PAOLO VI
UDIENZA GENERALE
Mercoledì, 24 novembre 1965
La roccia della Verità
Diletti Figli e Figlie!
La parola, intorno alla quale deve svolgersi la vostra meditazione, visitando questa Basilica, onorando qui la tomba del Principe degli Apostoli e incontrandovi col suo umile Successore, è quella, tanto ovvia, ma tanto strana, usata da Cristo per qualificare il discepolo prescelto a fungere da suo Vicario; la parola «pietra». Disse il Signore a Simone, figlio di Giovanni: «Tu ti chiamerai Cephas, che vuol dire Pietra» (cfr. Io. 1, 42; Matth. 16, 18). È il caso di dire, quasi a commento, un’altra parola del Signore: «I vostri orecchi hanno udito l’adempimento di questo passo della Scrittura» (Luc. 4, 21). L’adempimento è qui. Qui è la Pietra di Gesù. Ora: che cosa intendeva dire Gesù con questa parola, trasformatrice del discepolo Simone, e profetica circa la sua missione? Questo cambiamento del nome, in corrispondenza alla dichiarazione del discepolo stesso circa il Maestro: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente» (Matth. 16, 16), che cosa significa? San Leone Magno spiega: «Sicut Pater meus tibi manifestavit divinitatem meam, ita et Ego tibi notam facio excellentiam tuam»; come il Padre mio ti ha manifestato la mia divinità, così anch’Io ti faccio nota la tua dignità» (Serm. IV, 2); ma il termine «dignità», riferito a Pietro non dice tutto. Il pensiero di Cristo si riferiva alla fermezza, alla stabilità, alla perennità della sua proclamazione circa la realtà messianica e divina di Gesù, cioè si riferiva alle qualità che la fede di Simone-Pietro doveva avere; e ciò non solo in relazione al destino personale di Simone-Pietro stesso, ma in relazione altresì a tutta la Chiesa, che Gesù soggiunse di voler costruire su quella pietra: perciò «la situazione di Pietro nella Chiesa è quella della roccia sulla quale è costruito un edificio» (Lagrange, St. Matth., 324).
Dunque il soggetto più ovvio di meditazione, qui, dove la parola del Signore sembra trovare la sua conferma storica e sensibile, è questa fermezza, è questa stabilità, è questa perennità riferita ad una dottrina, ad una fede, ad un magistero. Diciamo semplicemente: ad una verità; ad una verità-fondamento del grande e misterioso fatto, che si chiama Chiesa; ad una verità fissa, - fissa in se stessa, e fissa nel magistero che la propone; verità dalla quale deriva l’economia della nostra salvezza. La meditazione può fermarsi qui; ed è meravigliosa e fecondissima.
Ma questa meditazione sulla verità-pietra, a cui è legato il nostro destino supremo, la nostra salvezza, - oggi - voi forse lo sapete, e forse ne fate l’esperienza - solleva negli animi opposti sentimenti. Per alcuni il sentimento risultante dal contatto spirituale, qui offerto con la verità della fede, resa certa, solida, fissa, stabile, invincibile da Cristo, è quello di una grande gioia, quella del naufrago che arriva al porto, quella del pensatore che giunge alla luce, anzi al «fuoco» (ricordate: proprio come ieri, 23 novembre 1654, il «fuoco» di Pascal: «Certezza. Certezza. Sentimento. Gioia. Pace. Dio di Gesù Cristo . . . Gioia, gioia, gioia; pianti di gioia!»); o quella del semplice fedele, che sa d’essere al sicuro e di poter costruire la sua vita su buon fondamento. Ma per altri, purtroppo, non è così. L’incontro con una verità insegnata d’autorità, e sigillata in dogmi immutabili, non dà questa felice impressione, ma piuttosto quella sgradevole d’un’imposizione molesta e indebita al pensiero, alla propria autonomia spirituale. Perché così? Questa è una delle domande più difficili, perché risale ad un segreto di Dio: la fede è atto del nostro spirito, ma è atto che non può compiersi senza un misterioso soccorso divino, senza una grazia; e nulla è più libero che il dono della grazia; grazia si chiama appunto perché dono gratuito. Anche a Pietro; Gesù lo nota espressamente alla confessione fatta da Pietro della divinità del Messia: «Te l’ha rivelata il Padre mio, ch’è nei cieli» (Matth. 16, 17).
E poi: il perché di questa diffidenza dello spirito di certe persone verso il carattere di certezza e di immutabilità delle verità religiose insegnate dal magistero della Chiesa proviene da molte altre cause, che sarebbe lungo e difficile esporre qui. Diremo semplicemente che la mentalità di non pochi uomini, studiosi specialmente, non è predisposta ad accogliere il dono luminoso delle verità dogmatiche della Chiesa. Lo stesso progresso scientifico, che mostra quanto siano mutevoli le verità così dette scientifiche, genera un atteggiamento di sospensione, di provvisorietà intellettuale, e talora d’incertezza sistematica, che sembra molto saggia e che impedisce non solo di aderire alla dottrina perennemente vera della fede, ma altresì di ammettere come legittima, come «moderna» tale adesione.
Lo «spirito del tempo», come si dice, prevale nell’uso del pensiero, che non si fonda più sui principii logici e obbiettivi, dai quali la verità può scaturire, ma su quelli psicologici estremamente mutevoli e, se lasciati soli, orientati verso il progressivo e tormentato disfacimento del contenuto mentale. Ovvero in alcuni l’uso del pensiero si modella sulla storia, ch’è ancora il tempo, che muta e che passa, e si contenta di affermare ciò che oggi pare vero, ma che domani forse cambierà: è il relativismo storico, che assorbe molti spiriti, pur tanto nobili e intelligenti, e che si affaccia talora anche a certi cenacoli di studiosi di questioni religiose e li distacca, insensibilmente ma gravemente qualche volta, dalla fede genuina di Cristo e della Chiesa.
Voi, carissimi Figli, che pellegrinate a questa cattedra della verità cattolica, abbiate cara la devozione a Pietro, cioè al santo Apostolo, che c’insegna la stabilità delle verità divine e la conseguente stabilità della nostra adesione a tali verità. Il nome di Pietro dev’essere in tal modo comunicato ad ogni cristiano; come carisma, cioè dono che il Signore non nega a chi ha avuto la fortuna di ricevere il battesimo; e come impegno, cioè dovere che ogni battezzato deve professare per essere degno della eccelsa qualifica di «fedele».
E ricordate la parola di Cristo: «Chiunque ascolta le mie parole e le mette in pratica, sarà paragonato all’uomo saggio, che ha fabbricato la sua casa sulla roccia» (Matth. 7, 24).
Qui è la roccia, diletti Figli; qui è Pietro: ed è in suo nome che vi benediciamo.
Saluto a parlamentari del Cile
Señor Presidente de la Cámara de Diputados,
Señores Senadores y Diputados, Señor Embajador:
Deseamos, en primer lugar, expresaros Nuestro saludo de bienvenida, al que unimos Nuestros sentimientos de gratitud por el homenaje que, con vuestra presencia, queréis rendir a la Cátedra de San Pedro.
En esta distinguida Delegación, vemos representadas dos Instituciones fundamentales en la vida y en el gobierno de la noble Nación Chilena: la Cámara de Senadores y la Cámara de Diputados. Y ello precisamente nos brinda la grata oportunidad de testimoniar - come pudimos hacerlo al recibir al Señor Presidente de vuestra República - nuestra afectuosa estima hacia un País de tan gloriosas y límpidas tradiciones.
Habéis llegado al Centro visible de la Iglesia, la que siempre se esforzó, con sus enseñanzas y realizaciones, por la educación cívica de los pueblos, por la defensa solícita y el respeto de los legítimos derechos y de las libertades humanas, por la prosperidad de las naciones.
Sabemos que os anima en vuestra alta y ardua misión, el ideal de contribuir al pacifico y cresciente desarrollo del orden temporal, sólido y fecundo, mediante una armoniosa colaboración de mentes y de voluntades que disminuye diferencias y respeta los valores universales e intangibles del espíritu y del orden moral, herencia preciosa de Chile. Os animamos a proseguir en esta sublime y delicada tarea.
Si en algo podemos insistir es en que los principios y postulados ético-religiosos, que se fundamentan en Dios, sigan influyendo en las soluciones a los problemas de la vida individual, familiar y social de vuestra Patria, teniendo presente que, cuanto más estrecha y ordenada es la relación con la fuente y norma de verdad, de justicia y de amor, más tutelados serán los derechos, más generosa la entrega al servicio de los demás, más viva y operante la responsabilidad de cada uno, resultando más fácil y fructuosa la convivencia de la comunidad nacional.
Con estos ardientes deseos, Nos complacemos en invocar sobre vosotros y vuestras familias, sobre las Instituciones que representáis, sobre todo el querido pueblo Chileno con su Presidente, los más escogidos dones del Cielo.
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