PAOLO VI
UDIENZA GENERALE
Mercoledì Santo, 10 aprile 1968
I sublimi misteri rievocati e vissuti nella Settimana Santa
«CIASCUNO DI NOI DEVE MORIRE E RISUSCITARE CON CRISTO»
Diletti Figli e Figlie,
Tutti vi salutiamo e tutti vi consideriamo con Noi partecipi alla celebrazione dei sacri riti, che dànno a questi giorni il nome di «settimana santa». È una celebrazione che Noi stimiamo molto importante. Essa rinnova non solo il ricordo della morte e della risurrezione del Signore, ma l’efficacia altresì dell’opera redentrice di Cristo. Essa attualizza nei suoi termini più genuini il mistero pasquale; lo rispecchia nei suoi riti, lo riproduce nella sua divina virtù, lo rende accessibile ai fedeli, che degli esempi e della grazia di Cristo vogliono vivere; essa segna nel corso del tempo il momento più pieno della presenza di Cristo fra noi, e nel corso dell’anno l’ora centrale a cui tende e da cui parte tutta l’attività liturgica della Chiesa. Essa riguarda Cristo, morto e risuscitato; ma riguarda anche ciascuno di noi, perché ciascuno di noi deve morire e risuscitare con Cristo. Per noi Cristo ha compiuto il dramma della Redenzione; con noi Egli lo vuole rivivere. Non lasciamo passare la Pasqua senza entrare nel quadro delle sue realtà e delle sue esigenze.
Noi sappiamo benissimo che molti di voi sono a Roma in questi giorni come visitatori, come turisti, venuti all’eterna Città per ammirarne le memorie ed i monumenti, per fare un’escursione primaverile e godere un po’ di cielo sereno e di tepido sole; ma vogliamo credere che nessuno di voi tralascerà di dare alla Settimana santa qualche pensiero, e, se possibile, qualche atto di presenza alle grandi cerimonie religiose delle chiese romane. E come voi, viaggiatori, camminate con la guida in mano per subito tutto vedere e valutare, Noi vorremmo indicarvi alcuni aspetti di tali cerimonie, molto semplicemente e sommariamente, alle quali vi esortiamo di partecipare, affinché più rapida e più fruttuosa ne sia la comprensione e l’assistenza.
RIEVOCARE LA PASSIONE E IL SACRIFICIO DEL SIGNORE
Il primo aspetto è quello che potremmo dire storico; cioè il carattere di memoria che queste cerimonie rivestono. Esse si riferiscono agli ultimi giorni della vita temporale di Gesù, tutti lo sanno. Ma la rievocazione che ne fa la Chiesa merita che la nostra memoria sia risvegliata, sia precisa, sia impegnata. Non per nulla il racconto della Passione è ripetuto quattro volte, quanti sono gli evangelisti, durante la Settimana; e gli ultimi tre giorni sono caratterizzati dal fatto principale che li domina: il Giovedì Santo dalla Cena pasquale, che diventa Cena eucaristica; il Venerdì Santo, dal processo e dalla crocifissione e dalla morte del Signore; il Sabato Santo, dal ricordo della sua sepoltura, per arrivare alla notte della risurrezione pasquale. Il solo quadro di questi avvenimenti è avvincente; e non è difficile proporlo alla nostra prima contemplazione, anche se essa è solo descrittiva.
LA RIVELAZIONE PIÙ PROFONDA ED ESATTA DEL FIGLIO DI DIO
La seconda contemplazione riguarda le persone del dramma, dramatis personae; ognuna diventa tipica e rappresentativa; l’azione, in cui ogni personaggio della Passione e della vicenda pasquale si trova impegnato, risalta in modo impressionante, l’umanità si rivela nelle sue facce più interessanti, e sigilla in tali profili la psicologia eterna dell’uomo, senza forse la maestà e la sottigliezza, spesso artificiosa, delle scene celebri del teatro classico e delle virtuosità delle rappresentazioni cinematografiche moderne, ma con tale incomparabile sincerità e naturalezza, che si è tentati di ripetere: ecco l’uomo! Questa esclamazione fu detta da Pilato e riferita a Gesù: ecco l’uomo! E se su di Lui si ferma la nostra considerazione, quale stupore, quale fascino, quale turbamento, quale amore invadono gli animi attenti e fedeli! La Passione di Cristo è la più profonda ed esatta rivelazione di Lui. Lo si avverte, ad esempio, dalle parole di Pietro, che si rifiuta all’umiltà di Gesù, chino davanti a Lui per lavargli i piedi: «Tu a me?» (Io. 13, 6). Quel Tu! Così, a tragedia finita, la voce del Centurione, che confessa: «Questi era veramente il Figlio di Dio!» (Matth. 27, 54). Ma soprattutto la duplice testimonianza di Gesù stesso, che afferma essere Lui il Cristo Figlio di Dio (Matth. 26, 64) durante il processo religioso; ed essere il Re della storia messianica, durante il processo civile (Io. 18, 37), e che per tali testimonianze sarà crocifisso. I fedeli, i santi tentano spingere l’esplorazione nel fondo della psicologia di Cristo, e non sanno più uscirne se non ebbri di meraviglia e di amore.
E la contemplazione si fa più ampia, più profonda; cosmica e teologica, quando cerca le ragioni del dramma divino; le letture specialmente della Veglia del Sabato santo ci introducono in questo misterioso padiglione, dove il peccato umano, la giustizia e la misericordia divina s’incontrano, dove la morte e la vita duello conflixere mirando (Seq. Pasquale), e dove la vittoria di Cristo risorto si presenta come fonte della nostra salvezza e paradigma della vita cristiana.
LUMINOSA GUIDA NELLA LITURGIA
Ancora un passo deve fare la nostra contemplazione, ed è quello dell’esperienza emotiva, drammatica ed amorosa di questa storia, di questa celebrazione. Troveremo, ad esempio, nei magnifici responsori dell’officiatura al mattutino dei tre grandi giorni precedenti alla Pasqua, le grida più alte e più cupe, più forti e più tenere, più violente e più dolci che l’anima della Chiesa abbia saputo esprimere al ricordo rivissuto del mistero pasquale. Cioè anche la sinfonia dei sentimenti è non solo consentita durante questa potente celebrazione, ma è invitata ad aggiungere alla visione del dramma pasquale le sue note più alte e più commosse, donde la liturgia della Settimana santa attinge voci di suprema bellezza.
Troppo vi sarebbe da dire, è chiaro. Ma vi basti ora sapere che il grande cuore della Chiesa, e con esso l’umile cuore del Papa, vibra con viva coscienza e con impetuosa commozione per la celebrazione del mistero pasquale, e invita i vostri cuori a palpitare con lei. A ciò vi esorta e v’incoraggia la Nostra Benedizione Apostolica.
Saluto ed augurio a speciali gruppi
Chers Fils et Filles de langue française,
A tous et à toutes Nous souhaitons la bienvenue en cette basilique, érigée en l’honneur du Prince des Apôtres, celui qui après avoir prêché la bonne nouvelle de l’Evangile, a donné sa vie en témoignage de Jésus-Christ, le Sauveur des hommes. En vous exhortant à renouveler, en cette Année de la Foi, votre adhésion filiale à ce que l’Eglise catholique croit et enseigne, Nous vous souhaitons une sainte et joyeuse fête de Pâques.
Et maintenant Nous désirons adresser un mot particulier à divers groupes spéciaux présents à cette audience.
D’abord à vous, jeunes universitaires provenant de plusieurs pays d’Europe et réunis sous l’égide de l’«Institut de la Coopération Universitaire» pour étudier ensemble ce que les jeunes d’aujourd’hui attendent de l’Université de demain. Le Concile a donné à ce propos des principes et des lignes de conduite fort opportuns et judicieux et Nous-même, soit personnellement soit par I’entremise de Nos collaborateurs immédiats, avons eu l’occasion à plusieurs reprises, et encore récemment, de les préciser. Nous avons confiance que vous voudrez vous y tenir et trouver là une voie sûre dans votre recherche, pour surmonter la crise actuelle et participer activement à la construction d’un monde plus juste, plus humain et plus fraternel.
C’est à vous ensuite, chères Filles qui participez ces jours-ci à Rome aux «Jeux internationaux» organisés par la «Fédération internationale sportive de l’Enseignement catholique», que Nous adressons la bienvenue. Le sport, Nous-même à la suite de Nos Prédécesseurs avons eu mainte occasion de le souligner, permet non seulement d’accroître les capacités physiques et athlétiques de ceux et celles qui le pratiquent, mais contribue encore à leur formation totale, en leur donnant le sens de l’équipe et en les ouvrant aux beautés et aux merveilles de la Création, de l’amitié humaine, de la collaboration franche et saine dans tous les secteurs de la vie.
Et maintenant c’est à vous, lycéennes et collégiennes du diocèse de Strasbourg, accompagnées de vos professeurs et de vos aumôniers, que va Notre salut affectueux et paternel. Puissiez-vous, à l’occasion de votre pèlerinage, découvrir davantage le sens de l’Eglise, de son unité comme de sa catholicité, la mission particulière que le Seigneur lui a confiée, sous la conduite de celui qui est l’humble Successeur de Pierre, pour les hommes de notre temps.
Après Strasbourg, c’est Paris et toute la France que Nous voudrions saluer en la personne des enfants venus à Rome avec le pèlerinage organisé par l’«Enfance missionnaire». A vous chers enfants, et à ceux qui vous accompagnent, Nous voulons exprimer Notre satisfaction pour tout ce que vous avez réalisé en faveur des Missions. Continuez à vous sentir pleinement d’Eglise, en union étroite avec les missionnaires, en apprenant à mieux les connaître, à leur venir en aide matériellement et spirituellement, à ouvrir ainsi vos cœurs et vos esprits à tous vos frères du vaste monde, sans distinction de race ni de couleur.
En dernier lieu Nous saluons le pèlerinage organisé par l’Œuvre belge «Lumière et Charité pour les aveugles». Au sein de cette Œuvre, Nous a-t-on dit, règne la plus parfaite collaboration et un esprit de compréhension mutuelle, malgré la diversité d’origine ethnique et linguistique de ses membres. Chers aveugles, vous le savez, votre cécité ne doit pas vous empêcher d’être pour ceux qui vous entourent et vous côtoient - et dont beaucoup hélas sont aveuglés dans leur cœur et dans leur âme - des témoins de la lumière et de la charité qui nous viennent du Christ, joyeuse clarté du Père et illuminant tout homme venant en ce monde.
A tous et à chacun, chers Fils et Filles, Nous donnerons au terme de cette rencontre, en témoignage de Notre affection paternelle, Notre Bénédiction Apostolique.
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