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PAOLO VI

ANGELUS DOMINI

Domenica, 16 novembre 1969

 

Noi abbiamo celebrato la Messa, questa mattina, nella Basilica di S. Pietro, e vi assistevano molti Delegati e Osservatori della Conferenza Generale della F.A.O. (che è l’organo delle Nazioni Unite per l’alimentazione e per la promozione dell’Agricoltura nel mondo); ed erano pure presenti i Coltivatori diretti italiani, convenuti a Roma per la Giornata del Ringraziamento, promossa dalla loro Confederazione Nazionale.

Abbiamo così una volta ancora pensato al pane; sì, anche al pane materiale, al pane economico di cui ha bisogno l’umanità; e Ci siamo ricordati che l’umanità, nella sua maggioranza, ha fame, soffre ancora la fame. Noi viviamo in un ambiente sociale, dove questo bisogno è normalmente soddisfatto, sebbene tante agitazioni ci avvertano che per molti non è soddisfatto abbastanza. Ma poi dimentichiamo i molti che veramente sono nell’indigenza e mancano non soltanto del benessere proprio della società moderna, ma del necessario. Soffrono, stentano, muoiono. Sono popoli interi. E anche vicino a noi, nel cuore stesso delle grandi città, e più spesso alle periferie vi sono tante miserie, tanti bisogni, che attendono soccorso e rimedio; e non solo da chi presiede alla comunità sociale, ma anche dai concittadini, dall’iniziativa privata, dai fratelli.

Ricordiamoci di questo. Primo, per rinunciare noi stessi al superfluo, allo spreco, all’inutile: bisogna non sciupare il «pane»; bisogna aver riverenza al bene economico in vista d’una distribuzione più equa, più larga, più umana. Secondo: dobbiamo ciascuno compiere opera di bene per chi è nella sofferenza e nel bisogno. Bisogna dare sostegno e obolo alle opere di assistenza, all’esercizio della carità. È questa una prima giustizia.

Raccomandiamo questa sensibilità, questa effusione di opere buone, di misericordia, a voi, Romani, specialmente, se volete che la nostra città meriti sempre il titolo glorioso e antichissimo di «presidente della carità».

                                        



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