PAOLO VI
UDIENZA GENERALE
Mercoledì, 12 ottobre 1966
Diletti Figli e Figlie!
Fate attenzione: di che vive la Chiesa? Noi ci poniamo oggi questa domanda seguendo la traccia d’un pensiero che, in queste udienze, abbiamo già considerato; il pensiero che si rivolge ai bisogni della Chiesa, con l’intenzione di mettere a profitto la buona volontà, di cui codesta visita al Papa è segno e stimolo, per portare aiuto a quei bisogni della Chiesa, che qui commuovono i cuori credenti e filiali. Di che vive la Chiesa? La questione si dirige verso ciò ch’è principio interiore della sua vita; principio originale, che la distingue da ogni altra società; principio indispensabile, com’è il respiro per la vita fisica dell’uomo; principio divino, che fa del figlio della terra un figlio del Cielo, e che conferisce alla Chiesa la sua mistica personalità: lo Spirito Santo. La Chiesa vive di Spirito Santo. La Chiesa è nata veramente, si può dire, il giorno di Pentecoste. Il bisogno primo della Chiesa è di vivere sempre la Pentecoste.
L’UNIONE DELLA CHIESA E DEI FEDELI
Ascoltate che cosa dice il Concilio: «. . . il giorno di Pentecoste fu inviato lo Spirito Santo per santificare continuamente la Chiesa, e i credenti avessero così per Cristo accesso al Padre in un solo Spirito (cfr. Eph. 2, 18). Questi è lo Spirito che dà la Vita, è una sorgente di acqua zampillante fino alla vita eterna (cfr. Io. 4, 14; 7, 38-39)... Lo Spirito dimora nella Chiesa e nei cuori dei fedeli come in un tempio (cfr. 1 Cor. 3, 16; 6, 19) . . . Egli guida la Chiesa verso tutta intera la verità, la unifica nella comunione e nel ministero, la istruisce e la dirige con diversi doni gerarchici e carismatici, la abbellisce dei suoi frutti . . .» (Lumen Gentium, 4).
È nello Spirito Santo che si perfeziona la duplice unione: della Chiesa con Cristo e con Dio, e della Chiesa con tutti i suoi membri, cioè i fedeli. È lo Spirito Santo che vivifica mediante quell’intima azione, che chiamiamo la Grazia, il corpo intero e le singole membra della Chiesa. Siamo tutti persuasi di questa verità teologica della nostra fede, anche se non ci è facile formarci un concetto adeguato della realtà ontologica e psicologica, a cui tale verità corrisponde. Ma a noi per ora basta così, e diciamo: se la Chiesa vive dell’animazione illuminante e santificante dello Spirito Santo, dello Spirito Santo ha bisogno: bisogno primo, bisogno esistenziale, bisogno che non può essere soddisfatto con illusioni, con surrogati: «sine tuo numine nihil est in homine», senza la tua grazia nulla rimane nell’uomo; come dice la bella sequenza di Pentecoste; bisogno universale, bisogno permanente. Qui si potrebbe obbiettare: ma non possiede già la Chiesa lo Spirito Santo? non è già appagato questo bisogno? Sì, certamente la Chiesa già possiede e per sempre lo Spirito Santo: ma, primo, la sua azione ammette gradi e condizioni, per cui la nostra azione è pure richiesta, affinché quella dello Spirito Santo sia libera e piena; e secondo, la presenza dello Spirito Santo può venir meno e può mancare nelle singole anime; per questo si predica la Parola di Dio e si distribuiscono i Sacramenti della Grazia; per questo si prega e si cerca di meritare, ognuno per sé, e ognuno anche per la Chiesa intera, il grande «Dono di Dio», lo Spirito Santo.
FAVORIRE NELLA CHIESA LA SUA VITALITÀ E IL SUO RIGOGLIO
Se perciò vogliamo bene alla Chiesa, la cosa principale che dobbiamo fare è di favorire in essa l’effusione del divino Paraclito, lo Spirito Santo. E se accettiamo l’ecclesiologia del Concilio, la quale dà tanto rilievo all’azione dello Spirito Santo nella Chiesa, come parimente vediamo nell’ecclesiologia tradizionale della teologia greca, ne dobbiamo accogliere con piacere l’indicazione orientatrice per favorire nella Chiesa la sua vitalità ed il suo rinnovamento, e per allineare su tale indicazione la nostra personale vita cristiana. Dove ci orienta questa stessa indicazione? Verso lo Spirito Santo, ripetiamo; e cioè verso il mistero della Chiesa, verso la comunione vitale, che l’infinita e trascendente bontà del Padre, mediante Cristo, nello Spirito, ha voluto stabilire con l’anima umana e con l’umanità credente e redenta, la Chiesa; verso cioè la ricerca e la conquista di Dio; verso la verità teologica, verso la fede, che ci svela l’ordine religioso della salvezza. Qualcuno ha voluto vedere nel Concilio l’orientamento della Chiesa, per così dire, in senso orizzontale: verso la comunità umana che compone la Chiesa stessa; verso i Fratelli ancora da noi divisi e da noi desiderati e chiamati alla medesima e perfetta comunione; verso il mondo circostante, a cui dobbiamo portare il messaggio della nostra fede e il dono della nostra carità; verso le realtà terrene da riconoscere come buone e degne d’essere assunte nella luce del regno di Dio. Tutto questo è verissimo e bellissimo; ma non bisogna dimenticare l’orientamento, diciamo così, verticale, che il Concilio ha riaffermato come primario per interpretare il disegno di Dio sulle sorti dell’umanità e per dar ragione della missione della Chiesa nel tempo. Dio - il suo mistero, la sua carità, il suo culto, la sua verità, la sua attesa - resta sempre al primo posto. Cristo, che è mediatore fra l’uomo e Dio, è il Redentore necessario e vincolante ogni nostra capacità d’amore e di dedizione. Lo Spirito, che ci fa cristiani e ci solleva alla vita soprannaturale, è il principio vero ed intimo sia della nostra interiorità, che della nostra attività apostolica esteriore.
SIAMO DIRETTI E CONDOTTI ALLA VITA INTERIORE CORROBORATA DALLA GRAZIA
E se noi seguiamo questo incontestabile orientamento, dove siamo diretti? dove condotti? Siamo diretti e condotti alla vita interiore; a quella vita interiore - di raccoglimento, di silenzio, di meditazione, di assorbimento della Parola di Dio, di esercizio spirituale - che sembra venire a noia ad alcuni, (lo diciamo con stupore e con dolore) ad alcuni figli diletti della Chiesa, come se la vita interiore fosse una fase sorpassata, una pedagogia ormai superflua della vita cristiana, che dovrebbe invece essere proiettata al di fuori, nell’esperienza profana e naturalista, che il mondo ci offre, quasi che, abbandonati ad essa e privi dell’energia immunizzatrice e corroborante della Grazia interiore, fossimo con le nostre povere forze capaci di dominarla e di redimerla. No; se vogliamo essere saggi e dare alla Chiesa ciò di cui soprattutto ha bisogno, lo Spirito Santo, dobbiamo essere pronti e fedeli all’appuntamento fissato per il suo vivificante incontro: la vita interiore!
A questa vi guidi e vi conforti la Nostra Benedizione Apostolica.
Gli allievi delle Scuole antincendi
Il Papa è lieto di vederli perché vuol rendere onore alla loro Istituzione, che risponde a necessità di grande importanza; e si felicita con chi ha voluto, con chi dirige la Scuola e con quanti contribuiscono a che essa raggiunga i suoi fini: educare e formare all’adempimento di servizi di grandissima utilità per il civile consorzio, a soddisfare ad evenienze talvolta molto gravi ed urgenti con soccorso adeguato.
Sua Santità esorta i diletti giovani ad assimilare lo spirito della propria Scuola, perché la loro preparazione prima e il lavoro poi abbiano anche una base spirituale. Esigono infatti uno stato d’animo di ardimento, persone votate al coraggio, all’abnegazione, all’eroismo oltre che al senso del dovere, all’amore di Patria, a severa disciplina. Sono, queste, alte virtù che la fede eleva ad un livello degnissimo; nobilita, impreziosisce e rimunera con premi ben superiori a quelle che possono essere le ricompense, la considerazione, la stima degli uomini.
Pertanto con vivissimi auguri per il presente e per il loro avvenire nella società e nelle rispettive famiglie, il Santo Padre invoca su di loro, con speciale affetto, tutte le benedizioni e le grazie celesti.
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