PAOLO VI
UDIENZA GENERALE
Mercoledì, 21 ottobre 1970
Deplorazione e condanna morale per le violenze che imperversano nel mondo
Fedeli al dovere, che a Noi deriva dal Concilio, Noi stiamo cercando di ricordare alcune nozioni generali, proclamate dagli insegnanti conciliari, riguardanti l’operare umano, sicuri come siamo di collegare la nostra parola, da un lato, alla dottrina di Cristo, e, dall’altro, ai problemi ed ai bisogni del mondo presente. È Nostro dovere di favorire la formazione d’una mentalità e d’un costume che meglio corrispondano al vero progresso morale dell’uomo e della società, anche se la Nostra voce si esprime in questi incontri settimanali in modo occasionale e popolare, molto semplice e punto esauriente. Ma vi confidiamo che l’esercizio di quest’umile ministero dà a Noi coscienza della nostra apostolica responsabilità, sentendoci sollecitati a pronunciare qualche Nostro giudizio non già per una competenza diretta e specifica, che non pretendiamo di avere nelle questioni proprie di questo mondo, ma per il riferigli insegnamenti conciliari, riguardanti l’operare umano, sicuri come mento che ogni questione umana ha con la concezione globale della vita e dei suoi fini supremi, e per l’occhio critico, che da tutte le parti, anche profane, si fissa sopra di noi per vedere se noi davvero abbiamo funzione universale di magistero dottrinale e morale.
Con sorpresa di non pochi, riaffiora, stranamente rivendicata, la parola di S. Paolo: «Spiritualis homo iudicat omnia», l’uomo spirituale giudica di ogni cosa (1 Cor. 2, 15), parola che risuonò, con la forza propria del medio-evo, nella celebre e contestata sentenza di Bonifacio VIII, affermante che ratione peccati, cioè sotto l’aspetto morale trascendente, in ordine a Dio, « ogni cosa umana è soggetta » alla potestà delle chiavi di Pietro (Cfr. DENZ.-SCHÖNM., 873-873). Poco fa, ad esempio, per un sopruso delittuoso avvenuto in un’isola pagana del Pacifico, un giornale locale chiedeva: « che cosa ne dice il Papa?».
Questa prefazione vi dice come sia doveroso e penoso per Noi richiamare la riflessione degli uomini di buona volontà su alcuni fatti che accadono oggi sulla scena del mondo, i quali, per se stessi, per la loro singolarità e gravità, e per il loro ripetersi, che va oltre l’episodio e sembra indizio d’una improvvisa decadenza morale, feriscono la comune sensibilità.
CONTINUE OFFESE ALLA DIGNITÀ DELLA PERSONA UMANA
Quali fatti? le torture, ad esempio. Se ne parla come epidemia diffusa in molte parti del mondo; e se ne indica, forse non senza qualche politica intenzione il centro in un grande Paese, teso in uno sforzo di progresso economico e sociale, e finora da tutti onorato e qualificato come libero e saggio. Ebbene le torture, cioè i mezzi polizieschi, crudeli, e inumani, per estorcere confessioni dalle labbra di prigionieri, sono da condannarsi apertamente. Non sono ammissibili oggi, nemmeno col fine di esercitare la giustizia, e di difendere l’ordine pubblico. Non sono tollerabili, nemmeno se praticate da organi subalterni, senza mandato, né licenza delle superiori Autorità, sulle quali può ricadere la responsabilità di simili abusive e disonoranti prepotenze. Sono da sconfessarsi e da abolirsi. Offendono non solo l’integrità fisica, ma altresì la dignità della persona umana. Degradano il senso e la maestà della giustizia. Ispirano sentimenti implacabili e contagiosi di odio e di vendetta. Dove ci è stato possibile, noi abbiamo deplorato e cercato di dissuadere dal ricorso a simili barbari mezzi.
Le Autorità della Chiesa e l’opinione pubblica dei cattolici hanno levato la loro voce contro tali iniqui abusi di potere. Queste categoriche affermazioni hanno ragione di principio, perché sulla realtà di certi fatti noi non abbiamo titolo di pronunciarci, specialmente dopo smentite e rettifiche, che sono spesso date da organi qualificati e da indagini particolari. Come pure queste affermazioni non intendono coonestare violazioni private, o collettive dell’ordine pubblico, che possono aver dato pretesto a tali eccessi da parte dei tutori dell’ordine stesso. Anzi qui si presenta un’altra categoria di misfatti, che il senso cristiano della vita sociale non può ammettere come leciti. Diciamo della violenza, del terrorismo, impiegati come mezzi normali per rovesciare l’ordine stabilito, quando questo non rivesta esso stesso la forma aperta, violenta e ingiusta di un’oppressione insopportabile e non riformabile senza l’uso della violenza, entro i limiti dettati dalla prudenza e dalla giustizia.
Anche questa mentalità e questi metodi sono da deplorarsi. Essi producono danni ingiusti e provocano sentimenti e metodi deleteri della vita comunitaria, e sfociano logicamente nella diminuzione o nella perdita della libertà e dell’amore sociale. La teologia, così detta, della rivoluzione non è conforme allo spirito del Vangelo. Voler ravvisare in Cristo, riformatore e rinnovatore della coscienza umana, un sovversivo radicale delle istituzioni temporali e giuridiche, non è interpretazione esatta dei testi biblici, né della storia della Chiesa e dei Santi. Lo spirito del Concilio mette il cristiano a confronto col mondo in termini del tutto diversi (Cfr. Gaudium et spes; Dignitatis humanae, 11 e 12; così la ormai ricca bibliografia in proposito, p. es. LE GUILLON, in Evangile de Révolution; La violenza, Settimana degli Intell. catt. Francesi, 1967; Violenza o non violenza? ed. Ekklesia; SCHUTZ, Violence des pacifiques, Taizé, 1968; CULMANN, Jésus et les révolutionnaires de son temps, 1970; Civiltà Cattolica, maggio 1968: «La tentaz. della violenza»; ecc.).
LE VIE DELLA GIUSTIZIA E DEL DIRITTO
Che cosa diremo delle repressioni micidiali non solo contro formazioni armate e ribelli, ma verso popolazioni inermi e innocenti? Che cosa circa certe oppressioni pesanti e intimidatorie su interi Paesi? Tutti vedono come la guerra continua nel mondo. Il giudizio si fa tanto più difficile e riservato quanto più la complessità dei fatti e delle loro componenti si sottrae ad una adeguata conoscenza. Ma anche qui: la condanna, di principio almeno, non può essere taciuta. Noi non siamo per la guerra, anche se questa può essere purtroppo ancora oggi talvolta imposta da supreme necessità di difesa. Noi siamo per la pace. Noi siamo per l’amore. Noi continuiamo a sperare nella liberazione del mondo da ogni conflitto distruttore e micidiale. Noi auspichiamo sempre, e sempre di più, che le aspirazioni alla giustizia, al diritto, al progresso trovino le loro vie pacifiche, umane e cristiane, nelle istituzioni internazionali fondate e da fondarsi a tale scopo.
Non è finita la serie delle Nostre deplorazioni: i dirottamenti aerei, i sequestri di persone, le rapine a mano armata, i commerci clandestini di droghe, e tanti altri fatti delittuosi, che riempiono le cronache dei nostri giorni, reclamerebbero la nostra denuncia e la nostra morale condanna. Ci conforta sentire solidale la deplorazione di questi fatti dell’opinione pubblica; così fosse essa concorde la ricerca logica delle cause di simili aberrazioni! E ancora ci sostiene l’amore che abbiamo anche per l’uomo delinquente e conserviamo nel cuore l’inestinguibile fiducia nel ricupero umano d’ogni volto che porta il riflesso di quello di Dio. Crediamo infatti nella bontà e nella misericordia di Dio e nella redenzione di Cristo.
Sia a voi tutti la Nostra Benedizione Apostolica.
Il Consiglio plenario dell’Ordine dei Frati Minori
Ci è gradito rivolgere un particolare saluto ai membri del Consiglio Plenario dell’Ordine dei Frati Minori, i quali hanno desiderato partecipare a questa Udienza insieme con il loro Ministro Generale, il caro e venerato P. Costantino Koser. Sappiamo che essi sono convenuti a Roma, in rappresentanza delle Conferenze dei Padri Provinciali, per discutere alcuni importanti problemi che riguardano la vita della propria Famiglia religiosa, e che l’argomento principale dei lavori è - secondo le esatte parole della Regola di S. Francesco - «lo spirito della santa orazione e devozione».
Questo tema, diletti Figli, ci sembra davvero opportuno e felice, perché vuol essere come un ritorno, ideale e concreto ad un tempo, alla matrice primigenia del vostro Ordine nell’assidua e ispirata ricerca di quel fervido amore di Dio, che rese Francesco pauper et humilis «tutto serafico in ardore» (DANTE, Paradiso, XI, 37). L’incremento dell’autentico spirito di pietà resta sempre al centro della consacrazione religiosa, e le stesse opere di carità verso i fratelli è da qui che ricevono orientamento e vigore.
A tutti coloro che fanno professione dei consigli evangelici, il Concilio Vaticano II ha raccomandato «di cercare, prima di ogni cosa, e di amare Iddio, il quale per primo ci ha amato», e quindi «di coltivare con assiduità lo spirito di preghiera e la preghiera stessa attingendoli alle fonti genuine della spiritualità cristiana» (Perfectae caritatis, 6). Come non porre tra queste fonti la spiritualità del vostro grande Patriarca? La pietà francescana, che è meditazione amorosa del Cristo nel presepio e sulla Croce, è sorgente ricchissima per voi, per i vostri confratelli e per tutta quanta la Chiesa, e bene avete fatto nel risalire fino ad essa per gustarne ancora la perenne freschezza.
Con questo fugace richiamo ai valori più alti della vostra vocazione, formuliamo paterni auguri per il vostro attuale Convegno e mentre per voi invochiamo l’abbondanza dei celesti favori, vi impartiamo di cuore la Nostra speciale Benedizione, che estendiamo a tutti i sacerdoti e laici delle Comunità dell’Ordine.
Società Divine Vocazioni
Ci reca grande consolazione poter rivolgere una parola di elogio e di incoraggiamento ai quaranta Padri Capitolari e membri del Consiglio Generalizio della Società Divine Vocazioni, che partecipano a questa Udienza col loro Superiore Generale. Ci si offre infatti l’occasione di rivolgere a voi, come a tutti i vostri confratelli Vocazionisti, l’espressione della Nostra ammirazione e gratitudine per lo scopo così nobile e alto e grande e meritorio, a cui dedicate energie, sforzi, sacrifici: cioè la scelta delle vocazioni sacerdotali e religiose, attraverso scuole e istituti particolari, anche con la collaborazione prestata a tale scopo alle diocesi e alle famiglie religiose. Non abbiamo bisogno di dirvi quanto la cura delle vocazioni ci stia a cuore, perché, ogni anno, rivolgiamo a tutto il mondo il nostro messaggio per la giornata universale di preghiere: ci basti dirvi che voi corrispondete ad una delle sollecitudini più vive del Cuore di Cristo, quella di preparare gli operai della messe (Cfr. Matth. 9, 38), i ministri di Cristo e dispensatori dei misteri di Dio (1 Cor. 4, 1), coloro che continuano nel mondo la presenza del Salvatore col rinnovare il suo Sacrificio, col dispensare la sua grazia, col proclamare la sua parola, con l’annunciare la sua consolazione ai poveri, agli afflitti, ai malati. Vi assista in quest’opera la grazia onnipotente di Dio: e la Benedizione Apostolica vi assicuri tutta la Nostra benevolenza.
Convegno dei Religiosi Ospedalieri
Ecco davanti a Noi gli oltre .trecento Assistenti Religiosi Ospedalieri, che partecipano al loro primo Convegno Nazionale a carattere unitario, promosso dalla Conferenza Italiana dei Superiori Maggiori, in collaborazione con l’apposito Ufficio della Conferenza Episcopale Italiana. Vi diamo un paterno benvenuto, non disgiunto dall’apprezzamento sincero e cordiale per l’opera che svolgete negli Ospedali d’Italia: vediamo in voi come altrettanti buoni Samaritani, che fanno proprie le sofferenze del prossimo, porgendogli il conforto più alto, il balsamo più duraturo, l’unico che dia pace, e forza, e rassegnazione sovrumane, perché proviene non dagli uomini, bensì da Dio.
Ci fa piacere di vedervi uniti per studiare insieme, pur nella diversità dell’appartenenza alle varie famiglie religiose, i problemi inerenti alla vostra nobilissima missione, per avere luce e incoraggiamento a continuarla con perseveranza e generosità, pur tra le difficoltà che essa presenta, tanto essa è delicata, e richiede pazienza e cordialità, riserbo e tatto, fede vivissima e spirito soprannaturale. Vi sostenga nell’adempimento fedele del vostro dovere il pensiero che voi trovate Cristo negli ammalati («ero infermo e mi avete visitato») (Matth. 25, 36), e che voi portate Cristo agli ammalati; ne siete come la presenza visibile, ne continuate la missione: «pertransiit benefaciendo» (Act. 10. 38) perché anche voi passate fra gli infermi seminando il bene. Adeguate sempre la vostra parola e il vostro tratto a questo sublime Modello, da cui trae origine e forza la vostra vocazione di Religiosi: e sappiate che il Papa prega per voi, e a tutti imparte l’Apostolica Benedizione, in pegno delle eterne ricompense alla vostra dedizione.
Ispettori e funzionari dell’Annona di Roma
Salutiamo ora di gran cuore il folto gruppo degli Ispettori e Funzionari dell’Annona del Comune di Roma, col loro Assessore, l’onorevole Luigi Martini, venuti come ogni anno a presentarci il loro omaggio in occasione della festa patronale, unitamente ai loro familiari. Vi ringraziamo di questo gentile pensiero, vi ripetiamo la Nostra benevolenza, e vi auguriamo un felice lavoro, quel lavoro quotidiano, che sappiamo così vasto e impegnativo e insostituibile, perché deve far fronte alle esigenze sempre crescenti e sempre nuove del vettovagliamento di una città come Roma, con la sua formidabile espansione urbana e turistica. La vostra attività ha perciò un chiaro riflesso spirituale: e poiché è un servizio di prim’ordine, di necessità inderogabile, volto in favore della comunità, sappiate compierlo con spirito di collaborazione, di fratellanza, di carità. In una parola: con lo spirito del Vangelo. Date ogni giorno un colpo d’ala alla vostra fatica e al vostro assillo: e vi assista in questo impegno il vostro Santo Protettore, l’Arcangelo Raffaele. Con voi e per voi lo preghiamo, mentre a tutti impartiamo la Nostra Apostolica Benedizione.
Infermi della Baviera
Ein wort herzlicher Begrüssung mochten Wir auch an den Kranken-Pilgerzug des Caritasverbandes und der katholischen Kirchenzeitung aus München richten. Liebe Söhne und Töchter! Alle in dieser Basilika heute anwesenden Pilger bringen Ihnen mit Uns in aufrichtiger Anteilnahme die besten Wünsche zum Ausdruck.
Die Leitung des Pilgerzuges hat dieser Romfahrt den Namen gegeben: Sonnenzug der ranken. Damit sind die richtigen Akzente gesetzt. Denn von schwerem Leid heimgesucht sein bedeutet nicht, einem dunklen Schicksal überantwortet zu werden und darum verzweifeln zu müssen. Vom Glauben her strömt viel Licht und Sonne und Wärme in Ihr geprüftes Leben. Im Aufblick zu Christus, dem «Mann der Schmerzen», gewinnen Ihr Leid und Ihre Krankheit einen tiefen Sinn. Tragen Sie mit Christus für das Heil der Welt Ihre Prüfung und « Gott..., der uns in Christus Jesus zu seiner ewigen Herrlichkeit berufen hat, wird euch vollenden, stärken, kräftigen und befestigen» (1 Petr. 5, 10).
Unsere besondere Anerkennung und Unseren väterlichen Dank wollen Wir noch den Ärzten, den Helfern der Bundeswehr und des Malteserdienstes wie allen Krankenschwestern aussprechen, die durch ihren freiwlligen Einsatz dieses eindrucksvolle Zeugnis wahrhaft christlicher Nächstenliebe geben und so den « Sonnenzug » ermöglicht haben.
Allen Pilgern endlich aus den Ländern deutscher Sprache erteilen Wir als Unterpfand reichen himmlischen Trostes Unseren Apostolischen Segen.
Herzlich willkommen heissen Wir den grossen Pilgerzug des Cäcilienverbandes der Erzdiözese Köln. Anlässlich des hundertjährigen Bestehens Ihres verdienten Verbandes soll Ihre diesjährige Romfahrt der krönende Abschluss der Jubiläumsfeierlichkeiten sein. Wir nehmen herzlichen Anteil an Ihrer Freude und entbieten Ihnen Unsere Glüchkwünsche. Die Kirchenchöre haben eine hohe, unentbehrliche Aufgabe zu erfüllen, «weil der gottesdienstliche Gesang einen notwendigen und integrierenden Bestandteil der feierlichen Liturgie ausmacht» (Cfr. Sacrosanctum Concilium, 112). Wir danken Ihnen darum für Ihre wertvolle Mitarbeit und bitten Sie, sich auch weiterhin «unter Wahrung der Richtlinien und Vorschriften der kirchlichen Tradition» (Ibid.) für eine würdige musikalische Ausgestaltung des Gottesdienstes einzusetzen.
Nous sommes heureux de saluer particulièrement aujourd’hui la présence d’un groupe de fonctionnaires du Ministère des Finances du Danemark, venus à Rome pour un échange culturel avec leurs collègues italiens. Nous vous adressons, chers Messieurs, nos meilleurs voeux, pour vous-mêmes, pour vos familles, pour votre pays.
Nous invoquons sur tous la Bénédiction du Seigneur.
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