PAOLO VI
UDIENZA GENERALE
Mercoledì, 16 ottobre 1974
Le necessità prioritarie della Chiesa
Se noi ancora insistiamo nella domanda, che già più volte ci siamo posta, circa le necessità prioritarie della Chiesa, noi arriviamo ad un’estrema evidenza, che sembra quasi una tautologia, come se dicessimo che un essere vivente ha innanzi tutto bisogno di vivere; ebbene, osiamo riferire alla Chiesa questa paradossale questione per scoprire il principio essenziale che le conferisce la sua primordiale ragione d’esistere, la sua profonda e indispensabile animazione; ed ecco che arriviamo ad una risposta, la quale ci dà la chiave di questa realtà; e la chiave è un mistero: la Chiesa vive per l’infusione dello Spirito Santo, infusione che chiamiamo grazia, ciò è dono per eccellenza, carità, amore del Padre, a noi comunicato in virtù della redenzione operata da Cristo, nello Spirito Santo. Ricordiamo la sintesi di S. Agostino: «ciò ch’e è l’anima nel corpo dell’uomo, questo è lo Spirito Santo per il corpo di Cristo, il quale è la Chiesa» (Serm. 267: PL 38, 1231).
Verità conosciuta. Noi tutti l’abbiamo sentita ripetere e proclamare dal recente Concilio: «Compiuta l’opera che il Padre aveva affidato al Figlio sulla terra (Cfr. Io. 17, 4), il giorno di Pentecoste fu inviato lo Spirito Santo per santificare continuamente la Chiesa, e i credenti avessero così per Cristo accesso al Padre in un solo Spirito (Cfr. Eph. 2, 18). È questi lo Spirito di vita . . . Lo Spirito dimora nella Chiesa e nei cuori dei fedeli come in un tempio (Cfr. 1 Cor. 3, 16; 6, 19), e in essi prega e rende testimonianza della loro adozione filiale (Cfr. Gal. 4, 6; Rom. 8, 15-16 e 26). Egli introduce la Chiesa in tutta intera la verità (Cfr. Io. 16, 13), la unifica nella comunione e nel ministero, la edifica e la dirige con diversi doni gerarchici e carismatici, la adorna dei suoi frutti (Cfr. Eph. 4, 11-12; 1 Cor. 12, 4; Gal. 5, 22).
Con la forza del Vangelo la ringiovanisce e continuamente la rinnova . . .» (Lumen Gentium, 4).
Magnifica dottrina, che sembra una scala che scende dall’infinito e inaccessibile mistero della vita divina in se stessa, la Trinità, colloca al centro dei disegni divini e dei destini umani l’opera redentrice di Cristo, ne desume una rivelazione straordinaria, in qualche modo a noi accessibile, la comunione delle nostre umane esistenze con un ordine di salvezza e di bontà, che è l’ordine della grazia, dal quale si profila un piano di unità e di carità soprannaturale, e si effonde una sfolgorante economia di santità, dove la vicenda umana, la psicologia specialmente e la fenomenologia morale e spirituale, diventerà un giardino meraviglioso di sovrumana bellezza e varietà.
Verità conosciute; o da meglio conoscere, perché dalla informazione ordinaria che noi ne abbiamo manca il più, ch’è l’analisi della santità, quale appunto scaturisce dal soffio vitale della grazia.
Avremmo qui una prima raccomandazione da fare a questo riguardo: la conoscenza delle biografie dei Santi, le quali, se hanno in passato offerto un pascolo delizioso alla cultura popolare e alla fantasia edificante della gente devota, potrebbero oggi per noi, allenati agli studi storici e alla critica psicologica, offrire un museo di incomparabili esperienze umane e di eccitanti esempi al progresso possibile d’un autentico perfezionamento morale e spirituale. Ricordate: si isti et istae, cur non ego?
Ma ciò che ora preme affermare è la necessità della grazia, cioè d’un intervento divino, eccedente l’ordine naturale, tanto per la nostra salvezza personale, quanto per il compimento del piano della redenzione a favore di tutta la Chiesa e dell’umanità intera che la misericordia di Dio chiama a salvamento (1 Tim. 2, 4). Riferiamoci al grande capitolo della dottrina sulla grazia e sulla giustificazione, di cui tanto ha parlato il Concilio Tridentino (In Cfr. DENZ.-SCHÖN. 1520-1583), e di cui ancora la teologia moderna discute come di tema di supremo interesse. La necessità della grazia suppone un bisogno imprescindibile da parte dell’uomo; il bisogno che il prodigio della Pentecoste abbia a continuare nella storia della Chiesa e del mondo; e ciò nella duplice forma, con cui il dono dello Spirito Santo è elargito agli uomini, per santificarli dapprima (e questa è la forma primaria e indispensabile, per cui l’uomo diventa oggetto dell’amore di Dio, gratum faciens, come dicono i teologi), e per arricchirli di prerogative speciali, che chiamiamo carismi (gratis data), in ordine al bene del prossimo e specialmente della comunità dei fedeli (Cfr. S. TH. I-IIæ, 111, 4). Se ne parla molto oggi; e, tenuto conto della complessità e della delicatezza d’un simile tema, non possiamo che augurarci che una nuova abbondanza, oltre che di grazia, di carismi sia ancor oggi concessa alla Chiesa di Dio (Cfr. il recente studio del Cardinale L. J. SUENENS, Une nouvelle Pentecôte?).
Noi ora ci limiteremo a ricordare le condizioni principali da parte dell’uomo per ricevere il Dono di Dio per eccellenza, ch’è appunto lo Spirito Santo, il Quale, noi sappiamo, «soffia dove vuole» (Io. 3, 8), ma non rifiuta l’anelito di chi lo attende, lo chiama e lo accoglie (ancor se questo anelito stesso provenga da una intima sua ispirazione). Quali sono queste condizioni? Semplifichiamo la difficile risposta dicendo che la capacità di ricevere questo dulcis Hospes animae, esige la fede, esige l’umiltà e il pentimento, esige normalmente un atto sacramentale; e nella pratica della nostra vita religiosa reclama il silenzio, il raccoglimento, l’ascoltazione, e soprattutto l’invocazione, la preghiera, come fecero gli Apostoli con Maria nel Cenacolo. Saper attendere, sapere chiamare: Vieni, o Spirito Creatore . . . . vieni, o Spirito Santo! (Cfr. M.me ARSÈNE-HENRY D’ORMWSON, Les plus beaux textes Sur le Saint-Esprit, La Colombe 1957)
Se la Chiesa saprà entrare in una fase di simile predisposizione alla nuova e perenne venuta dello Spirito Santo, Egli, il «Lume dei cuori», non tarderà a concedersi, per il gaudio, la luce, la fortezza, la virtù apostolica e la carità unitiva, di cui oggi la Chiesa ha bisogno.
Cosi sia, con la nostra Benedizione Apostolica.
Giovani lavoratori olandesi
Ein wort herzlicher Begrüßung richten wir an den Pilgerzug katholischer Arbeiter aus Holland. Liebe Söhne und Töchter!
Als überzeugte Katholiken und Mitglieder Ihres Verbandes sind Sie bestrebt, im Interesse des Gemeinwohles einen wirksamen Beitrag zur rechten Gestaltung des Wirtschaftlebens in Ihrer Heimat zu leisten. Seien Sie überzeugt: Gute Arbeiter sind jene, in denen Gott arbeitet. Denn Gottes Segen ist es, der Reichtum bringt, rein menschliches Mühen kann nichts hinzufügen (Cfr. Pro. 10, 22). Möge Ihren edlen Anstrengungen auch weiterhin reicher Erfolg beschieden sein!
Mit diesem Wunsch erteilen wir Ihnen und allen Anwesenden von Herzen unseren Apostolischen Segen.
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