. Quanto alle scuole primarie è necessario, Venerabili Fratelli, sollecitare e incalzare i direttori spirituali e gli altri pastori d’anime a che esercitino su di esse col massimo zelo un’ininterrotta vigilanza e considerino parte importantissima della propria missione quella di istruire gli alunni nella sacra dottrina. Non deleghino ad altri questo compito nobile e impegnativo, ma lo assumano su di sé e lo abbiano particolarmente caro, ritenendo per certo che da una sana e pia educazione dell’infanzia dipende in gran parte la salvezza non solo delle famiglie ma dello stesso Stato. E non crediate che vi sia alacrità e solerzia così grande, che non se ne debba usare ancora di più perché tali scuole raggiungano ogni giorno più fecondi risultati. Sarebbe estremamente opportuno che in ciascuna Diocesi si istituissero degli Ispettori scolastici diocesani e dei presidi con i quali annualmente i Vescovi possano trattare dello stato e della condizione delle scuole, e in particolare di tutto quanto concerne la fede, la morale e la cura delle anime. E se fosse necessario o istituire nuove scuole, secondo le esigenze dei vari luoghi, o ingrandire quelle già esistenti, non dubitiamo minimamente che la vostra liberalità, Venerabili Fratelli, già sperimentata per molte prove, e così quella dei cattolici d’ogni condizione sarebbero pronte e generose.
Quanto alle scuole cosiddette medie e a quelle superiori, occorre fare ogni sforzo perché i buoni semi, per così dire, posti nell’animo dei fanciulli non si perdano miseramente negli adolescenti. Fate dunque tutto quanto sta in voi, Venerabili Fratelli, sia con l’azione, sia con le preghiere, per rimuovere o diminuire tali pericoli: e la vostra pastorale solerzia si applichi anzitutto nella scelta di uomini onesti e dotti cui affidare l’istruzione religiosa, per eliminare le cause che troppo spesso impediscono di coglierne il frutto salutare e fecondo.
Inoltre, sebbene ci siano ben note e provate le cure da voi stessi profuse perché codeste sedi di studi superiori, che secondo la volontà dei fondatori devono sottostare all’autorità della Chiesa e dei Vescovi, mantengano tale loro carattere, voluto da chi le ha istituite, tuttavia vi esortiamo in modo pressante perché approfittiate di ogni opportunità che vi si offra, con unanimità d’intenti, per adoperarvi in loro favore, com’è vostro diritto e dovere. Infatti, è contrario ad equità e giustizia che ciò che viene concesso ai non cattolici sia negato ai cattolici: ed è di pubblico interesse che istituzioni volute dalla pietà e dalla saggezza dagli antenati vengano utilizzate in perpetuo non a danno della Chiesa e della fede cattolica, ma a difesa e presidio di entrambe, ed altresì a beneficio dello Stato stesso.
Infine, il dovere del Nostro ministero Ci impone di raccomandarvi vivamente quanto già vi prescrivemmo nella stessa lettera a proposito dei giovani chierici e dei preti. Non v’è dubbio che se vostro compito, Venerabili Fratelli, è quello di prodigare ogni cura ed energia nella sana educazione di tutti i giovani, è molto più necessario che vi adoperiate a favore di coloro che crescono vivendo la speranza della Chiesa, perché appunto siano degni dell’onore del sacerdozio, ed accingendosi ad assumerne debitamente le responsabilità si armino della virtù adatta ai tempi. E dato che in questo senso i sacri Seminari richiedono a buon diritto una parte importantissima della vostra vigilanza, sforzatevi con cura vieppiù crescente di farli progredire con le misure più opportune, fornendoli di tutti gli strumenti necessari, in modo che, sotto la direzione di rettori scelti, gli allievi sacerdoti siano compiutamente e adeguatamente educati ai costumi e alle virtù proprie al loro ordine e all’ornamento di ogni dottrina divina e umana.
Per quanto attiene ad una fruttuosa azione del vostro Clero, è della massima importanza in questi tempi che risplendano in modo singolare alcune vostre doti, Venerabili Fratelli, quali la concordia nel dirigerlo, la sollecitudine e la carità nell’esortarlo ed ammonirlo, la fermezza nel mantenere la disciplina ecclesiastica.
A loro volta è necessario che quanti appartengono al Clero siano con la massima fiducia accanto ai loro Vescovi, ne accolgano le disposizioni, ne favoriscano i propositi e le iniziative: si prodighino con prontezza e alacrità, sotto la spinta della carità, nell’assolvimento dei propri sacri doveri, nel sobbarcarsi a fatiche per la salvezza eterna dei fedeli. E poiché gli esempi dei sacerdoti hanno sempre e ovunque grandissima efficacia, si sforzino soprattutto di proporre costantemente agli occhi del popolo cristiano se stessi come modello vivente di virtù e continenza. Siano attenti a non farsi coinvolgere più del giusto nelle questioni politiche o civili; e ricordino spesso le parole dell’Apostolo Paolo: “Nessun soldato di Dio si ingerisca negli affari secolari, al fine di piacere a Colui al quale si è consacrato” (2Tm 2,4). Certo, come ammonisce San Gregorio Magno, è giusto non tralasciare il pensiero delle cose esteriori per l’esclusiva attenzione alle interiori: e specificatamente quando si tratta di difendere la religione o di promuovere il bene comune non si dovranno trascurare quelle difese e quelle risorse che il tempo o il luogo suggeriscono. Ma occorre moltissima prudenza e vigilanza, naturalmente, perché le persone appartenenti all’ordine sacro non travalichino l’austerità e la moderazione e non sembrino aver a cuore le cose celesti meno delle umane. Molto felicemente si esprime lo stesso Gregorio Magno: “Gli affari del secolo debbono talora essere tolleranti secondo il sentimento comune, ma mai ricercati con passione, affinché, con l’aggravare la mente di chi li ama, col loro peso non la facciano sprofondare, vinta, dalle altezze celesti alle profondità infernali”[3].
Vogliamo inoltre che coloro che sono a capo delle curie siano da voi esortati a custodire religiosamente e ad amministrare col massimo scrupolo il patrimonio delle proprie chiese: se in questa materia si fosse insinuata qualche irregolarità, sarà ancora vostro compito porvi adeguato rimedio. Riteniamo inoltre assai opportuno che il Clero si dedichi con attenta cura a rivitalizzare le locali Compagnie o Confraternite laiche, riportandole all’antica dignità. Ciò riguarda veramente il bene generale della religione non meno che degli stessi Sodalizi. Non v’è dubbio infatti che tali Sodalizi possono, per non parlar d’altri vantaggi, essere di grandissimo aiuto a voi e al vostro Clero, sia nell’educare il popolo alla pietà ed alla vita cristiana, sia anche nel rafforzare quella salutare concordia di spirito e di volontà, a cui tanto vivamente aspiriamo.
Per tutto quanto concerne infine la difesa della religione e della fede avita, lo sviluppo delle istituzioni cattoliche, la disciplina del Clero regolare e secolare, riteniamo, Venerabili Fratelli, che sarà ottima e salutare cosa se vorrete stabilire la consuetudine di riunirvi tra voi in consiglio, di quando in quando, per prendere insieme quelle decisioni che riterrete necessarie e più opportune.
Noi confidiamo che tutti i cattolici d’Ungheria, constatato il corso minaccioso degli eventi, e riconoscendo in tutte le Nostre parole la testimonianza della Nostra paterna sollecitudine e del Nostro ardentissimo affetto verso di loro, si armeranno di vigore e coraggio; e tutti, come si conviene, obbediranno con perfetta osservanza ai Nostri consigli e ammonimenti. Dio assisterà propizio voi, Venerabili Fratelli, e con voi il Clero e il popolo cattolico, se opererete strenuamente in difesa della religione, con una sola mente e un solo cuore, e condurrà a un felice risultato le vostre imprese. Né vi mancheranno certamente, in questa causa così santa e giusta, il favore e la benigna protezione del sommo Principe, cioè del vostro Re Apostolico, che fin dall’inizio del suo principato ha dato ampie manifestazioni di benevolenza verso il vostro popolo.
Perché dunque tutto si svolga felicemente e secondo i voti, unitevi a Noi, Venerabili Fratelli, nel rivolgere a Dio grandi preghiere: ricorrete con fervore all’intercessione dell’augusta Madre di Dio; implorate altresì la protezione del vostro Apostolo Santo Stefano perché guardi benigno dal cielo alla sua Ungheria, e conservi santi e inviolati in essa i benefìci della divina religione.
Auspice dei doni celesti e testimonio della Nostra paterna benevolenza, impartiamo con affetto la benedizione Apostolica a voi, Venerabili Fratelli, al Clero e a tutto il vostro popolo.
Dato in Roma, presso San Pietro, il 2 settembre 1893, sedicesimo anno del Nostro Pontificato.
LEONE PP. XIII
[2] Litt. Encycl. De Matrimonio christiano, an. MDCCCLXXX.
[3] Reg. Pastor. p. II, c. VII.
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