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PAOLO VI

UDIENZA GENERALE

Sabato, 26 aprile 1969

 

«Rinnovate sulla tomba di Pietro il vostro atto di fede»

Diletti Figli e Figlie!

Ci sia consentito rivolgervi una discreta domanda: diciamo discreta, perché la risposta non la dovrete dare a Noi, o ad alcun altro, ma a voi, nell’interno della vostra personale riflessione. E la domanda è questa: perché siete venuti a questa Udienza? Prima di andare oltre, Noi dobbiamo dirvi la Nostra riconoscenza per la vostra visita: siamo felici di accogliervi, di vedervi, di benedirvi. Vorremmo anzi meglio godere della vostra presenza: trattenervi, conoscervi, parlarvi, rispondere ai vostri desideri, se ciò fosse materialmente possibile. Sappiate tuttavia che, sebbene oberati da altre occupazioni, Noi vi riceviamo molto volentieri, come un padre riceve i suoi figli, come un pastore i suoi fedeli. E in questo sentimento Nostro voi potete già trovare una prima risposta alla domanda, che vi abbiamo rivolta: perché siete venuti a questo incontro? Siamo Noi a rispondere: perché ciò fa a Noi piacere; perché voi qui non siete forestieri, perché, se voi siete cattolici, qui voi siete di casa, voi avete un titolo e, in un certo senso, diritto ad essere ricevuti, per il rapporto spirituale, vero e profondo, che a Noi vi unisce, e che è bello, è gradito, è benefico mettere in essere, mettere in evidenza, il rapporto di comunione, caratteristico e proprio, che intercede fra membri della stessa famiglia, la Chiesa, nella medesima fede, nella medesima carità, subito pronte, questa fede e questa carità, ad esprimersi in una medesima voce, la preghiera, in una medesima esperienza di amore, quella di sentirsi fratelli, in Cristo: una cosa sola.

SENTIRSI FRATELLI IN CRISTO

Non è così? Forse qualcuno penserà che egli è arrivato qua, spinto da motivi più semplici e fors’anche banali, come può essere la curiosità, o come può essere quella psicologia, che gli usi moderni, la coltura di tutti, l’opportunità e la facilità di viaggiare rendono comune, la psicologia turistica, potremmo dire. Venendo a Roma, per qualsiasi ragione, sia pure una ragione di svago, ognuno può dire: vado a vedere il Papa. Un interesse intelligente e legittimo questo può essere; ma di per sé superficiale, e fors’anche puramente profano. Ma se voi interrogate un po’ più intimamente la vostra coscienza, troverete che sotto questo motivo, punto impegnativo, si nasconde un altro tacito motivo, quello, ad esempio, di provare quale impressione può fare vedere il Papa, visitare questa Basilica; entrare cioè in questa atmosfera, che ciascuno avverte non essere quella d’un luogo semplicemente interessante per la sua singolarità, per il quadro storico e artistico, che esso presenta, come quella d’un museo, o d’un centro singolare e strano, attraente forse, ma che fa sentire al visitatore quanto egli vi sia forestiero. Qui, per chi è venuto con animo attento, si avverte che esiste qualche cosa di misterioso, di vivo, di relativo a colui che è penetrato qua dentro. Il visitatore, cioè ciascuno di voi, può sentire un fascino speciale, che interiormente lo attrae, lo commuove, lo riguarda personalmente, forse lo turba, certo lo interroga. L’ambiente solleva quella domanda, che Noi vi facevamo da principio: perché sei venuto? la quale domanda, se bene si osserva, si risolve in un’altra, che scende profondamente nell’anima: tu ci credi? Tu sei davvero capace di comprendere perché sei qui, e come qui bisogna contenersi? Nasce cioè nel cuore un’esigenza: quella di profittare del momento prezioso, e di uniformare i propri sentimenti all’esperienza spirituale presente, alla quale sarebbe stolto sottrarsi.

PIETRA VIVA

Vi diremo Noi, cari visitatori, come conviene rispondere all’interrogazione, che Noi, non senza un affettuoso intento pedagogico e spirituale, vi abbiamo rivolta. Voi siete venuti per «videre Petrum», per vedere Pietro (Gal. 1, 18), come dice San Paolo del suo viaggio a Gerusalemme: cioè per avere la visione, e, in certa misura, l’esperienza sensibile e personale di questo fenomeno, che è Pietro, sì, il Papa, ma non tanto perché anche Egli persona come tutti gli altri uomini, ma perché Egli è Simone «pietrificato»; cioè perché in lui si realizza il prodigioso carisma d’una solidità, d’una fermezza, d’una stabilità, carica d’una promessa divina, e resa, in certo modo, evidente dalla sopravvivenza storica, per la quale, Egli il povero e debole, ma ardente di fede e di amore a Gesù, il Signore, è ancora qui, nel suo umile successore a fare che cosa? a fare ciò che Gesù ha decretato: «Su questa pietra fonderò la mia Chiesa» (Matth. 16, 18), a fare cioè da base, da fondamento, da sostegno a quella immensa e travagliata famiglia umana, che appunto Cristo ha definito la sua Chiesa. Qui voi venite quasi a toccare con mano che questo «segno e strumento» dell’unione ristabilita degli uomini con Dio, e per di più dell’unità degli uomini fra loro, che è la Chiesa (cfr. Lumen Gentium, n. 1) esiste ancora, e che la roccia, la pietra, su cui è costruita non è corrosa dai secoli, né dal turbine delle tempeste storiche, ma è sempre egualmente, miracolosamente ferma. Anzi, ed anche questo è prodigio, che qui traspare e riempie lo spirito di chi sa vedere e meditare, questa è pietra viva, cioè non immobile come cosa morta e priva di spirito; è pietra da cui scaturisce una sorgente sempre fresca, sempre nuova, sempre idonea a saziare la sete della comunità umana che intorno si riunisce e forma l’edificio della Chiesa; forma anzi, passando ad altra immagine non meno vera di quella dell’edificio, forma il «Corpo mistico di Cristo», il quale ancora Chiesa si chiama.

Figli e visitatori carissimi, basti così la Nostra parola quest’oggi. Ma non basti la vostra riflessione sul significato della vostra venuta in questa Udienza. Pensate alla origine, alla natura, alla missione spirituale, alla vicenda storica della Chiesa, come appunto il Concilio, proprio in questa Basilica, ci ha invitato a fare, con la promulgazione della sua grande Costituzione dogmatica sulla Chiesa. Rinnovate qui, sulla tomba di Simone-Pietro, il vostro atto di fede. Ripetete la vostra promessa di fedeltà. Riempite i vostri cuori di quell’amore, che fu nel cuore di Cristo stesso: «dilexit Ecclesiam», amò la Chiesa (Eph. 5, 25); e andate poi pensosi e felici della vostra visita a S. Pietro e al Papa, umile suo successore, con la Nostra Benedizione Apostolica.


SALUTO A UN PELLEGRINAGGIO DI DESIO

Il saluto che diamo al folto gruppo di cittadini di Desio, la cui presenza qui suscita nell’animo Nostro tanti cari ricordi, vuole essere particolarmente affettuoso.

Venuti, in pio pellegrinaggio, in questa Nostra Casa che il vostro glorioso Concittadino, Pio XI di f. m., era solito chiamare la Casa del Padre Comune, Noi vi accogliamo con lo stesso grande cuore di Colui che fu ad un tempo Nostro Maestro e Nostro Predecessore su questa Cattedra.

Uno è il pensiero che ha guidato i vostri passi dalla città di Desio, un pensiero squisitamente filiale: quello di recarsi sulla tomba del Papa desiano, nel trentesimo del Suo pio trapasso e nel quarantesimo di quella Conciliazione, con la quale, per far Nostra una sua felice espressione, Egli ebbe il conforto di «ridonare Dio all’Italia e l’Italia a Dio».

Voi comprendete perciò tutta la grandezza di quel Pontefice. Per questo siete qui a riaffermare a Noi, chiamati a continuare la Sua pacifica missione nel mondo, l’attestato di devozione a Cristo e al Suo Vicario in terra. Noi ve ne ringraziamo, diletti Figli, e nel ricambiare sentimenti e voti, auspichiamo che quella pace, così faticosamente raggiunta, arrida sempre, con la protezione del Dio della Pace, al dilettissimo popolo italiano, feconda come si è dimostrata di benessere spirituale ai domestici focolari non meno che alla compagine nazionale.

Nel salutare voi - sacerdoti, autorità, fedeli - intendiamo salutare anche tutti i figli, sebbene lontani, della vostra operosa e religiosa città, e ricordando in particolare colui che da lunghi anni vi è stato solerte pastore, il venerando e caro Monsignor Giovanni Bandera, al nuovo Prevosto Sac. Luigi Castelli, ai Sacerdoti, alle Autorità e a tutti i fedeli di Desio beneauguriamo e paternamente benediciamo.

GRUPPI DI BRESCIA

Noi, Figli carissimi, siamo a conoscenza e seguiamo con il Nostro affetto le attività sociali e cristiane, realizzate nelle vostre zone dai «Villaggi della Famiglia», il cui nome dice tutto un programma di nobili finalità.

Siamo ben lieti di esprimere, in questa circostanza, la Nostra compiacenza e il Nostro elogio al Padre Ottorino Marcolini d.O., il quale, sulla scia del messaggio dell’indimenticabile Card. Giulio Bevilacqua, vuole rendere presente ed operante l’ideale evangelico di fraternità e di solidarietà, in modo tale che i vari villaggi abbiano lo spirito della vera Famiglia di Dio, che è la Chiesa, e siano testimonianza dell’azione sociale e cristiana dei cattolici bresciani, specialmente nell’ambito delle comunità familiari.

Salutiamo anche di cuore, insieme con tutti quelli che collaborano attivamente alla provvida iniziativa, i Confratelli della San Vincenzo di Brescia, i Rappresentanti dell’Unione Cristiana Imprenditori Dirigenti, gli apprendisti della scuola «O.M. - Fiat», i giovani, ospiti del Centro Sociale della «Cassa di Risparmio delle Province Lombarde», con l’augurio che la vostra attività e la vostra vita, nella serenità, nella pace e nella letizia cristiana, siano testimonianza di carità, oggi sempre più necessaria.

Con questi voti e in pegno della Nostra benevolenza, Noi vi impartiamo la Nostra Benedizione Apostolica, che estendiamo alle vostre famiglie e a tutti i vostri cari.

                                                



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