PAOLO VI
ANGELUS DOMINI
Domenica, 8 giugno 1975
Mese di giugno, mese del Sacro Cuore; così ancora si esprime oggi la nostra religiosità? Sì, perché la ghirlanda di festività, che forma l'aureola liturgica, irradiante dal mistero pasquale celebrato da poco, ancora s'ingemma di questo splendore; e, come gli altri misteri di questa corona, si vale della prerogativa dell'essenziale. È infatti essenziale al disegno della rivelazione cristiana la scoperta a noi fatta da Dio, e da noi, se attenti, se disponibili a tale fulgurazione, accolta e goduta, che Dio è amore (1 Io. 4, 8; 4, 16; Io. 3, 16; Eph. 2, 4); e come tale in Cristo si è manifestato, svelando il segreto già presente, ma rimasto misterioso e quasi muto nella creazione naturale; perché in Cristo l'amore di Dio per noi assunse linguaggio comprensibile, se pure incommensurabile, al nostro cuore umano: «Cristo ha amato me, ed ha sacrificato se stesso per me» (Gal. 2, 20. 20); così sintetizza S. Paolo il dramma della redenzione. È travolgente, se abbiamo capito. Ci piace ricordarvi questo aspetto, questa sorgente dell'autentica pietà cattolica, non solo perché riflesso nel nostro calendario liturgico che lo presenta in questo periodo, ma perché, con somma nostra gioia, ci è parso ravvisarlo spontaneo e vissuto nelle manifestazioni religiose, proprie dell'Anno Santo.
Osservandole, venivano alla nostra mente le parole dei mistici: cor ad cor loquitur, il cuore parla al cuore, per il carattere personale di tali atti spirituali, per la loro interiorità, per la loro semplicità e discrezione, per la loro evidente sincerità, comprovata dalle loro autentiche componenti di senso morale e di schietta religiosità. Il cuore di Cristo, ci siamo detti, batte ancora e mette all'unisono migliaia di altri cuori. La Chiesa avverte la pulsazione di questi cuori, che certo prelude ad una accelerazione della carità nel nostro mondo moderno. Oh! lo comprendessero gli uomini del nostro tempo! Il mondo moderno, nelle sue maggiori esigenze, sia spirituali, che morali e sociali, ha bisogno di amore, che vuol dire superamento d'ogni sentimento che lo rende infelice, e preludio di ogni cosa grande, buona, umana, di cui esso è più che mai oggi capace, e forse inconsciamente desideroso. Abbia questo impulso oggi la nostra preghiera.
Copyright © Dicastero per la Comunicazione - Libreria Editrice Vaticana