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PAOLO VI

UDIENZA GENERALE

Mercoledì, 13 ottobre 1965

 

Amare la Chiesa!

Diletti Figli e Figlie!

Amate la Chiesa! questa sarà la parola che consegniamo al ricordo di questa udienza. Amate la Chiesa! Quale altra raccomandazione vi può fare il Papa, quando Egli è tanto lieto di accogliervi come membri della santa Chiesa, e quando Egli si compiace di ammirare nell’assemblea, che voi qui accolti componete, una figura, anzi una porzione della grande assemblea dei fedeli di tutto il mondo, che compongono la Chiesa stessa? Amate la Chiesa, perché l’ha amata Gesù Cristo, il suo fondatore, che non solo l’ha ideata, iniziata, istruita, educata, arricchita del tesoro inestimabile della sua Parola e dei suoi carismi di grazia e di vita spirituale, ma ha dato la sua vita, il suo sangue per lei, per lei è morto e per lei è risorto, assorbendo in Sé, agnello innocente, le pene, le miserie, le sofferenze, le aspirazioni dell’umanità, e celebrando in Sé la redenzione, che Egli a tutti offre e comunica, a tutti quelli cioè che, accettandola nella fede e nella partecipazione sacramentale, diventano a Lui conformi, anzi suo corpo mistico, sua Chiesa. Tanto ha amato Cristo la Chiesa da farla rappresentare, nella celebre similitudine di San Paolo (Eph. 5, 25), come sua Sposa, e da indicare l’amore intercorso fra Lui, Cristo, e la Chiesa come il paradigma più alto e più pieno dell’amore, dal quale deve attingere esempio e santità perfino l’amore coniugale.

Amate la Chiesa, Figli carissimi, in quest’ora specialissima della sua storia e della sua vita; l’ora del Concilio; un Concilio, che appunto ha avuto la Chiesa come oggetto principale delle sue discussioni e dei suoi decreti. Amate la Chiesa, oltre tutto, perché essa è diventata tema d’interesse dell’opinione pubblica, la quale osserva, studia, discute persone, avvenimenti,, problemi riguardanti la Chiesa, come forse non è mai capitato; e perché nell’interno stesso della Chiesa un risveglio s’è prodotto, un fermento, un’inquietudine, una speranza, che tutta la agitano e la scuotono, che le fanno approfondire la coscienza di se stessa, in una incalzante serie di interrogativi interiori, e la spingono a sognare, anzi a tentare espressioni pratiche ed esteriori nuove e originali, in una ricerca di autenticità rigorosa e testuale per alcuni, di conformità al costume storico presente per altri.

Amate la Chiesa. Ma a questo punto dobbiamo completare la Nostra esortazione con un rilievo. Questo fervore di rinnovamento deve essere, innanzi tutto, osservato nella linea dinamica delle sue tendenze e delle sue finalità; e l’osservazione ci presenta, semplificando, due linee correnti in direzioni diverse, talora opposte: una, possiamo dire, centrifuga, l’altra centripeta; una eccitata piuttosto dalla considerazione delle realtà terrene, alimentata dal desiderio di capire il mondo contemporaneo, di esaltare i suoi valori e servire i suoi bisogni, di accettare i suoi modi di sentire, di parlare, di vivere, di estrarre dall’esperienza della vita una teologia umana e terrestre e di dare al cristianesimo espressioni nuove, aderenti, non tanto alle tradizioni sue proprie, quanto all’indole della mentalità moderna; e sta bene; ma per arrivare a tali risultati questa linea instaura sovente una critica, spesso inizialmente giusta, su manchevolezze, stanchezze, difetti, arcaismi del mondo cattolico, ma poi spesso critica abituale, radicale e superficiale ad un tempo, insofferente della consuetudine e della norma ecclesiastica, incapace alla fine di capire il mistero dell’obbedienza e della carità interiore che collegano e santificano la comunità ecclesiale, per terminare in raffinate espressioni soggettive, spirituali o culturali, che piuttosto disperdono e inaridiscono magnifiche energie, senza potere, né volere più impiegarle umilmente e positivamente nel grande, lento, e coordinato sforzo di costruire la Chiesa.

Vi è un’altra linea, un altro metodo d’interesse per il rinnovamento della Chiesa, quello che mira non al distacco o all’allontanamento dalla sua strutturazione organica, concreta e unitaria, ma al suo avvicinamento all’accrescimento della sua vitalità, cioè della sua santità e della sua capacità di rendere vivo e attuale il Vangelo. Questo è il metodo dell’instancabile riforma, di cui parla la Costituzione conciliare sulla Chiesa, affinché essa seipsam renovare non desinat, non dia mai tregua al suo rinnovamento (c. 2, n. 9). È il metodo che parte dalla considerazione delle verità rivelate, dei valori propriamente religiosi, della fecondità indeficiente delle dottrine tradizionali, e che si alimenta del godimento di questa continua scoperta, in modo tale che trabocca in un bisogno apostolico e missionario, e trova in sé per il mondo circostante una duplice e complementare capacità: quella di conservarsi libero e puro dalle sue facili contaminazioni, e quella di mettersi al suo fianco, anzi di inserirsi nella sua aggrovigliata compagine, come un olio benefico, come un fermento vitale, come un messaggio di letizia, di bontà, di speranza, che non solo non lo guasta, ma lo corrobora e lo innalza a più alto significato umano, cioè religioso e cristiano.

Noi comprenderemo e ammetteremo la bontà, che si trova anche nel primo metodo di interessamento alla vita della Chiesa, ma non senza che la bontà del secondo lo integri e lo preceda; e a questo conserveremo di preferenza il nome di amore. Di quell’amore alla Chiesa, che ora a voi raccomandiamo e con la Nostra benedizione incoraggiamo.

                                       



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