PAOLO VI
UDIENZA GENERALE
Mercoledì, 5 maggio 1971
Libertà nella fedeltà a Cristo
Noi andiamo ora cercando gli aspetti caratteristici della vita cristiana nella quale è celebrato e penetrato il mistero pasquale. Sempre questo punto focale dell’opera redentrice di Cristo ci obbliga a riflettere quale effetto il mistero pasquale, della morte cioè e della risurrezione del Signore, abbia nella nostra vita; esso vi si ripercuote, vi si ripete sacramentalmente, e vi produce un rinnovamento, un modo di essere, di pensare e di agire, che configura appunto la nostra stessa vita cristiana con speciali connotazioni. Una di queste è la libertà. Quale libertà?
UN DONO DIVINO
La parola libertà è polivalente. Essa acquista significato in relazione alle varie forme di costrizione, alle quali possiamo essere soggetti. Intanto: noi ben sappiamo che la dottrina cristiana ammette e difende l’esistenza della libertà nell’uomo, contro i sostenitori d’un connaturato determinismo interiore (vuoi naturale, psicologico, o biologico, vuoi conseguente alla natura decaduta dell’uomo), e c’insegna che l’uomo è dotato della facoltà di scegliere; il rapporto fra l’intelligenza, vincolata alla verità, e la volontà capace di autodeterminarsi non è costringente; abbiamo potere di scegliere ciò che vogliamo fare, siamo liberi e padroni e perciò responsabili delle nostre azioni, anche se questa scelta, cioè questa libertà, può essere soggetta a diversi influssi, sia interiori, che esteriori. Siamo liberi, per dono di natura. Ma poi, in realtà, la natura umana, - ancora c’insegna la nostra dottrina -, è decaduta, è viziata; l’innesto dell’intelligenza illuminante e della volontà agente si è guastato; così che proprio quando usiamo della nostra libertà spesso, molto spesso sbagliamo, per difetto di luce, cioè di verità circa il bene da scegliere, siamo fallibili; ovvero per difetto di energia, non sappiamo compiere il bene, che pur conosciamo, oppure per difetto di rettitudine, cioè non vogliamo il vero bene, ma un bene incompleto e falso, cioè pecchiamo: ahimé! pecchiamo, perché siamo liberi! Tremenda perversione del dono divino della libertà! (Cfr. Rom. 7, 15-21)
LA SERVITÙ DEL PECCATO
A questo punto della nostra elementarissima analisi si presenta la nuova libertà, procurataci da Cristo Redentore; ed è la libertà dal peccato e dalla sua fatale conseguenza, che è la morte (Cfr. Rom. 8, 2). Qui dovremmo ricordare la famosa dottrina, oggi tanto chiamata in causa, del peccato originale, un peccato non personale, ma per reato di colpa, e di pena ereditato da Adamo col nascere da Adamo; cioè l’insegnamento biblico e teologico delle conseguenze universali, trasmesse per via di generazione, per causa della trasgressione del primo uomo, «in cui tutti hanno peccato» (Rom. 5, 12), conseguenze che sono, prima, l’inimicizia di Dio: «eravamo - dice S. Paolo con forte espressione - per natura figli d’ira» (Eph. 2, 3), poi il disordine nel nostro equilibrio umano (Cfr. Rom. 6, 20), e infine la perdita dell’immortalità, che era un privilegio conferito all’uomo mortale, quando si trovava in stato d’innocenza e elevato ad un più alto livello che non quello naturale, cioè quello soprannaturale (Cfr. DENZ-SCH., 3705). Eravamo schiavi, soggetti ad una triste sorte di distacco da Dio, di infermità morale e di morte. Ebbene, Cristo ci ha liberato da questi mali col battesimo, cioè con la nostra partecipazione al mistero della sua morte e della sua risurrezione - il mistero pasquale -, dal peccato originale, e ci ha dato la grazia per liberarci, cioè per preservarci, ed anche poi per risollevarci dal peccato personale e attuale, ed in più ci ha dato la promessa di vincere la morte, un giorno, con la risurrezione. Verità sapute per un cristiano, ma verità estremamente profonde, drammatiche, assai importanti, e felici, che non avremo mai abbastanza meditate, e che ci obbligano a riconoscere in Cristo il nostro sommo liberatore (Cfr. PRAT. S. PAUL. 1, 252 ss.).
Ma l’opera liberatrice di Cristo non finisce qui. Essa si estende, nel quadro della vita presente e della storia dell’uomo, ad un’altra liberazione; ed è la liberazione dalla legge. Quale legge?
LA LEGGE DELLO SPIRITO SANTO
Anche questa domanda esigerebbe lunghe risposte. Ma qui non possiamo che contenerle in brevissimi accenni. Ci contenteremo per ora di dire che Cristo ci ha liberati dalla legge mosaica, dell’Antico Testamento. Questo tema trova ampio e ripetuto sviluppo negli scritti del Nuovo Testamento, tanto che siamo soliti a qualificare queste due fasi dei rapporti religiosi dell’uomo con Dio: l’antica legge e la nuova legge. Che cosa significa? Significa che in Cristo si è compiuta ed è terminata l’economia religiosa instaurata con la prima liberazione del Popolo eletto dalla schiavitù faraonica e con la promulgazione della legge del Sinai (nella quale la legge naturale e la legge positiva si uniscono); legge quella ch’era buona, ma insufficiente; era un comando, un insegnamento, ma non una forza sufficiente, non un nuovo principio animatore, soprannaturale, per vivere nella vera giustizia di Dio. Occorreva un altro sistema per fare l’uomo buono, giusto e grato a Dio, occorreva la legge della grazia, la legge dello Spirito, la quale appunto ci è stata ottenuta e conferita da Cristo, morto e risuscitato per noi (Cfr. Rom. 4, 25): ecco la liberazione a noi venuta dal mistero pasquale. (Non parliamo ora della libertà civile).
Qui si potrebbero moltiplicare le citazioni scritturali. «Dove è lo Spirito del Signore ivi è la libertà» (2 Cor. 3, 17). Si riferisce questa libertà all’esonero dall’osservanza della legalità ebraica e farisaica (Cfr. Gal. 2, 4; 4, 31; 5, 13). Si riferisce al progresso della vita morale: dall’ossequio alla norma esteriore e formale a quella interiore e personale: ricordiamo il discorso fondamentale dell’insegnamento evangelico: «Non vogliate credere che Io sia venuto per abolire la legge, o i profeti, disse Gesù; non son venuto per abolirli ma per completarli . . . Voi avete udito che fu detto agli antichi, Egli ripete, . . . ma Io invece vi dico . . .» (Matth. 5, 17, ss.). Si riferisce alla concentrazione dei nostri doveri in quelli supremi dell’amore di Dio e del prossimo (Matth. 22, 37 ss.). Si riferisce a vivere la carità, virtù che deriva dallo Spirito Santo (Rom. 5, 5), si manifesta nell’amore del prossimo (Cfr. Io. 13, 35; 1 Cor. 13, 4, ss.; 7 Io. 2; 4, 20; ecc.), e rimane per l’eterna vita (1 Cor. 13, 13). Si riferisce al codice della vita cristiana, che consiste nell’imitazione di Cristo, paradigma della vita ascetica e perfetta, e nel vivere di Cristo (Gal. 2, 20; Phil. 1, 21) principio della vita mistica, consumazione iniziale della nostra fusione eterna nella vita divina, liberazione suprema.
INEFFABILE VINCOLO ALLA VOLONTÀ DEL SIGNORE
Ma facciamo attenzione. Proprio per questa esigenza suprema della legge dello Spirito potrebbe la parola «libertà» illuderci che noi non abbiamo più alcuna obbligazione, né verso noi stessi, né verso gli altri, né verso l’ordinata convivenza nella comunità ecclesiale: sì, dobbiamo sentirci liberi, quasi portati dall’onda dello Spirito; ma, ci ammonisce S. Pietro (1 Petr. 2, 16), senza farci della libertà un pretesto per coprire la malizia; siamo sempre servi di Dio. Il cristiano è più che mai vincolato alla volontà di Dio, al rispetto delle leggi naturali e civili, all’obbedienza a chi nella Chiesa ha funzione gerarchica e pastorale; proprio perché cristiano. E questa esperienza dell’armonia fra la beata libertà, ottenutaci da Cristo, e la gioia della fedeltà all’ordine voluto da Lui è fra le più belle e originali e irrinunciabili della nostra elezione cristiana. Così sia per noi, con la Nostra Benedizione Apostolica.
La Società Promotrice di Buone Opere
Un particolare saluto desideriamo rivolgere ai numerosi membri della «Primaria Società Cattolica Promotrice di Buone Opere in Roma», che, celebrando il primo centenario di fondazione, sono venuti in questa Basilica, guidati dal Signor Cardinale Giuseppe Paupini, per rinnovare la loro devozione alla Sede di Pietro.
La Nostra parola, carissimi figli, vuole essere espressione di paterno compiacimento per il passato e di fervido auspicio per l’avvenire.
Ci piace ricordare che il vostro Sodalizio nasceva nel novembre 1870, con l’approvazione del nostro Predecessore Pio IX, di venerata memoria, in un periodo particolarmente delicato per la città di Roma, con l’intento di costituire un «centro di ordinata ed efficace azione» per i cattolici, i quali sentivano il dovere di «cooperare alla conservazione e all’incremento della fede, della morale, dello spirito della loro religione».
Le molteplici iniziative religiose, catechetiche, sociali, caritative, culturali, che in un secolo sono sorte, stanno a testimoniare la fecondità spirituale della vostra Associazione, animata dall’azione generosa dei suoi membri, Cardinali, Arcivescovi, Vescovi, Sacerdoti, Religiosi e Laici di ogni categoria, i quali, vivendo il motto programmatico «Fide et operibus», si sono distinti per zelo pastorale, per pietà, per carità, per esemplare testimonianza cristiana, per inconcussa devozione alla Cattedra di Pietro e per costante fedeltà alla Chiesa.
Tale passato benemerito e glorioso deve rappresentare uno sprone per l’avvenire. Continuate ad irradiare il messaggio di Gesù in un mondo che ha incoercibile bisogno di Dio, moltiplicate le buone iniziative in una ininterrotta dilatazione della carità, siate un autentico esempio di cristianesimo.
Con questi sentimenti di compiacimento e di augurio, Noi ben volentieri invochiamo la materna protezione della Vergine Santissima «Causa nostrae laetitiae», e vi impartiamo l’Apostolica Benedizione.
Gruppo di ragazzi spastici
Uno speciale saluto , pieno di paterna benevolenza, amiamo riservare al gruppo di ragazzi spastici, dei quali ha cura l’Associazione per l’educazione della gioventù bisognosa, voluta dallo zelante Vescovo, Monsignor Emilio Biancheri, al quale va il Nostro memore pensiero, e qui rappresentata dal suo presidente, Don Oreste Benzi.
Siate cordialmente benvenuti, figliuoli carissimi, insieme con i vostri genitori, che vi hanno accompagnati a questo incontro col Papa. La vostra presenza ci allieta e commuove ad un tempo. La vostra particolare condizione richiama su ciascuno di voi la predilezione, l’incoraggiamento e il conforto di chi umilmente rappresenta lo stesso Gesù in terra, e in Suo nome vi abbraccia e vi benedice.
Vi siano motivo di sollievo e di serenità, pur nelle immancabili pene e difficoltà quotidiane, le premure amorevoli, disinteressate e pazienti di quanti si dedicano alla vostra assistenza spirituale e materiale. Tra essi, sono meritevoli di menzione - e Noi lo facciamo con compiacimento - numerosi giovani, i quali intendono testimoniare in tale modo la propria fede in Cristo e la loro fattiva solidarietà verso i fratelli.
Figliuoli amatissimi! In ogni giorno della vostra vita vi accompagni la grazia, la pace e la gioia del Signore. È questo il Nostro augurio e la Nostra preghiera, mentre facciamo scendere su di voi, sulle vostre famiglie e su tutti coloro che hanno merito nella vostra formazione ed assistenza, la confortatrice Benedizione Apostolica, pegno dei più eletti favori del Cielo.
Futuri tecnici per i Paesi in via di sviluppo
Porgiamo il Nostro cordiale benvenuto ai partecipanti al IX Corso di perfezionamento per i quadri tecnici dei Paesi in via di sviluppo, organizzato dall’Istituto per la Ricostruzione Industriale.
Egregi e cari Signori! Siete venuti, insieme con i dirigenti e i docenti del Corso, che si è iniziato il 12 ottobre 1970 ed avrà termine il 15 del mese corrente, a portarci il vostro saluto, prima della partenza per i vostri rispettivi Paesi, africani e asiatici, latino-americani ed europei. Noi vi ringraziamo di questo gesto deferente, e vogliamo ricambiarlo con l’auspicio che l’esperienza proficuamente compiuta in questi mesi, per accrescere il vostro sapere teorico e pratico, sia di grande vantaggio alle vostre attività; valga a stimolarvi a sempre meglio servire il bene comune delle nazioni, alle quali voi appartenete; e contribuisca a rinsaldare tra di voi quei vincoli di comprensione, di amicizia e di solidarietà, che non mancheranno di dare un efficace apporto anche alla collaborazione e alla concordia internazionale.
Nel formulare questo augurio, Noi invochiamo sulle vostre persone, sul vostro lavoro professionale, sulle vostre famiglie e sulle vostre nazioni l’abbondanza delle grazie divine.
We express our special welcome to those participating in the Course organized by the Institute for Industrial Reconstruction. It is our hope that your stay in Italy will prove beneficial and that by your activities you will be able to make a worthy contribution to the development of your respective countries and to the uplifting of your fellowmen. We pray that through your future work God will blesse the people whom you serve.
Nuestro paternal afecto también para vosotros, amadísimos hijos de lengua española, que habéis tornado parte en este curso de perfeccionamiento industrial.
Habéis transcurrido unos dias de trabajo en común, estrechando vínculos de amistad y de solidaridad. Que esto contribuya a elevar vuestro espíritu de fraternidad humana y cristiana y corrobore vuestra inquietud por servir más y mejor al progreso, en vuestras respectivas patrias. El Señor os bendiga.
Chers amis,
vous savez avec quel souci Nous Nous intéressons a l’aménagement de meilleures conditions de vie en chacun de vos pays. Et Nous sommes heureux de penser que vous pourrez mettre au service de vos compatriotes les compétences techniques acquises ici et si nécessaires au développement économique: vous aurez a cœur de le faire avec le souci des progrès social, moral et spirituel qui doivent aller de pair, au bénéfice et avec la participation de toutes les catégories sociales. Puissiez-vous contribuer généreusement a ce grand projet que Nous ne cessons de recommander au Dieu Tout- Puissant. Nous prions aussi pour que le coude-à-coude fraternel vécu au cours de ce Stage favorise pour sa part le rapprochement des peuples que Nous appelons de nos vœux fervents. Et Nous vous bénissons.
Operai cattolici della Svizzera
Ein besonderes wort der Begrüssung richten Wir noch and die Missionare der Gesellschaft des Göttlichen Wortes. Nach Monaten geistlicher Einkehr und vertiefter missionarische Ausbildung werden Sie in Bälde wieder in Ihre Missionsgebiete zurückkehren.
Seien Sie alle gute Priester und Ordensmänner nach dem Ideal, wie es Ihnen Ihr verewigter Stifter, der Diener Gottes Pater Janssen, vorgelebt und in seinen Schriften aus Herz gelegt hat. Dann sind Sie echte Glaubensboten, die vom Heiligen Geiste erleuchtet geeignet sind, «den Völkern die herrlichen Taten dessen zu verkünden, der sie aus der Finsternis in sein wunderbares Licht berufen hat» (Cfr. 1 Petr. 2, 9).
Von Herzen begrüssen Wir auch den schweizerischen Pilgerzug der «Katholischen Arbeiterinnen-, Arbeiter- und Angestellten-Bewegung».
Liebe Söhne und Töchter! Die Achtzig-Jahrfeier der Veröffentlichung der Sozialenzyklika «Rerum Novarum» hat dem gläubigen Menschen unserer Tage die tägliche Berufsarbeit wieder ins rechte Licht gerückt. Die Arbeit ist nicht nur ein Gesetz der Natur, sondern ist vor allem nach der Heiligen Schrift ein Gesetz der Busse und besonders ein Gesetz der Gnade, seitdem unser Herr und Heiland Jesus Christus der Sohn eines Arbeiters heissen wollte und selber durch viele Jahre hart gearbeitet hat. Darum rufen Wir Ihnen mit dem Apostel zu: «Was immer ihr tun möget in Wort oder Werk, tut alles in Namen des Herrn Jesus Christus. Durch ihn danket Gott dem Vater» (Col. 3, 17).
Aus der Fülle des Herzens erteilen Wir allen Unseren Apostolischen Segen.
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