LEONE XIII
ALLOCUZIONE
EPISCOPORUM ORDINEM
Il Papa Leone XIII. Venerabili Fratelli.
Oggi, prima di provvedere alle cooptazioni dell’ordine dei Vescovi e del vostro amplissimo Collegio, vogliamo intrattenervi specialmente su un argomento del quale, sebbene a voi già abbastanza noto, nondimeno essendo esso di grave rilievo, udirete trattare volentieri, come pensiamo, in questa sede e da Noi stessi. Certamente intendiamo accennare a quanto si è ultimamente operato a vantaggio degli interessi cattolici in Prussia. Venne, per grazia di Dio condotto a compimento un affare di lunga e difficile trattativa, nel quale mettemmo con tutto l’animo l’opera Nostra e, posposto ogni altro fatto di minor conto, non avemmo altro scopo, come era di dovere, che la salvezza delle anime. Infatti voi non ignorate in quale situazione stessero colà da molti anni le cose; ché anzi, non senza grave rammarico, voi stessi avete sovente insieme con Noi deplorato le Chiese senza Vescovi, le parrocchie senza parroci, e similmente la menomata libertà del pubblico culto, la chiusura dei seminari, la conseguente scarsezza del Clero, stremato a tal punto che moltissimi cattolici spesso non avevano modo né di praticare i loro doveri del culto divino, né di curare ciò che consente la purificazione dell’animo. Mali così gravi Ci angustiavano tanto maggiormente in quanto Noi non potevamo da soli né sanarli, né almeno alleggerirli, specialmente per i molteplici ostacoli che si frapponevano all’esercizio della Nostra autorità. Per cui pensammo di ricercare i rimedi appunto là dove era necessario; ciò facemmo con maggiore fiducia sapendo bene che all’opera Nostra, oltre che dai Vescovi, sarebbe venuto un leale e valido appoggio dai deputati cattolici, uomini di incrollabile costanza nella buona causa, dal cui zelo e dalla cui concordia la Chiesa ebbe già a raccogliere non lievi frutti, ed altri equivalenti ne attende per l’avvenire. Ai propositi e alle speranze Nostre dava non poco conforto il fatto che sapevamo, senza alcun dubbio, di trovare equità e spirito conciliativo da parte dell’augusto Imperatore di Germania e dei suoi ministri di Stato.
Fu trovato infatti prontamente qualche riparo ai mali più gravi; poi si venne gradualmente ad accordi sopra vari punti, e da ultimo, per effetto della recentissima legge, come vi è noto, vennero in parte abrogate, in parte grandemente addolcite le leggi precedenti: certo si è posto fine a quella fierissima lotta che nocque alla Chiesa senza giovare allo Stato. Tali sono i risultati che Ci rallegriamo di avere finalmente ottenuti, mediante laboriose pratiche e mercé la vostra efficace cooperazione; perciò a Dio consolatore e vindice della sua Chiesa rendiamo particolari grazie e serbiamo riconoscenza. Ché se rimangono da realizzare diverse cose che i cattolici desiderano con valido motivo, tuttavia occorre tenere presente che sono molte e di gran lunga più importanti quelle che abbiamo conseguito. Principalissima fra tutte è questa: che l’autorità del Pontefice Romano, nel governo della Chiesa cattolica, non è più considerata in Prussia come autorità straniera, e si è altresì provveduto al libero esercizio di essa per l’avvenire.
Voi ben comprendete, Venerabili Fratelli, che sono vantaggi di non minore importanza la debita libertà restituita ai Vescovi nel governo delle Diocesi, i seminari riaperti alla gioventù ecclesiastica, e i non pochi Ordini religiosi richiamati dall’esilio. Del resto non porremo indugio ad ulteriori trattative: e ben conoscendo la volontà dell’augusto Principe e anche l’animo dei suoi ministri, abbiamo ragione di volere che i cattolici di Prussia si rincuorino e si confortino, poiché non diffidiamo di riuscire ad ottenere altri buoni risultati.
Ci è gradito inoltre riguardare ad altre regioni della Germania, poiché riteniamo giustamente che non in Prussia soltanto, ma anche altrove, si vadano maturando equi provvedimenti a favore dei cattolici. Ad alimentare la Nostra speranza torna opportuno il buon volere recentemente manifestato dal Granduca d’Assia Darmstadt, il quale appunto in questi giorni Ci ha inviato un legato al fine di iniziare trattative per temperare in modo favorevole alla libertà della Chiesa cattolica le leggi del suo Stato. La qual cosa non è a dire quanto sia riuscita conforme ai voti del Nostro cuore; infatti, nulla desideriamo più ardentemente di questo: che cioè voglia il cielo consentire tanto di vita a Noi, e di favore alle Nostre attività intraprese, da poter finalmente vedere che in tutto l’Impero Germanico la religione cattolica ottenga tranquillità e, sicura del suo diritto e difesa dalle leggi, progredisca senza ostacoli ad ogni più salutare incremento.
Sennonché i Nostri pensieri non restano circoscritti ai territori della Germania. Dovunque è riconosciuta l’autorità del Romano Pontefice, colà sono pure rivolte le cure, l’opera e la vigilanza del Nostro ministero: e senza distinzione di luogo né di stirpe, la Nostra carità abbraccia nello stesso modo, come è doveroso, quanti sono affratellati nel vincolo della fede cattolica. Mossi da tale carità, Ci sforziamo di rendere migliore la condizione dei cattolici non soltanto presso coloro che abbiamo sopra citato, ed è opportuno innalzare suppliche a Dio, perché si degni coronare di prospero successo singolarmente le cose già iniziate.
Piaccia al cielo che lo zelo di pacificazione, del quale siamo animati verso tutte le nazioni, possa razionalmente tornare utile all’Italia, che Iddio con sì stretto legame congiunse al Romano Pontificato, e che la natura stessa raccomanda particolarmente all’affetto del Nostro cuore. Noi certamente, come più volte avemmo occasione di significare, da lungo tempo e vivamente desideriamo che gli animi di tutti gli Italiani giungano ad ottenere sicurezza e tranquillità, e sia tolto finalmente di mezzo il funesto dissidio con il Romano Pontificato: ma purché siano salve sempre le ragioni della giustizia e la dignità della Sede Apostolica, le quali vennero offese non tanto dalla violenza popolare, quanto e soprattutto per la cospirazione delle sette. Pertanto è necessario aprire la strada alla concordia, restituendo quella condizione di cose nella quale il Romano Pontefice non sia soggetto al potere di chicchessia, e goda piena e vera libertà, come vuole ogni ragione di giustizia. Da ciò, se si vuole giudicare rettamente, non solo non patirebbero alcun danno gli interessi d’Italia, ma ne acquisterebbero anzi aiuto per l’incolumità e il benessere.
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