LEONE XIII
EPISTOLA
FRA LE MOLTEPLICI*
Al Signor Cardinale Lucido Maria Parocchi, Vicario generale di Roma.
Il Papa Leone XIII.
Signor Cardinale.
Fra le molteplici cure che, per dovere dall’apostolico ministero Noi abbiamo sempre consacrato alla conservazione e all’incremento della religione cattolica in Italia, principalissima è quella che riguarda il Clero, dal quale in grandissima parte dipendono gl’interessi della fede e delle anime. Perciò in ogni occasione abbiamo caldamente inculcato che il Clero venga formato non solo alla scienza soda e verace, ma in modo speciale alle virtù sacerdotali e allo spirito schiettamente ecclesiastico, che è lo spirito stesso del sommo ed eterno Sacerdote Gesù Cristo. Ma la necessità di avere un Clero così formato è molto più forte e più sentita per la città di Roma. Qui, nella Capitale del mondo cattolico, nel centro della religione nostra santissima, dove i cattolici convengono da ogni parte della terra per trovarvi conforto alla loro fede, qui più che altrove è necessario che la vita e i costumi e le opere di coloro che son chiamati luce del mondo e sale della terra, risplendano di più chiaro e fulgido lume, affinché tutti ne traggano edificazione e stimoli a ben fare. Perciò, come abbiamo fatto recentemente con tutti i Vescovi d’Italia, così e molto più sentiamo ora il bisogno di richiamare, Signor Cardinale, su questo importantissimo argomento tutta la sua attenzione. Le condizioni proprie di Roma, il maggior numero di ecclesiastici che qui accorrono da ogni paese, esigono maggiori cure ed industrie perché la disciplina del Clero non abbia a soffrire per tali cause, né a perdere la sua efficacia. È giusto qui render onore a tanta parte di ecclesiastici che, esemplari e pieni di zelo, tutti dati alle opere del ministero e della carità cristiana, nella devozione e nell’attaccamento alla Santa Sede e al Vicario di Gesù Cristo, nell’obbedienza e nel rispetto verso i loro superiori e nello spirito di unione e di concordia sentono essere riposta la più sicura garanzia del loro retto operare, la sorgente delle maggiori benedizioni del cielo, l’efficacia dei loro sforzi. Per essi si continuano le gloriose tradizioni del Clero romano, che tanti e sì luminosi modelli ha lasciato all’imitazione dei posteri, alcuni dei quali giudicati degni anche degli onori dei Santi.
Ma si sa che i nemici, in tutte le varie forme della guerra che ora muovono alla Chiesa, prendono sempre più specialmente di mira Roma, e in essa raccolgono le loro forze. E così anche contro il Clero qui si è cominciata un’opera tenebrosa colla perfida mira di screditarlo, di scinderlo, di alienarlo dai legittimi superiori e di farlo ribelle alla loro autorità. Per tale scopo è buono ogni mezzo; ma il più deplorevole e il più penoso si è che tra gli stessi ecclesiastici se ne possa trovare alcuno che, dimentico dei propri doveri e della santità del suo carattere, giunga a tanto da prestare il concorso dell’opera sua per l’esecuzione d’intendimenti così perversi. Per questi motivi è da avvisare senza indugio e con tutta energia al pericolo. Importa moltissimo che alla educazione del giovane Clero si dieno le cure più intelligenti e più assidue; che si usi il più oculato discernimento e le maggiori cautele nell’ammissione di quella parte di Clero che viene da altre diocesi; che gli uni e gli altri non sieno troppo lasciati in loro balìa, ma sia per ciò che riguarda la loro condotta, sia per ciò che spetta all’esercizio dei diversi ministeri ed offici, sappiano di esser sempre sotto l’occhio vigile dei superiori e sentano sempre il freno salutare di una ferma e saggia disciplina.
Ma sopra ogni altra cosa interessa che tutti sieno animati di quello spirito di santità, di abnegazione, di sacrificio, di zelo che è proprio del loro carattere, e che li rende veri ministri di Cristo. A tale effetto nulla può essere più opportuno che chiamarli tutti di tanto in tanto a raccogliersi negli Esercizi spirituali, che sono di una mirabile efficacia per la riforma della vita, per la perseveranza nel bene e per dare nuovo vigore allo spirito, in mezzo ai pericoli e a tante cause di dissipazione che offre il mondo. Sappiamo che qui già vige il santo costume del ritiro spirituale per gli ecclesiastici: ma ora vogliamo qualche cosa di più speciale, e nominatamente che tutto il Clero di Roma, senza eccezione, debba consacrare nell’anno prossimo alcuni giorni al ritiro e alla preghiera. A Lei, Signor Cardinale, affidiamo la cura di tutto predisporre per l’esecuzione di questa Nostra volontà; e siamo certi che tutti gli ecclesiastici risponderanno volonterosi all’invito, ed entrando nelle Nostre viste sapranno trarre da questa grazia singolare, che Dio loro prepara, quel maggiore e più durevole profitto che Noi così ardentemente bramiamo.
A tale effetto imploriamo sopra di essi le più copiose benedizioni del cielo: ed a Lei, Signor Cardinale, e a tutto il Clero e popolo di Roma impartiamo di cuore l’Apostolica benedizione.
Dal Vaticano, 18 dicembre 1889.
LEONE PP. XIII
*ASS, vol. XXII (1889-90), pp. 337-341.
Copyright © Dicastero per la Comunicazione - Libreria Editrice Vaticana