PAOLO VI
UDIENZA GENERALE
Mercoledì, 24 settembre 1969
Un precipuo dovere oggi: fedeltà nell'amore della Chiesa
Diletti Figli e Figlie!
L'incontro con tanti Fratelli del Popolo di Dio e Figli della santa Chiesa cattolica, che Ci procurano queste Udienze settimanali, stimola ogni volta il Nostro spirito a dire loro una parola, semplice come quella di un Parroco, ma buona e vera, attinta dal tesoro della dottrina di Cristo, della quale Egli Ci ha voluto custodi e testimoni, e nello stesso tempo quasi scaturita dai bisogni della Chiesa, che sono poi quelli dei vostri animi, Figli carissimi.
Qual è oggi questa parola? E qual è il bisogno al quale essa risponde? Il bisogno, pare a Noi, è la fedeltà. Primo: fedeltà pratica ed empirica, se volete, al costume religioso e cristiano, di cui siete eredi. Le vostre Famiglie, cenacoli spesso di autentica vita cristiana; le vostre Parrocchie, modellate tante da una costante e sapiente cura pastorale; le vostre Diocesi, arche molte di esse di storia, di costumi, di monumenti, di arte, di santi; le vostre Nazioni, che antico o recente hanno tutte un patrimonio religioso, culturale e morale, di cui gloriarsi e da cui ricevere alimento, esempio e stimolo di perpetuo rinnovamento, consegnano a voi, alla generazione presente, un’eredità preziosa, ch’è dovere raccogliere e ch’è follia trascurare e disperdere.
Noi abbiamo sempre presenti alla memoria certe belle Parrocchie, da Noi visitate, come pellegrino all’estero, come pastore a Milano, anche in luoghi dove la popolazione è impegnatissima nel lavoro industriale, o artigianale, o agricolo, esuberante di gioventù, e aperta alle innovazioni del progresso, ma tuttora fiorenti di antica e attuale pienezza di vita religiosa e di costume cristiano: quale incremento, Noi pensavamo osservandole, potrebbero conseguire se, per amore di novità, si distaccassero dallo schema loro proprio di vita cattolica, già tanto comunitario e tanto cosciente ed aggiornato?
Vedete, Figli carissimi, anche da questo accenno particolare, quale rispetto Noi per primi abbiamo alla Chiesa locale (cfr. Lumen gentium, n. 26; Ad Gentes, nn. 22 e 26), quando essa nelle sue stesse originali peculiarità vive e riflette l’autenticità dell’unica Chiesa universale?
L’ANTICO E IL NUOVO
Lo sappiamo: questo rispetto alla tradizione non è di moda, e non è in molti casi né consentito, né ragionevole. Oggi la vita cambia in modo così radicale, che non è possibile attenersi alle forme da cui era ieri modellata. È giusto: non possiamo, non dobbiamo rimanere vincolati al passato; anzi è nostro dovere accogliere ogni cosa buona che i nuovi tempi ci offrono; diremo di più, dobbiamo noi stessi promuovere il progresso, ad ogni livello, e accelerare gli sviluppi che la prodigiosa civiltà moderna offre all’uomo, perché egli sia più uomo, e perché tutti possano godere dei benefici d’un mondo migliore. Ma questa corsa in avanti non ci autorizza a deviare dalla direzione buona che la tradizione passata ha segnato al nostro cammino. Cioè vi è qualche cosa nella tradizione a cui dobbiamo essere fedeli, se non vogliamo essere degeneri ed infelici. Identificare questo «qualche cosa» costituisce uno dei problemi più delicati e complessi nel processo innovatore della Chiesa odierna; problema duplice: che cosa conservare di antico, e che cosa introdurre di nuovo.
Ed ecco allora una seconda fedeltà oggi necessaria alla Chiesa, quella fondata sulla valutazione autorizzata e responsabile degli elementi costitutivi o storicamente acquisiti e non arbitrariamente alienabili della Chiesa stessa, tanto nel campo istituzionale, quanto in quello dottrinale; e questa valutazione non può essere né frettolosa né arbitraria. Uno non può inventare una nuova Chiesa secondo il proprio giudizio, o il proprio gusto personale. Oggi non è raro il caso di persone, anche buone e religiose, giovani specialmente, che si credono in grado di denunciare tutto il passato storico della Chiesa, quello Post-tridentino in modo particolare, come inautentico, superato e ormai invalido per il nostro tempo; e così, con qualche termine ormai convenzionale, ma estremamente superficiale ed inesatto, dichiarano senz’altro chiusa un’epoca (costantiniana, preconciliare, giuridica, autoritaria . . .), e iniziata un’altra (libera, adulta, profetica . . .) da inaugurarsi subito, secondo criteri e schemi inventati da questi nuovi e spesso improvvisati maestri. Per essere oggi veramente fedeli alla Chiesa dovremo guardarci dai pericoli che derivano dal proposito, tentazione forse, di innovare la Chiesa, con intenzioni radicali o con metodi drastici, sovvertendola.
Accenniamo appena. Uno di questi pericoli è la critica presuntuosa e negativa, isolata dalla visione globale della realtà, o dalla considerazione totale della verità vivente della Chiesa, o dal senso storico con cui certi suoi aspetti devono essere valutati. Dice bene un insigne teologo contemporaneo: «. . . Quando la funzione critica entra da sola in attività, essa finisce ben presto per tutto polverizzare» (DE LUBAC, L’Eglise dans la crise actuelle, Nouv. Revue Théol., 1969, n. 6, p. 585).
I LIMITI DELL’ESPERIENZA SOGGETTIVA
Altro pericolo è il profetismo. Molti si dicono ispirati, parlando oggi della Chiesa, da vento profetico, e asseriscono cose arrischiate, alcune volte inammissibili, appellandosi allo Spirito Santo, come se il divino Paraclito fosse in ogni caso a loro disposizione; e ciò fanno talora, purtroppo, col tacito proposito di affrancarsi dal magistero ecclesiastico, che pur gode della assistenza dello Spirito Santo. I carismi dello Spirito Santo sono da Lui liberamente concessi a tutto il Popolo di Dio, ed anche al semplice fedele (Io. 3, 8; 1 Cor. 12, 11; Lumen Gentium, n. 12; Apostolicam actuositatem, n. 3); ma la loro verifica e il loro esercizio sono soggetti all’autorità del ministero gerarchico (cfr. 1 Cor. 4, 1, e 14, 1 ss.; Christus Dominus, n. 15; Lumen Gentium, n. 7; ecc.). Dio voglia che la presunzione di fare del proprio giudizio personale, o, come spesso avviene, della propria soggettiva esperienza, o anche della propria momentanea aspirazione il criterio direttivo della religiosità o il canone interpretativo della dottrina religiosa (cfr. 2 Petr. 1, 20; Dei Verbum, n. 8), quasi fosse dono carismatico e soffio profetico, voglia Dio, diciamo, che non conduca fuori strada tanti spiriti valenti e bene intenzionati. Avremmo un nuovo «libero esame», che moltiplicherebbe le più varie e le più discutibili opinioni in materia di dottrina e di disciplina ecclesiastica, toglierebbe alla nostra fede la sua certezza e la sua funzione unitiva, e farebbe della libertà personale, di cui la coscienza è, e dev’essere, guida immediata (cfr. Dignit. humanae, nn. 2 e 3) un uso contrario alla sua prima responsabilità, quella di cercare la verità, la quale, nel campo della verità rivelata, ha per sua guida suprema il magistero della Chiesa (cfr. Dei Verbum, n. 8).
GLI IMMENSI TESORI DELLA TRADIZIONE
Ed allora concludiamo ricordando una terza fedeltà alla Chiesa, la fedeltà dell’amore. La Chiesa oggi ha più che mai bisogno di questa fedeltà. Non è adesione passiva, professata per forza d’inerzia e per pigrizia spirituale, ovvero conservata più fuori che dentro il cuore, nel timore di perdere l’altrui stima e d’incontrare le molestie della sincerità negatrice o proditoria. L’amore non nasconde i difetti e i bisogni, che un occhio filiale può riscontrare anche nella madre Chiesa, anzi più li avverte e più li osserva; più ne soffre e più pensa ai rimedi. Ma è occhio limpido, è occhio amoroso, che vede soprattutto il bene nella Chiesa. Forse non v’è più alcun bene da notare nella Chiesa, perché tanto si abbia ora da contestare e da offendere? Non sono sovente i Fratelli ancora da noi separati, che ammirano e invidiano tanti tesori, che la Chiesa cattolica e romana possiede e difende? Forse che la sua tradizione, l’aspetto oggi più diffamato della nostra Chiesa, non risplende di uomini e di opere grandi? Forse che ella non ci dà, tutt’oggi, esempi di sapienza e di santità? Amare la Chiesa! Ecco il bisogno d’oggi, ecco il nostro dovere! Critiche e riforme sono utilmente possibili, a condizione che sia l’amore vero a promuoverle. Amarla, come e perché Cristo l’ha amata, e per essa s’è sacrificato (Eph. 5, 25); con sacrificio nostro perciò.
Anche noi tutti così, Figli carissimi; e sia a voi conforto a tale amorosa fedeltà la Nostra Apostolica Benedizione.
NELL’ASSEMBLEA FERVOROSA DEL POPOLO DI DIO
Glorie della diocesi di Padova
Diletti figli! Voi rappresentate qui l’intera Chiesa di S. Prosdocimo, meglio nota dal nome del Santo dei miracoli, S. Antonio, e ancora illuminata dalla splendida figura di S. Gregorio Barbarigo e di molti altri Pastori, che ne hanno seguito le tracce; una Chiesa tanto ricca di antiche, nobilissime tradizioni, di vocazioni sacerdotali e religiose, di generose istituzioni.
Proprio il ricordo di uno dei vostri Pastori, Carlo Rezzonico, elevato dalla Sede vescovile di Padova al Pontificato col nome di Clemente XIII, di cui ricorre quest’anno il 2° centenario della morte, vi ha condotti pellegrini in questa Basilica, ove. riposano le sue spoglie, per rendere una solenne testimonianza di fede e per rinnovare le vostre promesse di amore e di fedeltà alla Chiesa.
Sappiamo inoltre che un’altra fausta ricorrenza, il 25° di Episcopato - del vostro zelante Pastore - al quale siamo lieti di ripetere ora vive felicitazioni e fervidi auguri e di riconfermare tutta la Nostra stima e benevolenza - vi ha spinti a stringervi intorno a lui nel desiderio di manifestare pubblicamente, sulla Tomba di Pietro, la vostra profonda adesione alla Gerarchia e al Magistero ecclesiastico.
A voi tutti, qui presenti, con particolare riguardo alle Autorità ecclesiastiche e civili e ai moltissimi sacerdoti, che vi fanno corona, e anche a coloro, che nelle loro case o nei loro posti di lavoro sono a voi uniti nella preghiera e nei sentimenti, desideriamo dire il conforto che Ci viene dalla conoscenza del vostro fervore di vita cristiana, esprimere il Nostro compiacimento, assicurare il Nostro paterno affetto, indirizzare una viva esortazione a seguire con spirito sempre nuovo gli esempi dei vostri avi, cercando di rimanere tra i primi nello sforzo che oggi impegna tutta la Chiesa nel rinnovamento auspicato e promosso dal Concilio Vaticano II. E con questi sentimenti vi benediciamo di cuore e con voi benediciamo i vostri cari e tutto il clero, gli istituti, le associazioni e le opere della vostra diocesi.
Religiosi e Missionari
Abbiamo ora un cospicuo numero di Religiosi e di Missionari, ai quali, se il tempo Ce l’avesse permesso, avremmo voluto dedicare singolarmente una speciale Udienza, per dire loro tutta la benevolenza, tutto l’interessamento, tutta l’ammirazione con cui li seguiamo nel loro apostolato.
Si tratta dei rappresentanti dell’Ordine degli Scolopi, dell’Istituto dell’Oratorio di San Filippo Neri, e della Congregazione del Preziosissimo Sangue, i quali si trovano riuniti a Roma per i lavori dei rispettivi Capitoli Generali Speciali, per adeguare i propri Istituti alle istanze di rinnovamento, spirituale ed esterno, che il Concilio Ecumenico ha loro rivolto, col Decreto «Perfectae caritatis» . Vi diamo il Nostro benvenuto, diletti figli, salutando con particolare distinzione i Superiori Generali, e il venerabile Fratello Monsignor Carlo Manziana, dell’Oratorio, qui presenti.
Come già avemmo occasione di rilevare più volte, in analoghe Udienze ad altri Capitolari, lo sforzo a cui attendete merita tutto il Nostro incoraggiamento, perché è indice della perenne vitalità delle vostre Famiglie Religiose, della loro fedeltà alle consegne della Chiesa, del loro ardore apostolico, e del nobile travaglio che le pervade di immettere nelle antiche, e venerande, e insostituibili forme, nelle quali si tramanda come lo spirito dei Santi Fondatori, le esigenze, il dinamismo, i metodi dei tempi nuovi, il bisogno di trovare modalità sempre più consone alle necessità del ministero, svolto in mezzo agli uomini e per gli uomini del nostro tempo. Vi auguriamo che i vostri lavori portino tutti i loro frutti, affinché, sottolineando il valore preminente della sequela di Cristo, norma suprema della vita religiosa (Decr. cit., 2), tutti i vostri confratelli ovunque si trovino, «spinti dalla carità che lo Spirito Santo infonde nei loro cuori, sempre più vivano per Cristo e per il suo Corpo che è la Chiesa», la cui vita e il cui apostolato si arricchisce in misura della loro adesione al Salvatore, nella totale donazione di sé (cfr. ib., 1). E a questo scopo, nel benedirvi, Noi invochiamo sulle vostre benemerite Famiglie Religiose, sparse nel mondo come un pacifico esercito di amore, i doni costanti del Divino Paraclito.
A voi, poi, diletti Missionari di varie Congregazioni, che, in temporaneo rimpatrio, partecipate a un Corso di aggiornamento, rinunciando a prolungare tra i vostri cari il desiderato soggiorno; a voi, sacerdoti Salesiani partenti per l’America Latina, diciamo tutta la Nostra riconoscenza - che è la riconoscenza della Chiesa - per l’azione che svolgete, dando la più grande prova di amore a Cristo e alle anime. Sappiate che il Papa vi è vicino con la preghiera; come abbiamo tenuto a dire nel Nostro primo Messaggio al mondo, Noi «vi amiamo come la pupilla dei nostri occhi» (22 Giu. 1963; A.A.S. 55, 1963, p. 576) e come tali siete tra i Nostri prediletti. Siatene sicuri sempre, carissimi: e la Nostra Benedizione vi confermi nei vostri santi propositi.
Convegno francescano di studi biblici
Ci è grato, inoltre, di rivolgere il Nostro saluto ad un gruppo di studiosi, appartenenti ai quattro Ordini che costituiscono la grande Famiglia Francescana.
Siete convenuti a Roma, diletti figli, per un Convegno particolare, cioè per studiare, nei suoi riflessi biblico-archeologici, la distruzione di Gerusalemme, avvenuta nel 70 d. C. Questo fatto impressionante, essendone ormai prossima la ricorrenza del decimo nono centenario, torna ad appassionare il mondo della cultura, e non mancherà di stimolare gli uomini di buona volontà ad implorare sulla Città santa che vide compiersi l’olocausto del Redentore, i doni della divina clemenza.
Vogliamo anche rilevare questa forma di collaborazione che riunisce, nel rispetto delle diverse autonomie, rappresentanti di vari Ordini, in questo caso molto affini, per una comune ricerca scientifica o un servizio ecclesiale. Ciò è conforme allo spirito del Concilio e merita di essere incoraggiato.
Pertanto, in segno della Nostra viva benevolenza, di cuore v’impartiamo la Nostra Apostolica Benedizione.
Assistenti della Gioventù di Azione Cattolica
Diletti figli, la vostra presenza Ci conforta nell’intimo del cuore, e per tre motivi. Anzitutto perché siete sacerdoti, porzione eletta della Chiesa, suo tesoro e sua forza, consacrati anima e corpo ai superiori interessi del Regno di Dio; il fine dei presbiteri, infatti, è stato magnificamente indicato dal Concilio Vaticano II, quando ha detto che essi contribuiscono «all’aumento della gloria di Dio e nello stesso tempo ad arricchire gli uomini della vita divina, sia che si dedichino alla preghiera e all’adorazione, sia che predichino la Parola, sia che offrano il Sacrificio Eucaristico e amministrino gli altri sacramenti, sia che svolgano altri ministeri in servizio degli uomini . . . vivendo in mezzo ad essi come fratelli» (cf. Presbyterorum Ordinis, 2 - 3). Vi diciamo pertanto: siate sacerdoti, prima di tutto e sopra tutto, memori della responsabilità che avete di essere il prolungamento di Cristo, i suoi strumenti, i suoi ministri nel quotidiano adempimento del vostro dovere.
In secondo luogo voi Ci rallegrate, perché dedicate le grazie del ministero sacerdotale ad un campo delicato, esaltante, pieno di promesse e di speranze: la Nostra diletta Gioventù di Azione Cattolica. Conosciamo le difficoltà che oggi travagliano il vostro lavoro; ma ne dovete prendere occasione per affinare sempre di più la vostra preparazione spirituale, le vostre armi di apostolato, il vostro prestigio in campo dottrinale, la vostra bravura sul piano organizzativo, per poter rispondere alle attese della Chiesa e alle esigenze degli stessi giovani. La Chiesa di domani, il mondo di domani saranno plasmati dai giovani di oggi: voi avete perciò nelle mani un potenziale dinamico di altissimo valore, che si svilupperà secondo la direzione che voi avrete saputo ora indicargli. Educate i giovani a dare il più possibile: siate esigenti con essi: guidateli sulle vie della esperienza intima di preghiera con Dio e della donazione ai fratelli. Essi vi risponderanno, siatene certi.
E questo Ci offre il terzo motivo della Nostra compiacenza: cioè il tema del convegno, che è quello medesimo della catechesi in Italia per il prossimo anno, la carità. Tema più alto, più profondo, più fecondo non poteva essere scelto: svisceratene la portata in tutta la sua realtà profonda, come in tutte le sue applicazioni pratiche. E fate delle associazioni delle vostre diocesi una scuola di carità e di formazione cristiana, memori delle parole del citato Decreto conciliare: «Di ben poca utilità saranno . . . le associazioni più fiorenti, se non sono volte a educare gli uomini alla maturità cristiana . . . I cristiani devono essere educati a non vivere egoisticamente, ma secondo le esigenze della legge nuova della carità, la quale vuole che ciascuno amministri in favore del prossimo la misura di grazia che ha ricevuto (cf. 1 Petr. 4, 10 ss.), e che in tal modo tutti assolvano cristianamente i propri compiti nella comunità umana» (Presb. Ordinis, 6).
Vi auguriamo buon lavoro, in mezzo alle schiere della vostra gioventù. Dite loro che il Papa l’ama paternamente, prega per essa, e tanto, tantissimo si aspetta della sua prontezza e generosità. Con la Nostra Benedizione Apostolica, a voi e ai vostri collaboratori ecclesiastici e laici!
Il movimento «Ragazzi nuovi»
E ora una breve parola ai seicento adolescenti, membri del Movimento «Ragazzi nuovi» - una sezione dell’Apostolato della Preghiera - i quali portano un fremito di giovinezza lieta e pensosa a questa Udienza. Siete venuti per ricevere la Nostra Benedizione, nel XXV anniversario di fondazione del movimento, e per dirci tutta la fede, tutto l’entusiasmo, tutta la sincerità con cui volete vivere l’ideale dell’amore personale a Cristo, amore che quotidianamente si rinnova nell’offerta totale di voi stessi nella preghiera, vivendo con Lui e in Lui e per Lui il Sacrificio della Messa, e mirando sempre alto, nello sforzo di essere apostoli di bontà, per l’edificazione di un mondo nuovo.
A Nostra volta vi diciamo la Nostra intensa compiacenza nel sapervi così ben guidati dai cari Padri Gesuiti, e animati da propositi tanto tenaci, nei quali si rispecchia l’ardore tipico della vostra età, e che si traducono in opere fattive e straordinarie: avete infatti raccolto con i vostri risparmi, e con l’aiuto di benefattori, la somma necessaria per costruire un orfanotrofio nell’India, un preventorio antitubercolare nel Madagascar, e ora pensate alla casa per bambine e bambini poliomielitici di Tuuru, nel Kenya, della quale oggi benediciamo qui la prima pietra.
Bravi, veramente bravi. Voi siete davvero i «ragazzi nuovi» che vogliono costruire il mondo di domani, rispondendo all’invito da Noi rivolto nell’Enciclica «Populorum progressio», e alle esortazioni dirette ai giovani dai Padri Conciliari. Vi protegga la Vergine Santa, e vi sostenga nell’amore a Cristo Eucaristico, alla Chiesa, al Papa. È il Nostro augurio paterno, che accompagniamo con la Nostra particolare Benedizione Apostolica.
Concessionari della Fiat Hispania
A vosotros, Dirigentes y Concesionarios de la Fiat Hispania, que estáis celebrando el cincuenta aniversario de vuestra Sociedad, nuestro saludo de bienvenida y de gratitud por esta devota visita.
Conocemos lo importante de vuestras actividades que tanto contribuyen al creciente progreso social. Trasmitid a vuestros hogares, despachos y talleres, nuestro deseo de que en ellos se vean siempre la honradez, la armonía, la técnica humanas, sostenidas y sublimadas por un cristianismo consciente y dinámicamente vivido. Trasmitidles también nuestra Bendición que de corazón os otorgamos.
Pellegrini dell’Olanda
Mit besonderer Freude richten Wir noch ein Wort der Begrüssung an den grossen Ar-Beiter-Pilgerzug aus Holland, den Herr Kardinal Alfrink hierher geführt hat. Es ist eine Jubiläums-fahrt anlässlich des sechzig-jährigen Bestehens der katholischen Gewerkschaften der Niederlande.
Geliebte Söhne und Tochter aus Holland! Wir danken für euren Besuch, und insbesondere für die Huldigungs’ Adresse, die euer verdienter Präsident Herr Mertens an Uns gerichtet hat. Auch euch allen sagen Wir: Bleibet treu dem Glauben eurer Vater! Liebet die Kirche mit einer grossen, starken, opferfreudigen Liebe. Höret immer auf die Weisungen des kirchlichen Lehr-amtes. Dieses spricht zu uns allen wunderbare Worte über die Würde menschlicher Arbeit und die Segnungen der Arbeit. Aus der Fülle des Herzens erteilen Wir jedem einzelnen und allen Anwesenden Unseren Apostolischen Segen.
I CAPPELLANI NELLA MARINA MERCANTILE
Pur nei brevi istanti, che Ci sono consentiti, siamo lieti di accogliervi, e di soffermarci in mezzo a voi, diletti Cappellani di Bordo, che svolgete il vostro ministero sulle navi. passeggeri della Marina Mercantile Italiana.
Sappiamo che questo è il primo convegno che si organizza per la vostra categoria, dopo 65 anni dalla istituzione di un sì prezioso servizio: e desideriamo felicitarCi con l’Ufficio Centrale per l’Emigrazione Italiana, organo esecutivo della C.E.I. per l’assistenza agli Emigranti Italiani, e con la vostra direzione di Genova, per l’importante iniziativa, che Ci auguriamo utilissima di scambi personali e feconda di propositi e programmi.
Il vostro è un ufficio molto, molto importante: sulle navi, in mezzo ai marinai, come ai passeggeri che hanno diversa estrazione sociale, diverse mète, varie finalità, voi testimoniate il Cristo, voi ne rinnovate la presenza, celebrando i Divini Misteri, voi ne comunicate la parola che salva. Siate sempre degni di questa alta missione, che tanto qualifica il vostro sacerdozio. A questo scopo invochiamo su di voi la continua assistenza del Signore, vi affidiamo alla protezione di San Pietro, che accolse Cristo nella sua barca, e di San Paolo, primo, grande Cappellano di Bordo, se così Ci è lecito chiamarlo (cf. Act. 27, 1-28, 15). E guardando a così alti modelli, abbiate in voi la forza dall’alto, per essere sempre fedeli alla vostra vocazione.
Con la Nostra Apostolica Benedizione.
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