PAOLO VI
UDIENZA GENERALE
Mercoledì, 26 giugno 1968
L'autenticità delle reliquie di S. Pietro nel glorioso «trofeo» del Vaticano
PIETRO E PAOLO ALL'ORIGINE COSTITUTIVA DELLA CHIESA DI ROMA
Diletti Figli e Figlie!
Al termine ormai dell’«Anno della Fede», che Noi abbiamo dedicato alla memoria del XIX centenario del martirio sofferto a Roma per il nome di Cristo dai Santi Apostoli Pietro e Paolo, dobbiamo rivolgere il nostro riverente pensiero a questi Corifei del cristianesimo, che possono essere considerati, come li definisce alla fine del primo secolo il Papa S. Clemente I, terzo successore di S. Pietro, e perciò quarto Vescovo sulla cattedra romana, «le massime e giustissime colonne» (1 Cor. V) della «Chiesa di Dio pellegrina a Roma» (ibid. I), e come poi sempre furono celebrati insieme quali fondamenti apostolici della Chiesa romana e universale.
Non è questo il momento per fare il loro panegirico, né quello di accennare alle questioni storiche, che si riferiscono alla venuta dell’uno e dell’altro Apostolo nell’Urbe e del loro martirio, né dello sviluppo che Roma e l’intera Cristianità diedero al culto di questi incomparabili testimoni del messaggio e del fatto cristiano, e nemmeno come mai la loro memoria fu sempre associata in un unico ricordo (cfr. S. Ignazio, ad Rom. IV), quantunque, come dice S. Ambrogio, Pietro sia stato il fondamento della Chiesa, e Paolo l’architetto, il costruttore (De Sp. S. II, 13, 158; P.L. 16, 808); cioè diversa sia stata la funzione da essi esercitata nella comunità cristiana di Roma, Vescovo l’uno, S. Pietro, Predicatore del Vangelo l’altro, S. Paolo, e sebbene entrambi, a quanto afferma S. Ireneo, siano all’origine della tradizione gerarchica della Chiesa di Roma (Contra haereses, III, 3; P.G. 7, 848-849).
VENERAZIONE AMORE FEDELTÀ PER I DUE INSIGNI ARALDI
Ciò che a Noi preme, in questo breve incontro, è di accendere nei nostri animi la venerazione, l’amore, la fedeltà verso questi Apostoli, che sono all’origine costitutiva della Chiesa romana, e le lasciano l’eredità della loro parola, della loro autorità, del loro sangue, eguali sotto diversi aspetti come declama S. Leone Magno: «electio pares, et labor similes, et finis fecit aequales», pari per l’elezione all’apostolato, simili per l’opera compiuta, ed eguali per il loro martirio (Sermo 82, 7; P.L. 54, 428); ma l’uno insignito della potestà del regno dei cieli, l’altro della scienza delle cose divine; l’uno Pastore, l’altro Dottore. A questa intensità di sentimenti ci aiutano e ci impegnano le tracce storiche e locali da loro lasciate. Non possono essere trascurati da noi Romani, a da quanti a Roma muovono i passi, questi riferimenti umani e materiali alla memoria degli Apostoli, «per quos religionis sumpsit exordium», per merito dei quali ebbe inizio la nostra vita religiosa (Colletta della Messa). Ricordiamo anche noi la prima testimonianza letteraria di questo culto locale: scrive Eusebio di Cesarea, padre della storia ecclesiastica: «Si narra che Paolo fu decapitato da lui (Nerone) e Pietro crocifisso a Roma; e ne sono riconferma tuttora i monumenti insigniti dei nomi di Pietro e di Paolo, visitati tuttora nei cimiteri della città di Roma. Del resto anche Gaio, un ecclesiastico vissuto ai tempi del Vescovo di Roma Zefirino (199-217), in un suo scritto contro Proclo, capo della setta dei Montanisti (Catafrigi), parla dei luoghi ove furono deposte le sacre spoglie dei detti Apostoli; e così si esprime: «Io posso mostrarti i trofei degli Apostoli. Se vorrai recarti al Vaticano, o sulla via Ostiense, troverai i trofei dei fondatori di questa Chiesa» (Hist. Eccl., 11, 25; P.L. 20, 207-210).
LA MEMORIA ANTICA E LE RECENTI INDAGINI DEL GLORIOSO «TROFEO»
Si è parlato assai in questi ultimi anni dei menzionati «trofei»: nessun dubbio che per trofei s’intendano le tombe dei due Apostoli martiri, le quali già prima della testimonianza di Gaio, e perciò già nel secondo secolo, erano oggetto di venerazione. Ultimamente l’attenzione degli studiosi s’è fissata sul trofeo eretto sulla tomba di San Pietro, detto appunto il trofeo di Gaio. Dobbiamo questo appassionato interessamento agli scavi, che Papa Pio XII, Nostro venerato Predecessore, ordinò che si facessero sotto questo altare centrale, detto «Confessione», della Basilica di S. Pietro, per meglio identificare la tomba dell’Apostolo, sulla quale, ed in suo onore, questa Basilica è costruita. Gli scavi, difficilissimi e delicatissimi, furono eseguiti, fra il quaranta e il cinquanta, con i risultati archeologici di somma importanza, che tutti sanno, per merito degli insigni studiosi ed operatori che all’ardua ricerca hanno dedicato cure degne di plauso e di riconoscenza. Così si esprimeva Papa Pio XII, nel suo Radiomessaggio natalizio del 23 dicembre 1950: «. . . La questione essenziale è la seguente: È stata veramente ritrovata la tomba di San Pietro? A tale domanda la conclusione finale dei lavori e degli studi risponde con un chiarissimo "sì". La tomba del Principe degli Apostoli è stata ritrovata. Una seconda questione, subordinata alla prima, riguarda le reliquie del Santo. Sono state esse rinvenute?» (Discorsi e Radiom. XII, 380). La risposta allora data dal venerato Pontefice era sospensiva, dubitativa.
Nuove indagini pazientissime e accuratissime furono in seguito eseguite con risultato che Noi, confortati dal giudizio di valenti e prudenti persone competenti, crediamo positivo: anche le reliquie di San Pietro sono state identificate in modo che possiamo ritenere convincente, e ne diamo lode a chi vi ha impiegato attentissimo studio e lunga e grande fatica.
ANNUNZIO FELICE: RINTRACCIATI I SACROSANTI RESTI MORTALI DEL PRINCIPE DEGLI APOSTOLI
Non saranno esaurite con ciò le ricerche, le verifiche, le discussioni e le polemiche.
Ma da parte Nostra Ci sembra doveroso, allo stato presente delle conclusioni archeologiche e scientifiche, di dare a voi e alla Chiesa questo annuncio felice, obbligati come siamo ad onorare le sacre reliquie, suffragate da una seria prova della loro autenticità, le quali furono un tempo vive membra di Cristo, tempio dello Spirito Santo, destinate alla gloriosa risurrezione (cfr. Denz. Sch., 1822); e, nel caso presente, tanto più solleciti ed esultanti noi dobbiamo essere, quando abbiamo ragione di ritenere che sono stati rintracciati i pochi, ma sacrosanti resti mortali del Principe degli Apostoli, di Simone, figlio di Giona, del Pescatore chiamato Pietro da Cristo, di colui che fu eletto dal Signore a fondamento della sua Chiesa, e a cui il Signore affidò le somme chiavi del suo regno, con la missione di pascere e di riunire il suo gregge, l’umanità redenta, fino al suo finale ritorno glorioso.
Figli carissimi! Invochiamo il martire, apostolo, vescovo di Roma e della Chiesa cattolica, Pietro, e, con lui, Paolo, il missionario, il dottore delle genti, l’assertore principale dell’universalità del messaggio cristiano, affinché entrambi ci siano maestri e protettori dal cielo nel nostro pellegrinaggio terreno.
Possa la Benedizione Apostolica, che a Noi da quella fonte Ci deriva, essere per voi tutti effusiva delle più abbondanti grazie del Signore Gesù.
SETTIMANA DI STUDIO SULLA PASTORALE NEL MONDO DEL LAVORO
Un cordiale saluto e qualche pensiero per i diletti Figli Sacerdoti partecipanti alla V Settimana di Studio sulla Pastorale nel Mondo del Lavoro, promossa dall’ONARMO.
Basta sottolineare, nel titolo stesso dei vostri provvidi incontri, due termini: «Pastorale» e «Mondo del Lavoro»; e richiamare la nozione di «Comunità di Lavoro», sempre presente nei vari temi trattati fino ad oggi nelle vostre riunioni annuali, perché il Nostro e vostro animo si mettano subito in contatto con una enorme e stimolante realtà, densa di problemi, di urgenze, di difficoltà, ma anche carica di motivi di consolazione, di speranze, di promesse.
La «Pastorale», e cioè la Chiesa nell’esercizio della sua divina missione per la salvezza di tutti gli uomini, deve essere presente e operante nel «Mondo del Lavoro», un mondo da costruire sempre più in «Comunità», in compagine solidale consapevole e responsabile, pervasa dallo spirito del Vangelo, della giustizia e della carità di Cristo. Tutto ciò è a voi ben noto, diletti Figli, e rappresenta la sostanza della vostra particolare vocazione. All’umile successore di Pietro è caro ripetervi che la Chiesa vi stima, che la Chiesa vi incoraggia, che la Chiesa ha bisogno della vostra collaborazione.
Gli accennati tre termini e la corrispondente realtà sono la trama fondamentale su cui si va intessendo ogni anno il vostro discorso per approfondire l’uno o l’altro dei molteplici aspetti che quella medesima enorme e stimolante realtà costituiscono nel suo dinamismo : un discorso serio e doverosamente specializzato, nel quale confluiscono orientamenti ed esperienze, e dal quale trae profitto di criteri illuminanti e di pratici impulsi generosi la vostra attività apostolica. Particolarmente gradito Ci riesce il tema di questa V Settimana: «La formazione del sacerdote all’apostolato nel mondo del lavoro». Esso riguarda la base stessa, il principio operante della vostra missione. Quanto Ci sta a cuore, diletti Figli, la vostra formazione, così come, in generale, la formazione e la vita di tutti i sacerdoti, oggi; quando non mancano, purtroppo, pericoli di sbandamento, mentre urge andare incontro ad un mondo in rapida evoluzione, ma senza abdicare alla chiarezza e alla solidità delle certezze perenni!
Diletti Figli! Profondamente sensibili all’omaggio della vostra devozione, e grati per l’operosa ispirazione che - ne siamo sicuri - vorrete trarre da questo incontro con Noi, di gran cuore vi benediciamo, invocando su di voi e sul mondo del lavoro il conforto delle grazie del Cielo.
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Un augurio particolare ai Sacerdoti della Diocesi di Verona, che festeggiano il XXV della loro Ordinazione con un pellegrinaggio sulla tomba del Principe degli Apostoli.
A voi la gratitudine Nostra e della Chiesa, per l’attestato di venerazione e di affetto al Vicario di Cristo e per il bene compiuto fra le anime in questi anni di ministero sacerdotale.
Il Signore vi illumini e vi conforti nel delicato servizio pastorale, e vi accompagni la Nostra Benedizione Apostolica, che impartiamo a voi, ai vostri cari e alle anime a voi confidate.
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Fra i gruppi qui presenti salutiamo con cordiale compiacenza i Diaconi del quarto anno di Teologia del Pontificio Collegio Urbano «de Propaganda Fide», accompagnati dal loro Rettore, che concludono in questi giorni i loro studi e si preparano a ricevere l’ordinazione sacerdotale.
Figli dilettissimi, sappiamo quanto grande profitto abbiate tratto da questi anni di permanenza a Roma, ben consapevoli delle necessità e delle attese dei popoli, tra i quali vi accingete a tornare. Ciò procura vero conforto al Nostro animo e Ci assicura le migliori speranze per il bene religioso delle Diocesi a cui la Provvidenza vi destina.
Voi provenite da Regioni diversissime, eppure presentate in questo momento lo spettacolo di una mirabile unità, e vi sentite non già forestieri ma figli in questa casa del Padre, cittadini in questa Roma cristiana. Vi auguriamo che tale esperienza di fede e di grazia, vissuta accanto alla Cattedra di Pietro, vi accompagni sempre e cresca ogni giorno di più, per la gloria di Cristo Gesù e la diffusione della sua Chiesa.
La Nostra Benedizione Apostolica scenda sopra di voi, sui vostri cari e su coloro che il Signore porrà sul vostro cammino sacerdotale.
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